venerdì 30 aprile 2010

Il Papa: La musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto


Il Presidente Napolitano al Papa: Sono certo che Lei possa ben cogliere la intensa, affettuosa vicinanza nostra e del popolo italiano

Vedi anche:

Sento l'affetto del popolo italiano: così il Papa al concerto offerto dal presidente Napolitano (Radio Vaticana)

I discorsi del Presidente Napolitano e del Papa nel commento di Giacomo Galeazzi

Il Papa: il concerto "ulteriore segno dell'affetto dell'Italia per il Papa". Oggi ogni opera educativa risulta ardua e problematica (Izzo)

Napolitano al Papa: serve serenità. "Il popolo italiano le è vicino" (Repubblica)

Il Papa: “Le condizioni attuali della società richiedono uno straordinario impegno educativo in favore delle nuove generazioni” (Sir)

Omaggio di Napolitano a Benedetto XVI: ''Serve serenità in tempi difficili e aspri''

Concerto in Vaticano offerto dal presidente Napolitano in onore del Papa per il V anniversario del Pontificato. Diretta anche su Raidue dalle 17.10

CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO IN ONORE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL V ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO, 29.04.2010

Questo pomeriggio, alle ore 17.20, nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, ha luogo un Concerto offerto dal Presidente della Repubblica Italiana, S.E. il Sig. Giorgio Napolitano, in onore del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del quinto anniversario di Pontificato.
L’Orchestra giovanile di Fiesole, diretta dal Maestro Nicola Paszkowski, esegue musiche di Giovanni Battista Sammartini, Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven.
Prima del Concerto, il Presidente della Repubblica indirizza al Santo Padre voti augurali per il felice anniversario.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti al termine dell’esecuzione musicale:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,
Onorevoli Ministri e Autorità,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel presbiterato,
Gentili Signori e Signore
!

ancora una volta il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, con tratto di squisita cortesia, ha voluto offrire a tutti noi la possibilità di ascoltare dell’ottima musica in occasione dell’anniversario di inizio del mio Pontificato. Nel salutarLa con deferenza, Signor Presidente, unitamente alla sua gentile Signora, desidero esprimere il mio vivo ringraziamento per l’omaggio davvero gradito di questo concerto e per le cordiali parole che Ella mi ha rivolto. In questo atto premuroso vedo anche un ulteriore segno dell’affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa, affetto che fu così fervido in santa Caterina da Siena, Patrona d’Italia, di cui oggi ricorre la festa. Sono lieto di salutare le altre Autorità dello Stato italiano, i Signori Ambasciatori, le diverse Personalità e tutti voi che avete preso parte a questo momento di alto valore culturale e musicale.

Desidero ringraziare quanti hanno generosamente cooperato alla realizzazione di questo evento, in particolare i Dirigenti della Fondazione Scuola di Musica di Fiesole, di cui è componente significativa l’Orchestra Giovanile Italiana, validamente diretta dal maestro Nicola Paszkowski. Certo di interpretare i sentimenti di tutti i presenti, rivolgo un sincero apprezzamento agli orchestrali, che hanno eseguito con abilità ed efficacia brani impegnativi del compositore milanese Giovanni Battista Sammartini, di Wolfgang Amadeus Mozart e di Ludwig van Beethoven.

Abbiamo avuto la gioia di ascoltare questa sera dei giovani concertisti allievi della Scuola musicale di Fiesole, fondata da Piero Farulli, che nel corso degli anni si è affermata quale eccellente centro nazionale di formazione orchestrale, offrendo a numerosi bambini, adolescenti, giovani e adulti la possibilità di compiere un qualificato percorso formativo teso alla preparazione di musicisti per le migliori orchestre italiane ed europee.

Lo studio della musica riveste un alto valore nel processo educativo della persona, in quanto produce effetti positivi sullo sviluppo dell’individuo, favorendone l’armonica crescita umana e spirituale. Sappiamo come sia comunemente riconosciuto il valore formativo della musica nelle sue implicazioni di natura espressiva, creativa, relazionale, sociale e culturale.

Pertanto, l’esperienza ultra trentennale della Scuola di Musica di Fiesole assume una particolare rilevanza anche di fronte alla realtà quotidiana che ci dice come non sia facile educare. Nell’odierno contesto sociale, infatti, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e problematica: spesso tra genitori ed insegnanti si parla delle difficoltà che s’incontrano nel trasmettere alle nuove generazioni i valori basilari dell’esistenza e di un retto comportamento. Tale situazione problematica coinvolge sia la scuola sia la famiglia, come pure le varie agenzie che operano nel campo formativo.

Le condizioni attuali della società richiedono uno straordinario impegno educativo in favore delle nuove generazioni. I giovani, anche se vivono in contesti diversi, hanno in comune la sensibilità ai grandi ideali della vita, ma incontrano molte difficoltà nel viverli. Non possiamo ignorare i loro bisogni e le loro attese, nemmeno gli ostacoli e le minacce che incontrano.

Essi sentono l'esigenza di accostarsi ai valori autentici quali la centralità della persona, la dignità umana, la pace e la giustizia, la tolleranza e la solidarietà. Ricercano anche, in modi a volte confusi e contraddittori, la spiritualità e la trascendenza, per trovare equilibrio e armonia.

A tale riguardo, mi piace osservare che proprio la musica è capace di aprire le menti e i cuori alla dimensione dello spirito e conduce le persone ad alzare lo sguardo verso l’Alto, ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la sorgente ultima in Dio.

La festosità del canto e della musica sono altresì un costante invito per i credenti e per tutti gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza. Inoltre, l’esperienza di suonare in un’orchestra aggiunge anche la dimensione collettiva: le prove continue condotte con pazienza; l’esercizio dell’ascolto degli altri musicisti; l’impegno di non suonare "da soli", ma di far sì che i diversi "colori orchestrali" – pur mantenendo le proprie caratteristiche – si fondano insieme; la ricerca comune della migliore espressione, tutto questo costituisce una "palestra" formidabile, non solo sul piano artistico e professionale, ma sotto il profilo umano globale.

Cari amici, auspico che la grandezza e la bellezza dei brani musicali magistralmente eseguiti questa sera possano donare a tutti nuova e continua ispirazione per tendere a mete sempre più alte nella vita personale e sociale. Rinnovo al Signor Presidente della Repubblica Italiana, agli organizzatori e a tutti i presenti l’espressione della mia sincera gratitudine per questo apprezzato omaggio! Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché iniziando il sesto anno del mio Pontificato, possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra forza e la nostra pace, benedica tutti voi e le vostre famiglie.

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Il Papa: Accolgo con favore la notizia che la traduzione inglese del Messale Romano sarà presto pronta per la pubblicazione


LA SACRA LITURGIA: LO SPECIALE DEL BLOG

PRANZO CON I MEMBRI DEL COMITATO "VOX CLARA"

Casina Pio IV
Mercoledì 28 aprile 2010

PAROLE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Cari Fratelli Vescovi,
Membri e Consiglieri
del Comitato Vox Clara,
Reverendi Padri
,

vi ringrazio per l'opera che Vox Clara ha compiuto negli ultimi otto anni, assistendo e consigliando la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti nell'adempimento delle sue responsabilità relativamente alle traduzioni in inglese di testi liturgici. Si è trattato di un'impresa veramente collegiale. Non solo fra i membri del Comitato sono rappresentati tutti i cinque continenti, ma siete stati assidui nel trarre contributi dalle Conferenze episcopali nei territori anglofoni in tutto il mondo. Vi ringrazio per il grande impegno profuso nel vostro studio delle traduzioni e nell'elaborazione dei risultati delle numerose consultazioni fatte. Ringrazio gli esperti per aver offerto i frutti del loro studio al fine di rendere un servizio alla Chiesa universale. Ringrazio i Superiori e i Funzionari della Congregazione per la loro faticosa opera quotidiana di supervisione della redazione e della traduzione di testi che proclamano la verità della nostra redenzione in Cristo, il Verbo Incarnato di Dio.

Sant'Agostino ha parlato in modo molto bello del rapporto fra Giovanni Battista, la vox clara che risuonava sulle sponde del Giordano, e la Parola che annunciava. Una voce, diceva, serve a condividere con chi ascolta il messaggio che è già nel cuore di chi parla. Una volta pronunciata la parola, essa è presente nel cuore di entrambi e quindi la voce, dopo aver svolto il suo compito, può svanire (cfr Sermone 293).

Accolgo con favore la notizia che la traduzione inglese del Messale Romano sarà presto pronta per la pubblicazione cosicché i testi che avete faticato tanto a preparare possano essere proclamati nella liturgia che si celebra nel mondo anglofono. Attraverso questi testi sacri e le azioni che li accompagnano, Cristo sarà reso presente e attivo fra la sua gente.

La voce che ha contribuito a far scaturire queste parole avrà completato il suo compito.

Poi si presenterà un nuovo compito, che non rientra nelle competenze dirette di Vox Clara, ma che, in un modo o nell'altro, coinvolgerà tutti voi, il compito di preparare la ricezione della nuova traduzione da parte del clero e dei fedeli laici. Molti troveranno difficile adattarsi a testi insoliti dopo quasi quarant'anni di uso costante della traduzione precedente. Il cambiamento dovrà essere introdotto con la dovuta sensibilità e l'opportunità di catechesi che esso presenta dovrà essere colta con fermezza. Prego affinché in questo modo venga evitato qualsiasi rischio di confusione o disorientamento e il cambiamento serva invece come trampolino per un rinnovamento e per un approfondimento della devozione eucaristica in tutto il mondo anglofono.

Cari Fratelli Vescovi, Reverendi Padri, Amici, voglio che sappiate quanto apprezzo il grande sforzo collaborativo al quale avete contribuito. Presto i frutti delle vostre fatiche saranno resi disponibili alle congregazioni anglofone ovunque. Come le preghiere del popolo di Dio stanno davanti a Lui come incenso (cfr Sal 140, 2), che la benedizione del Signore discenda su tutti coloro che hanno impiegato il proprio tempo e la propria esperienza per la redazione dei testi in cui quelle preghiere sono espresse. Grazie, e che possiate essere abbondantemente ripagati per il vostro servizio generoso al popolo di Dio.

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giovedì 29 aprile 2010

DISCORSI ED OMELIE DEL PAPA A TORINO


VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A TORINO (2 MAGGIO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

IL PAPA A TORINO: I VIDEO, LE FOTO, I PODCAST

Il Papa agli ammalati: "Cari fratelli e sorelle, tutti voi che siete qui, ciascuno per la propria parte: non sentitevi estranei al destino del mondo, ma sentitevi tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il vostro contributo" (Discorso del Santo Padre in occasione dell'incontro con gli ammalati nella Chiesa della Piccola Casa della Divina Provvidenza-Cottolengo di Torino, 2 maggio 2010)

Il Papa: "La Sindone è un’Icona scritta col sangue; sangue di un uomo flagellato, coronato di spine, crocifisso e ferito al costato destro" (Meditazione in occasione della Venerazione della Santa Sindone nel Duomo di Torino, 2 maggio 2010)

Il Papa ai giovani: Gesù vi ama per quello che siete, nella vostra fragilità e debolezza, perché, toccati dal suo amore, possiate essere trasformati (Discorso in occasione dell'incontro con i giovani in Piazza San Carlo, Torino, 2 maggio 2010))

Il Papa: a Maria Santissima, venerata a Torino come Beata Vergine Consolata, affido questa Città e tutti coloro che vi abitano (Parole del Santo Padre alla recita del Regina Coeli, in Piazza San Carlo, Torino, 2 maggio 2010)

Il Papa: "Nella Sacra Sindone vediamo, come specchiati, i nostri patimenti nelle sofferenze di Cristo: "Passio Christi. Passio hominis". Proprio per questo essa è un segno di speranza: Cristo ha affrontato la croce per mettere un argine al male; per farci intravvedere, nella sua Pasqua, l’anticipo di quel momento in cui anche per noi, ogni lacrima sarà asciugata e non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno" (Omelia del Santo Padre in occasione della Concelebrazione Eucaristica in Piazza San Carlo, Torino, 2 maggio 2010)

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE PRECEDENTI LA VISITA A TORINO

Il Papa: "Cari amici, questi due santi Sacerdoti, San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Benedetto Cottolengo, dei quali ho presentato qualche tratto, hanno vissuto il loro ministero nel dono totale della vita ai più poveri, ai più bisognosi, agli ultimi, trovando sempre la radice profonda, la fonte inesauribile della loro azione nel rapporto con Dio, attingendo dal suo amore, nella profonda convinzione che non è possibile esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa" (Catechesi udienza generale, 28 aprile 2010)

Il Papa alla diocesi di Torino: "Non abbiate paura di affidarvi a Cristo: solo Lui puo' soddisfare le attese più profonde dell'animo umano" (Discorso del Santo Padre ai partecipanti al Pellegrinaggio dell’Arcidiocesi di Torino, 2 giugno 2008)

Il Papa all'ambasciatore del Congo: Invito le autorità pubbliche a non tralasciare nulla per porre fine alla situazione di guerra


LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DELLA REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 29.04.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Sig. Jean-Pierre Hamuli Mupenda, Ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Sig. Jean-Pierre Hamuli Mupenda:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Questa è la traduzione del discorso del Papa all'ambasciatore della Repubblica Democratica del Congo

Signor ambasciatore,

Sono lieto di riceverla in occasione della presentazione delle Lettere che la accreditano come ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Democratica del Congo presso la Santa Sede. La ringrazio per le sue cordiali parole, attraverso le quali mi ha trasmesso l'omaggio rispettoso del presidente della Repubblica, Sua Eccellenza il signor Joseph Kabila Kabange, e del popolo congolese. Ho avuto il piacere d'incontrare il suo presidente nel giugno 2008. Le sarei grato se volesse trasmettergli i voti che formulo per la sua persona e per lo svolgimento del suo compito al servizio della nazione. Che Dio lo guidi nei suoi sforzi per giungere alla pace, garante di un'esistenza degna e di uno sviluppo integrale! Saluto anche con cordialità i vari responsabili e tutti gli abitanti del suo paese.
La sua presenza, signor ambasciatore, a capo della sua ambasciata, dopo lunghi anni di sede vacante, mostra il desiderio del Capo di Stato e di Governo di rafforzare le relazioni con la Santa Sede e per questo lo ringrazio. Osservo anche che questa decisione si situa nell'anno del cinquantesimo anniversario dell'indipendenza della sua patria. Possa questo giubileo permettere alla nazione di ripartire su nuove basi.
Il suo Paese in questi stessi anni ha conosciuto momenti particolarmente difficili e tragici. La violenza si è abbattuta, cieca e spietata, su una larga frangia della popolazione, piegandola sotto il suo giogo brutale e insostenibile e seminando rovine e morti. Penso in particolare alle donne, ai giovani e ai bambini, la cui dignità è stata schernita a oltranza attraverso la violazione dei loro diritti. Desidero esprimere loro la mia sollecitudine e assicurare loro la mia preghiera. La Chiesa cattolica stessa è stata ferita in molti suoi membri e nelle sue strutture. Essa desidera favorire la guarigione interiore e la fraternità. La Conferenza episcopale ne ha ampiamente parlato nel suo Messaggio dello scorso giugno. Sarebbe dunque ora opportuno impiegare tutti i mezzi politici e umani per porre fine alla sofferenza. Sarebbe altresì opportuno riparare e rendere giustizia, come invitano a fare le parole giustizia e pace scritte nel motto nazionale. L'impegno assunto a Goma nel 2008 e l'applicazione degli accordi internazionali, in particolare del Patto sulla sicurezza, la stabilità e lo sviluppo della Regione dei Grandi Laghi, certamente sono necessari, ma è ancora più urgente lavorare alle condizioni preliminari alla loro applicazione. Questa non potrà realizzarsi se non ricostruendo poco a poco il tessuto sociale così gravemente leso, incoraggiando la prima società naturale, che è la famiglia, e consolidando i rapporti interpersonali tra congolesi fondati su un'educazione integrale, fonte di pace e di giustizia. La Chiesa cattolica, signor ambasciatore, desidera continuare a dare il suo contributo a questo nobile compito attraverso l'insieme delle strutture di cui dispone grazie alla sua tradizione spirituale, educativa e sanitaria.
Invito le autorità pubbliche a non tralasciare nulla per porre fine alla situazione di guerra che, purtroppo, ancora persiste in alcune province del Paese, e a dedicarsi alla ricostruzione umana e sociale della nazione nel rispetto dei diritti umani fondamentali. La pace non significa solo assenza totale di conflitti, ma è anche un compito che impegna i cittadini e lo Stato. La Chiesa è convinta che essa non può realizzarsi che nel "rispetto della "grammatica" scritta nel cuore dell'uomo dal divino suo Creatore", vale a dire attraverso una risposta umana in armonia con il disegno divino. Questa ""grammatica", vale a dire l'insieme di regole dell'agire individuale e del reciproco rapportarsi delle persone secondo giustizia e solidarietà, è iscritta nelle coscienze, nelle quali si rispecchia il progetto sapiente di Dio" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2007, n. 3). Invito la comunità internazionale, implicata in diverso grado nei conflitti successivi vissuti dalla sua nazione, a mobilitarsi per contribuire in modo efficace a riportare nella Repubblica Democratica del Congo la pace e la legalità.
Dopo tanti anni di sofferenze, Eccellenza, il suo Paese ha bisogno di impegnarsi in modo risoluto sulla via della riconciliazione nazionale. I vostri vescovi hanno dichiarato quest'anno di anniversario della nazione, anno di grazia, di rinnovamento e di gioia, anno di riconciliazione per costruire un Congo solidale, prospero e unito. Uno dei mezzi migliori per realizzare ciò è di promuovere l'educazione delle giovani generazioni. Lo spirito di riconciliazione e di pace, nato nella famiglia, si afferma e si estende alla scuola e all'università. I congolesi desiderano una buona educazione per i propri figli, ma il peso del finanziamento diretto da parte delle famiglie è grande e addirittura insostenibile per molti. Sono certo che si potrà trovare una giusta soluzione. Aiutando economicamente i genitori e assicurando il finanziamento regolare degli educatori, lo Stato farà un investimento proficuo per tutti. È fondamentale che i bambini e i giovani vengano educati con pazienza e tenacia, soprattutto quelli che sono stati privati dell'istruzione e addestrati a uccidere. È opportuno non solo inculcare in loro un sapere che li sosterrà nella futura vita adulta e professionale, ma anche dare loro basi morali e spirituali che li aiuteranno a respingere la tentazione della violenza e del risentimento per scegliere ciò che è giusto e vero. Attraverso le sue strutture educative e secondo le sue possibilità, la Chiesa può aiutare e completare quelle dello Stato.
Le importanti ricchezze naturali di cui Dio ha dotato la sua terra e che purtroppo sono diventate fonte di avidità e di profitti sproporzionati per molti all'interno e al di fuori del suo Paese, permettono largamente, grazie a una giusta ripartizione dei guadagni, di aiutare la popolazione a uscire dalla povertà e di provvedere alla sua sicurezza alimentare e sanitaria. Le famiglie congolesi e l'educazione dei giovani ne saranno i primi beneficiari. Questo dovere di giustizia promosso dallo Stato consoliderà la riconciliazione e la pace nazionale e permetterà alla popolazione di condurre una vita serena, base necessaria alla prosperità.
Attraverso lei, desidero anche esprimere voti cordiali ai membri della comunità cattolica del suo Paese, in modo particolare ai Vescovi, invitandoli a essere testimoni generosi dell'amore di Dio e a contribuire all'edificazione di una nazione unita e fraterna in cui ognuno si senta pienamente amato e rispettato.
Nel momento in cui ha inizio la sua missione, le esprimo, signor Ambasciatore, i miei migliori auguri per il nobile compito che l'attende, assicurandole che troverà sempre una accoglienza attenta e una comprensione cordiale presso i miei collaboratori.
Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia, su tutto il popolo congolese e sui suoi governanti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.

Il Papa indica i criteri del rispetto dei diritti umani e della riconciliazione nazionale

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(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2010)

Il Papa ai vescovi della Liberia: La lotta alla povertà inizia dal rispetto della dignità dell'uomo


VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI GAMBIA-LIBERIA-SIERRA LEONE, 29.04.2010

Alle ore 11.20 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Gambia-Liberia-Sierra Leone, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum", e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Del discorso pronunciato dal Papa pubblichiamo di seguito una nostra traduzione in italiano.

Cari fratelli vescovi,

sono lieto di accogliervi, vescovi della Liberia, del Gambia e della Sierra Leone in occasione della vostra visita ad limina sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Sono grato per i sentimenti di comunione e di affetto espressi dal vescovo Koroma a nome vostro e vi chiedo di trasmettere i miei affettuosi saluti e il mio incoraggiamento al vostro amato popolo che lotta per una vita degna della sua chiamata (cfr. Ef 4, 1).
La seconda assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei vescovi è stata un'esperienza ricca di comunione e un'occasione provvidenziale per rinnovare il vostro ministero episcopale e per riflettere sul suo compito essenziale, ovvero, "aiutare il Popolo di Dio a rendere alla parola della rivelazione l'obbedienza della fede e ad abbracciare integralmente l'insegnamento di Cristo" (Pastores gregis, n. 31). Sono lieto di appurare dai vostri resoconti quinquennali che, pur dedicandovi all'amministrazione delle vostre diocesi, vi siete anche adoperati per predicare il vangelo nelle confermazioni, nelle visite alle parrocchie, negli incontri con gruppi di sacerdoti, religiosi e laici e nelle lettere pastorali. Attraverso il vostro insegnamento il Signore preserva i membri del vostro popolo dal male, dall'ignoranza e dalla superstizione e le trasforma in figli del suo Regno. Lottate per edificare comunità vibranti e aperte di uomini e donne saldi nella fede, contemplativi e gioiosi nella liturgia e ben istruiti sul "modo di comportarsi e di piacere a Dio" (1 Ts 4, 1). In un ambiente segnato dal divorzio e dalla poligamia, promuovete l'unità e il benessere della famiglia cristiana basata sul sacramento del matrimonio. Iniziative e associazioni dedicate alla santificazione di questa comunità fondamentale meritano il vostro pieno sostegno. Continuate a sostenere la dignità delle donne nel contesto dei diritti umani e difendete il vostro popolo contro i tentativi di introdurre una mentalità antinatalista mascherata da forma di progresso culturale (cfr. Caritas in veritate, n. 28). La vostra missione richiede anche che prestiate attenzione all'adeguato discernimento e alla preparazione delle vocazioni e alla formazione permanente di sacerdoti che sono i vostri più stretti collaboratori nel compito dell'evangelizzazione. Continuate a guidarli con le parole e con l'esempio affinché siano uomini di preghiera, sani e chiari nell'insegnare, maturi e rispettosi nei loro rapporti con gli altri, fedeli ai propri impegni spirituali, forti nella compassione verso tutti i bisognosi. Nello stesso modo, non esitate a invitare missionari di altri Paesi per contribuire alla buona opera compiuta dal vostro clero, dai vostri religiosi e catechisti.
Nei vostri Paesi, la Chiesa è tenuta in alta considerazione perché contribuisce al bene della società, in particolare nell'educazione, nello sviluppo e nell'assistenza sanitaria, offerta a tutti senza distinzioni. Questo contributo descrive bene la vitalità della vostra carità cristiana, quell'eredità divina offerta alla Chiesa universale in maniera speciale (cfr. Caritas in veritate, n. 27). Apprezzo in modo particolare l'assistenza prestata ai rifugiati e agli immigrati e vi esorto a cercare, quando possibile, la cooperazione pastorale dei loro Paesi d'origine. La lotta contro la povertà deve essere condotta nel rispetto della dignità di tutti gli interessati, incoraggiandoli a essere protagonisti del proprio sviluppo integrale. Si può fare molto con impegni comunitari su piccola scala e iniziative di microeconomia al servizio delle famiglie. Nello sviluppare e sostenere queste strategie, un'educazione migliorata sarà sempre un fattore decisivo. Quindi vi incoraggio a continuare a offrire programmi scolastici che preparino e motivino le nuove generazioni a divenire cittadini responsabili e socialmente attivi per il bene della loro comunità e del loro Paese. Giustamente incoraggiate chi occupa posizioni di autorità a lottare contro la corruzione, richiamando l'attenzione sulla gravità e sull'ingiustizia di questi peccati. A questo proposito, un contributo importante al bene comune è la formazione morale e spirituale alla leadership di laici, uomini e donne, attraverso corsi specializzati in Dottrina Sociale cattolica.
Vi lodo per l'attenzione che prestate al grande dono della pace. Prego affinché il processo di riconciliazione nella giustizia e nella verità, che avete giustamente sostenuto nella regione, possa produrre un rispetto duraturo per tutti i diritti umani dati da Dio e neutralizzare le tendenze alla rappresaglia e alla vendetta. Nel servire la pace continuate a promuovere il dialogo con altre religioni, in particolare con l'Islam per sostenere i buoni rapporti esistenti e prevenire qualsiasi forma di intolleranza, ingiustizia e oppressione, dannosa per la promozione della fiducia reciproca. Cooperare alla difesa della vita e contro la malattia e la malnutrizione non mancherà di suscitare comprensione, rispetto e accettazione. Soprattutto, un clima di dialogo e comunione deve caratterizzare la Chiesa locale. Con il vostro esempio, portate sacerdoti, religiosi e laici ad accrescere comprensione e cooperazione, ascolto reciproco e condivisione di iniziative. La Chiesa, segno e strumento dell'unica famiglia di Dio, deve recare una chiara testimonianza dell'amore di Gesù, nostro Signore e Salvatore, che va al di là dei confini etnici e comprende tutti gli uomini e tutte le donne.
Cari fratelli vescovi, so che trovate ispirazione e incoraggiamento nelle parole del Cristo risorto ai suoi apostoli: "Pace a voi. Come il padre ha mandato me, anche io mando voi" (Gv 20,21). Al vostro ritorno a casa, continuate la vostra missione di successori degli apostoli. Vi prego di trasmettere i miei affettuosi e ferventi buoni auspici ai sacerdoti, ai religiosi, ai catechisti e a tutto il vostro amato popolo. A ognuno di voi e a quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

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(©L'Osservatore Romano - 30 aprile 2010)

mercoledì 28 aprile 2010

Il Papa: Non è possibile esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa


ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

OMELIE, DISCORSI, MESSAGGI E TESTI DEL SANTO PADRE SUI SACERDOTI E L'ANNO SACERDOTALE

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

L’UDIENZA GENERALE, 28.04.2010

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, avvicinandosi la conclusione dell’Anno Sacerdotale, ha incentrato la sua meditazione sulla vita e sulle opere di due santi sacerdoti torinesi, San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Cottolengo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

San Leonardo Murialdo e San Giuseppe Benedetto Cottolengo

Cari fratelli e sorelle,

ci stiamo avviando verso la conclusione dell’Anno Sacerdotale e, in questo ultimo mercoledì di aprile, vorrei parlare di due santi Sacerdoti esemplari nella loro donazione a Dio e nella testimonianza di carità, vissuta nella Chiesa e per la Chiesa, verso i fratelli più bisognosi: san Leonardo Murialdo e san Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Del primo ricordiamo i 110 anni dalla morte e i 40 anni dalla canonizzazione; del secondo sono iniziate le celebrazioni per il 2° centenario di Ordinazione sacerdotale.

Il Murialdo nacque a Torino il 26 ottobre 1828: è la Torino di san Giovanni Bosco, dello stesso san Giuseppe Cottolengo, terra fecondata da tanti esempi di santità di fedeli laici e di sacerdoti. Leonardo è l’ottavo figlio di una famiglia semplice. Da bambino, insieme con il fratello, entrò nel collegio dei Padri Scolopi di Savona per il corso elementare, le scuole medie e il corso superiore; vi trovò educatori preparati, in un clima di religiosità fondato su una seria catechesi, con pratiche di pietà regolari. Durante l’adolescenza visse, però, una profonda crisi esistenziale e spirituale che lo portò ad anticipare il ritorno in famiglia e a concludere gli studi a Torino, iscrivendosi al biennio di filosofia. Il “ritorno alla luce” avvenne - come egli racconta - dopo qualche mese, con la grazia di una confessione generale, nella quale riscoprì l’immensa misericordia di Dio; maturò, allora, a 17 anni, la decisione di farsi sacerdote, come riposta d’amore a Dio che lo aveva afferrato con il suo amore. Venne ordinato il 20 settembre 1851. Proprio in quel periodo, come catechista dell’Oratorio dell’Angelo Custode, fu conosciuto ed apprezzato da Don Bosco, il quale lo convinse ad accettare la direzione del nuovo Oratorio di San Luigi a Porta Nuova che tenne fino al 1865. Lì venne in contatto anche con i gravi problemi dei ceti più poveri, ne visitò le case, maturando una profonda sensibilità sociale, educativa ed apostolica che lo portò poi a dedicarsi autonomamente a molteplici iniziative in favore della gioventù. Catechesi, scuola, attività ricreative furono i fondamenti del suo metodo educativo in Oratorio. Sempre Don Bosco lo volle con sé in occasione dell’Udienza concessagli dal beato Pio IX nel 1858.

Nel 1873 fondò la Congregazione di San Giuseppe, il cui fine apostolico fu, fin dall’inizio, la formazione della gioventù, specialmente quella più povera e abbandonata. L’ambiente torinese del tempo fu segnato dall’intenso fiorire di opere e di attività caritative promosse dal Murialdo fino alla sua morte, avvenuta il 30 marzo del 1900.

Mi piace sottolineare che il nucleo centrale della spiritualità del Murialdo è la convinzione dell’amore misericordioso di Dio: un Padre sempre buono, paziente e generoso, che rivela la grandezza e l’immensità della sua misericordia con il perdono.

Questa realtà san Leonardo la sperimentò a livello non intellettuale, ma esistenziale, mediante l’incontro vivo con il Signore. Egli si considerò sempre un uomo graziato da Dio misericordioso: per questo visse il senso gioioso della gratitudine al Signore, la serena consapevolezza del proprio limite, il desiderio ardente di penitenza, l’impegno costante e generoso di conversione. Egli vedeva tutta la sua esistenza non solo illuminata, guidata, sorretta da questo amore, ma continuamente immersa nell’infinita misericordia di Dio. Scrisse nel suo Testamento spirituale: “La tua misericordia mi circonda, o Signore… Come Dio è sempre ed ovunque, così è sempre ed ovunque amore, è sempre ed ovunque misericordia”. Ricordando il momento di crisi avuto in giovinezza, annotava: “Ecco che il buon Dio voleva far risplendere ancora la sua bontà e generosità in modo del tutto singolare. Non soltanto egli mi ammise di nuovo alla sua amicizia, ma mi chiamò ad una scelta di predilezione: mi chiamò al sacerdozio, e questo solo pochi mesi dopo il mio ritorno a lui”. San Leonardo visse perciò la vocazione sacerdotale come dono gratuito della misericordia di Dio con senso di riconoscenza, gioia e amore. Scrisse ancora: “Dio ha scelto me! Egli mi ha chiamato, mi ha perfino forzato all’onore, alla gloria, alla felicità ineffabile di essere suo ministro, di essere «un altro Cristo» … E dove stavo io quando mi hai cercato, mio Dio? Nel fondo dell’abisso! Io ero là, e là Dio venne a cercarmi; là egli mi fece intendere la sua voce…”.

Sottolineando la grandezza della missione del sacerdote che deve “continuare l’opera della redenzione, la grande opera di Gesù Cristo, l’opera del Salvatore del mondo”, cioè quella di “salvare le anime”, san Leonardo ricordava sempre a se stesso e ai confratelli la responsabilità di una vita coerente con il sacramento ricevuto. Amore di Dio e amore a Dio: fu questa la forza del suo cammino di santità, la legge del suo sacerdozio, il significato più profondo del suo apostolato tra i giovani poveri e la fonte della sua preghiera.

San Leonardo Murialdo si è abbandonato con fiducia alla Provvidenza, compiendo generosamente la volontà divina, nel contatto con Dio e dedicandosi ai giovani poveri. In questo modo egli ha unito il silenzio contemplativo con l’ardore instancabile dell’azione, la fedeltà ai doveri di ogni giorno con la genialità delle iniziative, la forza nelle difficoltà con la serenità dello spirito. Questa è la sua strada di santità per vivere il comandamento dell’amore, verso Dio e verso il prossimo.

Con lo stesso spirito di carità è vissuto, quarant’anni prima del Murialdo, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, fondatore dell’opera da lui stesso denominata “Piccola Casa della Divina Provvidenza” e chiamata oggi anche “Cottolengo”. Domenica prossima, nella mia Visita pastorale a Torino, avrò modo di venerare le spoglie di questo Santo e di incontrare gli ospiti della “Piccola Casa”.

Giuseppe Benedetto Cottolengo nacque a Bra, cittadina della provincia di Cuneo, il 3 maggio 1786. Primogenito di 12 figli, di cui 6 morirono in tenera età, mostrò fin da fanciullo grande sensibilità verso i poveri. Abbracciò la via del sacerdozio, imitato anche da due fratelli. Gli anni della sua giovinezza furono quelli dell’avventura napoleonica e dei conseguenti disagi in campo religioso e sociale. Il Cottolengo divenne un buon sacerdote, ricercato da molti penitenti e, nella Torino di quel tempo, predicatore di esercizi spirituali e conferenze presso gli studenti universitari, dove riscuoteva sempre un notevole successo. All’età di 32 anni, venne nominato canonico della Santissima Trinità, una congregazione di sacerdoti che aveva il compito di officiare nella Chiesa del Corpus Domini e di dare decoro alle cerimonie religiose della città, ma in quella sistemazione egli si sentiva inquieto. Dio lo stava preparando ad una missione particolare, e, proprio con un incontro inaspettato e decisivo, gli fece capire quale sarebbe stato il suo futuro destino nell’esercizio del ministero.

Il Signore pone sempre dei segni sul nostro cammino per guidarci secondo la sua volontà al nostro vero bene. Per il Cottolengo questo avvenne, in modo drammatico, la domenica mattina del 2 settembre 1827. Proveniente da Milano giunse a Torino la diligenza, affollata come non mai, dove si trovava stipata un’intera famiglia francese in cui la moglie, con cinque bambini, era in stato di gravidanza avanzata e con la febbre alta. Dopo aver vagato per vari ospedali, quella famiglia trovò alloggio in un dormitorio pubblico, ma la situazione per la donna andò aggravandosi e alcuni si misero alla ricerca di un prete. Per un misterioso disegno incrociarono il Cottolengo, e fu proprio lui, con il cuore pesante e oppresso, ad accompagnare alla morte questa giovane madre, fra lo strazio dell’intera famiglia. Dopo aver assolto questo doloroso compito, con la sofferenza nel cuore, si recò davanti al Santissimo Sacramento e pregò: “Mio Dio, perchè? Perchè mi hai voluto testimone? Cosa vuoi da me? Bisogna fare qualcosa!”. Rialzatosi, fece suonare tutte le campane, accendere le candele, e accogliendo i curiosi in chiesa disse: “La grazia è fatta! La grazia è fatta!”.

Da quel momento il Cottolengo fu trasformato: tutte le sue capacità, specialmente la sua abilità economica e organizzativa, furono utilizzate per dare vita ad iniziative a sostegno dei più bisognosi.

Egli seppe coinvolgere nella sua impresa decine e decine di collaboratori e volontari. Spostandosi verso la periferia di Torino per espandere la sua opera, creò una sorta di villaggio, nel quale ad ogni edificio che riuscì a costruire assegnò un nome significativo: “casa della fede”, “casa della speranza”, “casa della carità”. Mise in atto lo stile delle “famiglie”, costituendo delle vere e proprie comunità di persone, volontari e volontarie, uomini e donne, religiosi e laici, uniti per affrontare e superare insieme le difficoltà che si presentavano. Ognuno in quella Piccola Casa della Divina Provvidenza aveva un compito preciso: chi lavorava, chi pregava, chi serviva, chi istruiva, chi amministrava. Sani e ammalati condividevano tutti lo stesso peso del quotidiano. Anche la vita religiosa si specificò nel tempo, secondo i bisogni e le esigenze particolari. Pensò anche ad un proprio seminario, per una formazione specifica dei sacerdoti dell’Opera. Fu sempre pronto a seguire e a servire la Divina Provvidenza, mai ad interrogarla. Diceva: “Io sono un buono a nulla e non so neppure cosa mi faccio.

La Divina Provvidenza però sa certamente ciò che vuole. A me tocca solo assecondarla. Avanti in Domino”. Per i suoi poveri e i più bisognosi, si definirà sempre “il manovale della Divina Provvidenza”.

Accanto alle piccole cittadelle volle fondare anche cinque monasteri di suore contemplative e uno di eremiti, e li considerò tra le realizzazioni più importanti: una sorta di “cuore” che doveva battere per tutta l’Opera. Morì il 30 aprile 1842, pronunciando queste parole: “Misericordia, Domine; Misericordia, Domine. Buona e Santa Provvidenza… Vergine Santa, ora tocca a Voi”. La sua vita, come scrisse un giornale del tempo, era stata tutta “un’intensa giornata d’amore”.

Cari amici, questi due santi Sacerdoti, dei quali ho presentato qualche tratto, hanno vissuto il loro ministero nel dono totale della vita ai più poveri, ai più bisognosi, agli ultimi, trovando sempre la radice profonda, la fonte inesauribile della loro azione nel rapporto con Dio, attingendo dal suo amore, nella profonda convinzione che non è possibile esercitare la carità senza vivere in Cristo e nella Chiesa.

La loro intercessione e il loro esempio continuino ad illuminare il ministero di tanti sacerdoti che si spendono con generosità per Dio e per il gregge loro affidato, e aiutino ciascuno a donarsi con gioia e generosità a Dio e al prossimo.

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domenica 25 aprile 2010

"Solo il Buon Pastore custodisce con immensa tenerezza il suo gregge e lo difende dal male, e solo in Lui i fedeli possono riporre assoluta fiducia"


Illustrazione della parabola del buon pastore. Ravenna, mausoleo di Galla Placidia

ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

OMELIE, DISCORSI, MESSAGGI E TESTI DEL SANTO PADRE SUI SACERDOTI E L'ANNO SACERDOTALE

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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 25.04.2010

Alle ore 12 di oggi, IV Domenica di Pasqua, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Cæli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:

PRIMA DEL REGINA CÆLI

Cari fratelli e sorelle,

in questa quarta Domenica di Pasqua, detta "del Buon Pastore", si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che quest’anno ha per tema: "La testimonianza suscita vocazioni", tema "strettamente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati" (Messaggio per la XLVII G. M. di preghiera per le vocazioni, 13 novembre 2009).
La prima forma di testimonianza che suscita vocazioni è la preghiera (cfr ibid.), come ci mostra l’esempio di santa Monica che, supplicando Dio con umiltà ed insistenza, ottenne la grazia di veder diventare cristiano suo figlio Agostino, il quale scrive: "Senza incertezze credo e affermo che per le sue preghiere Dio mi ha concesso l’intenzione di non preporre, non volere, non pensare, non amare altro che il raggiungimento della verità" (De Ordine II, 20, 52, CCL 29, 136). Invito, pertanto, i genitori a pregare, perché il cuore dei figli si apra all’ascolto del Buon Pastore, e "ogni più piccolo germe di vocazione … diventi albero rigoglioso, carico di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera umanità" (Messaggio cit.). Come possiamo ascoltare la voce del Signore e riconoscerlo? Nella predicazione degli Apostoli e dei loro successori: in essa risuona la voce di Cristo, che chiama alla comunione con Dio e alla pienezza della vita, come leggiamo oggi nel Vangelo di san Giovanni: "Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10,27-28).

Solo il Buon Pastore custodisce con immensa tenerezza il suo gregge e lo difende dal male, e solo in Lui i fedeli possono riporre assoluta fiducia.

In questa Giornata di speciale preghiera per le vocazioni, esorto in particolare i ministri ordinati, affinché, stimolati dall’Anno Sacerdotale, si sentano impegnati "per una più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi" (Lettera di indizione). Ricordino che il sacerdote "continua l’opera della Redenzione sulla terra"; sappiano sostare volentieri davanti al tabernacolo"; aderiscano "totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa"; si rendano disponibili all’ascolto e al perdono; formino cristianamente il popolo a loro affidato; coltivino con cura la "fraternità sacerdotale" (cfr ibid.).
Prendano esempio da saggi e zelanti Pastori, come fece san Gregorio di Nazianzo, il quale così scriveva all’amico fraterno e Vescovo san Basilio: "Insegnaci il tuo amore per le pecore, la tua sollecitudine e la tua capacità di comprensione, la tua sorveglianza … la severità nella dolcezza, la serenità e la mansuetudine nell’attività … i combattimenti in difesa del gregge, le vittorie … conseguite in Cristo" (Oratio IX, 5, PG 35, 825ab).

Ringrazio tutti i presenti e quanti con la preghiera e l’affetto sostengono il mio ministero di Successore di Pietro, e su ciascuno invoco la celeste protezione della Vergine Maria, alla quale ci rivolgiamo ora in preghiera.

DOPO IL REGINA CÆLI

Stamani, rispettivamente a Roma e a Barcellona, sono stati proclamati Beati due Sacerdoti: Angelo Paoli, Carmelitano, e José Tous y Soler, Cappuccino. A quest’ultimo farò cenno tra poco. Del beato Angelo Paoli, originario della Lunigiana e vissuto tra i secoli XVII e XVIII, mi piace ricordare che fu apostolo della carità a Roma, soprannominato "padre dei poveri". Si dedicò specialmente ai malati dell’Ospedale San Giovanni, prendendosi cura anche dei convalescenti. Il suo apostolato traeva forza dall’Eucaristia e dalla devozione alla Madonna del Carmine, come pure da un’intensa vita di penitenza. Nell’Anno Sacerdotale, propongo volentieri il suo esempio a tutti i sacerdoti, in modo particolare a quanti appartengono ad Istituti religiosi di vita attiva.

Chers pèlerins francophones, en ce dimanche l’Église universelle prie pour les vocations. Ce jour de prière prend une dimension particulière en cette Année Sacerdotale. Prions tous afin que des jeunes répondent à l’appel du Seigneur, acceptent de bâtir leur existence entière sur le Christ dans un service plus direct à l’Évangile et choisissent de donner leur vie avec générosité à Dieu et à l’Église. Priez, chers pèlerins, pour vos prêtres et vos séminaristes. Que l’exemple de Marie et du Saint Curé d’Ars nous guide ! Bon dimanche !

I am happy to greet all the English-speaking visitors present for today’s Regina Caeli prayer. This Sunday the Church celebrates the World Day of Prayer for Vocations. As we rejoice in the new life that the Risen Lord has won for us, let us ask him to inspire many young people to centre their hearts on the things of Heaven (cf. Col 3:1-2) and to offer themselves joyfully in the service of Christ our Good Shepherd in the priesthood and religious life. Confidently entrusting this petition to Mary, Queen of Heaven, I invoke upon you God’s abundant blessings of peace and joy!

Mit Freude grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz. Am heutigen „Sonntag des Guten Hirten" begehen wir den 47. Weltgebetstag um geistliche Berufungen. In diesem Jahr lautet das Motto: „Das Zeugnis weckt Berufungen". Dabei blicken wir auf Jesus selbst: Er ist uns als Guter Hirte vorangegangen. Er hat uns gezeigt, was es heißt, sein Leben für die Menschen hinzugeben, die ihm der Vater anvertraut hat. Bitten wir Maria um ihre Fürsprache, daß alle, die Jesus in seine engere Nachfolge berufen hat, ihm freudig antworten und der Gnade Gottes treu bleiben. Der Herr segne euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias Nuestra Señora del Pilar, de Catarroja, y de la Sangre de Cristo, de Cullera. En este domingo llamado del Buen Pastor, en el que la Iglesia celebra la Jornada de oración por las vocaciones, ha tenido lugar en Barcelona la beatificación del sacerdote capuchino José Tous y Soler, fundador de las Hermanas Capuchinas de la Madre del Divino Pastor. No obstante numerosas pruebas y dificultades, nunca se dejó vencer por la amargura o el resentimiento. Destacó por su caridad exquisita y su capacidad para soportar y comprender las deficiencias de los demás. Que su ejemplo e intercesión ayude a todos y especialmente a los sacerdotes a vivir la fidelidad a Cristo. Que el nou Beat Josep Tóus i Soler us beneeixi i us protegeixi. Feliç diumenge. Muchas gracias y feliz domingo.

Dirijo agora a minha saudação amiga aos professores e alunos do Colégio de São Tomás, de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa: De visita a Roma, não quisestes faltar a este encontro com o Papa, que a todos encoraja na nobre missão de dar razões de vida e de esperança às novas gerações para uma sociedade mais humana e solidária. Sobre vós, vossas famílias e os sonhos de bem que abrigais no coração, desça a minha Bênção Apostólica.

Lepo pozdravljam romarje, ki ste prišli sem z »Duhovno družino Delo«, in vse druge vernike iz Slovenije! Zgled prvih kristjanov naj vam pomaga, da bo srečanje z vstalim Gospodom v Evharistiji vedno središče vašega življenja. Naj bo z vami moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini qui venuti con la "Famiglia Spirituale L’Opera", ed a tutti gli altri fedeli provenienti dalla Slovenia! L’esempio dei primi cristiani vi aiuti, affinché l’incontro con il Signore risorto nell’Eucaristia sia sempre il cardine della vostra vita. Vi accompagni la mia Benedizione!]

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków, a szczególnie uczestników Marszu dla życia, jaki dzisiaj odbywa się w Szczecinie. Łączę się duchowo z tą szlachetną inicjatywą. Niech budzi ona w każdym sercu potrzebę troski o poczęte życie. Niech będzie wsparciem dla rodzin oczekujących potomstwa. Dzisiejsza niedziela jest nazywana Niedzielą Dobrego Pasterza. Módlmy się za powołanych do kapłaństwa i życia zakonnego, aby idąc za głosem Dobrego Pasterza, świętością życia i posługi, dawali przekonujące świadectwo wiary.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi e, in modo particolare, i partecipanti alla Marcia per la vita, che oggi si svolge a Szczecin. Mi unisco spiritualmente a questa nobile iniziativa. Che essa desti in ogni cuore la sollecitudine per la vita nascente e sia sostegno per le famiglie in attesa di figli. L’odierna domenica viene chiamata Domenica del Buon Pastore. Preghiamo per coloro che sono chiamati al sacerdozio e alla vita consacrata, affinché, seguendo la voce del Buon Pastore, rendano con la santità della loro vita e con il loro servizio una convincente testimonianza di fede.]

Rivolgo uno speciale saluto all’Associazione "Meter", che da 14 anni promuove la Giornata nazionale per i bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza. In questa occasione voglio soprattutto ringraziare e incoraggiare quanti si dedicano alla prevenzione e all’educazione, in particolare i genitori, gli insegnanti e tanti sacerdoti, suore, catechisti e animatori che lavorano con i ragazzi nelle parrocchie, nelle scuole e nelle associazioni.

Saluto i fedeli venuti da Brescia, da Cassana presso Ferrara, da alcune parrocchie dell’Umbria e da Toronto, in Canada; i ragazzi delle parrocchie della Valposchiavo, in Svizzera, e quelli di Francavilla al Mare; e il gruppo di fidanzati di Altamura. A tutti auguro una buona domenica.

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sabato 24 aprile 2010

La Chiesa non chiede altro che la libertà di poter proporre questo messaggio, senza imporlo a nessuno, nel rispetto della libertà delle coscienze


LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DEL BELGIO PRESSO LA SANTA SEDE, 24.04.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Charles Ghislain, Ambasciatore del Belgio presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Charles Ghislain:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Questa è la traduzione del discorso di Benedetto XVI all'ambasciatore.

Signor Ambasciatore,

Sono lieto di accoglierla in questa circostanza della presentazione delle Lettere che l'accreditano come Ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Belgio presso la Santa Sede. La ringrazio delle parole che mi ha rivolto. A mia volta, le chiedo di voler cortesemente esprimere a Sua Maestà Alberto ii, Re del Belgio, che recentemente ho potuto salutare di persona, i miei voti cordiali per la Sua Persona, nonché per la felicità e il successo del popolo belga. Attraverso di lei saluto anche il Governo e tutte le autorità del Regno.

Il suo Paese ha vissuto, all'inizio di quest'anno, le due tragedie dolorose di Liegi e di Buizingen. Desidero rinnovare alle famiglie colpite e alle vittime le assicurazioni della mia vicinanza spirituale. Queste catastrofi ci fanno misurare la fragilità dell'esistenza umana e la necessità, per proteggerla, di una coesione sociale autentica, che non indebolisca la legittima diversità delle opinioni. Essa si basa sulla convinzione che la vita e la dignità umane costituiscono un bene prezioso che occorre difendere e promuovere con decisione, appoggiandosi al diritto naturale. Da molto tempo, la Chiesa s'inscrive pienamente nella storia e nel tessuto sociale della sua nazione. Desidera continuare a essere un fattore di armoniosa convivenza fra tutti. A questo contribuisce in modo molto attivo, specialmente attraverso le sue numerose istituzioni educative, le sue opere di carattere sociale e l'impegno volontario di tantissimi fedeli. La Chiesa è quindi lieta di mettersi al servizio di tutte le componenti della società belga.
Tuttavia, non pare inutile sottolineare che essa ha, in quanto istituzione, il diritto di esprimersi pubblicamente. Lo condivide con tutti gli individui e tutte le istituzioni, al fine di dire il suo parere sulle questioni di interesse comune. La Chiesa rispetta la libertà di tutti di pensarla in modo diverso da lei; le farebbe anche piacere che venisse rispettato il suo diritto d'espressione. La Chiesa è depositaria di un insegnamento, di un messaggio religioso che ha ricevuto da Cristo Gesù. Può essere riassunto con le seguenti parole della Sacra Scrittura: "Dio è amore" (1 Gv 4, 16) e proietta la sua luce sul senso della vita personale, familiare e sociale dell'uomo.

La Chiesa, avendo come obiettivo il bene comune, non chiede altro che la libertà di poter proporre questo messaggio, senza imporlo a nessuno, nel rispetto della libertà delle coscienze.

È nutrendosi di questo insegnamento ecclesiale in modo radicale che Giuseppe de Veuster è divenuto colui che ormai viene chiamato "San Damiano". L'eccezionale destino di quest'uomo mostra fino a che punto il Vangelo suscita un'etica amica della persona, soprattutto se essa è nel bisogno o emarginata. La canonizzazione di questo sacerdote e la fama universale di cui gode è un motivo di legittimo orgoglio per il popolo belga. Questo personaggio attraente non è frutto di un percorso solitario. È bene ricordare le radici religiose che hanno alimentato la sua educazione e la sua formazione, nonché i pedagoghi che hanno risvegliato in lui quella ammirevole generosità. Essa gli farà condividere la vita emarginata dei lebbrosi, fino ad esporsi al male di cui soffrono. Alla luce di simili testimoni, tutti possono capire che il Vangelo è una forza di cui non c'è ragione di avere paura. Sono convinto che, malgrado gli sviluppi sociologici, l'humus cristiano sia ancora ricco nella sua terra. Può nutrire generosamente l'impegno di un numero crescente di volontari che, ispirati dai principi evangelici di fraternità e di solidarietà, accompagnano le persone che vivono delle difficoltà e che, per questa ragione, hanno bisogno di essere aiutate.
Il suo Paese, che già accoglie la sede delle Istituzioni comunitarie, ha visto riaffermare ancora una volta la sua vocazione europea attraverso la scelta di uno dei suoi connazionali come presidente del Consiglio Europeo. Certamente queste scelte successive non sono legate solamente alla posizione geografica del suo Paese e al suo multilinguismo. Membro del nucleo originale dei Paesi fondatori, la sua nazione ha dovuto impegnarsi e distinguersi nella ricerca di un consenso in situazioni molto complesse. Questa qualità deve essere incoraggiata al momento di affrontare, per il bene di tutti, le sfide interne del Paese.

Desidero oggi sottolineare che, per dare frutto a lungo termine, l'arte del consenso non si riduce a una capacità puramente dialettica, ma deve ricercare il vero e il bene. Perché "senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c'è coscienza e responsabilità sociale, e l'agire sociale cade in balia di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali" (Caritas in veritate, n. 5).

Approfittando del nostro incontro, desidero salutare calorosamente i vescovi del Belgio, che avrò il piacere di accogliere molto presto in occasione della loro visita ad limina Apostolorum.

Il mio pensiero va in particolare a Sua Eccellenza monsignor Léonard che, con entusiasmo e generosità, ha iniziato da poco la sua nuova missione di arcivescovo di Malines-Bruxelles. Desidero anche salutare i sacerdoti del suo Paese, nonché i diaconi e tutti i fedeli che costituiscono la comunità cattolica belga. Li invito a testimoniare con audacia la loro fede. Nei loro impegni nella società, facciano valere pienamente il loro diritto di proporre valori che rispettino la natura umana e che corrispondano alle aspirazioni spirituali più profonde e autentiche della persona!

Nel momento in cui assume ufficialmente le sue funzioni presso la Santa Sede, formulo i migliori auspici per il felice svolgimento della sua missione. Sia certo, Signor Ambasciatore, di trovare sempre presso i miei collaboratori un'attenzione e una comprensione cordiali. Invocando l'intercessione della Vergine Maria e di san Damiano, prego il Signore di effondere generose benedizioni su di lei, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, nonché sul popolo belga e sui suoi governanti.

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(©L'Osservatore Romano - 25 aprile 2010)

Il Papa: Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta...


Il testo dell'indirizzo di saluto del card. Bagnasco al Santo Padre (pdf.)

"Testimoni digitali", il convegno nazionale: il sito

Udienza del Santo Padre al convegno Cei: i video

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Quegli 8mila accesi come 'pixel' (Liut). In pullman per Benedetto

Il Papa: nel mare digitale prendere il largo da cattolici (Muolo)

L'intervento di Benedetto XVI al convegno “Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale” nel commento del Sir

Padre Lombardi al Convegno “Testimoni Digitali”: anche nella Rete si può cercare e incontrare Dio (Radio Vaticana)

Il Papa benedice i media della chiesa italiana: non abbiate paura del web. Benedetto: bene la chiesa nel web, nale il "digital divide" (Izzo)

Il Papa ai partecipanti al Convegno della Cei sui nuovi media: la Chiesa renda umana la comunicazione digitale (Radio Vaticana)

Il Papa: "L'informazione digitale è una grande opportunità, anche di evangelizzazione" (Repubblica)

Il card. Bagnasco al Papa: grazie per il Suo limpido Magistero. Benedetto XVI: dalla chiesa italiana adesione fedele (Izzo)

In ottomila nell’Aula Paolo VI per l’incontro col Papa: alcunu interventi (Avvenire)

UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE "TESTIMONI DIGITALI. VOLTI E LINGUAGGI NELL’ERA CROSSMEDIALE", PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, 24.04.2010

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Convegno nazionale "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale", promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Eminenza,
Venerati Confratelli nell’episcopato,
cari amici
,

sono lieto di questa occasione per incontrarvi e concludere il vostro convegno, dal titolo quanto mai evocativo: "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale". Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole di benvenuto, con le quali, ancora una volta, ha voluto esprimere l’affetto e la vicinanza della Chiesa che è in Italia al mio servizio apostolico. Nelle sue parole, Signor Cardinale, si rispecchia la fedele adesione a Pietro di tutti i cattolici di questa amata Nazione e la stima di tanti uomini e donne animati dal desiderio di cercare la verità.

Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un’inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività. La rete manifesta, dunque, una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona. Si assiste allora a un "inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia…" (Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009). Questo Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo.

Come è possibile, oggi, tornare ai volti? Ho cercato di indicarne la strada anche nella mia terza Enciclica.

Essa passa per quella caritas in veritate, che rifulge nel volto di Cristo. L’amore nella verità costituisce "una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione" (n. 9). I media possono diventare fattori di umanizzazione "non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali" (n. 73). Ciò richiede che "essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale" (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità.

Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete.

È questa la nostra missione, la missione irrinunciabile della Chiesa: il compito di ogni credente che opera nei media è quello di "spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digitale» i segni necessari per riconoscere il Signore" (Messaggio per la 44a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nella rete siete chiamati acollocarvi come "animatori di comunità", attenti a "preparare cammini che conducano alla Parola di Dio", e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti "sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche" (ibid.).

La rete potrà così diventare una sorta di "portico dei gentili", dove "fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto" (ibid.).

Quali animatori della cultura e della comunicazione, voi siete segno vivo di quanto "i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio" (ibid.).

Le voci, in questo campo, in Italia non mancano: basti qui ricordare il quotidiano Avvenire, l’emittente televisiva TV2000, il circuito radiofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, accanto ai periodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali diocesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazione cattolica.

Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale.

Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesa e quindi alla causa dell’uomo, vi esorto a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità.

Vi affido alla protezione di Maria Santissima e dei grandi Santi della comunicazione e di cuore tutti vi benedico.

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giovedì 22 aprile 2010

Il Papa: "Nel Popolo macedone sono ben visibili i segni dei valori umani e cristiani, incarnati nella vita della gente..."


LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DELL’EX-REPUBBLICA JUGOSLAVA DI MACEDONIA PRESSO LA SANTA SEDE, 22.04.2010

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Gioko Gjorgjevski, Ambasciatore dell’ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Gioko Gjorgjevski:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Ambasciatore!

Sono lieto di accogliere Vostra Eccellenza per la presentazione delle Lettere Credenziali quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia presso la Santa Sede. Le sono grato per le cordiali espressioni che ha voluto rivolgermi, anche a nome delle Autorità e della nobile Nazione che Ella rappresenta. Le chiedo di far loro pervenire l’espressione della mia stima e della mia benevolenza, unite all’assicurazione della mia preghiera per la concordia e lo sviluppo armonico dell’intero Paese.

RicevendoLa, il mio pensiero va all’incontro annuale tra il Successore di Pietro e un’autorevole delegazione ufficiale del Suo Paese, che si tiene in occasione della festa dei santi Cirillo e Metodio, venerate guide spirituali dei popoli slavi e compatroni d’Europa. Questo appuntamento, diventato una piacevole consuetudine, attesta le buone relazioni che esistono tra la Santa Sede e la Ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. Si tratta di relazioni bilaterali, sviluppatesi, soprattutto negli ultimi anni, in modo positivo, e caratterizzate da cordiale cooperazione. A tale proposito, desidero manifestare il mio compiacimento per il mutuo impegno profuso nella recente costruzione di nuovi edifici di culto cattolici in diversi luoghi del Paese.

Come Ella ha sottolineato, nel Popolo macedone sono ben visibili i segni dei valori umani e cristiani, incarnati nella vita della gente, che costituiscono l’apprezzato patrimonio spirituale e culturale della Nazione, di cui sono altresì eloquente testimonianza gli stupendi monumenti religiosi, sorti in diverse epoche e località, segnatamente nella città di Ohrid. A questa preziosa eredità, la Santa Sede guarda con grande stima e considerazione, favorendone, per quanto di sua competenza, l’approfondimento storico-documentario, per una maggiore conoscenza del passato religioso e culturale. Attingendo a tale patrimonio, i cittadini del Suo Paese continueranno a costruire anche in futuro la propria storia e, forti della loro identità spirituale, potranno apportare al consorzio dei popoli europei il contributo della loro esperienza. Per questo, auspico vivamente che vadano a buon fine le aspirazioni e i crescenti sforzi di codesto Paese per far parte dell’Europa unita, in una condizione di accettazione dei relativi diritti e doveri e nel reciproco rispetto di istanze collettive e di valori tradizionali dei singoli popoli.

Signor Ambasciatore, nelle parole da Lei pronunciate sull’impegno del Popolo macedone a favorire sempre più il dialogo e la convivenza tra le varie realtà etniche e religiose che costituiscono il Paese, ho colto quell’universale aspirazione alla giustizia e alla coesione interna che da sempre lo anima e che può diventare un esempio per altri nella regione dei Balcani. In effetti, i ponti di interscambio di più ampie intese e strette relazioni religiose tra le diverse componenti della società macedone hanno favorito la creazione di un clima in cui le persone si riconoscono fratelli, figli dello stesso Dio e cittadini dell’unico Paese. E’ certo compito in primo luogo dei responsabili delle Istituzioni individuare modalità per tradurre in iniziative politiche le aspirazioni degli uomini e delle donne al dialogo e alla pace. I credenti, tuttavia, sanno che la pace non è solo frutto di pianificazioni e di attività umane, ma anzitutto dono di Dio agli uomini di buona volontà. Di questa pace, poi, la giustizia e il perdono rappresentano pilastri basilari. La giustizia assicura un pieno rispetto dei diritti e dei doveri, e il perdono guarisce e ricostruisce dalle fondamenta i rapporti tra le persone, che ancora risentono delle conseguenze degli scontri tra le ideologie del recente passato.

Superata la tragica stagione dell’ultima guerra mondiale, dopo la triste esperienza di un totalitarismo negatore dei diritti fondamentali della persona umana, il Popolo macedone è incamminato verso un armonico progresso, dando prova di pazienza, disponibilità al sacrificio e perseverante ottimismo, tenacemente proteso alla creazione di un avvenire migliore per tutti i suoi abitanti. Uno stabile sviluppo sociale ed economico non può non tener conto delle esigenze culturali, sociali e spirituali della gente, come pure deve valorizzare le tradizioni e le risorse popolari più nobili. E ciò nella consapevolezza che il crescente fenomeno della globalizzazione, comportante, da una parte, un certo livellamento delle diversità sociali ed economiche, potrebbe, dall’altra, aggravare lo squilibrio tra quanti traggono vantaggio dalle sempre maggiori possibilità di produrre ricchezza e quanti invece sono lasciati ai margini del progresso.

Signor Ambasciatore, il suo Paese vanta una lunga e luminosa tradizione cristiana risalente ai tempi apostolici. Auspico che in un contesto globale di relativismo morale e di scarso interesse per l’esperienza religiosa, nel quale si muove spesso una parte della società europea, i cittadini del nobile Popolo che Ella rappresenta sappiano operare un saggio discernimento nell’aprirsi ai nuovi orizzonti di autentica civiltà e di vero umanesimo. Per fare questo, occorre mantenere vivi e saldi, a livello personale e comunitario, quei principi che stanno alla base anche della civiltà di codesto Popolo: l’attaccamento alla famiglia, la difesa della vita umana, la promozione delle esigenze religiose specialmente dei giovani. La Chiesa Cattolica nella Sua Nazione, anche se costituisce una minoranza, desidera offrire il suo sincero contributo nella costruzione di una società più giusta e solidale, basata sui valori cristiani che hanno fecondato le coscienze dei suoi abitanti. Sono certo che la comunità cattolica, nella consapevolezza che la carità nella verità "è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera" (Caritas in veritate, n. 1) proseguirà la sua missione caritativa, specialmente in favore dei poveri e dei sofferenti, così apprezzata nel Suo Paese.

Eccellenza, sono certo che anche Ella, nell’adempimento dell’alto compito affidatoLe, contribuirà ad intensificare le già buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e la Nazione macedone, e Le assicuro che potrà contare, a tal fine, sulla piena disponibilità di tutti i miei collaboratori della Curia romana. Con questi fervidi voti, invoco su di Lei, Signor Ambasciatore, sulla Sua famiglia, sui Governanti e su tutti gli abitanti della Nazione che Ella rappresenta, un’abbondanza di Benedizione divina.

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mercoledì 21 aprile 2010

Il Papa ricorda il viaggio a Malta: i giovani sono chiamati a non avere paura delle “tempeste” della vita, e nemmeno dei naufragi...


VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE A MALTA (17-18 APRILE 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE A MALTA

INCONTRO DEL SANTO PADRE CON ALCUNE VITTIME DI ABUSI SESSUALI A MALTA

IL PAPA A MALTA: VIDEO, FOTO, PODCAST

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

L’UDIENZA GENERALE, 21.04.2010

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul suo recente Viaggio Apostolico a Malta in occasione del 1950° anniversario del naufragio di San Paolo sull’isola.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il viaggio apostolico a Malta

Cari fratelli e sorelle!

Come sapete, sabato e domenica scorsi ho compiuto un viaggio apostolico a Malta, sul quale oggi vorrei brevemente soffermarmi.
Occasione della mia visita pastorale è stato il 1950° anniversario del naufragio dell’apostolo Paolo sulle coste dell’arcipelago maltese e della sua permanenza in quelle isole per circa tre mesi. E’ un avvenimento collocabile attorno all’anno 60 e raccontato con abbondanza di particolari nel libro degli Atti degli Apostoli (capp. 27-28).
Come accadde a san Paolo, anch’io ho sperimentato la calorosa accoglienza dei Maltesi – davvero straordinaria - e per questo esprimo nuovamente la mia più viva e cordiale riconoscenza al Presidente della Repubblica, al Governo e alle altre Autorità dello Stato, e ringrazio fraternamente i Vescovi del Paese, con tutti coloro che hanno collaborato a preparare questo festoso incontro tra il Successore di Pietro e la popolazione maltese.
La storia di questo popolo da quasi duemila anni è inseparabile dalla fede cattolica, che caratterizza la sua cultura e le sue tradizioni: si dice che a Malta vi siano ben 365 chiese, “una per ogni giorno dell’anno”, un segno visibile di questa profonda fede!
Tutto ebbe inizio con quel naufragio: dopo essere andata alla deriva per 14 giorni, spinta dai venti, la nave che trasportava a Roma l’apostolo Paolo e molte altre persone si incagliò in una secca dell’Isola di Malta.
Per questo, dopo l’incontro molto cordiale con il Presidente della Repubblica, nella capitale La Valletta - che ha avuto la bella cornice del gioioso saluto di tanti ragazzi e ragazze - mi sono recato subito in pellegrinaggio alla cosiddetta “Grotta di San Paolo”, presso Rabat, per un momento intenso di preghiera. Lì ho potuto salutare anche un folto gruppo di missionari maltesi. Pensare a quel piccolo arcipelago al centro del Mediterraneo, e a come vi giunse il seme del Vangelo, suscita un senso di grande stupore per i misteriosi disegni della Provvidenza divina: viene spontaneo ringraziare il Signore e anche san Paolo, che, in mezzo a quella violenta tempesta, mantenne la fiducia e la speranza e le trasmise anche ai compagni di viaggio. Da quel naufragio, o, meglio, dalla successiva permanenza di Paolo a Malta, nacque una comunità cristiana fervente e solida, che dopo duemila anni è ancora fedele al Vangelo e si sforza di coniugarlo con le complesse questioni dell’epoca contemporanea.
Questo naturalmente non è sempre facile, né scontato, ma la gente maltese sa trovare nella visione cristiana della vita le risposte alle nuove sfide. Ne è un segno, ad esempio, il fatto di aver mantenuto saldo il profondo rispetto per la vita non ancora nata e per la sacralità del matrimonio, scegliendo di non introdurre l’aborto e il divorzio nell’ordinamento giuridico del Paese.
Pertanto, il mio viaggio aveva lo scopo di confermare nella fede la Chiesa che è in Malta, una realtà molto vivace, ben compaginata e presente sul territorio di Malta e Gozo. Tutta questa comunità si era data appuntamento a Floriana, nel Piazzale dei Granai, davanti alla Chiesa di San Publio, dove ho celebrato la Santa Messa partecipata con grande fervore.
E’ stato per me motivo di gioia, ed anche di consolazione sentire il particolare calore di quel popolo che dà il senso di una grande famiglia, accomunata dalla fede e dalla visione cristiana della vita.

Dopo la Celebrazione, ho voluto incontrare alcune persone vittime di abusi da parte di esponenti del Clero. Ho condiviso con loro la sofferenza e, con commozione, ho pregato con loro, assicurando l’azione della Chiesa.

Se Malta dà il senso di una grande famiglia, non bisogna pensare che, a causa della sua conformazione geografica, sia una società “isolata” dal mondo. Non è così, e lo si vede, ad esempio, dai contatti che Malta intrattiene con vari Paesi e dal fatto che in molte Nazioni si trovano sacerdoti maltesi. Infatti, le famiglie e le parrocchie di Malta hanno saputo educare tanti giovani al senso di Dio e della Chiesa, così che molti di loro hanno risposto generosamente alla chiamata di Gesù e sono diventati presbiteri. Tra questi, numerosi hanno abbracciato l’impegno missionario ad gentes, in terre lontane, ereditando lo spirito apostolico che spingeva san Paolo a portare il Vangelo là dove ancora non era arrivato. E’ questo un aspetto che volentieri ho ribadito, che cioè “la fede si rafforza quando viene offerta agli altri” (Enc. Redemptoris missio, 2). Sul ceppo di questa fede, Malta si è sviluppata ed ora si apre a varie realtà economiche, sociali e culturali, alle quali offre un apporto prezioso.

E’ chiaro che Malta ha dovuto spesso difendersi nel corso dei secoli – e lo si vede dalle sue fortificazioni. La posizione strategica del piccolo arcipelago attirava ovviamente l’attenzione delle diverse potenze politiche e militari. E tuttavia, la vocazione più profonda di Malta è quella cristiana, vale a dire la vocazione universale della pace! La celebre croce di Malta, che tutti associano a quella Nazione, ha sventolato tante volte in mezzo a conflitti e contese; ma, grazie a Dio, non ha mai perso il suo significato autentico e perenne: è il segno dell’amore e della riconciliazione, e questa è la vera vocazione dei popoli che accolgono e abbracciano il messaggio cristiano!

Crocevia naturale, Malta è al centro di rotte di migrazione: uomini e donne, come un tempo san Paolo, approdano sulle coste maltesi, talvolta spinti da condizioni di vita assai ardue, da violenze e persecuzioni, e ciò comporta, naturalmente, problemi complessi sul piano umanitario, politico e giuridico, problemi che hanno soluzioni non facili, ma da ricercare con perseveranza e tenacia, concertando gli interventi a livello internazionale. Così è bene che si faccia in tutte le Nazioni che hanno i valori cristiani nelle radici delle loro Carte Costituzionali e delle loro culture.

La sfida di coniugare nella complessità dell’oggi la perenne validità del Vangelo è affascinante per tutti, ma specialmente per i giovani. Le nuove generazioni infatti la avvertono in modo più forte, e per questo ho voluto che anche a Malta, malgrado la brevità della mia visita, non mancasse l’incontro con i giovani. E’ stato un momento di profondo e intenso dialogo, reso ancora più bello dall’ambiente in cui si è svolto – il porto di Valletta – e dall’entusiasmo dei giovani. A loro non potevo non ricordare l’esperienza giovanile di san Paolo: un’esperienza straordinaria, unica, eppure capace di parlare alle nuove generazioni di ogni epoca, per quella radicale trasformazione seguita all’incontro con Cristo Risorto.

Ho guardato dunque ai giovani di Malta come a dei potenziali eredi dell’avventura spirituale di san Paolo, chiamati come lui a scoprire la bellezza dell’amore di Dio donatoci in Gesù Cristo; ad abbracciare il mistero della sua Croce; ad essere vincitori proprio nelle prove e nelle tribolazioni, a non avere paura delle “tempeste” della vita, e nemmeno dei naufragi, perché il disegno d’amore di Dio è più grande anche delle tempeste e dei naufragi.

Cari amici, questo, in sintesi, è stato il messaggio che ho portato a Malta. Ma, come accennavo, è stato tanto ciò che io stesso ho ricevuto da quella Chiesa, da quel popolo benedetto da Dio, che ha saputo collaborare validamente con la sua grazia. Per intercessione dell’apostolo Paolo, di san Giorgio Preca, sacerdote, primo santo maltese, e della Vergine Maria, che i fedeli di Malta e Gozo venerano con tanta devozione, possa sempre progredire nella pace e nella prosperità.

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