domenica 30 gennaio 2011

Il Papa: Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché – come scrive san Paolo – «quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono»

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA



Vedi anche:

La condizione umana. Le parole del Papa all'Angelus (Sir)

Giornata di Intercessione in Terra Santa, l'auspicio del Papa: maturino "concreti progetti di pace". Il commento di padre Pizzaballa

Benedetto XVI all'Angelus: la Chiesa non teme le persecuzioni, il mondo si apra ai valori delle Beatitudini. Liberate le colombe della pace con i giovani dell'Acr (Radio Vaticana)

Il Papa: La Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano (TMNews)

Il Papa: la lebbra continua a colpire i poveri del mondo. Un pensiero alla Terra Santa ed alla Cina. Dopo l'Angelus i giovani dell'AC ringraziano per la beatificazione di Wojtyla e liberano due colombe (Izzo)

Il Papa: Dio faccia convergere le menti e i cuori a concreti progetti di pace in Terra Santa (AsiaNews)

Il Papa saluta la "carovana della pace". Due ragazzi con lui alla finestra (Ansa)

Il Papa: Il Vangelo indica "a tutto il mondo, nel presente e nel futuro", un "nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri" (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 30.01.2011

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Presenti oggi, tra gli altri, i Ragazzi dell’Azione Cattolica della diocesi di Roma che concludono con la "Carovana della Pace" il mese di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace. Al termine della preghiera dell’Angelus due bambini, invitati nell’appartamento pontificio, liberano dalla finestra due colombe, simbolo di pace.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

In questa quarta domenica del Tempo Ordinario, il Vangelo presenta il primo grande discorso che il Signore rivolge alla gente, sulle dolci colline intorno al Lago di Galilea. «Vedendo le folle – scrive san Matteo –, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro» (Mt 5,1-2). Gesù, nuovo Mosè, «prende posto sulla "cattedra" della montagna» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 88) e proclama «beati» i poveri in spirito, gli afflitti, i misericordiosi, quanti hanno fame della giustizia, i puri di cuore, i perseguitati (cfr Mt 5,3-10). Non si tratta di una nuova ideologia, ma di un insegnamento che viene dall’alto e tocca la condizione umana, proprio quella che il Signore, incarnandosi, ha voluto assumere, per salvarla.

Perciò, «il Discorso della montagna è diretto a tutto il mondo, nel presente e nel futuro … e può essere compreso e vissuto solo nella sequela di Gesù, nel camminare con Lui» (Gesù di Nazaret, p. 92).

Le Beatitudini sono un nuovo programma di vita, per liberarsi dai falsi valori del mondo e aprirsi ai veri beni, presenti e futuri. Quando, infatti, Dio consola, sazia la fame di giustizia, asciuga le lacrime degli afflitti, significa che, oltre a ricompensare ciascuno in modo sensibile, apre il Regno dei Cieli. «Le Beatitudini sono la trasposizione della croce e della risurrezione nell’esistenza dei discepoli» (ibid., p. 97). Esse rispecchiano la vita del Figlio di Dio che si lascia perseguitare, disprezzare fino alla condanna a morte, affinché agli uomini sia donata la salvezza.

Afferma un antico eremita: «Le Beatitudini sono doni di Dio, e dobbiamo rendergli grandi grazie per esse e per le ricompense che ne derivano, cioè il Regno dei Cieli nel secolo futuro, la consolazione qui, la pienezza di ogni bene e misericordia da parte di Dio … una volta che si sia divenuti immagine del Cristo sulla terra» (Pietro di Damasco, in Filocalia, vol. 3, Torino 1985, p. 79).

Il Vangelo delle Beatitudini si commenta con la storia stessa della Chiesa, la storia della santità cristiana, perché – come scrive san Paolo – «quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1 Cor 1,27-28). Per questo la Chiesa non teme la povertà, il disprezzo, la persecuzione in una società spesso attratta dal benessere materiale e dal potere mondano.

Sant’Agostino ci ricorda che «non giova soffrire questi mali, ma sopportarli per il nome di Gesù, non solo con animo sereno, ma anche con gioia» (De sermone Domini in monte, I, 5,13: CCL 35, 13).

Cari fratelli e sorelle, invochiamo la Vergine Maria, la Beata per eccellenza, chiedendo la forza di cercare il Signore (cfr Sof 2,3) e di seguirlo sempre, con gioia, sulla via delle Beatitudini.

DOPO L’ANGELUS

Si celebra in questa domenica la "Giornata mondiale dei malati di lebbra", promossa negli anni ‘50 del secolo scorso da Raoul Follereau e riconosciuta ufficialmente dall’ONU. La lebbra, pur essendo in regresso, purtroppo colpisce ancora molte persone in condizione di grave miseria. A tutti i malati assicuro una speciale preghiera, che estendo a quanti li assistono e, in diversi modi, si impegnano a sconfiggere il morbo di Hansen. Saluto in particolare l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau, che compie 50 anni di attività.

Nei prossimi giorni, in vari Paesi dell’Estremo Oriente si celebra, con gioia, specialmente nell’intimità delle famiglie, il capodanno lunare. A tutti quei grandi popoli auguro di cuore serenità e prosperità.

Oggi ricorre anche la "Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa". Mi associo al Patriarca Latino di Gerusalemme e al Custode di Terra Santa nell’invitare tutti a pregare il Signore affinché faccia convergere le menti e i cuori a concreti progetti di pace.

Sono lieto di rivolgere un caloroso saluto ai ragazzi e alle ragazze dell’Azione Cattolica della Diocesi di Roma, guidati dal Cardinale Vicario Agostino Vallini. Cari ragazzi, anche quest’anno siete venuti numerosi, al termine della vostra "Carovana della Pace", il cui motto era: "Contiamo sulla Pace!". Ascoltiamo ora il messaggio che i vostri amici, qui accanto a me, ci leggeranno.

Je salue les pèlerins francophones et plus particulièrement les Scouts Unitaires de France, qui célèbrent cette année leur quarantième anniversaire. Que la marche-relais, que vous entreprenez à la suite du Christ, soit pour vous une source de bonheur et de joie. Vous pourrez ensuite en partager les fruits, notamment lors des prochaines Journées Mondiales de la Jeunesse, à Madrid, où j’invite tous les jeunes francophones à venir très nombreux m’y rejoindre. Que Marie soit notre guide sur les sentiers qui nous conduisent à vivre en vérité les Béatitudes ! Bon dimanche et bonne semaine à tous !

I greet warmly all the English-speaking visitors present at today’s Angelus. In this Sunday’s Gospel, we hear the eight Beatitudes, that beautiful account of what Christian discipleship demands of us. Jesus himself showed us the way by the manner of his life and death, and by rising from the dead he revealed the new life that awaits those who follow him along the path of love. Upon all of you here today, and upon your families and loved ones at home, I invoke abundant blessings of peace and joy.

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Im heutigen Evangelium zeigt Jesus mit den Seligpreisungen den Weg zur Glückseligkeit auf. Die Seligpreisungen stellen gleichsam ein Selbstbildnis Christi dar: seine Armut und Schlichtheit sowie seine Milde und Leidenschaft für Gerechtigkeit und Frieden. Je eifriger wir ihn in diesen Haltungen nachahmen, um so mehr schenkt er uns seine Liebe und stillt unsere innerste Sehnsucht nach Glückseligkeit und Frieden. Laßt uns diese wunderbare Gemeinschaft mit Christus pflegen. Dazu begleite euch Gott mit seiner Gnade.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular a los fieles de diversas parroquias de las diócesis de Valencia, Cádiz y Jerez de la Frontera. El anuncio de las Bienaventuranzas, que hoy nos presenta la liturgia, es una clara propuesta del Señor para vivir en comunión con Él y alcanzar la auténtica felicidad. Quien acoge con radicalidad este programa de vida, encuentra la fuerza necesaria para colaborar en la edificación del Reino de Dios y ser instrumento de salvación. Feliz domingo.

Moją myśl i słowo pozdrowienia kieruję do wszystkich Polaków. Ewangelia dzisiejszej Mszy świętej wspomina Kazanie Jezusa na Górze. Osiem Błogosławieństw, to fundament moralności nowego człowieka, program życia uczniów i wyznawców Chrystusa; to nowy wymiar relacji i wzajemnych odniesień. Zachęcając do realizacji tego programu, skierowanego do każdego z nas, z serca wszystkim błogosławię.

[Rivolgo ora il mio pensiero e la mia parola di saluto a tutti i Polacchi. Il Vangelo dell’odierna domenica presenta il "Discorso della montagna" di Gesù. Otto beatitudini: ecco il fondamento della moralità dell’uomo nuovo, il programma di vita dei discepoli di Cristo e di quanti credono in Lui; è una nuova dimensione delle relazioni e dei reciproci comportamenti. Invitandovi a seguire tale programma, destinato a ognuno di noi, vi benedico di cuore.]

Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli venuti da Chieti e Villamagna. A tutti auguro una buona domenica. Ed ora, insieme con i ragazzi dell’Azione Cattolica, liberiamo le colombe, simbolo di pace.

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sabato 29 gennaio 2011

Videomessaggio del Papa alla Pontificia Università "Santo Tomas" di Manila: Sono fiducioso che, tenendo presente la fede e la ragione, che fanno sempre parte di un approccio veramente completo all'educazione, la vostra Università continuerà a contribuire all'arricchimento intellettuale, spirituale e culturale delle Filippine e anche di altri Paesi



VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL 400mo ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELL’UNIVERSITÀ PONTIFICIA DI SANTO TOMAS, MANILA (FILIPPINE), 29.01.2011

Pubblichiamo di seguito il videomessaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha registrato in occasione del 400mo anniversario della fondazione dell’Università Pontificia di Santo Tomas, Manila (Filippine). La celebrazione dell’anniversario è avvenuta ieri 28 gennaio, memoria liturgica di San Tommaso, alla presenza dell’Inviato Speciale del Papa, l'Em.mo Card. Zenon Grocholewski:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Eminenze, Eccellenze, cari Amici,

Sono lieto di inviare i miei cordiali saluti agli studenti, al personale e agli ex alunni della Pontificia Università di San Tommaso mentre si celebra il quattrocentesimo anniversario della sua fondazione. È un evento importante nella vita della Chiesa e, pur non potendo essere con voi fisicamente, sono lieto di rivolgermi a voi di persona in questo modo, di unirmi a voi nello spirito e di porgere a tutti voi i miei affettuosi auguri per questa fausta occasione.
È con gratitudine che ricordo i molti sacerdoti, religiosi e laici che a San Tommaso hanno trasmesso a generazioni di filippini la fede, la conoscenza e la sapienza che si trova nelle scienze religiose e secolari. In particolare rendo omaggio alla memoria del vostro fondatore, il vescovo Miguel de Benavides, e al grande impegno dei Domenicani, che hanno guidato l'istituzione attraverso le numerose sfide degli ultimi quattro secoli. Come sapete, l'Università di San Tommaso è l'istituzione per l'educazione cattolica superiore più antica dell'Estremo Oriente e continua a svolgere un ruolo molto importante nella Chiesa in tutta la regione. Sono fiducioso che, tenendo presente la fede e la ragione, che fanno sempre parte di un approccio veramente completo all'educazione, la vostra Università continuerà a contribuire all'arricchimento intellettuale, spirituale e culturale delle Filippine e anche di altri Paesi.
Prego anche affinché cerchiate sempre una conoscenza delle questioni umane e divine alla luce di quella chiarezza ultima che si trova nella persona di Gesù Cristo (cfr. Gv 8, 12).
Invocando la saggia intercessione del vostro patrono celeste, san Tommaso d'Aquino, vi imparto volentieri la Benedizione Apostolica come pegno di grazia e di pace.

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(Traduzione Osservatore Romano)

Il Papa: Cristo, l’eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che con la speciale vocazione al ministero sacerdotale ha "conquistato" la nostra vita, non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera

UDIENZA ALLA COMUNITÀ DEL PONTIFICIO COLLEGIO ETIOPICO IN VATICANO, 29.01.2011

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza la Comunità del Pontificio Collegio Etiopico in Vaticano, e rivolge ai presenti le seguenti parole:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliervi per la felice circostanza del 150° anniversario della nascita al Cielo di san Giustino De Jacobis. Saluto cordialmente ciascuno di voi, cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, che la Divina Provvidenza ha posto a vivere vicino al sepolcro dell’Apostolo Pietro, segno degli antichi e profondi legami di comunione che uniscono la Chiesa in Etiopia ed in Eritrea con la Sede Apostolica. Saluto in modo speciale il Rettore, Padre Teclezghi Bahta, che ringrazio per le cortesi espressioni con cui ha introdotto il nostro incontro, ricordando le diverse e significative circostanze che lo hanno suggerito. Vi accolgo oggi con particolare affetto e, insieme a voi, mi è caro pensare alle vostre comunità di origine.

Vorrei ora soffermarmi sulla luminosa figura di san Giustino De Jacobis, del quale avete celebrato il significativo anniversario lo scorso 31 luglio. Degno figlio di san Vincenzo de’ Paoli, san Giustino visse in modo esemplare il suo "farsi tutto a tutti", specialmente al servizio del popolo abissino. Inviato a trentotto anni dall’allora Prefetto di Propaganda Fide, il Cardinale Franzoni, come missionario in Etiopia, nel Tigrai, lavorò prima ad Adua e poi a Guala, dove pensò subito a formare preti etiopi, dando vita ad un seminario chiamato "Collegio dell’Immacolata". Con il suo zelante ministero operò instancabilmente perché quella porzione di popolo di Dio ritrovasse il fervore originario della fede, seminata dal primo evangelizzatore san Frumenzio (cfr PL 21, 473-80). Giustino intuì con lungimiranza che l’attenzione al contesto culturale doveva essere una via privilegiata sulla quale la grazia del Signore avrebbe formato nuove generazioni di cristiani. Imparando la lingua locale e favorendo la plurisecolare tradizione liturgica del rito proprio di quelle comunità, egli si adoperò anche per un’efficace opera ecumenica. Per oltre un ventennio il suo generoso ministero, sacerdotale prima ed episcopale poi, andò a beneficio di quanti incontrava e amava come membra vive del popolo a lui affidato.

Per la sua passione educativa, specialmente nella formazione dei sacerdoti, può essere giustamente considerato il patrono del vostro Collegio; infatti, ancora oggi questa benemerita Istituzione accoglie presbiteri e candidati al sacerdozio sostenendoli nel loro impegno di preparazione teologica, spirituale e pastorale. Rientrando nelle comunità di origine, o accompagnando i connazionali emigrati all’estero, sappiate suscitare in ciascuno l’amore a Dio e alla Chiesa, sull’esempio di san Giustino De Jacobis. Egli coronò il suo fecondo contributo alla vita religiosa e civile dei popoli abissini con il dono della sua vita, silenziosamente riconsegnata a Dio dopo molte sofferenze e persecuzioni. Fu beatificato dal Venerabile Pio XII il 25 giugno 1939 e canonizzato dal Servo di Dio Paolo VI il 26 ottobre 1975.

Anche per voi, cari sacerdoti e seminaristi, è tracciata la via della santità! Cristo continua ad essere presente nel mondo e a rivelarsi attraverso coloro che, come san Giustino De Jacobis, si lasciano animare dal suo Spirito. Ce lo ricorda il Concilio Vaticano II che, tra l’altro, afferma: "Nella vita di quelli che, sebbene partecipi della nostra natura umana, sono tuttavia più perfettamente trasformati nell’immagine di Cristo (cfr 2 Cor 3,18), Dio manifesta vivamente agli uomini la sua presenza ed il suo volto. In loro è Egli stesso che ci parla e ci mostra il contrassegno del suo Regno" (Cost. dog. Lumen gentium, 50).

Cristo, l’eterno Sacerdote della Nuova Alleanza, che con la speciale vocazione al ministero sacerdotale ha "conquistato" la nostra vita, non sopprime le qualità caratteristiche della persona; al contrario, le eleva, le nobilita e, facendole sue, le chiama a servire il suo mistero e la sua opera. Dio ha bisogno anche di ciascuno di noi "per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù" (Ef 2,7).

Nonostante il carattere proprio della vocazione di ciascuno, non siamo separati tra di noi; siamo invece solidali, in comunione all’interno di un unico organismo spirituale. Siamo chiamati a formare il Cristo totale, un’unità ricapitolata nel Signore, vivificata dal suo Spirito per diventare il suo "pleroma" e arricchire il cantico di lode che Egli innalza al Padre. Cristo è inseparabile dalla Chiesa che è il suo Corpo. E’ nella Chiesa che Cristo congiunge più strettamente a sé i battezzati e, nutrendoli alla Mensa eucaristica, li rende partecipi della sua vita gloriosa (cfr Lumen gentium, 48). La santità si colloca quindi nel cuore stesso del mistero ecclesiale ed è la vocazione a cui tutti siamo chiamati.

I Santi non sono un ornamento che riveste la Chiesa dall’esterno, ma sono come i fiori di un albero che rivelano la inesauribile vitalità della linfa che lo percorre. E’ bello contemplare così la Chiesa, in modo ascensionale verso la pienezza del Vir perfectus; in continua, faticosa, progressiva maturazione; dinamicamente sospinta verso il pieno compimento in Cristo.

Cari sacerdoti e seminaristi del Pontificio Collegio Etiopico, vivete con gioia e dedizione questo periodo importante della vostra formazione, all’ombra della cupola di San Pietro: camminate con decisione sulla strada della santità. Voi siete un segno di speranza, specialmente per la Chiesa nei vostri Paesi di origine. Sono certo che l’esperienza di comunione vissuta qui a Roma vi aiuterà anche a portare un prezioso contributo alla crescita e alla pacifica convivenza delle vostre amate Nazioni. Accompagno il vostro cammino con la mia preghiera e, per intercessione di san Giustino De Jacobis e della Vergine Maria, vi imparto con affetto la Benedizione Apostolica, che estendo volentieri alle Suore di Maria Bambina, al Personale della Casa e a tutte le persone a voi care.

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venerdì 28 gennaio 2011

Il Papa alle Chiese Orientali Ortodosse: Non possiamo che essere grati per il fatto che, dopo quasi cinquecento anni di separazione, troviamo ancora accordo sulla natura sacramentale della Chiesa, sulla successione apostolica nel servizio sacerdotale e sulla necessità impellente di testimoniare nel mondo il Vangelo di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

UDIENZA ALLA COMMISSIONE MISTA INTERNAZIONALE PER IL DIALOGO TEOLOGICO TRA LA CHIESA CATTOLICA E LE CHIESE ORIENTALI ORTODOSSE, 28.01.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Partecipanti alla riunione della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali Ortodosse.
Pubblichiamo di seguito le parole di saluto che il Papa rivolge ai presenti:


SALUTO DEL SANTO PADRE

Eminenze, Eccellenze,
Cari Fratelli in Cristo
,

è con grande gioia che vi accolgo, membri della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese Orientali ortodosse. Attraverso di voi estendo volentieri saluti fraterni ai miei venerabili fratelli, i Capi delle Chiese orientali ortodosse.
Sono grato per l'opera della Commissione che è cominciata nel gennaio 2003 come iniziativa condivisa delle autorità ecclesiali della famiglia delle Chiese Orientali ortodosse e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei cristiani.
Come sapete, l'esito della prima fase del dialogo, dal 2003 al 2009, è stato il testo congiunto intitolato Natura, Costituzione e missione della Chiesa. Il documento ha evidenziato aspetti di principi ecclesiologici fondamentali che condividiamo e questioni specifiche che richiederanno una riflessione più profonda in fasi successive del dialogo.
Non possiamo che essere grati per il fatto che, dopo quasi cinquecento anni di separazione, troviamo ancora accordo sulla natura sacramentale della Chiesa, sulla successione apostolica nel servizio sacerdotale e sulla necessità impellente di testimoniare nel mondo il Vangelo di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
Nella seconda fase la Commissione ha riflettuto da un punto di vista storico sui modi in cui le Chiese hanno espresso la propria comunione nel corso dei secoli. Questa settimana, durante l'incontro, state approfondendo lo studio sulla comunione e sulla comunicazione esistenti fra le Chiese fino alla metà del quinto secolo della storia cristiana nonché sul ruolo svolto dal monachesimo nella vita della Chiesa primitiva.
Dobbiamo avere fiducia nel fatto che la vostra riflessione teologica condurrà le nostre Chiese non solo a comprendersi reciprocamente, ma a proseguire in modo risoluto e decisivo il nostro cammino verso la piena comunione alla quale siamo chiamati dalla volontà di Cristo. Per questa intenzione abbiamo elevato la nostra preghiera comune durante la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani che si è appena conclusa.
Molti di voi giungono da regioni in cui le singole persone e le comunità cristiane affrontano prove e difficoltà che sono motivo di profonda preoccupazione per noi tutti. Tutti i cristiani devono cooperare all'accettazione e alla fiducia reciproche per servire la causa della pace e della giustizia. Che l'intercessione e l'esempio dei numerosi martiri e santi, che hanno reso una testimonianza generosa a Cristo in tutte le nostre Chiese, sostengano e rafforzino voi e le vostre comunità cristiane.
Con sentimenti di affetto fraterno invoco su tutti voi la grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo.

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(Traduzione Osservatore Romano)

Le intenzioni generale e missionaria che Benedetto XVI ha affidato all'Apostolato della Preghiera per il 2012

Le intenzioni dell'Apostolato della Preghiera

Pubblichiamo il testo italiano delle intenzioni generale e missionaria che, come di consueto, Benedetto XVI ha affidato all'Apostolato della Preghiera per il 2012.

Gennaio

Generale: Perché le vittime dei disastri naturali ricevano il conforto spirituale e materiale necessario per ricostruire la loro vita.
Missionaria: Perché l'impegno dei cristiani in favore della pace sia occasione per testimoniare il nome di Cristo a tutti gli uomini di buona volontà.

Febbraio

Generale: Perché tutti i popoli abbiano pieno accesso all'acqua e alle risorse necessarie al sostentamento quotidiano.
Missionaria: Perché il Signore sostenga lo sforzo degli operatori sanitari delle regioni più povere nell'assistenza ai malati e agli anziani.

Marzo

Generale: Perché sia adeguatamente riconosciuto in tutto il mondo il contributo delle donne allo sviluppo della società.
Missionaria: Perché lo Spirito Santo conceda perseveranza a quanti, particolarmente in Asia, sono discriminati, perseguitati e messi a morte a causa del nome di Cristo.

Aprile

Generale: Perché molti giovani sappiano accogliere la chiamata di Cristo a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa.
Missionaria: Perché il Cristo risorto sia segno di sicura speranza per uomini e donne del Continente africano.

Maggio

Generale: Perché siano promosse nella società iniziative che difendano e rafforzino il ruolo della famiglia.
Missionaria: Perché Maria, Regina del mondo e Stella dell'evangelizzazione, accompagni tutti i missionari nell'annuncio del suo Figlio Gesù.

Giugno

Generale: Perché i credenti sappiano riconoscere nell'Eucaristia la presenza vivente del Risorto, che li accompagna nella vita quotidiana.
Missionaria: Perché i cristiani in Europa riscoprano la propria identità e partecipino con più slancio all'annuncio del Vangelo.

Luglio

Generale: Perché tutti possano avere un lavoro e svolgerlo in condizioni di stabilità e di sicurezza.
Missionaria: Perché i volontari cristiani, presenti nei territori di missione, sappiano dare testimonianza della carità di Cristo.

Agosto

Generale: Perché i carcerati siano trattati con giustizia e venga rispettata la loro dignità umana.
Missionaria: Perché i giovani, chiamati alla sequela di Cristo, si rendano disponibili a proclamare e testimoniare il Vangelo sino agli estremi confini della terra.

Settembre

Generale: Perché i politici agiscano sempre con onestà, integrità e amore alla verità.
Missionaria: Perché aumenti nelle comunità cristiane la disponibilità al dono di missionari, sacerdoti e laici, e di risorse concrete in favore delle Chiese più povere.

Ottobre

Generale: Per lo sviluppo e il progresso della Nuova Evangelizzazione nei Paesi di antica cristianità.
Missionaria: Perché la celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale sia l'occasione di un rinnovato impegno di evangelizzazione.

Novembre

Generale: Perché i Vescovi, i sacerdoti e tutti i ministri del Vangelo diano coraggiosa testimonianza di fedeltà al Signore crocifisso e risorto.
Missionaria: Perché la Chiesa pellegrina sulla terra risplenda come luce delle nazioni.

Dicembre

Generale: Perché in tutto il mondo i migranti siano accolti, specialmente dalle comunità cristiane, con generosità ed autentica carità.
Missionaria: Perché Cristo si riveli a tutta l'umanità con la luce che emana da Betlemme e che si riflette sul volto della sua Chiesa.

Dal Vaticano, 31 Dicembre 2010

BENEDICTUS PP. XVI

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(©L'Osservatore Romano - 28 gennaio 2011)

mercoledì 26 gennaio 2011

Il Papa: con la sua luminosa testimonianza, santa Giovanna d’Arco ci invita ad una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia

CICLO DI CATECHESI SULLE GRANDI FIGURE FEMMINILI DELLA CHIESA

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Benedetto XVI ha indicato Santa Giovanna d’Arco come modello per i cattolici impegnati in politica (La Rosa)

Politica, morale, cinismo ed un sogno: Giovanna d'Arco. Il commento di Benedetto Ippolito

Giovanna d'Arco, la mistica della politica (Massimo Introvigne)

La pulzella che entrò in politica a 17 anni. Raccomandata dal Papa (Magister)

Il Papa: Per i laici impegnati nella vita politica, la fede é la luce che guida ogni scelta anche in situazioni difficili (Izzo)

Il Papa: Il processo a Giovanna D'Arco rappresenta "una pagina sconvolgente della storia della santità, e anche illuminante sul mistero della Chiesa, che è allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione" (Izzo)

Il Papa: Giovanna d'Arco, esempio per tutti i politici (Rome Reports)

I "successori" di Peppone e Don Camillo regalano al Papa i film sui personaggi di Guareschi

Il Papa: i politici cristiani prendano esempio da Giovanna d'Arco (Giansoldati)

Don Camillo e Peppone nell'Aula Paolo VI (Osservatore Romano)

I "successori" di don Camillo e Peppone incontrano Papa Ratzinger (TMNews)

Nessuna forma di aggressività nel comportamento dei due fedeli maltesi che volevano raggiungere il Santo Padre (Asca)

Due fedeli tentano di scavalcare la transenna nell'aula Nervi

Il Papa: Nell'amore di Gesu', Giovanna d'Arco trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine (Asca)

Il Papa ricorda il processo a Giovanna d'Arco: I giudici furono incapaci di comprendere...non sapevano di condannare una santa (TMNews)

Il Papa: Giovanna d'Arco, un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili (Sir)

L’UDIENZA GENERALE, 26.01.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di Santa Giovanna d’Arco (1412-1431).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Santa Giovanna d'Arco

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei parlarvi di Giovanna d'Arco, una giovane santa della fine del Medioevo, morta a 19 anni, nel 1431. Questa santa francese, citata più volte nel Catechismo della Chiesa Cattolica, è particolarmente vicina a santa Caterina da Siena, patrona d'Italia e d'Europa, di cui ho parlato in una recente catechesi. Sono infatti due giovani donne del popolo, laiche e consacrate nella verginità; due mistiche impegnate, non nel chiostro, ma in mezzo alle realtà più drammatiche della Chiesa e del mondo del loro tempo. Sono forse le figure più caratteristiche di quelle “donne forti” che, alla fine del Medioevo, portarono senza paura la grande luce del Vangelo nelle complesse vicende della storia. Potremmo accostarle alle sante donne che rimasero sul Calvario, vicino a Gesù crocifisso e a Maria sua Madre, mentre gli Apostoli erano fuggiti e lo stesso Pietro lo aveva rinnegato tre volte. La Chiesa, in quel periodo, viveva la profonda crisi del grande scisma d'Occidente, durato quasi 40 anni. Quando Caterina da Siena muore, nel 1380, ci sono un Papa e un Antipapa; quando Giovanna nasce, nel 1412, ci sono un Papa e due Antipapa. Insieme a questa lacerazione all'interno della Chiesa, vi erano continue guerre fratricide tra i popoli cristiani d'Europa, la più drammatica delle quali fu l'interminabile “Guerra dei cent’anni” tra Francia e Inghilterra.

Giovanna d'Arco non sapeva né leggere né scrivere, ma può essere conosciuta nel più profondo della sua anima grazie a due fonti di eccezionale valore storico: i due Processi che la riguardano.

Il primo, il Processo di Condanna (PCon), contiene la trascrizione dei lunghi e numerosi interrogatori di Giovanna durante gli ultimi mesi della sua vita (febbraio-maggio 1431), e riporta le parole stesse della Santa. Il secondo, il Processo di Nullità della Condanna, o di “riabilitazione” (PNul), contiene le deposizioni di circa 120 testimoni oculari di tutti i periodi della sua vita (cfr Procès de Condamnation de Jeanne d'Arc, 3 vol. e Procès en Nullité de la Condamnation de Jeanne d'Arc, 5 vol., ed. Klincksieck, Paris l960-1989).

Giovanna nasce a Domremy, un piccolo villaggio situato alla frontiera tra Francia e Lorena. I suoi genitori sono dei contadini agiati, conosciuti da tutti come ottimi cristiani. Da loro riceve una buona educazione religiosa, con un notevole influsso della spiritualità del Nome di Gesù, insegnata da san Bernardino da Siena e diffusa in Europa dai francescani. Al Nome di Gesù viene sempre unito il Nome di Maria e così, sullo sfondo della religiosità popolare, la spiritualità di Giovanna è profondamente cristocentrica e mariana. Fin dall'infanzia, ella dimostra una grande carità e compassione verso i più poveri, gli ammalati e tutti i sofferenti, nel contesto drammatico della guerra.

Dalle sue stesse parole, sappiamo che la vita religiosa di Giovanna matura come esperienza mistica a partire dall'età di 13 anni (PCon, I, p. 47-48). Attraverso la “voce” dell'arcangelo san Michele, Giovanna si sente chiamata dal Signore ad intensificare la sua vita cristiana e anche ad impegnarsi in prima persona per la liberazione del suo popolo. La sua immediata risposta, il suo “sì”, è il voto di verginità, con un nuovo impegno nella vita sacramentale e nella preghiera: partecipazione quotidiana alla Messa, Confessione e Comunione frequenti, lunghi momenti di preghiera silenziosa davanti al Crocifisso o all'immagine della Madonna. La compassione e l’impegno della giovane contadina francese di fronte alla sofferenza del suo popolo sono resi più intensi dal suo rapporto mistico con Dio. Uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica. Dopo gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di azione e un anno di passione.

All'inizio dell'anno 1429, Giovanna inizia la sua opera di liberazione. Le numerose testimonianze ci mostrano questa giovane donna di soli 17 anni come una persona molto forte e decisa, capace di convincere uomini insicuri e scoraggiati. Superando tutti gli ostacoli, incontra il Delfino di Francia, il futuro Re Carlo VII, che a Poitiers la sottopone a un esame da parte di alcuni teologi dell'Università. Il loro giudizio è positivo: in lei non vedono niente di male, solo una buona cristiana.

Il 22 marzo 1429, Giovanna detta un'importante lettera al Re d'Inghilterra e ai suoi uomini che assediano la città di Orléans (Ibid., p. 221-222). La sua è una proposta di vera pace nella giustizia tra i due popoli cristiani, alla luce dei nomi di Gesù e di Maria, ma è respinta questa proposta, e Giovanna deve impegnarsi nella lotta per la liberazione della città, che avviene l'8 maggio. L'altro momento culminante della sua azione politica è l’incoronazione del Re Carlo VII a Reims, il 17 luglio 1429. Per un anno intero, Giovanna vive con i soldati, compiendo in mezzo a loro una vera missione di evangelizzazione. Numerose sono le loro testimonianze riguardo alla sua bontà, al suo coraggio e alla sua straordinaria purezza. E' chiamata da tutti ed ella stessa si definisce “la pulzella”, cioè la vergine.

La passione di Giovanna inizia il 23 maggio 1430, quando cade prigioniera nelle mani dei suoi nemici. Il 23 dicembre viene condotta nella città di Rouen. Lì si svolge il lungo e drammatico Processo di Condanna, che inizia nel febbraio 1431 e finisce il 30 maggio con il rogo.

E' un grande e solenne processo, presieduto da due giudici ecclesiastici, il vescovo Pierre Cauchon e l'inquisitore Jean le Maistre, ma in realtà interamente guidato da un folto gruppo di teologi della celebre Università di Parigi, che partecipano al processo come assessori. Sono ecclesiastici francesi, che avendo fatto la scelta politica opposta a quella di Giovanna, hanno a priori un giudizio negativo sulla sua persona e sulla sua missione. Questo processo è una pagina sconvolgente della storia della santità e anche una pagina illuminante sul mistero della Chiesa, che, secondo le parole del Concilio Vaticano II, è “allo stesso tempo santa e sempre bisognosa di purificazione” (LG, 8). E’ l'incontro drammatico tra questa Santa e i suoi giudici, che sono ecclesiastici. Da costoro Giovanna viene accusata e giudicata, fino ad essere condannata come eretica e mandata alla morte terribile del rogo.

A differenza dei santi teologi che avevano illuminato l'Università di Parigi, come san Bonaventura, san Tommaso d'Aquino e il beato Duns Scoto, dei quali ho parlato in alcune catechesi, questi giudici sono teologi ai quali mancano la carità e l'umiltà di vedere in questa giovane l’azione di Dio. Vengono alla mente le parole di Gesù secondo le quali i misteri di Dio sono rivelati a chi ha il cuore dei piccoli, mentre rimangono nascosti ai dotti e sapienti (cfr Lc 10,21). Così, i giudici di Giovanna sono radicalmente incapaci di comprenderla, di vedere la bellezza della sua anima: non sapevano di condannare una Santa.

L'appello di Giovanna al giudizio del Papa, il 24 maggio, è respinto dal tribunale. La mattina del 30 maggio, riceve per l'ultima volta la santa Comunione in carcere, e viene subito condotta al supplizio nella piazza del vecchio mercato. Chiede a uno dei sacerdoti di tenere davanti al rogo una croce di processione. Così muore guardando Gesù Crocifisso e pronunciando più volte e ad alta voce il Nome di Gesù (PNul, I, p. 457; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 435). Circa 25 anni più tardi, il Processo di Nullità, aperto sotto l'autorità del Papa Callisto III, si conclude con una solenne sentenza che dichiara nulla la condanna (7 luglio 1456; PNul, II, p 604-610). Questo lungo processo, che raccolse le deposizioni dei testimoni e i giudizi di molti teologi, tutti favorevoli a Giovanna, mette in luce la sua innocenza e la perfetta fedeltà alla Chiesa. Giovanna d’Arco sarà poi canonizzata da Benedetto XV, nel 1920.

Cari fratelli e sorelle, il Nome di Gesù, invocato dalla nostra Santa fin negli ultimi istanti della sua vita terrena, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore, il centro di tutta la sua vita.

Il “Mistero della carità di Giovanna d'Arco”, che aveva tanto affascinato il poeta Charles Péguy, è questo totale amore di Gesù, e del prossimo in Gesù e per Gesù. Questa Santa aveva compreso che l’Amore abbraccia tutta la realtà di Dio e dell'uomo, del cielo e della terra, della Chiesa e del mondo. Gesù è sempre al primo posto nella sua vita, secondo la sua bella espressione: “Nostro Signore servito per primo” (PCon, I, p. 288; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 223). Amarlo significa obbedire sempre alla sua volontà. Ella afferma con totale fiducia e abbandono: "Mi affido a Dio mio Creatore, lo amo con tutto il mio cuore" (ibid., p. 337). Con il voto di verginità, Giovanna consacra in modo esclusivo tutta la sua persona all'unico Amore di Gesù: è “la sua promessa fatta a Nostro Signore di custodire bene la sua verginità di corpo e di anima” (ibid., p. 149-150). La verginità dell'anima è lo stato di grazia, valore supremo, per lei più prezioso della vita: è un dono di Dio che va ricevuto e custodito con umiltà e fiducia. Uno dei testi più conosciuti del primo Processo riguarda proprio questo: “Interrogata se sappia d'essere nella grazia di Dio, risponde: Se non vi sono, Dio mi voglia mettere; se vi sono, Dio mi voglia custodire in essa” (ibid., p. 62; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 2005).

La nostra Santa vive la preghiera nella forma di un dialogo continuo con il Signore, che illumina anche il suo dialogo con i giudici e le dà pace e sicurezza. Ella chiede con fiducia: “Dolcissimo Dio, in onore della vostra santa Passione, vi chiedo, se voi mi amate, di rivelarmi come devo rispondere a questi uomini di Chiesa” (ibid., p. 252). Gesù è contemplato da Giovanna come il “Re del Cielo e della Terra”. Così, sul suo stendardo, Giovanna fece dipingere l'immagine di “Nostro Signore che tiene il mondo” (ibid., p. 172): icona della sua missione politica. La liberazione del suo popolo è un’opera di giustizia umana, che Giovanna compie nella carità, per amore di Gesù. Il suo è un bell’esempio di santità per i laici impegnati nella vita politica, soprattutto nelle situazioni più difficili. La fede è la luce che guida ogni scelta, come testimonierà, un secolo più tardi, un altro grande santo, l’inglese Thomas More. In Gesù, Giovanna contempla anche tutta la realtà della Chiesa, la “Chiesa trionfante” del Cielo, come la “Chiesa militante” della terra.

Secondo le sue parole,”è un tutt'uno Nostro Signore e la Chiesa” (ibid., p. 166). Quest’affermazione, citata nel Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 795), ha un carattere veramente eroico nel contesto del Processo di Condanna, di fronte ai suoi giudici, uomini di Chiesa, che la perseguitarono e la condannarono. Nell'Amore di Gesù, Giovanna trova la forza di amare la Chiesa fino alla fine, anche nel momento della condanna.

Mi piace ricordare come santa Giovanna d’Arco abbia avuto un profondo influsso su una giovane Santa dell'epoca moderna: Teresa di Gesù Bambino.

In una vita completamente diversa, trascorsa nella clausura, la carmelitana di Lisieux si sentiva molto vicina a Giovanna, vivendo nel cuore della Chiesa e partecipando alle sofferenze di Cristo per la salvezza del mondo. La Chiesa le ha riunite come Patrone della Francia, dopo la Vergine Maria. Santa Teresa aveva espresso il suo desiderio di morire come Giovanna, pronunciando il Nome di Gesù (Manoscritto B, 3r), ed era animata dallo stesso grande amore verso Gesù e il prossimo, vissuto nella verginità consacrata.

Cari fratelli e sorelle, con la sua luminosa testimonianza, santa Giovanna d’Arco ci invita ad una misura alta della vita cristiana: fare della preghiera il filo conduttore delle nostre giornate; avere piena fiducia nel compiere la volontà di Dio, qualunque essa sia; vivere la carità senza favoritismi, senza limiti e attingendo, come lei, nell'Amore di Gesù un profondo amore per la Chiesa.

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martedì 25 gennaio 2011

Il Papa: La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero

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Il Papa: La "ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi" non può "ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza"

Ecumenismo, il Papa: l'unità fra i Cristiani resta lontana nonostante i passi avanti. Vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo (Izzo)

Benedetto XVI: i cristiani continuano incessantemente ad invocare da Dio il dono dell’unità. Occorre vincere rassegnazione e pessimismo (Radio Vaticana)

Il Papa: Il “cammino” verso la “piena unità” dei cristiani “deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore” (Sir)

Il Papa a San Paolo fuori le Mura per la conclusione della Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani (R.V.)

CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA SOLENNITÀ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO, A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI, 25.01.2011

Alle ore 17.30 di oggi, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la celebrazione dei Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani sul tema: «Uniti nell'insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera» (cfr. Atti 2, 42).
Prendono parte alla celebrazione i Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa pronuncia nel corso dei Vespri:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

Seguendo l’esempio di Gesù, che alla vigilia della sua passione pregò il Padre per i suoi discepoli “perché tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21), i cristiani continuano incessantemente ad invocare da Dio il dono dell’unità. Questa richiesta si fa più intensa durante la Settimana di Preghiera, che oggi si conclude, quando le Chiese e Comunità ecclesiali meditano e pregano insieme per l’unità di tutti i cristiani.
Quest’anno il tema offerto alla nostra meditazione è stato proposto dalle Comunità cristiane di Gerusalemme, alle quali vorrei esprimere il mio vivo ringraziamento, accompagnato dall’assicurazione dell’affetto e della preghiera sia da parte mia che di tutta la Chiesa. I cristiani della Città Santa ci invitano a rinnovare e rafforzare il nostro impegno per il ristabilimento della piena unità meditando sul modello di vita dei primi discepoli di Cristo riuniti a Gerusalemme: “Essi – leggiamo negli Atti degli Apostoli (e lo abbiamo sentito ora) – erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere” (At 2,42). È questo il ritratto della prima comunità, nata a Gerusalemme il giorno stesso di Pentecoste, suscitata dalla predicazione che l’Apostolo Pietro, ripieno di Spirito Santo, rivolge a tutti coloro che erano giunti nella Città Santa per la festa. Una comunità non chiusa in se stessa, ma, sin dal suo nascere, cattolica, universale, capace di abbracciare genti di lingue e di culture diverse, come lo stesso libro degli Atti degli Apostoli ci testimonia. Una comunità non fondata su un patto tra i suoi membri, né dalla semplice condivisione di un progetto o di un’ideale, ma dalla comunione profonda con Dio, che si è rivelato nel suo Figlio, dall’incontro con il Cristo morto e risorto.
In un breve sommario, che conclude il capitolo iniziato con la narrazione della discesa dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste, l’evangelista Luca presenta sinteticamente la vita di questa prima comunità: quanti avevano accolto la parola predicata da Pietro ed erano stati battezzati, ascoltavano la Parola di Dio, trasmessa dagli Apostoli; stavano volentieri insieme, facendosi carico dei servizi necessari e condividendo liberamente e generosamente i beni materiali; celebravano il sacrificio di Cristo sulla Croce, il suo mistero di morte e risurrezione, nell’Eucaristia, ripetendo il gesto dello spezzare il pane; lodavano e ringraziavano continuamente il Signore, invocando il suo aiuto nelle difficoltà. Questa descrizione, però, non è semplicemente un ricordo del passato e nemmeno la presentazione di un esempio da imitare o di una meta ideale da raggiungere. Essa è piuttosto affermazione della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nella vita della Chiesa. È un’attestazione, piena di fiducia, che lo Spirito Santo, unendo tutti in Cristo, è il principio dell’unità della Chiesa e fa dei credenti una sola cosa.
L’insegnamento degli Apostoli, la comunione fraterna, lo spezzare il pane e la preghiera sono le forme concrete di vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme riunita dall’azione dello Spirito Santo, ma al tempo stesso costituiscono i tratti essenziali di tutte le comunità cristiane, di ogni tempo e di ogni luogo. In altri termini, potremmo dire che essi rappresentano anche le dimensioni fondamentali dell’unità del Corpo visibile della Chiesa.
Dobbiamo essere riconoscenti perché, nel corso degli ultimi decenni, il movimento ecumenico, “sorto per impulso della grazia dello Spirito Santo” (Unitatis redintegratio, 1), ha fatto significativi passi in avanti, che hanno reso possibile raggiungere incoraggianti convergenze e consensi su svariati punti, sviluppando tra le Chiese e le Comunità ecclesiali rapporti di stima e rispetto reciproco, come pure di collaborazione concreta di fronte alle sfide del mondo contemporaneo. Sappiamo bene, tuttavia, che siamo ancora lontani da quella unità per la quale Cristo ha pregato e che troviamo riflessa nel ritratto della prima comunità di Gerusalemme. L’unità alla quale Cristo, mediante il suo Spirito, chiama la Chiesa non si realizza solo sul piano delle strutture organizzative, ma si configura, ad un livello molto più profondo, come unità espressa “nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio” (ibid., 2).

La ricerca del ristabilimento dell'unità tra i cristiani divisi non può pertanto ridursi ad un riconoscimento delle reciproche differenze ed al conseguimento di una pacifica convivenza: ciò a cui aneliamo è quell’unità per cui Cristo stesso ha pregato e che per sua natura si manifesta nella comunione della fede, dei sacramenti, del ministero.

Il cammino verso questa unità deve essere avvertito come imperativo morale, risposta ad una precisa chiamata del Signore. Per questo occorre vincere la tentazione della rassegnazione e del pessimismo, che è mancanza di fiducia nella potenza dello Spirito Santo. Il nostro dovere è proseguire con passione il cammino verso questa meta con un dialogo serio e rigoroso per approfondire il comune patrimonio teologico, liturgico e spirituale; con la reciproca conoscenza; con la formazione ecumenica delle nuove generazioni e, soprattutto, con la conversione del cuore e con la preghiera. Infatti, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II, il “santo proposito di riconciliare tutti i cristiani nell’unità di una sola e unica Chiesa di Cristo, supera le forze e le doti umane” e, perciò, la nostra speranza va riposta per prima cosa “nell’orazione di Cristo per la Chiesa, nell’amore del Padre per noi e nella potenza dello Spirito Santo” (ibid., 24).

In questo cammino di ricerca della piena unità visibile tra tutti i cristiani ci accompagna e ci sostiene l’Apostolo Paolo, del quale quest’oggi celebriamo solennemente la Festa della Conversione. Egli, prima che gli apparisse il Risorto sulla via di Damasco dicendogli: “Io sono Gesù, che tu perseguiti!” (At 9,5), era uno tra i più accaniti avversari delle prime comunità cristiane. L’evangelista Luca descrive Saulo tra coloro che approvarono l’uccisione di Stefano, nei giorni in cui scoppiò una violenta persecuzione contro i cristiani di Gerusalemme (cfr At 8,1). Dalla Città Santa Saulo partì per estendere la persecuzione dei cristiani fino in Siria e, dopo la sua conversione, vi ritornò per essere introdotto presso gli Apostoli da Barnaba, il quale si fece garante dell’autenticità del suo incontro con il Signore. Da allora Paolo fu ammesso, non solo come membro della Chiesa, ma anche come predicatore del Vangelo assieme agli altri Apostoli, avendo ricevuto, come loro, la manifestazione del Signore Risorto e la chiamata speciale ad essere “strumento eletto” per portare il suo nome dinanzi ai popoli (cfr At 9,15). Nei suoi lunghi viaggi missionari Paolo, peregrinando per città e regioni diverse, non dimenticò mai il legame di comunione con la Chiesa di Gerusalemme. La colletta in favore dei cristiani di quella comunità, i quali, molto presto, ebbero bisogno di essere soccorsi (cfr 1Cor 16,1), occupò un posto importante nelle preoccupazioni di Paolo, che la considerava non solo un’opera di carità, ma il segno e la garanzia dell’unità e della comunione tra le Chiese da lui fondate e quella primitiva Comunità della Città Santa, come segno dell'unica Chiesa di Cristo..
In questo clima di intensa preghiera, desidero rivolgere il mio cordiale saluto a tutti i presenti: al Cardinale Francesco Monterisi, Arciprete di questa Basilica, al Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e agli altri Cardinali, ai Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, all’Abate ed ai monaci benedettini di questa antica comunità, ai religiosi e alle religiose, ai laici che rappresentano l’intera comunità diocesana di Roma. In modo speciale vorrei salutare i Fratelli e le Sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali qui rappresentate questa sera. Tra essi mi è particolarmente gradito rivolgere il mio saluto ai membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Antiche Chiese Orientali, la cui riunione si svolgerà qui a Roma nei prossimi giorni. Affidiamo al Signore il buon successo del vostro incontro, perché possa rappresentare un passo in avanti verso la tanto auspicata unità.

Einen besonderen Gruß möchte ich auch an die Vertreter der Vereinigten Evangelisch-Lutherischen Kirche Deutschlands richten, die unter der Leitung des bayerischen Landesbischofs nach Rom gekommen sind.

Cari fratelli e sorelle, fiduciosi nell’intercessione della Vergine Maria, Madre di Cristo e Madre della Chiesa, invochiamo, dunque, il dono dell'unità. Uniti a Maria, che il giorno di Pentecoste era presente nel Cenacolo insieme agli Apostoli, ci rivolgiamo a Dio fonte di ogni dono perché si rinnovi per noi oggi il miracolo della Pentecoste e, guidati dallo Spirito Santo, tutti i cristiani ristabiliscano la piena unità in Cristo. Amen.

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Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale Missionaria: L’evangelizzazione è un processo complesso e comprende vari elementi. Tra questi, un’attenzione peculiare da parte dell’animazione missionaria è stata sempre data alla solidarietà

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA GIORNATA MONDIALE MISSIONARIA 2011, 25.01.2011

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Giornata Mondiale Missionaria, che quest'anno si celebra domenica 23 ottobre sul tema: "Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi":

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

«Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» (Gv 20,21)

In occasione del Giubileo del 2000, il Venerabile Giovanni Paolo II, all’inizio di un nuovo millennio dell’era cristiana, ha ribadito con forza la necessità di rinnovare l’impegno di portare a tutti l’annuncio del Vangelo «con lo stesso slancio dei cristiani della prima ora» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 58). È il servizio più prezioso che la Chiesa può rendere all’umanità e ad ogni singola persona alla ricerca delle ragioni profonde per vivere in pienezza la propria esistenza. Perciò quello stesso invito risuona ogni anno nella celebrazione della Giornata Missionaria Mondiale. L’incessante annuncio del Vangelo, infatti, vivifica anche la Chiesa, il suo fervore, il suo spirito apostolico, rinnova i suoi metodi pastorali perché siano sempre più appropriati alle nuove situazioni - anche quelle che richiedono una nuova evangelizzazione - e animati dallo slancio missionario: «La missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale» (GIOVANNI PAOLO II, Enc. Redemptoris missio, 2).

Andate e annunciate

Questo obiettivo viene continuamente ravvivato dalla celebrazione della liturgia, specialmente dell’Eucaristia, che si conclude sempre riecheggiando il mandato di Gesù risorto agli Apostoli: "Andate…" (Mt 28,19). La liturgia è sempre una chiamata ‘dal mondo’ e un nuovo invio ‘nel mondo’ per testimoniare ciò che si è sperimentato: la potenza salvifica della Parola di Dio, la potenza salvifica del Mistero Pasquale di Cristo. Tutti coloro che hanno incontrato il Signore risorto hanno sentito il bisogno di darne l’annuncio ad altri, come fecero i due discepoli di Emmaus. Essi, dopo aver riconosciuto il Signore nello spezzare il pane, «partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme dove trovarono riuniti gli Undici» e riferirono ciò che era accaduto loro lungo la strada (Lc 24,33-34). Il Papa Giovanni Paolo II esortava ad essere "vigili e pronti a riconoscere il suo volto e correre dai nostri fratelli a portare il grande annunzio: "Abbiamo visto il Signore!"» (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 59).

A tutti

Destinatari dell’annuncio del Vangelo sono tutti i popoli. La Chiesa, «per sua natura è missionaria, in quanto essa trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre» (CONC. ECUM. VAT. II, Decr. Ad gentes, 2). Questa è «la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare» (PAOLO VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14). Di conseguenza, non può mai chiudersi in se stessa. Si radica in determinati luoghi per andare oltre. La sua azione, in adesione alla parola di Cristo e sotto l’influsso della sua grazia e della sua carità, si fa pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e a tutti i popoli per condurli alla fede in Cristo (cfr Ad gentes, 5).
Questo compito non ha perso la sua urgenza. Anzi, «la missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento … Uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio» (GIOVANNI PAOLO II, Enc. Redemptoris missio, 1). Non possiamo rimanere tranquilli al pensiero che, dopo duemila anni, ci sono ancora popoli che non conoscono Cristo e non hanno ancora ascoltato il suo Messaggio di salvezza.
Non solo; ma si allarga la schiera di coloro che, pur avendo ricevuto l’annuncio del Vangelo, lo hanno dimenticato e abbandonato, non si riconoscono più nella Chiesa; e molti ambienti, anche in società tradizionalmente cristiane, sono oggi refrattari ad aprirsi alla parola della fede. È in atto un cambiamento culturale, alimentato anche dalla globalizzazione, da movimenti di pensiero e dall’imperante relativismo, un cambiamento che porta ad una mentalità e ad uno stile di vita che prescindono dal Messaggio evangelico, come se Dio non esistesse, e che esaltano la ricerca del benessere, del guadagno facile, della carriera e del successo come scopo della vita, anche a scapito dei valori morali.

Corresponsabilità di tutti

La missione universale coinvolge tutti, tutto e sempre. Il Vangelo non è un bene esclusivo di chi lo ha ricevuto, ma è un dono da condividere, una bella notizia da comunicare. E questo dono-impegno è affidato non soltanto ad alcuni, bensì a tutti i battezzati, i quali sono «stirpe eletta, … gente santa, popolo che Dio si è acquistato" (1Pt 2,9), perché proclami le sue opere meravigliose.
Ne sono coinvolte pure tutte le attività. L’attenzione e la cooperazione all’opera evangelizzatrice della Chiesa nel mondo non possono essere limitate ad alcuni momenti e occasioni particolari, e non possono neppure essere considerate come una delle tante attività pastorali: la dimensione missionaria della Chiesa è essenziale, e pertanto va tenuta sempre presente. E’ importante che sia i singoli battezzati e sia le comunità ecclesiali siano interessati non in modo sporadico e saltuario alla missione, ma in modo costante, come forma della vita cristiana. La stessa Giornata Missionaria non è un momento isolato nel corso dell’anno, ma è una preziosa occasione per fermarsi a riflettere se e come rispondiamo alla vocazione missionaria; una risposta essenziale per la vita della Chiesa.

Evangelizzazione globale

L’evangelizzazione è un processo complesso e comprende vari elementi. Tra questi, un’attenzione peculiare da parte dell’animazione missionaria è stata sempre data alla solidarietà. Questo è anche uno degli obiettivi della Giornata Missionaria Mondiale, che, attraverso le Pontificie Opere Missionarie, sollecita l’aiuto per lo svolgimento dei compiti di evangelizzazione nei territori di missione. Si tratta di sostenere istituzioni necessarie per stabilire e consolidare la Chiesa mediante i catechisti, i seminari, i sacerdoti; e anche di dare il proprio contributo al miglioramento delle condizioni di vita delle persone in Paesi nei quali più gravi sono i fenomeni di povertà, malnutrizione soprattutto infantile, malattie, carenza di servizi sanitari e per l'istruzione. Anche questo rientra nella missione della Chiesa. Annunciando il Vangelo, essa si prende a cuore la vita umana in senso pieno. Non è accettabile, ribadiva il Servo di Dio Paolo VI, che nell’evangelizzazione si trascurino i temi riguardanti la promozione umana, la giustizia, la liberazione da ogni forma di oppressione, ovviamente nel rispetto dell’autonomia della sfera politica. Disinteressarsi dei problemi temporali dell’umanità significherebbe «dimenticare la lezione che viene dal Vangelo sull’amore del prossimo sofferente e bisognoso» (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 31.34); non sarebbe in sintonia con il comportamento di Gesù, il quale "percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e infermità" (Mt 9,35).
Così, attraverso la partecipazione corresponsabile alla missione della Chiesa, il cristiano diventa costruttore della comunione, della pace, della solidarietà che Cristo ci ha donato, e collabora alla realizzazione del piano salvifico di Dio per tutta l’umanità. Le sfide che questa incontra, chiamano i cristiani a camminare insieme agli altri, e la missione è parte integrante di questo cammino con tutti. In essa noi portiamo, seppure in vasi di creta, la nostra vocazione cristiana, il tesoro inestimabile del Vangelo, la testimonianza viva di Gesù morto e risorto, incontrato e creduto nella Chiesa.
La Giornata Missionaria ravvivi in ciascuno il desiderio e la gioia di "andare" incontro all’umanità portando a tutti Cristo. Nel suo nome vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, in particolare a quanti maggiormente faticano e soffrono per il Vangelo.

Dal Vaticano, 6 gennaio 2011, Solennità dell’Epifania del Signore

BENEDICTUS PP. XVI

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lunedì 24 gennaio 2011

Il Papa ai Luterani Tedeschi: Oggi il dialogo ecumenico non può più essere scisso dalla realtà e dalla vita nella fede nelle nostre Chiese senza recare loro danno. Quindi volgiamo insieme il nostro sguardo all'anno 2017, che ci ricorda l'affissione delle tesi di Martin Lutero sulle indulgenze cinquecento anni fa

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DELLA VEREINIGTE EVANGELISCH-LUTHERISCHE KIRCHE DEUTSCHLANDS, 24.01.2011

Alle ore 11.45 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza la Delegazione della Chiesa Evangelica Luterana Tedesca (Vereinigte Evangelisch-Lutherische Kirche Deutschlands), e rivolge ai presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Vescovo regionale Friedrich!
Cari amici della Germania!


Porgo un cordiale benvenuto a tutti voi, rappresentanti dei vertici della Chiesa Unita Evangelica Luterana Tedesca qui nel Palazzo Apostolico e mi rallegro per il fatto che voi, come delegazione, siete venuti a Roma a conclusione della settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. In questo modo mostrate anche che tutto il nostro anelito all'unità può recare frutti soltanto se radicato nella preghiera comune. In particolare, vorrei ringraziare Lei, caro Vescovo regionale, per le sue parole che, con grande sincerità, esprimono gli sforzi comuni per un'unità più profonda fra tutti i cristiani.

Nel frattempo, il dialogo ufficiale fra luterani e cattolici — così è scritto qui — può guardare indietro a più di cinquant'anni di intensa attività. Lei ha parlato di trent'anni. Penso che trent'anni fa, dopo la visita del Papa, abbiamo iniziato ufficialmente ma di fatto era già da molto tempo che dialogavamo.

Io stesso sono stato membro del «Jaeger-Stählin-Kreis» nato direttamente dopo la guerra. Si può quindi parlare sia di cinquanta sia di trent'anni. Nonostante le differenze teologiche che continuano a esistere su questioni in parte fondamentali, è cresciuto un «insieme» fra noi, che diviene sempre più la base di una comunione vissuta nella fede e nella spiritualità fra luterani e cattolici. Quanto già raggiunto rafforza la nostra fiducia nel proseguire il dialogo perché soltanto così possiamo rimanere insieme lungo quella via che in definitiva è Gesù Cristo stesso.

Quindi, l'impegno della Chiesa cattolica per l'ecumenismo, come ha affermato il mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo ii nella sua Enciclica Ut unum sint, non è una mera strategia di comunicazione in un mondo che muta, ma un impegno fondamentale della Chiesa a partire dalla propria missione (cfr. Nm 28-32).

A qualche contemporaneo la meta comune dell'unità piena e visibile dei cristiani oggi sembra essere di nuovo più lontana. Gli interlocutori ecumenici portano nel dialogo idee sull'unità della Chiesa completamente diverse. Condivido la preoccupazione di molti cristiani per il fatto che i frutti dell'opera ecumenica, soprattutto in relazione all'idea di Chiesa e di ministero, non vengono ancora recepiti a sufficienza dagli interlocutori ecumenici. Tuttavia, anche se sorgono sempre nuove difficoltà, guardiamo con speranza al futuro. Anche se le divisioni dei cristiani sono un ostacolo nel modellare pienamente la cattolicità nella realtà della vita della Chiesa, come le è stato promesso in Cristo e attraverso Cristo (cfr. Unitatis redintegratio, n. 4) , confidiamo nel fatto che, sotto la guida dello Spirito Santo, il dialogo ecumenico, quale strumento importante nella vita della Chiesa, serva a superare questo conflitto. Ciò avverrà, in primo luogo, anche attraverso il dialogo teologico, che deve contribuire a un'intesa sulle questioni aperte, che sono un ostacolo lungo il cammino verso l'unità visibile e la celebrazione comune dell'Eucaristia come sacramento dell'unità fra i cristiani.

Fa piacere affermare che accanto al dialogo luterano cattolico internazionale sul tema «Battesimo e la crescente comunione ecclesiale», anche in Germania dal 2009 una commissione bilaterale di dialogo della Conferenza Episcopale e della Chiesa evangelica luterana tedesca ha ripreso la sua attività sul tema: «Dio e la dignità dell'uomo». Questo ambito tematico comprende in particolare anche i problemi sorti di recente in relazione alla tutela e alla dignità della vita umana, così come le questioni urgenti della famiglia, il matrimonio e la sessualità, che non possono essere taciute o trascurate solo per non mettere a repentaglio il consenso ecumenico raggiunto finora.

Auspichiamo che in queste importanti questioni relative alla vita non nascano nuove differenze confessionali ma che insieme possiamo rendere testimonianza al mondo e agli uomini di ciò che il Signore ci ha mostrato e ci mostra.

Oggi il dialogo ecumenico non può più essere scisso dalla realtà e dalla vita nella fede nelle nostre Chiese senza recare loro danno. Quindi volgiamo insieme il nostro sguardo all'anno 2017, che ci ricorda l'affissione delle tesi di Martin Lutero sulle indulgenze cinquecento anni fa.

In quell'occasione luterani e cattolici avranno l'opportunità di celebrare in tutto il mondo una comune commemorazione ecumenica, di lottare a livello mondiale per le questioni fondamentali, non — come lei stesso ha appena detto — sotto forma di una celebrazione trionfalistica, ma come un professione comune della nostra fede nel Dio Uno e Trino, nell'obbedienza comune a Nostro Signore e alla sua Parola. Dobbiamo attribuire un posto importante alla preghiera comune e alla preghiera interiore rivolte a nostro Signore Gesù Cristo per il perdono dei torti reciproci e per la colpa relativa alle divisioni. Di questa purificazione della coscienza fa parte lo scambio reciproco sulla valutazione dei 1500 anni che hanno preceduto la Riforma e che perciò sono a noi comuni. Per questo desideriamo implorare insieme, in modo costante, l'aiuto di Dio e l'assistenza dello Spirito Santo, per poter compiere passi ulteriori verso l'unità agognata e non rimanere fermi ai risultati ottenuti.

Lungo questo cammino ci incoraggia anche la settimana di preghiera per l'unità dei cristiani di quest'anno. Ci ricorda il capitolo degli Atti degli Apostoli: «Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere» (At, 2, 42). In questi quattro atti e comportamenti i primi cristiani erano costanti, e quindi la comunità cresceva con Cristo e da essa scaturiva questo «insieme» degli uomini in Cristo. Questa testimonianza, straordinaria e visibile al mondo, dell'unità della Chiesa primitiva potrebbe essere anche per noi sprone e norma per il nostro cammino ecumenico comune nel futuro.

Nella speranza che la vostra visita rafforzi ulteriormente la valida collaborazione fra luterani e cattolici in Germania, imploro per voi tutti la grazia di Dio e le sue abbondanti benedizioni.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

Messaggio del Papa per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali: esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro

CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA 45a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 45a GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI, 24.01.2011

"Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale" è il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Di seguito pubblichiamo il Messaggio del Papa per la Giornata, che quest’anno si celebra domenica 5 giugno:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Verità, annuncio e autenticità di vita nell’era digitale

Cari fratelli e sorelle,

in occasione della XLV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, desidero condividere alcune riflessioni, motivate da un fenomeno caratteristico del nostro tempo: il diffondersi della comunicazione attraverso la rete internet.

È sempre più comune la convinzione che, come la rivoluzione industriale produsse un profondo cambiamento nella società attraverso le novità introdotte nel ciclo produttivo e nella vita dei lavoratori, così oggi la profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni guida il flusso di grandi mutamenti culturali e sociali. Le nuove tecnologie non stanno cambiando solo il modo di comunicare, ma la comunicazione in se stessa, per cui si può affermare che si è di fronte ad una vasta trasformazione culturale. Con tale modo di diffondere informazioni e conoscenze, sta nascendo un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione.

Si prospettano traguardi fino a qualche tempo fa impensabili, che suscitano stupore per le possibilità offerte dai nuovi mezzi e, al tempo stesso, impongono in modo sempre più pressante una seria riflessione sul senso della comunicazione nell’era digitale. Ciò è particolarmente evidente quando ci si confronta con le straordinarie potenzialità della rete internet e con la complessità delle sue applicazioni. Come ogni altro frutto dell’ingegno umano, le nuove tecnologie della comunicazione chiedono di essere poste al servizio del bene integrale della persona e dell’umanità intera. Se usate saggiamente, esse possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l’aspirazione più profonda dell’essere umano.

Nel mondo digitale, trasmettere informazioni significa sempre più spesso immetterle in una rete sociale, dove la conoscenza viene condivisa nell’ambito di scambi personali. La chiara distinzione tra il produttore e il consumatore dell’informazione viene relativizzata e la comunicazione vorrebbe essere non solo uno scambio di dati, ma sempre più anche condivisione. Questa dinamica ha contribuito ad una rinnovata valutazione del comunicare, considerato anzitutto come dialogo, scambio, solidarietà e creazione di relazioni positive. D’altro canto, ciò si scontra con alcuni limiti tipici della comunicazione digitale: la parzialità dell’interazione, la tendenza a comunicare solo alcune parti del proprio mondo interiore, il rischio di cadere in una sorta di costruzione dell’immagine di sé, che può indulgere all’autocompiacimento.

Soprattutto i giovani stanno vivendo questo cambiamento della comunicazione, con tutte le ansie, le contraddizioni e la creatività proprie di coloro che si aprono con entusiasmo e curiosità alle nuove esperienze della vita.

Il coinvolgimento sempre maggiore nella pubblica arena digitale, quella creata dai cosiddetti social network, conduce a stabilire nuove forme di relazione interpersonale, influisce sulla percezione di sé e pone quindi, inevitabilmente, la questione non solo della correttezza del proprio agire, ma anche dell’autenticità del proprio essere. La presenza in questi spazi virtuali può essere il segno di una ricerca autentica di incontro personale con l’altro se si fa attenzione ad evitarne i pericoli, quali il rifugiarsi in una sorta di mondo parallelo, o l’eccessiva esposizione al mondo virtuale. Nella ricerca di condivisione, di "amicizie", ci si trova di fronte alla sfida dell’essere autentici, fedeli a se stessi, senza cedere all’illusione di costruire artificialmente il proprio "profilo" pubblico.

Le nuove tecnologie permettono alle persone di incontrarsi oltre i confini dello spazio e delle stesse culture, inaugurando così un intero nuovo mondo di potenziali amicizie. Questa è una grande opportunità, ma comporta anche una maggiore attenzione e una presa di coscienza rispetto ai possibili rischi.

Chi è il mio "prossimo" in questo nuovo mondo? Esiste il pericolo di essere meno presenti verso chi incontriamo nella nostra vita quotidiana ordinaria? Esiste il rischio di essere più distratti, perché la nostra attenzione è frammentata e assorta in un mondo "differente" rispetto a quello in cui viviamo? Abbiamo tempo di riflettere criticamente sulle nostre scelte e di alimentare rapporti umani che siano veramente profondi e duraturi? E’ importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.

Anche nell’era digitale, ciascuno è posto di fronte alla necessità di essere persona autentica e riflessiva. Del resto, le dinamiche proprie dei social network mostrano che una persona è sempre coinvolta in ciò che comunica. Quando le persone si scambiano informazioni, stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali. Ne consegue che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale: esso si concretizza in una forma di comunicazione onesta ed aperta, responsabile e rispettosa dell’altro.

Comunicare il Vangelo attraverso i nuovi media significa non solo inserire contenuti dichiaratamente religiosi sulle piattaforme dei diversi mezzi, ma anche testimoniare con coerenza, nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita. Del resto, anche nel mondo digitale non vi può essere annuncio di un messaggio senza una coerente testimonianza da parte di chi annuncia. Nei nuovi contesti e con le nuove forme di espressione, il cristiano è ancora una volta chiamato ad offrire una risposta a chiunque domandi ragione della speranza che è in lui (cfr 1Pt 3,15).

L’impegno per una testimonianza al Vangelo nell’era digitale richiede a tutti di essere particolarmente attenti agli aspetti di questo messaggio che possono sfidare alcune delle logiche tipiche del web. Anzitutto dobbiamo essere consapevoli che la verità che cerchiamo di condividere non trae il suo valore dalla sua "popolarità" o dalla quantità di attenzione che riceve. Dobbiamo farla conoscere nella sua integrità, piuttosto che cercare di renderla accettabile, magari "annacquandola". Deve diventare alimento quotidiano e non attrazione di un momento.

La verità del Vangelo non è qualcosa che possa essere oggetto di consumo, o di fruizione superficiale, ma è un dono che chiede una libera risposta. Essa, pur proclamata nello spazio virtuale della rete, esige sempre di incarnarsi nel mondo reale e in rapporto ai volti concreti dei fratelli e delle sorelle con cui condividiamo la vita quotidiana. Per questo rimangono sempre fondamentali le relazioni umane dirette nella trasmissione della fede!

Vorrei invitare, comunque, i cristiani ad unirsi con fiducia e con consapevole e responsabile creatività nella rete di rapporti che l’era digitale ha reso possibile. Non semplicemente per soddisfare il desiderio di essere presenti, ma perché questa rete è parte integrante della vita umana. II web sta contribuendo allo sviluppo di nuove e più complesse forme di coscienza intellettuale e spirituale, di consapevolezza condivisa. Anche in questo campo siamo chiamati ad annunciare la nostra fede che Cristo è Dio, il Salvatore dell’uomo e della storia, Colui nel quale tutte le cose raggiungono il loro compimento (cfr Ef 1,10). La proclamazione del Vangelo richiede una forma rispettosa e discreta di comunicazione, che stimola il cuore e muove la coscienza; una forma che richiama lo stile di Gesù risorto quando si fece compagno nel cammino dei discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35), i quali furono condotti gradualmente alla comprensione del mistero mediante il suo farsi vicino, il suo dialogare con loro, il far emergere con delicatezza ciò che c’era nel loro cuore.

La verità che è Cristo, in ultima analisi, è la risposta piena e autentica a quel desiderio umano di relazione, di comunione e di senso che emerge anche nella partecipazione massiccia ai vari social network. I credenti, testimoniando le loro più profonde convinzioni, offrono un prezioso contributo affinché il web non diventi uno strumento che riduce le persone a categorie, che cerca di manipolarle emotivamente o che permette a chi è potente di monopolizzare le opinioni altrui. Al contrario, i credenti incoraggiano tutti a mantenere vive le eterne domande dell'uomo, che testimoniano il suo desiderio di trascendenza e la nostalgia per forme di vita autentica, degna di essere vissuta. È proprio questa tensione spirituale propriamente umana che sta dietro la nostra sete di verità e di comunione e che ci spinge a comunicare con integrità e onestà.

Invito soprattutto i giovani a fare buon uso della loro presenza nell’arena digitale. Rinnovo loro il mio appuntamento alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, la cui preparazione deve molto ai vantaggi delle nuove tecnologie. Per gli operatori della comunicazione invoco da Dio, per intercessione del Patrono san Francesco di Sales, la capacità di svolgere sempre il loro lavoro con grande coscienza e con scrupolosa professionalità, mentre a tutti invio la mia Apostolica Benedizione.

Dal Vaticano, 24 gennaio 2011, Festa di san Francesco di Sales

BENEDICTUS PP XVI

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