lunedì 31 ottobre 2011

Il Papa all'Ambasciatore del Brasile: La Chiesa spera che lo Stato, a sua volta, riconosca che una sana laicità non deve considerare la religione come un semplice sentimento individuale che si può relegare nell'ambito privato, ma come una realtà che, essendo anche organizzata in strutture visibili, ha bisogno che la sua presenza comunitaria pubblica venga riconosciuta

LE LETTERE CREDENZIALI DELL’AMBASCIATORE DEL BRASILE PRESSO LA SANTA SEDE, 31.10.2011

Alle ore 11 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza S.E. il Signor Almir Franco de Sá Barbuda, Ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto al nuovo Ambasciatore, nonché i cenni biografici essenziali di S.E. il Signor Almir Franco de Sá Barbuda:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Ambasciatore,

Nel ricevere le Lettere Credenziali che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica Federativa del Brasile presso la Santa Sede, le porgo i miei rispettosi voti di benvenuto e la ringrazio per le significative parole che mi ha rivolto, manifestando in esse i sentimenti che nutre nell'animo nell'iniziare questa nuova missione. Ho visto con grande soddisfazione i saluti che mi ha trasmesso da parte di Sua Eccellenza la signora presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, e chiedo a lei, Signor Ambasciatore, di voler cortesemente trasmetterle la mia gratitudine al riguardo e di assicurarla dei miei deferenti voti di migliore successo nello svolgimento della sua alta missione, come pure le mie preghiere per la prosperità e il benessere di tutti i brasiliani, il cui affetto, sperimentato nella mia visita pastorale del 2007 è rimasto indelebilmente impresso nei miei ricordi. Constato con vivo apprezzamento e profonda riconoscenza la disponibilità manifestata dalle diverse sfere governative della Nazione, come pure dalla sua Rappresentanza diplomatica presso la Santa Sede, a sostegno della XXVIII Giornata Mondiale della Gioventù che si terrà, Dio volendo, nel 2013 a Rio de Janeiro.

Come lei, Signor Ambasciatore, ha ricordato, il Brasile, poco dopo aver ottenuto la sua indipendenza come Nazione, ha stabilito relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ciò non è stato altro che il culmine della feconda storia comune del Brasile e della Chiesa cattolica, che ha avuto inizio in quella prima messa celebrata il 26 aprile 1500 e che ha lasciato testimonianze in tante città battezzate con il nome di santi della tradizione cristiana e in numerosi monumenti religiosi, alcuni dei quali elevati a simbolo d'identificazione mondiale del Paese, come la statua del Cristo Redentore con le sue braccia aperte, in un gesto di benedizione all'intera nazione. Tuttavia, al di là degli edifici materiali, la Chiesa ha contribuito a forgiare lo spirito brasiliano caratterizzato da generosità, laboriosità, apprezzamento per i valori familiari e difesa della vita umana in tutte le sue fasi.

Un capitolo importante in questa feconda storia comune è stato scritto con l'Accordo firmato fra la Santa Sede e il Governo brasiliano nel 2008. Tale Accordo, lungi dall'essere una fonte di privilegi per la Chiesa o presupporre un affronto alla laicità dello Stato, mira solo a dare un carattere ufficiale e giuridicamente riconosciuto all'indipendenza e alla collaborazione fra queste due realtà. Ispirata dalle parole del suo Divino Fondatore, che ordinò di dare «a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22, 21), la Chiesa ha espresso così la sua posizione nel Concilio Vaticano II: «La comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonome l'una dall'altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a titolo diverso, sono a servizio della vocazione personale e sociale degli stessi uomini» (Costituzione Pastorale Gaudium et spes, n. 76). La Chiesa spera che lo Stato, a sua volta, riconosca che una sana laicità non deve considerare la religione come un semplice sentimento individuale che si può relegare nell'ambito privato, ma come una realtà che, essendo anche organizzata in strutture visibili, ha bisogno che la sua presenza comunitaria pubblica venga riconosciuta.

Per questo corrisponde allo Stato garantire la possibilità del libero esercizio di culto di ogni confessione religiosa, come pure le sue attività culturali, educative e caritative, sempre che ciò non sia in contrasto con l'ordine morale e pubblico. Ebbene, il contributo della Chiesa non si limita a concrete iniziative assistenziali, umanitarie, educative, e così via, ma tiene presente, in modo particolare, la crescita etica della società, promossa dalle molteplici manifestazioni di apertura al trascendente e per mezzo della formazione di coscienze sensibili al compimento dei doveri di solidarietà. Pertanto l'Accordo firmato fra il Brasile e la Santa Sede è la garanzia che permette alla comunità ecclesiale di sviluppare tutte le sue potenzialità a beneficio di ogni persona umana e di tutta la società brasiliana.

Fra questi campi di reciproca collaborazione, mi compiaccio di sottolineare qui, Signor Ambasciatore, quello dell'educazione, al quale la Chiesa ha contribuito con innumerevoli istituzioni educative, il cui prestigio è riconosciuto da tutta la società. In effetti, il ruolo dell'educazione non si può ridurre a una mera trasmissione di conoscenze e di abilità che mirano alla formazione di un professionista, ma deve includere tutti gli aspetti della persona, dal suo lato sociale al suo anelito di trascendenza. Per questo motivo è opportuno riaffermare che l'insegnamento religioso confessionale nelle scuole pubbliche, così come è stato confermato nel suddetto Accordo del 2008, lungi dal significare che lo Stato assume o impone un determinato credo religioso, indica il riconoscimento della religione come un valore necessario per la formazione integrale della persona. E l'insegnamento in questione non si può ridurre a una generica sociologia delle religioni, poiché non esiste una religione generica, aconfessionale. Così l'insegnamento religioso confessionale nelle scuole pubbliche, oltre a non ferire la laicità dello Stato, garantisce il diritto dei Paesi a scegliere l'educazione dei propri figli, contribuendo in tal modo alla promozione del bene comune.

Infine, nel campo della giustizia sociale, il Governo brasiliano sa di poter contare sulla Chiesa come partner privilegiato in tutte le sue iniziative che mirano allo sradicamento della fame e della miseria. La Chiesa «non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia» (Lettera Enciclica Deus caritas est, n. 28), per cui si mostrerà sempre felice di contribuire all'assistenza ai più bisognosi, aiutandoli a liberarsi della loro situazione d'indigenza, di povertà e di esclusione.

Signor Ambasciatore, nel concludere questo incontro, le rinnovo i miei voti di buon esito della sua missione. Nel suo svolgimento, saranno sempre a sua disposizione i diversi Dicasteri che formano la Curia Romana. Da Dio Onnipotente, per intercessione di Nossa Senhora Aparecida, invoco abbondanti Benedizioni per la sua persona, per quanti le sono cari e per la Repubblica Federativa del Brasile, che lei, Eccellenza, a partire da ora, ha l'onore di rappresentare presso la Santa Sede.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

domenica 30 ottobre 2011

Il Papa: La buona dottrina va accolta, ma rischia di essere smentita da una condotta incoerente. Per questo Gesù dice: «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere». L’atteggiamento di Gesù è esattamente l’opposto: Egli pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui


ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Il Papa: Il Vangelo condanna fermamente la vanagloria e osserva che operare per essere ammirati dalla gente pone in balìa dell'approvazione umana (Chirri)

Benedetto XVI: oggi l' unico e vero Maestro è Gesù Cristo (Giannino)

Il Papa: i veri maestri non sono autoritari e non cercano ammirazione (Ansa)

La dottrina e la condotta. Invito alla coerenza nella preghiera dell’Angelus di oggi (Sir)

Alluvione, il Papa rilancia l'appello dei vescovi alla solidarietà (Izzo)

Il Papa: chi insegna non smentisca la dottrina con il comportamento (Angela Ambrogetti)

Maltempo, il Papa: "Prego per le popolazioni di Liguria e Toscana" (Vatican Insider)

Il Papa vicino alle popolazioni di Thailandia, Liguria, Toscana

Coerenza tra insegnamenti e condotta: così il Papa, che esprime vicinanza alle popolazioni di Thailandia e Italia colpite da alluvioni (R.V.)

Il Papa: Gesù condanna chi non ha coerenza tra ciò che si dice e ciò che fa (AsiaNews)

Il Papa: la vita sia coerente con i valori che si annunciano. I principi morali non si possono contrattare (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 30.10.2011

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Nella liturgia di questa domenica, l’apostolo Paolo ci invita ad accostare il Vangelo «non come parola di uomini, ma come è veramente, quale Parola di Dio» (1 Ts 2,13).
In questo modo possiamo accogliere con fede gli ammonimenti che Gesù rivolge alla nostra coscienza, per assumere un comportamento conforme ad essi.

Nel brano odierno, Egli rimprovera gli scribi e i farisei, che avevano nella comunità un ruolo di maestri, perché la loro condotta era apertamente in contrasto con l’insegnamento che proponevano agli altri con rigore. Gesù sottolinea che costoro «dicono e non fanno» (Mt 23,3); anzi, «legano fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,4).

La buona dottrina va accolta, ma rischia di essere smentita da una condotta incoerente. Per questo Gesù dice: «Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere» (Mt 23,3). L’atteggiamento di Gesù è esattamente l’opposto: Egli pratica per primo il comandamento dell’amore, che insegna a tutti, e può dire che esso è un peso leggero e soave proprio perché ci aiuta a portarlo insieme con Lui (cfr Mt 11,29-30).

Pensando ai maestri che opprimono la libertà altrui in nome della propria autorità, San Bonaventura indica chi è l’autentico Maestro, affermando: «Nessuno può insegnare e nemmeno operare, né raggiungere le verità conoscibili senza che sia presente il Figlio di Dio» (Sermo I de Tempore, Dom. XXII post Pentecosten, Opera omnia, IX, Quaracchi, 1901, 442). «Gesù siede sulla "cattedra" come il Mosè più grande, che estende l’Alleanza a tutti i popoli» (Gesù di Nazaret, Milano 2007, 89). È Lui il nostro vero e unico Maestro! Siamo, pertanto, chiamati a seguire il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, che esprime la verità del suo insegnamento attraverso la fedeltà alla volontà del Padre, attraverso il dono di se stesso. Scrive il beato Antonio Rosmini: «Il primo maestro forma tutti gli altri maestri, come pure forma gli stessi discepoli, perché [sia gli uni che gli altri] esistono soltanto in virtù di quel primo tacito, ma potentissimo magistero» (Idea della Sapienza, 82, in: Introduzione alla filosofia, vol. II, Roma 1934, 143). Gesù condanna fermamente anche la vanagloria e osserva che operare «per essere ammirati dalla gente» (Mt 23,5) pone in balia dell’approvazione umana, insidiando i valori che fondano l’autenticità della persona.

Cari amici, il Signore Gesù si è presentato al mondo come servo, spogliando totalmente se stesso e abbassandosi fino a dare sulla croce la più eloquente lezione di umiltà e di amore. Dal suo esempio scaturisce la proposta di vita: «Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (Mt 23,11). Invochiamo l’intercessione di Maria Santissima e preghiamo, in particolare, per quanti nella comunità cristiana sono chiamati al ministero dell’insegnamento, affinché possano sempre testimoniare con le opere le verità che trasmettono con la parola.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

vorrei esprimere la mia vicinanza alle popolazioni della Thailandia colpite da gravi inondazioni, come pure, in Italia, a quelle della Liguria e della Toscana, recentemente danneggiate dalle conseguenze di forti piogge. Assicuro per loro la mia preghiera.


Je suis heureux de saluer ce matin les pèlerins de langue française, particulièrement la paroisse Saint-Nicolas, de la Principauté de Monaco. Alors que s’achève le mois du Rosaire, je vous invite à vous tourner avec confiance vers la Vierge Marie. À son école, apprenons à connaître Jésus, son Fils, afin de marcher à sa suite sur les chemins de l’Évangile. Que la tendresse maternelle de la Mère du Seigneur apporte à chacun réconfort et soutien, en particulier aux personnes qui souffrent ou qui sont dans l’épreuve ! Bon dimanche à tous !

I am pleased to greet the English-speaking visitors and pilgrims present. In the Gospel of today’s liturgy, Christ urges us to combine humility with our charitable service towards our brothers and sisters. Indeed, may we always imitate his perfect example of service in our daily lives. I invoke God’s blessings upon all of you!

Von Herzen grüße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Im heutigen Evangelium verbindet der Herr wahre menschliche Größe mit der Haltung des Dienens. Der Dienende macht deutlich, wie wir auf Gottes Liebe antworten können. Im Dienen öffnen wir unser Herz für den Herrn, der selbst gekommen ist, nicht um bedient zu werden, sondern um zu dienen. Zugleich werden wir zu den Menschen gesandt, um auch ihnen mit unserer Liebe zu dienen. Gott befähigt uns dazu, daß in allem, was wir tun, seine Liebe zu uns durchscheinen kann. Bitten wir darum, Diener Gottes und damit Diener der Menschen sein zu können. – Dazu schenke der Herr euch allen seinen Segen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de la parroquia de Santa María Magdalena, de La Nou de Gaià. En el Evangelio de este domingo, el Señor nos exhorta a comportarnos siempre con rectitud de espíritu, entregándonos de corazón al servicio de nuestros hermanos como verdaderos hijos de Dios. Pidamos a la Virgen María, nuestra Madre celestial, que interceda por nosotros para que, cada vez más unidos interiormente a Cristo, sepamos dar un testimonio eficaz de su amor. Feliz domingo.

Saúdo agora os peregrinos de língua portuguesa, de modo especial os fiéis brasileiros da Paróquia de São Cristovão, da Diocese de São João da Boa Vista. Possa esta visita a Roma confirmar a vossa fé, como os Apóstolos Pedro e Paulo, na Boa Nova de Jesus Cristo! Por ela, sabemos que somos filhos no Filho e entramos no seio da Santíssima Trindade. Desça, sobre vós e vossas famílias, a minha Bênção Apostólica.

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków. W dzisiejszej Ewangelii słyszymy: „Jeden jest Ojciec wasz, Ten w niebie i jeden jest wasz Nauczyciel, Chrystus" (por. Mt 23, 8-9). To On uczy nas jak żyć miłością Ojca. Dlatego pochodzące od Ojca zasady moralne Ewangelii, nie mogą być przedmiotem wątpliwości, przetargów, dyskusji. Ewangelia wiedzie nas do konkretnych czynów, w których przejawia się miłość pochodząca od Boga Ojca. Na ich wypełnianie z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Nel Vangelo odierno abbiamo sentito: "Uno solo è il Padre vostro, quello celeste e uno solo è il vostro Maestro, il Cristo (cfr. Mt 23, 8-9). È Lui che ci insegna come vivere l’amore del Padre. Per questo i principi morali provenienti dal Padre non possono essere oggetto di dubbio, di contrattazione, di discussione. Il Vangelo ci conduca alle opere concrete, nelle quali si manifesta l’amore che proviene da Dio Padre. Per questo impegno vi benedico di cuore.]

Rivolgo un cordiale saluto alle Religiose Figlie di Cristo Re, insieme con i collaboratori laici che condividono il loro carisma e la loro missione. Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Commessaggio, i ragazzi dell’Oratorio di Petosino, il gruppo di anziani di Brunello e gli alunni della Scuola "Settanni" di Rutigliano. A tutti auguro una buona domenica!

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

sabato 29 ottobre 2011

Il Papa ai vescovi dell'Angola: I Cristiani respirano lo spirito del loro tempo e subiscono la pressione dei costumi della società in cui vivono: ma, attraverso la grazia del battesimo, sono chiamati a rinunciare alle tendenze dannose imperanti e a camminare controcorrente, guidati dallo spirito delle Beatitudini

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI ANGOLA E SÃO TOMÉ ,29.10.2011

Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza Episcopale di Angola e São Tomé (C.E.A.S.T.), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,
Amati Fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio
,

Nella gioia della fede, il cui annuncio è il nostro servizio comune di Pastori, vi do il benvenuto a questo nostro incontro in occasione della vostra visita ad limina Apostolorum. Questa ha luogo dopo la mia visita a Luanda, nel marzo 2009, durante la quale ho potuto stare con voi e con voi celebrare Gesù Cristo in mezzo a un popolo che non si stanca di cercarlo, amarlo e servirlo con generosità e gioia. Serbo quel popolo nel cuore e, in un certo senso, attendevo la vostra visita per avere sue notizie. Ringrazio monsignor Gabriele Mbilingi, Arcivescovo di Lubango e Presidente della Conferenza Episcopale, per la presentazione delle vostre comunità, con le loro sfide e le loro speranze al momento presente e con la forza e i favori di cui il Cielo le la dotate. Il vostro aiuto reciproco e fraterno, la sollecitudine per il popolo di Dio in Angola e a São Tomé e Príncipe, l'unione con il Papa e il desiderio di restare fedeli al Signore sono per me fonte di profonda gioia e sentita azione di rendimento di grazie.

Voi, amati Fratelli, in virtù della missione apostolica ricevuta, siete in grado di introdurre il vostro popolo nel cuore del mistero della fede, incontrando la persona viva di Gesù Cristo. Nella speranza di «mettere in luce con sempre maggiore evidenza la gioia ed il rinnovato entusiasmo dell'incontro con Cristo» (Motu proprio Porta fidei, n. 2), ho deciso di proclamare un Anno della Fede, affinché l'intera Chiesa possa offrire a tutti un volto più bello e credibile, trasparenza più limpida del volto del Signore. Come giustamente ha sottolineato la Seconda Assemblea per l'Africa del Sinodo dei vescovi, i cui frutti, sotto la consueta forma di Esortazione Apostolica, spero di poter affidare a tutto il popolo di Dio nella mia prossima visita in Benin, «il primo e specifico contributo della Chiesa ai popoli d'Africa è la proclamazione del Vangelo di Cristo. Siamo perciò impegnati a continuare vigorosamente la proclamazione del Vangelo ai popoli d'Africa, perché «la vita in Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo ... Infatti l'impegno a favore dello sviluppo proviene da quel cambiamento del cuore che deriva dalla conversione al Vangelo» (Messaggio conclusivo, n. 15). Non si tratta di annunciare «una parola consolatoria, ma dirompente, che chiama a conversione, che rende accessibile l'incontro con Lui, attraverso il quale fiorisce un'umanità nuova» (Esortazione Apostolica Verbum Domini, n. 93).

In verità, i cristiani respirano lo spirito del loro tempo e subiscono la pressione dei costumi della società in cui vivono: ma, attraverso la grazia del battesimo, sono chiamati a rinunciare alle tendenze dannose imperanti e a camminare controcorrente, guidati dallo spirito delle Beatitudini. In questa ottica, vorrei affrontare tre scogli, dove naufraga la volontà di molti abitanti dell'Angola e di São Tomé che hanno aderito a Cristo.

Il primo è il cosiddetto «amigamento» (concubinato), che contraddice il piano di Dio per la procreazione e la famiglia umana. Il ridotto numero di matrimoni cattolici, nelle vostre comunità, indica un'ipoteca che grava sulla famiglia, della quale conosciamo il valore insostituibile per la stabilità dell'edificio sociale. Consapevole di questo problema, la vostra Conferenza Episcopale ha scelto il matrimonio e la famiglia come priorità pastorali del triennio in corso. Che Dio ricopra di frutti le iniziative per il bene di questa causa! Aiutate le coppie sposate ad acquisire la maturità umana e spirituale necessaria per assumere in modo responsabile la loro missione di coniugi e di genitori cristiani, ricordando loro che l'amore sponsale deve essere unico e indissolubile, come l'alleanza fra Cristo e la sua Chiesa. Questo tesoro prezioso deve essere salvaguardato, a ogni costo.

Un secondo scoglio nella vostra opera di evangelizzazione è il cuore dei battezzati ancora diviso fra il cristianesimo e le religioni tradizionali africane. Afflitti dai problemi della vita, non esitano a ricorrere a pratiche incompatibili con la sequela di Cristo (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2117). Effetto abominevole di ciò è l'emarginazione e persino l'uccisione di bambini e anziani, a cui sono condannati da falsi dettami di stregoneria. Ricordando che la vita umana è sacra in tutte le sue fasi e situazioni, continuate, cari vescovi, a alzare la vostra voce a favore delle sue vittime. Ma, trattandosi di un problema regionale, è opportuno uno sforzo congiunto delle comunità ecclesiali provate da questa calamità, cercando di determinare il significato profondo di tali pratiche, d'identificare i rischi pastorali e sociali da esse veicolati e di giungere a un metodo che conduca al suo definitivo sradicamento, con la collaborazione dei governi e della società civile.

Infine, vorrei parlare dei residui del tribalismo etnico percepibili negli atteggiamenti di comunità che tendono a chiudersi, non accettando persone originarie di altre parti della nazione. Esprimo il mio apprezzamento per quelli di voi che hanno accettato una missione pastorale fuori dai confini del proprio gruppo regionale e linguistico, e ringrazio i sacerdoti e le persone che vi hanno accolto e aiutato.

Nella Chiesa, come nuova famiglia di tutti coloro che credono in Cristo (cfr. Mc 3, 31-35), non c'è posto per nessun tipo di divisione. «Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo» (Giovanni Paolo II, Lettera Novo Millennio ineunte, 43). Attorno all'altare, si riuniscono gli uomini e le donne di tribù, lingue e nazioni diverse che, condividendo lo stesso corpo e lo stesso sangue di Gesù Eucaristia, diventano fratelli e sorelle realmente consanguinei (cfr. Rom 8, 29). Questo vincolo di fratellanza è più forte di quello delle nostre famiglie terrene e di quello delle vostre tribù.

Vorrei concludere queste mie considerazioni con alcune parole che ho pronunciato all'arrivo a Luanda, nella suddetta visita: «Dio ha concesso agli esseri umani di volare, al di sopra delle loro tendenze naturali, con le ali della ragione e della fede. Se vi fate sollevare da queste ali, non vi sarà difficile riconoscere nell'altro un fratello, che è nato con gli stessi diritti umani fondamentali». Sì, amati pastori dell'Angola e di São Tomé e Príncipe, formate un popolo di fratelli, che da qui abbraccio e saluto.

Portate il mio saluto affettuoso a tutti i membri delle vostre Chiese particolari: ai vescovi emeriti, ai sacerdoti e ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e agli animatori dei movimenti e a tutti i fedeli laici. Mentre vi affido alla protezione della Vergine Maria, tanto amata nelle vostre nazioni soprattutto nel santuario di Mamã Muxima, di cuore imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

venerdì 28 ottobre 2011

Il Papa alle Delegazioni presenti all'incontro di Assisi: Gli incontri di questo tipo sono necessariamente eccezionali e rari, ma sono un’ espressione vivida del fatto che ogni giorno, in tutto il mondo, persone di differenti tradizioni religiose vivono e lavorano insieme in armonia

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

UDIENZA IN VATICANO ALLE DELEGAZIONI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO DI ASSISI, 28.10.2011

Alle ore 11.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza le Delegazioni che hanno partecipato alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo Pellegrini della verità, pellegrini della pace, tenutasi ieri ad Assisi nel venticinquesimo anniversario dello storico incontro del 1986.
Pubblichiamo di seguito le parole di ringraziamento che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’Udienza:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Distinti ospiti.
Cari amici
,

vi accolgo questa mattina nel Palazzo Apostolico e vi ringrazio ancora una volta per la vostra disponibilità a prendere parte alla giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la giustizia e per la pace nel mondo, svoltasi ieri ad Assisi, venticinque anni dopo quel primo storico incontro.
In un certo senso, quest’incontro rappresenta i miliardi di uomini e di donne nel mondo attivamente impegnati nella promozione della giustizia e della pace. È anche un segno dell’amicizia e della fraternità, che sono frutto degli sforzi di così tanti pionieri in questo tipo di dialogo.
Che l’amicizia continui a crescere fra tutti i seguaci delle religioni del mondo e con gli uomini e le donne di buona volontà ovunque.
Ringrazio i miei fratelli e le mie sorelle cristiani per la loro presenza fraterna. Ringrazio anche i rappresentanti del popolo ebraico, che ci è particolarmente vicino, e tutti voi, distinti rappresentanti delle religioni del mondo. Sono consapevole del fatto che molti di voi sono venuti da lontano e hanno intrapreso un viaggio impegnativo. Esprimo gratitudine anche a quanti rappresentano le persone di buona volontà che non seguono alcuna tradizione religiosa, ma si impegnano nella ricerca della verità. Hanno voluto condividere questo pellegrinaggio con noi come segno del loro desiderio di cooperare all’edificazione di un mondo migliore. Guardando indietro, possiamo apprezzare la lungimiranza del compianto Papa Giovanni Paolo II nell’indire il primo incontro di Assisi e la necessità costante degli uomini e delle donne di differenti religioni di testimoniare che il viaggio dello spirito è sempre un viaggio di pace.
Gli incontri di questo tipo sono necessariamente eccezionali e rari, ma sono un’ espressione vivida del fatto che ogni giorno, in tutto il mondo, persone di differenti tradizioni religiose vivono e lavorano insieme in armonia. È sicuramente significativo per la causa della pace che così tanti uomini e donne, ispirati dalle loro convinzioni più profonde, siano impegnati a operare per il bene della famiglia umana.
In questo modo, sono sicuro che l’incontro di ieri ci abbia donato il senso di quanto è autentico il nostro desidero di contribuire al bene di tutti gli esseri umani e di quante cose dobbiamo condividere gli uni con gli altri. Andando per le nostre strade diverse, traiamo forza da quest’esperienza e, ovunque siamo, proseguiamo il viaggio rinnovato che conduce alla verità, il pellegrinaggio che porta alla pace. Vi ringrazio tutti di cuore!

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

giovedì 27 ottobre 2011

Il Papa: Al termine di questa intensa giornata desidero ringraziare voi tutti. Viva gratitudine va a coloro che hanno reso possibile l’incontro odierno

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

CERIMONIA CONCLUSIVA: VIDEO INTEGRALE BENEDICT XVI TV

GIORNATA DI RIFLESSIONE, DIALOGO E PREGHIERA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO "PELLEGRINI DELLA VERITÀ, PELLEGRINI DELLA PACE" (ASSISI, 27 OTTOBRE 2011), 27.10.2011

Questo pomeriggio, al termine dell’incontro nella Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco in Assisi, per il rinnovo solenne dell’Impegno comune per la pace, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai presenti le seguenti parole di ringraziamento e di saluto:

SALUTO DI CONGEDO DEL SANTO PADRE

Illustri Ospiti, cari amici,

Al termine di questa intensa giornata desidero ringraziare voi tutti. Viva gratitudine va a coloro che hanno reso possibile l’incontro odierno. Ringraziamo in particolare chi, ancora una volta, ci ha ospitato: la città di Assisi, la comunità di questa Diocesi con il suo Vescovo, i figli di San Francesco, che custodiscono la preziosa eredità spirituale del Poverello di Assisi. Un grazie anche ai numerosi giovani che hanno compiuto il pellegrinaggio a piedi da Santa Maria degli Angeli per testimoniare come, tra le nuove generazioni, siano in tanti ad impegnarsi per superare violenze e divisioni, ed essere promotori di giustizia e di pace.

L’evento di oggi è un’immagine di come la dimensione spirituale sia un elemento chiave nell’edificazione della pace. Attraverso questo pellegrinaggio abbiamo potuto impegnarci nel dialogo fraterno, approfondire la nostra amicizia e unirci in silenzio e preghiera.
Dopo aver rinnovato il nostro impegno per la pace e scambiato un altro segno di pace, ci sentiamo coinvolti sempre più profondamente, insieme con tutti gli uomini e tutte le donne delle comunità che rappresentano, nel nostro comune viaggio umano.
Non ci stanno separando. Continueremo a incontrarci, continueremo a essere uniti in questo viaggio, nel dialogo, nell’edificazione quotidiana della pace, nel nostro impegno per un mondo migliore, un mondo in cui ogni uomo e ogni donna e tutti possano vivere secondo le proprie legittime aspirazioni.
Di tutto cuore ringrazio quanti di voi sono qui presenti per aver accettato il mio invito a venire ad Assisi come pellegrini di verità e di pace e saluto ognuno di voi con le parole di san Francesco: che il Signore vi conceda la pace – “Il Signore vi dia la pace”.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

Il Papa: Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore!

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

CERIMONIA CONCLUSIVA: VIDEO INTEGRALE BENEDICT XVI TV

PAROLE DEL PAPA

Mai più violenza!
Mai più guerra!
Mai più terrorismo!
In nome di Dio ogni religione
porti sulla terra Giustizia e Pace,
Perdono e Vita,
Amore!

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

Il Papa: La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza: questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

IL PAPA PARTE PER ASSISI: VIDEO INTEGRALE BENEDICT XVI TV

INCONTRO CON LE DELEGAZIONI E DISCORSO DEL PAPA: VIDEO INTEGRALE BENEDICT XVI TV

GIORNATA DI RIFLESSIONE, DIALOGO E PREGHIERA PER LA PACE E LA GIUSTIZIA NEL MONDO "PELLEGRINI DELLA VERITÀ, PELLEGRINI DELLA PACE" (ASSISI, 27 OTTOBRE 2011), 27.10.2011

Nel 25° anniversario dello storico incontro tenutosi ad Assisi il 27 ottobre 1986 per volontà del Beato Giovanni Paolo II, il Santo Padre Benedetto XVI ha convocato per oggi una Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, recandosi pellegrino nella città di San Francesco e invitando nuovamente ad unirsi a questo cammino i fratelli cristiani delle diverse confessioni, gli esponenti delle tradizioni religiose del mondo e, idealmente, tutti gli uomini di buona volontà. Il programma dettagliato della Giornata, che ha come tema Pellegrini della verità, pellegrini della pace, è pubblicato sul bollettino n. 614 del 18 ottobre scorso.
Alle ore 8 di oggi le Delegazioni partono in treno, insieme al Santo Padre Benedetto XVI, dalla Stazione ferroviaria vaticana. Lungo il percorso il treno rallenta nelle stazioni di Terni, Spoleto e Foligno.
All’arrivo in Assisi, le Delegazioni si recano presso la Basilica di S. Maria degli Angeli, dove alle ore 10.30 ha luogo un momento di commemorazione dei precedenti incontri e di approfondimento del tema della Giornata. Introdotti dal Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Card. Peter Kodwo Appiah Turkson, intervengono dieci esponenti delle delegazioni presenti. Al termine delle Testimonianze per la pace, il Santo Padre Benedetto XVI pronuncia un discorso.
Alle ore 13, nel Refettorio del Convento della Porziuncola, i delegati condividono un pranzo frugale. Viene poi lasciato un tempo di silenzio, per la riflessione di ciascuno e per la preghiera.
Nel pomeriggio, tutti i fedeli presenti in Assisi partecipano ad un cammino che si snoda verso la Basilica di San Francesco. Il pellegrinaggio, a cui prendono parte nell’ultimo tratto anche i membri delle delegazioni, si svolge in silenzio, lasciando spazio alla preghiera e alla meditazione personale.
Alle ore 16.30, nella Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, si tiene l’incontro conclusivo della Giornata, con il rinnovo solenne dell’Impegno comune per la pace. La monizione iniziale è del Card. Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Introdotti poi dal Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, intervengono dodici delegati e l’impegno di ciascuno alla pace è sancito dalle parole finali del Papa: "Mai più violenza! Mai più guerra! Mai più terrorismo! In nome di Dio ogni religione porti sulla terra Giustizia e Pace, Perdono e Vita, Amore!". Alcuni giovani consegnano quindi ai Capi Delegazione una lampada accesa. Lo scambio comune del saluto di pace è introdotto dalla monizione del Card. Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Il Papa pronuncia quindi un saluto di congedo.
Al termine, il Santo Padre e i Capi Delegazione scendono nella Cripta e sostano davanti alla tomba di San Francesco.
Alle ore 19 il treno con a bordo il Santo Padre e le Delegazioni lascia la stazione di Santa Maria degli Angeli e riparte alla volta di Roma. L’arrivo alla stazione ferroviaria vaticana è previsto per le ore 20.45.
Riportiamo di seguito il testo del discorso che il Papa pronuncia in fine mattinata nella Basilica di Santa Maria degli Angeli:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,
distinti Capi e rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali e delle religioni del mondo,
cari amici,


sono passati venticinque anni da quando il beato Papa Giovanni Paolo II invitò per la prima volta rappresentanti delle religioni del mondo ad Assisi per una preghiera per la pace. Che cosa è avvenuto da allora? A che punto è oggi la causa della pace? Allora la grande minaccia per la pace nel mondo derivava dalla divisione del pianeta in due blocchi contrastanti tra loro. Il simbolo vistoso di questa divisione era il muro di Berlino che, passando in mezzo alla città, tracciava il confine tra due mondi.
Nel 1989, tre anni dopo Assisi, il muro cadde – senza spargimento di sangue. All’improvviso, gli enormi arsenali, che stavano dietro al muro, non avevano più alcun significato. Avevano perso la loro capacità di terrorizzare. La volontà dei popoli di essere liberi era più forte degli arsenali della violenza. La questione delle cause di tale rovesciamento è complessa e non può trovare una risposta in semplici formule. Ma accanto ai fattori economici e politici, la causa più profonda di tale evento è di carattere spirituale: dietro il potere materiale non c’era più alcuna convinzione spirituale. La volontà di essere liberi fu alla fine più forte della paura di fronte alla violenza che non aveva più alcuna copertura spirituale. Siamo riconoscenti per questa vittoria della libertà, che fu soprattutto anche una vittoria della pace. E bisogna aggiungere che in questo contesto si trattava non solamente, e forse neppure primariamente, della libertà di credere, ma anche di essa. Per questo possiamo collegare tutto ciò in qualche modo anche con la preghiera per la pace.

Ma che cosa è avvenuto in seguito? Purtroppo non possiamo dire che da allora la situazione sia caratterizzata da libertà e pace. Anche se la minaccia della grande guerra non è in vista, tuttavia il mondo, purtroppo, è pieno di discordia. Non è soltanto il fatto che qua e là ripetutamente si combattono guerre – la violenza come tale è potenzialmente sempre presente e caratterizza la condizione del nostro mondo. La libertà è un grande bene. Ma il mondo della libertà si è rivelato in gran parte senza orientamento, e da non pochi la libertà viene fraintesa anche come libertà per la violenza. La discordia assume nuovi e spaventosi volti e la lotta per la pace deve stimolare in modo nuovo tutti noi.

Cerchiamo di identificare un po’ più da vicino i nuovi volti della violenza e della discordia. A grandi linee – a mio parere – si possono individuare due differenti tipologie di nuove forme di violenza che sono diametralmente opposte nella loro motivazione e manifestano poi nei particolari molte varianti. Anzitutto c’è il terrorismo, nel quale, al posto di una grande guerra, vi sono attacchi ben mirati che devono colpire in punti importanti l’avversario in modo distruttivo, senza alcun riguardo per le vite umane innocenti che con ciò vengono crudelmente uccise o ferite.

Agli occhi dei responsabili, la grande causa del danneggiamento del nemico giustifica ogni forma di crudeltà. Viene messo fuori gioco tutto ciò che nel diritto internazionale era comunemente riconosciuto e sanzionato come limite alla violenza. Sappiamo che spesso il terrorismo è motivato religiosamente e che proprio il carattere religioso degli attacchi serve come giustificazione per la crudeltà spietata, che crede di poter accantonare le regole del diritto a motivo del "bene" perseguito. La religione qui non è a servizio della pace, ma della giustificazione della violenza.

La critica della religione, a partire dall’illuminismo, ha ripetutamente sostenuto che la religione fosse causa di violenza e con ciò ha fomentato l’ostilità contro le religioni. Che qui la religione motivi di fatto la violenza è cosa che, in quanto persone religiose, ci deve preoccupare profondamente. In un modo più sottile, ma sempre crudele, vediamo la religione come causa di violenza anche là dove la violenza viene esercitata da difensori di una religione contro gli altri. I rappresentanti delle religioni convenuti nel 1986 ad Assisi intendevano dire – e noi lo ripetiamo con forza e grande fermezza: questa non è la vera natura della religione. È invece il suo travisamento e contribuisce alla sua distruzione.

Contro ciò si obietta: ma da dove sapete quale sia la vera natura della religione? La vostra pretesa non deriva forse dal fatto che tra voi la forza della religione si è spenta? Ed altri obietteranno: ma esiste veramente una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte? Queste domande le dobbiamo affrontare se vogliamo contrastare in modo realistico e credibile il ricorso alla violenza per motivi religiosi. Qui si colloca un compito fondamentale del dialogo interreligioso – un compito che da questo incontro deve essere nuovamente sottolineato.

Come cristiano, vorrei dire a questo punto: sì, nella storia anche in nome della fede cristiana si è fatto ricorso alla violenza. Lo riconosciamo, pieni di vergogna. Ma è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura. Il Dio in cui noi cristiani crediamo è il Creatore e Padre di tutti gli uomini, a partire dal quale tutte le persone sono tra loro fratelli e sorelle e costituiscono un’unica famiglia. La Croce di Cristo è per noi il segno del Dio che, al posto della violenza, pone il soffrire con l’altro e l’amare con l’altro. Il suo nome è "Dio dell’amore e della pace" (2 Cor 13,11).

È compito di tutti coloro che portano una qualche responsabilità per la fede cristiana purificare continuamente la religione dei cristiani a partire dal suo centro interiore, affinché – nonostante la debolezza dell’uomo – sia veramente strumento della pace di Dio nel mondo.

Se una tipologia fondamentale di violenza viene oggi motivata religiosamente, ponendo con ciò le religioni di fronte alla questione circa la loro natura e costringendo tutti noi ad una purificazione, una seconda tipologia di violenza dall’aspetto multiforme ha una motivazione esattamente opposta: è la conseguenza dell’assenza di Dio, della sua negazione e della perdita di umanità che va di pari passo con ciò. I nemici della religione – come abbiamo detto – vedono in questa una fonte primaria di violenza nella storia dell’umanità e pretendono quindi la scomparsa della religione. Ma il "no" a Dio ha prodotto crudeltà e una violenza senza misura, che è stata possibile solo perché l’uomo non riconosceva più alcuna norma e alcun giudice al di sopra di sé, ma prendeva come norma soltanto se stesso. Gli orrori dei campi di concentramento mostrano in tutta chiarezza le conseguenze dell’assenza di Dio.

Qui non vorrei però soffermarmi sull’ateismo prescritto dallo Stato; vorrei piuttosto parlare della "decadenza" dell’uomo, in conseguenza della quale si realizza in modo silenzioso, e quindi più pericoloso, un cambiamento del clima spirituale. L’adorazione di mammona, dell’avere e del potere, si rivela una contro-religione, in cui non conta più l’uomo, ma solo il vantaggio personale. Il desiderio di felicità degenera, ad esempio, in una brama sfrenata e disumana quale si manifesta nel dominio della droga con le sue diverse forme. Vi sono i grandi, che con essa fanno i loro affari, e poi i tanti che da essa vengono sedotti e rovinati sia nel corpo che nell’animo. La violenza diventa una cosa normale e minaccia di distruggere in alcune parti del mondo la nostra gioventù. Poiché la violenza diventa cosa normale, la pace è distrutta e in questa mancanza di pace l’uomo distrugge se stesso.

L’assenza di Dio porta al decadimento dell’uomo e dell’umanesimo. Ma dov’è Dio? Lo conosciamo e possiamo mostrarLo nuovamente all’umanità per fondare una vera pace? Riassumiamo anzitutto brevemente le nostre riflessioni fatte finora. Ho detto che esiste una concezione e un uso della religione attraverso il quale essa diventa fonte di violenza, mentre l’orientamento dell’uomo verso Dio, vissuto rettamente, è una forza di pace. In tale contesto ho rimandato alla necessità del dialogo, e parlato della purificazione, sempre necessaria, della religione vissuta. Dall’altra parte, ho affermato che la negazione di Dio corrompe l’uomo, lo priva di misure e lo conduce alla violenza.

Accanto alle due realtà di religione e anti-religione esiste, nel mondo in espansione dell’agnosticismo, anche un altro orientamento di fondo: persone alle quali non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: "Non esiste alcun Dio".

Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui. Sono "pellegrini della verità, pellegrini della pace". Pongono domande sia all’una che all’altra parte. Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa. Ma chiamano in causa anche gli aderenti alle religioni, perché non considerino Dio come una proprietà che appartiene a loro così da sentirsi autorizzati alla violenza nei confronti degli altri.

Queste persone cercano la verità, cercano il vero Dio, la cui immagine nelle religioni, a causa del modo nel quale non di rado sono praticate, è non raramente nascosta. Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo per i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio – il vero Dio – diventi accessibile. Per questo ho appositamente invitato rappresentanti di questo terzo gruppo al nostro incontro ad Assisi, che non raduna solamente rappresentanti di istituzioni religiose.

Si tratta piuttosto del ritrovarsi insieme in questo essere in cammino verso la verità, dell’impegno deciso per la dignità dell’uomo e del farsi carico insieme della causa della pace contro ogni specie di violenza distruttrice del diritto. In conclusione, vorrei assicurarvi che la Chiesa cattolica non desisterà dalla lotta contro la violenza, dal suo impegno per la pace nel mondo. Siamo animati dal comune desiderio di essere "pellegrini della verità, pellegrini della pace".

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

mercoledì 26 ottobre 2011

Il Papa: Come Cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre, vogliamo chiedergli che l’incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace

PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE AD ASSISI (27 OTTOBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL PAPA AD ASSISI

VIDEO INTEGRALE

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Il saluto del card. Vallini al Papa nella liturgia della Parola in preparazione al pellegrinaggio ad Assisi

Vedi anche:

Liturgia della Parola: servizio di Rome Reports

Il Papa: verità e umiltà per costruire la pace (Angela Ambrogetti)

Il Papa: I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi...Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria (Sir)

Benedetto XVI presiede la celebrazione della Parola in preparazione alla giornata di Assisi (O.R.)

Appello del Papa per le popolazioni colpite dal sisma in Turchia. Almeno 461 le vittime

Il Papa: I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi

Turchia, il Papa: Vicini alla popolazione colpita dal terremoto

L'aula Nervi non basta per la preghiera pre Assisi. Il Papa: i Cristiani si mettano al servizio della pace. Appello per i soccorsi dopo il terremoto in Turchia (Izzo)

Il Papa: Gesù "non è un re che domina con il potere politico e militare", ma è "un re mansueto che regna con l'umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini"

Incontro di Assisi: le riflessioni del prof. Bodei, del cardinale Tauran e di mons. Paglia (Radio Vaticana)

Il Papa alla vigilia dell’incontro di Assisi: i cristiani non diventino lupi tra i lupi, ma lavorino per il regno della pace di Cristo

UDIENZA GENERALE: PREGHIERA IN PREPARAZIONE ALL’INCONTRO DI ASSISI, 26.10.2011

L’Udienza Generale di questa mattina, inizialmente prevista in Piazza San Pietro, a causa del maltempo si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI in Vaticano, dove il Santo Padre Benedetto XVI ha presieduto una Celebrazione della Parola in preparazione alla Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo "Pellegrini della verità, pellegrini della pace", in programma per domani, giovedì 27 ottobre, ad Assisi.
Nel corso del momento di preghiera, che si è aperto con l’indirizzo di omaggio del Vicario Generale per la Diocesi di Roma, l’Em.mo Card. Agostino Vallini, il Papa ha tenuto l’omelia.
Al termine della Celebrazione della Parola, dopo la Benedizione finale, il Santo Padre - che prima di giungere nell’Aula Paolo VI era passato in Basilica per salutare i fedeli che non avevano trovato posto in Aula - ha rivolto il suo saluto ai gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Nel corso dell’udienza il Papa ha anche rivolto un appello per le popolazioni della Turchia colpite dal terremoto.
Riportiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione della Parola, nonché i testi dei saluti e dell’appello:


SALUTI AI PELLEGRINI NELLA BASILICA VATICANA

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di accogliervi nella Basilica di San Pietro e di rivolgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi che purtroppo non avete trovato posto nell’Aula Paolo VI. Vi incoraggio a rafforzare la vostra adesione al Vangelo per essere sempre disponibili e pronti a compiere la volontà del Signore. Con questi voti, di cuore imparto a tutti voi la mia Benedizione, che volentieri estendo alle vostre famiglie e alle persone care.

Je suis heureux de vous accueillir dans la Basilique Saint-Pierre et d’adresser ma cordiale bienvenue à vous tous qui n’avez pas trouvé de place dans la Salle Paul VI. Adhérez toujours au Christ et témoignez avec joie de l’Évangile! De tout cœur je vous adresse à tous ma Bénédiction.

I am pleased to receive you in Saint Peter’s Basilica and to extend a warm welcome to all of you who could not be accommodated in the Audience Hall. Always stay faithfully united to Christ and bear joyful witness to the Gospel. To all of you I cordially impart my Blessing.

Liebe Brüder und Schwestern!

Ich freue mich, euch in der Basilika Sankt Peter zu begrüßen, und heiße euch alle herzlich willkommen. Ich hoffe, daß ihr trotz des Regens einen schönen Tag verbringen könnt. Und wenn auch leider die große Audienz geteilt werden mußte, sollen doch der Segen und die Freude Gottes mit euch gehen. Bezeugt dem Herrn eure Dankbarkeit, euren Glauben. Tragt den Glauben und die Freude des Glaubens in die Welt hinaus und in den Alltag hinein. In diesem Sinne erteile ich am Schluß allen von Herzen meinen Apostolischen Segen.

Me es grato recibiros en la Basílica de San Pedro y dar una cordial bienvenida a todos los que no habéis podido acomodaros en el Aula Pablo VI. Uníos siempre a Cristo y dad testimonio del Evangelio con alegría. Os imparto de corazón a todos mi Bendición.

Com alegría, vos acólho na Basílica de São Pédro e dou as mínhas cordiáis bóas-víndas a tódos vós que não conseguístes lugár na Áula Páulo VI [séxto]. Vivéi sémpre unídos a Crísto e testemunhái com alegría o Evangélho. De coração, concédo a tódos vós a mínha Bénçao.

Drodzy Polacy, Bracia i Siostry. Serdecznie pozdrawiam was obecnych tu w Bazylice Świętego Piotra przy grobach apostolskich, przy ołtarzu błogosławionego Jana Pawła II. Niech waszą wiarę umocni spotkanie w tym świętym miejscu. Z serca wam błogosławię.

[Cari fratelli e sorelle polacchi. Saluto cordialmente voi qui presenti nella Basilica di San Pietro accanto ai sepolcri degli apostoli e all’altare del beato Giovanni Paolo II. Che la presenza in questo santo posto rafforzi la vostra fede. Vi benedico di cuore.]


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

oggi il consueto appuntamento dell’Udienza generale assume un carattere particolare, poiché siamo alla vigilia della Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo, che si terrà domani ad Assisi, a venticinque anni dal primo storico incontro convocato dal Beato Giovanni Paolo II.
Ho voluto dare a questa giornata il titolo “Pellegrini della verità, pellegrini della pace”, per significare l’impegno che vogliamo solennemente rinnovare, insieme con i membri di diverse religioni, e anche con uomini non credenti ma sinceramente in ricerca della verità, nella promozione del vero bene dell’umanità e nella costruzione della pace. Come ho già avuto modo di ricordare, “Chi è in cammino verso Dio non può non trasmettere pace, chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”.
Come cristiani, siamo convinti che il contributo più prezioso che possiamo dare alla causa della pace è quello della preghiera.
Per questo motivo ci ritroviamo oggi, come Chiesa di Roma, insieme ai pellegrini presenti nell’Urbe, nell’ascolto della Parola di Dio, per invocare con fede il dono della pace. Il Signore può illuminare la nostra mente e i nostri cuori e guidarci ad essere costruttori di giustizia e di riconciliazione nelle nostre realtà quotidiane e nel mondo.
Nel brano del profeta Zaccaria che abbiamo appena ascoltato è risuonato un annuncio pieno di speranza e di luce (cfr Zc 9,10). Dio promette la salvezza, invita ad “esultare grandemente” perché questa salvezza si sta per concretizzare. Si parla di un re: “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso” (v. 9), ma quello che viene annunciato non è un re che si presenta con la potenza umana, la forza delle armi; non è un re che domina con il potere politico e militare; è un re mansueto, che regna con l’umiltà e la mitezza di fronte a Dio e agli uomini, un re diverso rispetto ai grandi sovrani del mondo: “cavalca un asino, un puledro figlio d’asina”, dice il profeta (ibidem). Egli si manifesta cavalcando l’animale della gente comune, del povero, in contrasto con i carri da guerra degli eserciti dei potenti della terra. Anzi, è un re che farà sparire questi carri, spezzerà gli archi di battaglia, annuncerà la pace alle nazioni (cfr v. 10).
Ma chi è questo re di cui parla il profeta Zaccaria? Andiamo per un momento a Betlemme e riascoltiamo ciò che l’Angelo dice ai pastori che vegliavano di notte facendo guardia al proprio gregge. L'Angelo annuncia una gioia che sarà di tutto il popolo, legata ad un segno povero: un bambino avvolto in fasce, posto in una mangiatoia (cfr Lc 2,8-12). E la moltitudine celeste canta “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”, agli uomini di buona volontà (v. 14).
La nascita di quel bambino, che è Gesù, porta un annuncio di pace per tutto il mondo. Ma andiamo anche ai momenti finali della vita di Cristo, quando Egli entra in Gerusalemme accolto da una folla festante. L’annuncio del profeta Zaccaria dell’avvento di un re umile e mansueto tornò alla mente dei discepoli di Gesù in modo particolare dopo gli eventi della passione, morte e risurrezione, del Mistero pasquale, quando riandarono con gli occhi della fede a quel gioioso ingresso del Maestro nella Città Santa. Egli cavalca un asina, presa in prestito (cfr Mt 21,2-7): non è su di una ricca carrozza, non è a cavallo come i grandi. Non entra in Gerusalemme accompagnato da un potente esercito di carri e di cavalieri. Egli è un re povero, il re di coloro che sono i poveri di Dio. Nel testo greco appare il termine praeîs, che significa i mansueti, i miti; Gesù è il re degli anawim, di coloro che hanno il cuore libero dalla brama di potere e di ricchezza materiale, dalla volontà e dalla ricerca di dominio sull’altro. Gesù è il re di quanti hanno quella libertà interiore che rende capaci di superare l’avidità, l’egoismo che c’è nel mondo, e sanno che Dio solo è la loro ricchezza.

Gesù è re povero tra i poveri, mite tra coloro che vogliono essere miti. In questo modo Egli è re di pace, grazie alla potenza di Dio, che è la potenza del bene, la potenza dell’amore. E’ un re che farà sparire i carri e i cavalli da battaglia, che spezzerà gli archi da guerra; un re che realizza la pace sulla Croce, congiungendo la terra e il cielo e gettando un ponte fraterno tra tutti gli uomini. La Croce è il nuovo arco di pace, segno e strumento di riconciliazione, di perdono, di comprensione, segno che l’amore è più forte di ogni violenza e di ogni oppressione, più forte della morte: il male si vince con il bene, con l’amore.

E’ questo il nuovo regno di pace in cui Cristo è il re; ed è un regno che si estende su tutta la terra. Il profeta Zaccaria annuncia che questo re mansueto, pacifico, e dice: dominerà “da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra” (Zc 9,10). Il regno che Cristo inaugura ha dimensioni universali.

L’orizzonte di questo re povero, mite non è quello di un territorio, di uno Stato, ma sono i confini del mondo; al di là di ogni barriera di razza, di lingua, di cultura, Egli crea comunione, crea unità. E dove vediamo realizzarsi nell’oggi questo annuncio? Nella grande rete delle comunità eucaristiche che si estende su tutta la terra riemerge luminosa la profezia di Zaccaria. E’ un grande mosaico di comunità nelle quali si rende presente il sacrificio di amore di questo re mansueto e pacifico; è il grande mosaico che costituisce il “Regno di pace” di Gesù da mare a mare fino ai confini del mondo; è una moltitudine di “isole della pace”, che irradiano pace.

Dappertutto, in ogni realtà, in ogni cultura, dalle grandi città con i loro palazzi, fino ai piccoli villaggi con le umili dimore, dalle possenti cattedrali alle piccole cappelle, Egli viene, si rende presente; e nell’entrare in comunione con Lui anche gli uomini sono uniti tra di loro in un unico corpo, superando divisioni, rivalità, rancori. Il Signore viene nell’Eucaristia per toglierci dal nostro individualismo, dai nostri particolarismi che escludono gli altri, per formare di noi un solo corpo, un solo regno di pace in un mondo diviso.
Ma come possiamo costruire questo regno di pace di cui Cristo è il re? Il comando che Egli lascia ai suoi Apostoli e, attraverso di loro, a tutti noi è: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli…

Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19). Come Gesù, i messaggeri di pace del suo regno devono mettersi in cammino, devono rispondere al suo invito. Devono andare, ma non con la potenza della guerra o con la forza del potere. Nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù invia settantadue discepoli alla grande messe che è il mondo, invitandoli a pregare il Signore della messe perché non manchino mai operai nella sua messe (cfr Lc 10,1-3); ma non li invia con mezzi potenti, bensì “come agnelli in mezzo ai lupi” (v. 3), senza borsa, bisaccia, né sandali (cfr v. 4). San Giovanni Crisostomo, in una delle sue Omelie, commenta: “Finché saremo agnelli, vinceremo e, anche se saremo circondati da numerosi lupi, riusciremo a superarli. Ma se diventeremo lupi, saremo sconfitti, perché saremo privi dell’aiuto del pastore” (Omelia 33, 1: PG 57, 389). I cristiani non devono mai cadere alla tentazione di diventare lupi tra i lupi; non è con il potere, con la forza, con la violenza che il regno di pace di Cristo si estende, ma con il dono di sé, con l’amore portato all’estremo, anche verso i nemici. Gesù non vince il mondo con la forza delle armi, ma con la forza della Croce, che è la vera garanzia della vittoria. E questo ha come conseguenza per chi vuole essere discepolo del Signore, suo inviato, l’essere pronto anche alla passione e al martirio, a perdere la propria vita per Lui, perché nel mondo trionfino il bene, l’amore, la pace. E’ questa la condizione per poter dire, entrando in ogni realtà: “Pace a questa casa” (Lc 10,5).

Davanti alla Basilica di San Pietro, si trovano due grandi statue dei santi Pietro e Paolo, facilmente identificabili: san Pietro tiene in mano le chiavi, san Paolo invece tiene nelle mani una spada. Per chi non conosce la storia di quest’ultimo potrebbe pensare che si tratti di un grande condottiero che ha guidato possenti eserciti e con la spada avrebbe sottomesso popoli e nazioni, procurandosi fama e ricchezza con il sangue altrui. Invece è esattamente il contrario: la spada che tiene tra le mani è lo strumento con cui Paolo venne messo a morte, con cui subì il martirio e sparse il suo sangue.

La sua battaglia non fu quella della violenza, della guerra, ma quella del martirio per Cristo. La sua unica arma fu proprio l’annuncio di “Gesù Cristo e Cristo crocifisso” (1Cor 2,2). La sua predicazione non si basò “su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza” (v. 4).

Dedicò la sua vita a portare il messaggio di riconciliazione e di pace del Vangelo, spendendo ogni sua energia per farlo risuonare fino ai confini della terra. E questa è stata la sua forza: non ha cercato una vita tranquilla, comoda, lontana dalle difficoltà, dalle contrarietà, ma si è consumato per il Vangelo, ha dato tutto se stesso senza riserve, e così è diventato il grande messaggero della pace e della riconciliazione di Cristo. La spada che san Paolo tiene nelle mani richiama anche la potenza della verità, che spesso può ferire, può far male; l’Apostolo è rimasto fedele fino in fondo a questa verità, l’ha servita, ha sofferto per essa, ha consegnato la sua vita per essa. Questa stessa logica vale anche per noi, se vogliamo essere portatori del regno di pace annunciato dal profeta Zaccaria e realizzato da Cristo: dobbiamo essere disposti a pagare di persona, a soffrire in prima persona l’incomprensione, il rifiuto, la persecuzione. Non è la spada del conquistatore che costruisce la pace, ma la spada del sofferente, di chi sa donare la propria vita.

Cari fratelli e sorelle, come cristiani vogliamo invocare da Dio il dono della pace, vogliamo pregarlo che ci renda strumenti della sua pace in un mondo ancora lacerato da odio, da divisioni, da egoismi, da guerre, vogliamo chiedergli che l’incontro di domani ad Assisi favorisca il dialogo tra persone di diversa appartenenza religiosa e porti un raggio di luce capace di illuminare la mente e il cuore di tutti gli uomini, perché il rancore ceda il posto al perdono, la divisione alla riconciliazione, l’odio all’amore, la violenza alla mitezza, e nel mondo regni la pace.
Amen.

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LE POPOLAZIONI DELLA TURCHIA

Cari fratelli e sorelle, prima di salutarvi nelle diverse lingue, comincio con un appello. In questo momento, il pensiero va alle popolazioni della Turchia duramente colpite dal terremoto, che ha causato gravi perdite di vite umane, numerosi dispersi e ingenti danni. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera per coloro che hanno perso la vita e ad essere spiritualmente vicini a tante persone così duramente provate. L’Altissimo dia sostegno a tutti coloro che sono impegnati nell’opera di soccorso. Adesso saluto nelle diverse lingue.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

martedì 25 ottobre 2011

Messaggio del Santo Padre per la 98a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato sul tema "Migrazioni e nuova evangelizzazione"

Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 98a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato

Vedi anche:

Milioni che non sono numeri. All'Angelus l'appello del Papa per i migranti e i rifugiati (O.R.)

Il Papa: “I migranti sono non soltanto destinatari, ma anche protagonisti dell’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo” (Fides)

Il Papa: Gli immigrati «non sono numeri», ma esseri umani «che cercano un luogo dove vivere in pace» (Gasparroni)

Il Papa: Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri!

Il Papa: "Gli immigrati non sono numeri ma uomini e donne alla ricerca della pace"

Il Papa: “I migranti ? Non sono numeri, ma esseri umani in cerca di pace”

Samuele e Giovanni. Ricordata all’Angelus la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato (Sir)

Angelus: servizio di Lucio Brunelli

Il Papa prega per le guide spirituali, i migranti e la unità dei cristiani (Ambrogetti)

Il Papa: genitori e sacerdoti hanno un ruolo decisivo nel cammino di fede. Mercoledì inizia la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani (Izzo)

Giornata mondiale del migrante e del rifugiato sul tema della nuova evangelizzazione (Radio Vaticana)

Il Papa all'Angelus: i migranti "non sono numeri", ma persone che cercano "un luogo dove vivere in pace" (Radio Vaticana)

Immigrati, il Papa: non sono solo dei numeri. Divengano protagonisti dell'evangelizzazione (Izzo)

Il Papa: Preghiamo la Vergine Maria per favorire nei giovani la risposta alla chiamata di Dio (AsiaNews)

Il Papa: Milioni di persone sono coinvolte nel fenomeno delle migrazioni, ma esse non sono numeri! (Repubblica)

Migrazioni e nuova evangelizzazione (Baroncia)

Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, l'arcivescovo Vegliò: rafforzare la solidarietà internazionale (R.V.)

Il Papa per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il Vangelo in un mondo senza frontiere (O.R.)

Immigrati, Santa Sede: l'accoglienza è dovere ma i flussi vanno regolati. L'Italia solo al quinto posto in UE per numero di stranieri (Izzo)

Mons. Vegliò sul Messaggio del Papa per i migranti: i media possono fare molto per spegnere i pregiudizi (R.V.)

Immigrati, il Papa: moltitudine in fuga da miseria e violenze. La secolarizzazione rende difficile l'inserimento. La Chiesa non dimentichi gli studenti stranieri (Izzo)

Il Papa: anche le migrazioni sono occasione di annuncio del Vangelo (AsiaNews)

Benedetto XVI per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato: il fenomeno migratorio "opportunità provvidenziale" (R.V.)

Il Papa: Immigrati opportunità provvidenziale di evangelizzazione

Il Papa: I rifugiati che chiedono asilo hanno bisogno della nostra comprensione e accoglienza, del rispetto della loro dignità umana e dei loro diritti, nonché della consapevolezza dei loro doveri

Migrazioni, il Papa: intensificare l'azione missionaria (Sir)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 98a GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (15 GENNAIO 2012), 25.10.2011

Migrazioni e nuova evangelizzazione: questo il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 98a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata domenica 15 gennaio 2012.
Di seguito pubblichiamo il testo del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato:


TESTO IN LINGUA ITALIANA

Cari Fratelli e Sorelle!

Annunciare Gesù Cristo unico Salvatore del mondo "costituisce la missione essenziale della Chiesa, compito e missione che i vasti e profondi mutamenti della - società attuale non rendono meno urgenti" (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 14).
Anzi, oggi avvertiamo l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli, sia per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, sia per la frequenza e la facilità con cui sono resi possibili spostamenti di singoli e di gruppi. In questa nuova situazione dobbiamo risvegliare in ognuno di noi l’entusiasmo e il coraggio che mossero le prime comunità cristiane ad essere intrepide annunciatrici della novità evangelica, facendo risuonare nel nostro cuore le parole di san Paolo: "Annunciare il Vangelo non è per me un vanto; perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!" (1Cor 9,16).

Il tema che ho scelto quest’anno per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato – "Migrazioni e nuova evangelizzazione" – nasce da questa realtà. L’ora presente, infatti, chiama la Chiesa a compiere una nuova evangelizzazione anche nel vasto e complesso fenomeno della mobilità umana, intensificando l’azione missionaria sia nelle regioni di primo annuncio, sia nei Paesi di tradizione cristiana.

Il Beato Giovanni Paolo II ci invitava a "nutrirci della Parola, per essere «servi della Parola» nell’impegno dell’evangelizzazione ..., [in una situazione] che si fa sempre più varia e impegnativa, nel contesto della globalizzazione e del nuovo e mutevole intreccio di popoli e culture che la caratterizza" (Lett. ap. Novo millennio ineunte, 40). Le migrazioni interne o internazionali, infatti, come sbocco per la ricerca di migliori condizioni di vita o per fuggire dalla minaccia di persecuzioni, guerre, violenza, fame e catastrofi naturali, hanno prodotto una mescolanza di persone e di popoli senza precedenti, con problematiche nuove non solo da un punto di vista umano, ma anche etico, religioso e spirituale. Le attuali ed evidenti conseguenze della secolarizzazione, l’emergere di nuovi movimenti settari, una diffusa insensibilità nei confronti della fede cristiana, una marcata tendenza alla frammentarietà, rendono difficile focalizzare un riferimento unificante che incoraggi la formazione di "una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze", come scrivevo nel Messaggio dello scorso anno per questa Giornata Mondiale. Il nostro tempo è segnato da tentativi di cancellare Dio e l’insegnamento della Chiesa dall’orizzonte della vita, mentre si fanno strada il dubbio, lo scetticismo e l’indifferenza, che vorrebbero eliminare persino ogni visibilità sociale e simbolica della fede cristiana.

In tale contesto, i migranti che hanno conosciuto Cristo e l’hanno accolto non di rado sono spinti a non ritenerlo più rilevante nella propria vita, a perdere il senso della fede, a non riconoscersi più come parte della Chiesa e spesso conducono un’esistenza non più segnata da Cristo e dal suo Vangelo. Cresciuti in seno a popoli marcati dalla fede cristiana, spesso emigrano verso Paesi in cui i cristiani sono una minoranza o dove l’antica tradizione di fede non è più convinzione personale, né confessione comunitaria, ma è ridotta ad un fatto culturale. Qui la Chiesa è posta di fronte alla sfida di aiutare i migranti a mantenere salda la fede, anche quando manca l’appoggio culturale che esisteva nel Paese d’origine, individuando anche nuove strategie pastorali, come pure metodi e linguaggi per un’accoglienza sempre vitale della Parola di Dio. In alcuni casi si tratta di un’occasione per proclamare che in Gesù Cristo l’umanità è resa partecipe del mistero di Dio e della sua vita di amore, viene aperta ad un orizzonte di speranza e di pace, anche attraverso il dialogo rispettoso e la testimonianza concreta della solidarietà, mentre in altri casi c’è la possibilità di risvegliare la coscienza cristiana assopita, attraverso un rinnovato annuncio della Buona Novella e una vita cristiana più coerente, in modo da far riscoprire la bellezza dell’incontro con Cristo, che chiama il cristiano alla santità dovunque si trovi, anche in terra straniera.

L’odierno fenomeno migratorio è anche un’opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo nel mondo contemporaneo. Uomini e donne provenienti da varie regioni della terra, che non hanno ancora incontrato Gesù Cristo o lo conoscono soltanto in maniera parziale, chiedono di essere accolti in Paesi di antica tradizione cristiana. Nei loro confronti è necessario trovare adeguate modalità perché possano incontrare e conoscere Gesù Cristo e sperimentare il dono inestimabile della salvezza, che per tutti è sorgente di "vita in abbondanza" (cfr Gv 10,10); gli stessi migranti hanno un ruolo prezioso a questo riguardo poiché possono a loro volta diventare "annunciatori della Parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo" (Esort. ap. Verbum Domini, 105).

Nell’impegnativo itinerario della nuova evangelizzazione, in ambito migratorio, assumono un ruolo decisivo gli Operatori pastorali – sacerdoti, religiosi e laici – che si trovano a lavorare sempre più in un contesto pluralista: in comunione con i loro Ordinari, attingendo al Magistero della Chiesa, li invito a cercare vie di fraterna condivisione e di rispettoso annuncio, superando contrapposizioni e nazionalismi. Da parte loro, le Chiese d’origine, quelle di transito e quelle d’accoglienza dei flussi migratori sappiano intensificare la loro cooperazione, a beneficio sia di chi parte sia di chi arriva e, in ogni caso, di chi ha bisogno di incontrare sul suo cammino il volto misericordioso di Cristo nell’accoglienza del prossimo. Per realizzare una fruttuosa pastorale di comunione, potrà essere utile aggiornare le tradizionali strutture di attenzione ai migranti e ai rifugiati, affiancandole a modelli che rispondano meglio alle mutate situazioni in cui si trovano a interagire culture e popoli diversi.

I rifugiati che chiedono asilo, fuggiti da persecuzioni, violenze e situazioni che mettono in pericolo la loro vita, hanno bisogno della nostra comprensione e accoglienza, del rispetto della loro dignità umana e dei loro diritti, nonché della consapevolezza dei loro doveri. La loro sofferenza invoca dai singoli Stati e dalla comunità internazionale che vi siano atteggiamenti di mutua accoglienza, superando timori ed evitando forme di discriminazione e che si provveda a rendere concreta la solidarietà anche mediante adeguate strutture di ospitalità e programmi di reinsediamento. Tutto ciò comporta un vicendevole aiuto tra le regioni che soffrono e quelle che già da anni accolgono un gran numero di persone in fuga e una maggiore condivisione delle responsabilità tra gli Stati.

La stampa e gli altri mezzi di comunicazione hanno un ruolo importante nel far conoscere, con correttezza, oggettività e onestà, la situazione di chi ha dovuto forzatamente lasciare la propria patria e i propri affetti e desidera iniziare a costruirsi una nuova esistenza.

Le comunità cristiane riservino particolare attenzione per i lavoratori migranti e le loro famiglie, attraverso l’accompagnamento della preghiera, della solidarietà e della carità cristiana; la valorizzazione di ciò che reciprocamente arricchisce, come pure la promozione di nuove progettualità politiche, economiche e sociali, che favoriscano il rispetto della dignità di ogni persona umana, la tutela della famiglia, l’accesso ad una dignitosa sistemazione, al lavoro e all’assistenza.

Sacerdoti, religiosi e religiose, laici e, soprattutto, giovani uomini e donne siano sensibili nell’offrire sostegno a tante sorelle e fratelli che, fuggiti dalla violenza, devono confrontarsi con nuovi stili di vita e difficoltà di integrazione. L’annuncio della salvezza in Gesù Cristo sarà fonte di sollievo, speranza e "gioia piena" (cfr Gv 15,11).

Desidero infine ricordare la situazione di numerosi studenti internazionali che affrontano problemi di inserimento, difficoltà burocratiche, disagi nella ricerca di alloggio e di strutture di accoglienza. In modo particolare le comunità cristiane siano sensibili verso tanti ragazzi e ragazze che, proprio per la loro giovane età, oltre alla crescita culturale, hanno bisogno di punti di riferimento e coltivano nel loro cuore una profonda sete di verità e il desiderio di incontrare Dio. In modo speciale, le Università di ispirazione cristiana siano luogo di testimonianza e d’irradiazione della nuova evangelizzazione, seriamente impegnate a contribuire, nell’ambiente accademico, al progresso sociale, culturale e umano, oltre che a promuovere il dialogo fra le culture, valorizzando l’apporto che possono dare gli studenti internazionali. Questi saranno spinti a diventare essi stessi attori della nuova evangelizzazione se incontreranno autentici testimoni del Vangelo ed esempi di vita cristiana.

Cari amici, invochiamo l’intercessione di Maria, "Madonna del cammino", perché l’annuncio gioioso della salvezza di Gesù Cristo porti speranza nel cuore di coloro che, lungo le strade del mondo, si trovano in condizioni di mobilità. A tutti assicuro la mia preghiera e imparto la Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 21 Settembre 2011

BENEDICTUS PP. XVI

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

lunedì 24 ottobre 2011

Il Papa alla Fondazione "Giovanni Paolo II": Il beato pontefice ha cercato sempre di legare i fedeli non a se stesso, ma sempre più a Cristo, alla tradizione Apostolica e alla comunità cattolica unita al collegio episcopale presieduto dal Papa

UDIENZA AI MEMBRI DELLA FONDAZIONE "GIOVANNI PAOLO II", 24.10.2011

Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i membri della Fondazione "Giovanni Paolo II" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Cardinali,
Cari Fratelli Vescovi e sacerdoti,
Fratelli e Sorelle in Cristo
,

trent’anni fa, su richiesta di «alcuni fratelli e sorelle che vivono in Polonia o sono emigrati da lì, ma mantengono vincoli forti con la loro terra d’origine» il mio predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, istituì nella Città del Vaticano una Fondazione che porta il suo nome, con l’obiettivo di «promuovere attraverso il loro sostegno, materiale e di altra natura, iniziative di carattere religioso, culturale, pastorale e caritativo e coltivare e rafforzare i vincoli tradizionali fra loro e la Santa Sede» (cfr. Decreto di Istituzione).
Oggi, membri della Fondazione e amici di tutto il mondo hanno scelto di celebrare questo anniversario rendendo grazie al Signore per tutti i frutti che le varie attività hanno prodotto nel corso di tre decenni. Sono lieto di potermi unire a voi in questo rendimento di grazie. Saluto con affetto tutti voi che siete qui oggi, in particolare il Cardinale Stanisław Dziwisz, già segretario dell’amato Santo Padre e uno dei promotori della Fondazione, ora suo capo ex officio come Arcivescovo di Cracovia. Estendo il mio cordiale benvenuto al Cardinale Stanisław Ryłko, Presidente del Consiglio di Amministrazione, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto. Saluto l’Arcivescovo Szczepan Wesoły, già Presidente, nonché i distinti membri del Consiglio e con loro i direttori delle singole istituzioni della Fondazione. Infine, porgo un cordiale saluto a tutti i membri del Circolo degli Amici della Fondazione disseminati in tutti i continenti. Quanti sono qui presenti, rappresentano le migliaia di benefattori che continuato a sostenere l’opera della Fondazione dal punto di vista finanziario e spirituale. Vi chiedo di trasmettere a tutti loro i miei saluti e i miei ringraziamenti.
Come leggiamo nella premessa degli Statuti: «consci della grandezza del dono che la persona e l’opera del Papa polacco rappresentano per la Chiesa, per la patria e per il mondo, la Fondazione cerca di conservare e sviluppare questa eredità spirituale che mira a trasmettere alle generazioni future». So che l’obiettivo viene realizzato soprattutto attraverso il «Centro di Documentazione e di Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II», che non solo raccoglie archivi, materiale bibliografico e articoli museali, ma promuove anche pubblicazioni, mostre, congressi e altri eventi scientifici e culturali per diffondere l’insegnamento e l’attività pastorale e umanitaria del beato pontefice. Confido nel fatto che, attraverso lo studio quotidiano delle fonti e la cooperazione con organismi di carattere simile sia a Roma sia altrove, questo Centro diverrà un sempre più importante punto di riferimento per quanti cercano di conoscere e di apprezzare la vasta e ricca eredità che egli ci ha lasciato.
Affiliata alla Fondazione, la Casa Giovanni Paolo II qui, a Roma, in collaborazione con il nobile Ospizio di san Stanislao, offre aiuto concreto e spirituale ai pellegrini che giungono sulle tombe degli Apostoli per rafforzare la loro fede e la loro unione con il Papa e la Chiesa universale.
Il beato pontefice ha cercato sempre di legare i fedeli non a se stesso, ma sempre più a Cristo, alla tradizione Apostolica e alla comunità cattolica unita al collegio episcopale presieduto dal Papa. Io stesso posso sperimentare l’efficacia di questi sforzi visto che ricevo l’amore e il sostegno spirituale di così tante persone di tutto il mondo che mi accolgono con affetto quale Successore di Pietro, chiamato dal Signore a confermarle nella fede. Sono grato del fatto che la Fondazione continui a coltivare questo spirito di amore che ci unisce in Cristo.
Un compito di grande valore umano e culturale, esplicitamente voluto da Giovanni Paolo II e intrapreso dalla Fondazione è quello di contribuire alla «formazione del clero e del laicato, in particolare di quanti provengono dai Paesi dell’Europa centrale e orientale». Ogni anno, studenti arrivano a Lublino, a Varsavia e a Cracovia da Paesi che, in passato, hanno subito l’oppressione ideologica del regime comunista, per proseguire gli studi in varie materie scientifiche, così da vivere nuove esperienze, conoscere differenti tradizioni spirituali e ampliare i loro orizzonti culturali. Poi ritornano ai loro Paesi, arricchendo i vari settori della vita sociale, economica, culturale, politica ed ecclesiale. Più di 900 laureati sono un dono prezioso per quelle nazioni. Tutto ciò è possibile grazie alle borse di studio e all’aiuto spirituale e professionale garantiti dalla generosità della Fondazione. Spero che quest’opera continui, si sviluppi e rechi frutti abbondanti.
Miei cari amici, si potrebbero elencare molti più successi e molte realizzazioni della vostra Fondazione. Tuttavia, vorrei sottolineare un aspetto di primaria importanza, che va al di là ed è al di sopra degli effetti immediati e visibili. Associata alla Fondazione, si è evoluta una unione spirituale di migliaia di persone in vari continenti che non solo la sostengono materialmente, ma costituiscono i Circoli degli Amici, comunità di formazione basate sull’insegnamento e sull’esempio del beato Giovanni Paolo II. Non si limitano a un ricordo sentimentale del passato, ma discernono le necessità del presente, guardano al futuro con sollecitudine e fiducia e si impegnano a permeare il mondo, in una maniera più profonda, dello spirito di solidarietà e di fraternità. Rendiamo grazie al Signore per il dono dello Spirito Santo che vi unisce, vi illumina e vi ispira.
Con cuore grato, attraverso l’intercessione del vostro patrono, il beato Giovanni Paolo II, affido il futuro della vostra Fondazione alla Divina Provvidenza e vi benedico con tutto il mio cuore.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 23 ottobre 2011

Il Papa: Ancora una volta l’Italia ha offerto alla Chiesa e al mondo luminosi testimoni del Vangelo; rendiamone lode a Dio e preghiamo perché in questa nazione la fede non cessi di rinnovarsi e di produrre buoni frutti


ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 23.10.2011

Al termine della Santa Messa per la proclamazione dei Santi: Guido Maria Conforti, Luigi Guanella e Bonifacia Rodríguez De Castro, prima di recitare la preghiera mariana dell’Angelus dal sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI saluta i pellegrini presenti in Piazza San Pietro e rivolge loro le parole che riportiamo di seguito:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Prima di concludere questa solenne celebrazione, desidero rivolgere a tutti voi un cordiale saluto.

Mi rivolgo anzitutto ai pellegrini venuti per rendere omaggio a San Guido Maria Conforti e a San Luigi Guanella, con un pensiero di speciale affetto e incoraggiamento per i membri degli Istituti da loro fondati: i Missionari Saveriani, le Figlie di Santa Maria della Provvidenza e i Servi della Carità. Saluto i Vescovi e le Autorità civili e ringrazio ciascuno per la sua presenza. Ancora una volta l’Italia ha offerto alla Chiesa e al mondo luminosi testimoni del Vangelo; rendiamone lode a Dio e preghiamo perché in questa nazione la fede non cessi di rinnovarsi e di produrre buoni frutti.

Saludo muy cordialmente a los peregrinos de lengua española que han venido a Roma para participar en la gozosa celebración de proclamación de nuevos Santos. Junto a los Señores Arzobispos y Obispos que los acompañan, a las Delegaciones oficiales y a los devotos y seguidores del espíritu de los hoy canonizados, saludo en particular a las Siervas de San José, que tienen el gran gozo de ver reconocida para la Iglesia universal la santidad de su Fundadora. Que el ejemplo y la intercesión de estas figuras preclaras para la Iglesia impulsen a todos a renovar su compromiso de vivir de todo corazón su fe en Cristo y de testimoniarlo en los diversos ámbitos de las sociedad. Muchas gracias.

Je salue cordialement les pèlerins francophones, particulièrement ceux venus pour la canonisation de l’évêque Guido Maria Conforti, Fondateur des Missionnaires Xavériens, qui sont présents dans plusieurs pays d’Afrique. Chers amis, que le témoignage des nouveaux Saints vous guide sur le chemin de l’Evangile ! Bon dimanche à tous !

Dear brothers and sisters, I am pleased to greet all the English-speaking visitors and pilgrims present, especially those here for today’s canonizations. In this Sunday’s Gospel passage, Jesus urges us to love God above all things and to love our neighbour as ourselves. Let us measure our actions every day by his call to love, and live it with courage and joy. May almighty God bless all of you!


Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich allen deutschsprachigen Pilgern und Besuchern. Jedesmal ist es ein freudiges Fest, wenn die Kirche Menschen, die auf Erden ein tugendhaftes christliches Leben geführt haben, als Heilige zur Ehre der Altäre erhebt. Heiligkeit bedeutet nicht Absonderung, sondern Vereinigung und ist Einladung an uns, der erlösenden Liebe Christi auch in unserem Leben Raum zu geben. Bitten wir die neuen Heiligen um ihre Fürsprache, daß wir für diese Gemeinschaft, die Gott schenkt, bereitwillig unsere Herzen öffnen. Einen gesegneten Sonntag wünsche ich euch allen.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do polskich pielgrzymów. Wczoraj wraz z Diecezją Rzymską i Kościołem w Polsce wspominaliśmy w liturgii błogosławionego Jana Pawła II, a dziś zechcieliście wziąć udział w kanonizacji trzech nowych świętych. Ich opiece zawierzam was i wasze rodziny. Niech Bóg wam błogosławi.

[Un cordiale saluto rivolgo ai pellegrini polacchi. Ieri, insieme alla Diocesi di Roma e alla Chiesa in Polonia abbiamo commemorato nella liturgia il Beato Giovanni Paolo II, e oggi voi avete voluto partecipare alla canonizzazione dei tre nuovi Santi. Alla loro protezione affido voi e le vostre famiglie. Dio vi benedica.]

Alla Vergine Maria, che guida i discepoli di Cristo sulla via della santità, ci rivolgiamo ora in preghiera. Alla sua intercessione affidiamo anche la Giornata di riflessione, dialogo e preghiera per la pace e la giustizia nel mondo: un pellegrinaggio ad Assisi, a 25 anni da quello convocato dal Beato Giovanni Paolo II.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana