domenica 30 settembre 2012

Il Papa: I membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto. Anche all’interno della Chiesa stessa, può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo



ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA









LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 30.09.2012 

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS 

Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica presenta uno di quegli episodi della vita di Cristo che, pur essendo colti, per così dire, en passant, contengono un profondo significato (cfr Mc 9,38-41). Si tratta del fatto che un tale, che non era dei seguaci di Gesù, aveva scacciato dei demoni nel suo nome. L’apostolo Giovanni, giovane e zelante come era, vorrebbe impedirglielo, ma Gesù non lo permette, anzi, prende spunto da quella occasione per insegnare ai suoi discepoli che Dio può operare cose buone e persino prodigiose anche al di fuori della loro cerchia, e che si può collaborare alla causa del Regno di Dio in diversi modi, anche offrendo un semplice bicchiere d’acqua ad un missionario (v. 41).
Sant’Agostino scrive a proposito : «Come nella Cattolica – cioè nella Chiesa – si può trovare ciò che non è cattolico, così fuori della Cattolica può esservi qualcosa di cattolico» (Agostino, Sul battesimo contro i donatisti: PL 43, VII, 39, 77).
Perciò, i membri della Chiesa non devono provare gelosia, ma rallegrarsi se qualcuno esterno alla comunità opera il bene nel nome di Cristo, purché lo faccia con intenzione retta e con rispetto. Anche all’interno della Chiesa stessa, può capitare, a volte, che si faccia fatica a valorizzare e ad apprezzare, in uno spirito di profonda comunione, le cose buone compiute dalle varie realtà ecclesiali. Invece dobbiamo essere tutti e sempre capaci di apprezzarci e stimarci a vicenda, lodando il Signore per l’infinita ‘fantasia’ con cui opera nella Chiesa e nel mondo.
Nella Liturgia odierna risuona anche l’invettiva dell’apostolo Giacomo contri i ricchi disonesti, che ripongono la loro sicurezza nelle ricchezze accumulate a forza di soprusi (cfr Gc 5,1-6). Al riguardo, Cesario di Arles così afferma in un suo discorso: «La ricchezza non può fare del male a un uomo buono, perché la dona con misericordia, così come non può aiutare un uomo cattivo, finché la conserva avidamente o la spreca nella dissipazione» (Sermoni 35, 4). Le parole dell’apostolo Giacomo, mentre mettono in guardia dalla vana bramosia dei beni materiali, costituiscono un forte richiamo ad usarli nella prospettiva della solidarietà e del bene comune, operando sempre con equità e moralità, a tutti i livelli.
Cari amici, per intercessione di Maria Santissima, preghiamo affinché sappiamo gioire per ogni gesto e iniziativa di bene, senza invidie e gelosie, e usare saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Seguo con affetto e preoccupazione le vicende della popolazione dell’Est della Repubblica Democratica del Congo, oggetto, in questi giorni, di attenzione anche da parte di una Riunione di alto livello, presso le Nazioni Unite. Sono particolarmente vicino ai profughi, alle donne e ai bambini, che a causa dei persistenti scontri armati subiscono sofferenze, violenze e profondi disagi. Invoco Dio, perché si trovino vie pacifiche di dialogo e di protezione di tanti innocenti e affinché torni al più presto la pace, fondata sulla giustizia, e sia ripristinata la convivenza fraterna in quella popolazione così provata, come pure nell’intera Regione.

Chers frères et sœurs, en cette période de rentrée universitaire, j’encourage les enseignants et les éducateurs dans leur haute mission au service de la jeunesse. Puissiez-vous donner aux étudiants le goût d’apprendre pour avoir un métier et prendre leur place dans la société. L’université peut être un lieu où se vit déjà la fraternité. Un lieu duquel Dieu ne peut pas être absent. J’invite les adultes à éduquer en toutes circonstances les plus jeunes à l’estime mutuelle, à l’attention à l’autre et à la recherche de Dieu. Que Jésus soit notre guide sur le chemin de l’amour du prochain et de la prière ! Bonne rentrée à tous !

I welcome the English-speaking pilgrims here at Castel Gandolfo and in Rome! Dear friends, in today’s Gospel Jesus calls us to be not only open-hearted, but also firm in our opposition to what is dishonest or evil. May God grant us to be both generous to others and steadfast in living a life of purity and integrity. Upon you and your loved ones, I invoke the strength and peace of Christ our Lord!

Mit Freude grüße ich die deutschsprachigen Pilger hier in Castel Gandolfo und alle, die über Rundfunk und Fernsehen mit uns verbunden sind. Gottes Geist schafft Leben und läßt Gutes wachsen. Er ist auch dort am Werk, wo wir es vielleicht nicht erwarten. In der Taufe und in der Firmung haben wir den Heiligen Geist empfangen, der uns fähig macht, das Gute zu tun und das Böse zu meiden. Lassen wir nicht zu, daß diese Gabe durch Sünde und Nachlässigkeit verschüttet wird. Wenn wir sein Licht in uns aufnehmen, können wir Werkzeug des Heiligen Geistes sein und mithelfen, daß Gottes Kraft und Liebe die Welt verwandeln. Der Heilige Geist leite uns auf allen unsern Wegen.

Con todo afecto saludo a los peregrinos de lengua española. En la primera lectura de la Misa de este domingo dice Moisés: «¡Ojalá todo el pueblo del Señor fuera profeta y recibiera el espíritu del Señor!». Este anhelo se cumple en la Iglesia, que en Pentecostés recibió el Espíritu Santo. Pidamos a la Virgen María que interceda por todos nosotros, bautizados en el Espíritu de Cristo, para que seamos cada vez más conscientes del don que hemos recibido y nos decidamos a quitar de nuestra vida todo lo que nos aparte del amor de Dios. Feliz domingo.

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Farnosti Kysucké Nové Mesto. Bratia a sestry, prajem vám, aby táto vaša púť priniesla bohaté duchovné ovocie, na príhovor Panny Márie, ktorú v budúcom mesiaci októbri budeme vzývať modlitbou posvätného ruženca. Zo srdca vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dalla Parrocchia Kysucké Nové Mesto. Fratelli e sorelle, auguro che questo vostro pellegrinaggio porti ricchi frutti spirituali, per intercessione della Vergine Maria, che nel prossimo mese di ottobre invocheremo con la preghiera del Santo Rosario. Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Dziś liturgia Kościoła przypomina, że wszyscy otrzymaliśmy dar Ducha Świętego, który uzdalnia do spełniania dobra i unikania zła, i jednoczy tych, którzy szczerym sercem pragną pełnić wolę Bożą. Niech Jego światło pomaga nam rozeznawać Boże zamysły, a Jego moc wspiera w ich realizacji. Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto cordialmente i polacchi. Oggi la liturgia della Chiesa ci ricorda che tutti abbiamo ricevuto il dono dello Spirito Santo, che ci rende capaci di compiere il bene ed evitare il male, e unisce coloro che con un cuore sincero vogliono eseguire la volontà di Dio. La sua luce ci aiuti nel conoscere i disegni divini, e la sua potenza ci sostenga nella loro realizzazione. Dio vi benedica!]

E rivolgo infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, incominciando dai membri del rinnovato Consiglio pastorale della parrocchia di Castel Gandolfo. Cari amici, come sapete, domani rientrerò in Vaticano; con affetto vi dico «arrivederci» e vi prego di portare il mio saluto all’intera comunità. 
Saluto il Gruppo Scout di Bisuschio e il Lions Club di Castellabate Cilento Antico. Vorrei rivolgere anche il mio augurio alla nuova missione «Gesù al centro», della Diocesi di Roma, che in questa settimana si svolgerà nel territorio di Ostia. Prego per questo momento forte di testimonianza e di annuncio. A tutti voi, cari amici, buona domenica, buona settimana! Arrivederci! Buona domenica!

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sabato 29 settembre 2012

Il Papa ai dipendenti delle Ville Pontificie: Tutto passa in questo mondo! Ogni cosa che inizia, anche la più positiva e più bella, porta poi con sé, inevitabilmente, la propria conclusione. Così è anche per il tempo sereno e tranquillo che ho trascorso qui con voi, nella bella cornice di Castel Gandolfo, dove, ancora una volta, ho potuto respirare un clima di famiglia e di viva cordialità


CONGEDO DAI DIPENDENTI DELLE VILLE PONTIFICIE, 28.09.2012

Alle ore 17.30 di questo pomeriggio, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato la comunità di lavoro del Palazzo e delle Ville Pontificie, al termine del Suo soggiorno estivo.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

tutto passa in questo mondo! Ogni cosa che inizia, anche la più positiva e più bella, porta poi con sé, inevitabilmente, la propria conclusione. Così è anche per il tempo sereno e tranquillo che ho trascorso qui con voi, nella bella cornice di Castel Gandolfo, dove, ancora una volta, ho potuto respirare un clima di famiglia e di viva cordialità. Questo nostro incontro, diventato ormai gradita consuetudine, mi dà l’opportunità di ringraziare tutti e ciascuno di voi per il generoso servizio che svolgete in questa Residenza Pontificia. Il mio speciale ed affettuoso saluto va anzitutto al Dottor Saverio Petrillo, Direttore Generale delle Ville Pontificie, con gratitudine per le cortesi parole che, anche a nome di tutti voi qui presenti, mi ha rivolto. Un caro saluto a tutti i dipendenti e alle loro famiglie. Il Signore, ricco di bontà, vi benedica e vi custodisca nel suo amore!
Il mese di settembre, che ormai sta alle nostre spalle, è sempre il tempo di un positivo rilancio, dopo le ferie estive: per i vostri bambini e ragazzi è ricominciata la scuola; per tutti voi è ripreso il lavoro più intenso ed assiduo. 
Anche nella Chiesa, per molte comunità cristiane sparse nel mondo, questo che Dio Padre ci dona è il tempo di un nuovo anno pastorale che inizia. Vediamo ormai vicini, poi, alcuni eventi molto significativi: penso alla mia imminente visita a Loreto, con la quale desidero ricordare il 50° anniversario del pellegrinaggio del Beato Giovanni XXIII, compiuto a quel Santuario mariano per affidare a Maria il Concilio Ecumenico Vaticano II; penso al Sinodo dei Vescovi, che rifletterà sulla nuova evangelizzazione nell’oggi della Chiesa e del mondo; e infine - nel 50° dell’inizio del Concilio - all’apertura dell’Anno della fede, da me indetto per aiutare ogni uomo a spalancare il proprio cuore e la propria vita a Gesù Signore e alla Parola di salvezza.
Affido perciò alla vostra preghiera, cari amici, questi importanti momenti ecclesiali che siamo chiamati a vivere. Il Signore ci assista, perché essi aiutino ciascuno di noi a crescere nella fede, a riscoprire Gesù come la perla preziosa e vero il tesoro della nostra vita. La Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra, che invocheremo fiduciosi nel prossimo mese di ottobre con la recita quotidiana del santo Rosario, vi protegga sempre e vi sostenga nel realizzare tutti i propositi di bene che portate nel cuore.
Vi accompagni anche la mia Benedizione, che con affetto imparto a ciascuno di voi, alle vostre famiglie e a tutte le persone care, in modo speciale ai malati e ai sofferenti.

[Benedizione]

Arrivederci!

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Il Papa: Sono lieto di accogliervi al termine del mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo. Esso mi ha consentito di vivere un periodo di studio, preghiera e riposo, durante il quale ho notato con ammirazione la sollecitudine e la premura di tutte le persone impegnate a garantire assistenza ed ospitalità a me, ai miei collaboratori, come anche agli ospiti e ai pellegrini qui giunti per incontrare il Successore di Pietro


UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL COMUNE DI CASTEL GANDOLFO, ALLE AUTORITÀ CIVILI E MILITARI, ALLE COMUNITÀ RELIGIOSE E AI DIPENDENTI CHE HANNO ASSICURATO IL SERVIZIO DURANTE IL PERIODO ESTIVO, 29.09.2012

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza le Delegazioni del Comune di Castel Gandolfo, le Autorità Civili e Militari, le Comunità Religiose e i Dipendenti delle Ville Pontificie che hanno assicurato il servizio durante il periodo estivo.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge ai presenti nel corso dell’incontro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE 

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliervi al termine del mio soggiorno estivo a Castel Gandolfo. Esso mi ha consentito di vivere un periodo di studio, preghiera e riposo, durante il quale ho notato con ammirazione la sollecitudine e la premura di tutte le persone impegnate a garantire assistenza ed ospitalità a me, ai miei collaboratori, come anche agli ospiti e ai pellegrini qui giunti per incontrare il Successore di Pietro. Esprimo la mia grande riconoscenza a tutti e a ciascuno per la dedizione profusa nell’arco di questi mesi. Nel periodo estivo Castel Gandolfo si conferma come una "seconda sede" del Vescovo di Roma, che gareggia con la "prima" nella capacità di accogliere i visitatori e pellegrini venuti a pregare per l’Angelus domenicale o per le Udienze Generali del mercoledì.
Saluto con affetto e con gratitudine in primo luogo il Vescovo di Albano, Mons. Marcello Semeraro. Saluto il Parroco di Castel Gandolfo e i suoi collaboratori, insieme alle comunità religiose e laicali, maschili e femminili, presenti nel territorio. Vi invito tutti a continuare a farmi sentire la vostra vicinanza spirituale anche dopo la mia partenza, così come è accaduto in questo periodo della mia permanenza. Di questo vi sono grato, mentre vi incoraggio a proseguire con fiducia e con gioia il vostro servizio a Cristo e al suo Vangelo.
Un cordiale saluto rivolgo alle autorità civili di Castel Gandolfo nella persona del Sindaco. Mentre vi ringrazio per la disponibilità e la sollecitudine dimostrate, assicuro il mio ricordo nella preghiera per tutta la vostra comunità, in particolare per le famiglie in difficoltà e per gli ammalati.
Mi è caro quindi porgere il mio saluto ai responsabili dei Servizi del Governatorato: il Corpo della Gendarmeria, la Floreria, i Servizi tecnici e sanitari; e gli altri corpi che hanno cooperato in maniera determinante all’ordinato svolgimento di tutti gli appuntamenti: la Guardia Svizzera Pontificia, i funzionari e gli agenti delle Forze dell’Ordine Italiane e gli ufficiali e gli avieri del 31° Stormo dell’Aeronautica Militare. Il Signore vi ricompensi tutti con abbondanti doni celesti, e custodisca voi e le vostre famiglie.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per la vostra presenza oggi a quest’incontro. Il modo migliore per ricordarsi è quello della preghiera: io non mancherò di pregare per voi e per le vostre intenzioni, e confido che voi facciate altrettanto. Alla Vergine Maria, che veneriamo nel mese di ottobre come Regina del santo Rosario, affido ciascuno di voi, i vostri parenti ed amici. Sia sempre lei, con il suo sguardo amorevole, ad accompagnare e sostenere i nostri passi sulla strada della giustizia e della verità. Con tali sentimenti imparto di cuore a ciascuno di voi qui presenti ed a tutti i vostri cari la Benedizione Apostolica.

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giovedì 27 settembre 2012

Il Papa: Voi, come medici specialisti, riconoscete che il punto di partenza di tutto il vostro lavoro è il singolo atleta che servite. Così come lo sport è qualcosa in più di una semplice competizione; ogni sportivo, uomo e donna, è più di un mero concorrente: possiede una capacità morale e spirituale che deve essere arricchita e approfondita dallo sport e dalla medicina sportiva


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL XXXII CONGRESSO MONDIALE PROMOSSO DALLA FEDERAZIONE INTERNAZIONALE DI MEDICINA DELLO SPORT, 27.09.2012

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al XXXII Congresso Mondiale di Medicina dello Sport.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE 



Distinti Ospiti,
Cari Amici,

Sono lieto di accogliere a Castel Gandolfo voi rappresentanti del trentaduesimo Congresso Mondiale di Medicina dello Sport mentre, per la prima volta nella vostra storia, tenete il convegno biennale a Roma. Desidero anche ringraziare il dottor Maurizio Casasco per le gentili parole espresse a nome vostro.
In questa occasione è parso opportuno proporvi alcune riflessioni sulla cura degli atleti e di quanti partecipano allo sport. Ho appreso che voi, qui presenti al Congresso, provenite da centodiciassette Paesi e cinque continenti, e la vostra diversità è un segno importante della presenza dell'atletica nelle culture, nelle regioni e nelle diverse circostanze. È anche un'importante indicazione della capacità che hanno lo sport e gli sforzi atletici di unire le persone e i popoli nella ricerca comune di una pacifica eccellenza competitiva. I recenti giochi olimpici e paralimpici a Londra lo hanno mostrato chiaramente. Il richiamo universale e l'importanza dell'atletica e della medicina dello sport sono giustamente riflessi anche dal tema del vostro Congresso di quest'anno, che tratta delle implicazioni a livello mondiale del vostro lavoro, e della sua potenziale possibilità d'ispirare molte persone diverse in tutto il globo.
Come il dottor Casasco ha giustamente sottolineato nel suo discorso, voi, come medici specialisti, riconoscete che il punto di partenza di tutto il vostro lavoro è il singolo atleta che servite. Così come lo sport è qualcosa in più di una semplice competizione; ogni sportivo, uomo e donna, è più di un mero concorrente: possiede una capacità morale e spirituale che deve essere arricchita e approfondita dallo sport e dalla medicina sportiva. Talvolta, però, il successo, la fama, le medaglie e la ricerca del denaro diventano la principale, o addirittura l'unica motivazione per quanti sono coinvolti. Di tanto in tanto è perfino accaduto che la vittoria a tutti i costi abbia preso il posto del vero spirito sportivo e abbia portato all'abuso e all'uso sbagliato dei mezzi di cui la medicina moderna dispone.
Voi, come esperti di medicina dello sport, siete consapevoli di tale tentazione e so che state dibattendo questa importante questione nel vostro Congresso. Lo fate perché certamente anche voi sapete che le persone delle quali vi prendete cura sono individui unici e dotati, a prescindere dalle capacità atletiche, e che sono chiamati alla perfezione morale e spirituale prima che a qualsiasi risultato fisico. Di fatto, nella sua prima Lettera ai Corinzi san Paolo osserva che l'eccellenza spirituale e atletica sono strettamente correlate, ed esorta i credenti ad allenarsi nella vita spirituale. «Però ogni atleta -- dice -- è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile» (9, 25). È per questo, cari amici, che vi esorto a continuare a tenere presente la dignità di coloro che assistete con il vostro lavoro medico professionale. In tal modo, sarete agenti non solo di guarigione fisica e di eccellenza atletica, ma anche di rigenerazione morale, spirituale e culturale.
Come il Signore stesso si è incarnato e si è fatto uomo, così ogni persona umana è chiamata a rispecchiare perfettamente l'immagine e somiglianza di Dio. Pertanto, prego per voi e per coloro che beneficiano del vostro lavoro, affinché il vostro impegno porti a un apprezzamento sempre più profondo della bellezza, del mistero e del potenziale di ogni persona umana, atletico o di altro genere, fisicamente abile o con disabilità. Possano la vostra professionalità, il vostro consiglio e la vostra amicizia recare beneficio a tutti coloro che siete chiamati a servire! Con queste riflessioni invoco su di voi e su quanti servite le abbondanti benedizioni di Dio. Grazie.

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(Traduzione Osservatore Romano)

Il Papa: Il titolo di quest’opera su Agostino la definisce "un mosaico in suoni"...Questo mosaico rappresenta la grandezza e la complessità dell’uomo e del teologo Agostino che si sottrae ad una classificazione e ad una sistematizzazione tendenti ad evidenziarne troppo solo singoli aspetti. Così questa composizione ci dice che, se veramente vogliamo conoscere Agostino, non dobbiamo mai perdere di vista, mentre ci occupiamo del particolare, l’insieme del suo pensiero, della sua opera e della sua persona


OPERA AUGUSTINUS- UN MOSAICO DI SUONI IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI OFFERTA DALLA DIOCESI DI WÜRZBURG, 26.09.2012

Alle ore 17.30, nel Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha avuto luogo l’Opera Augustinus - un mosaico di suoni offerta dalla diocesi di Würzburg in onore del Santo Padre Benedetto XVI. Autore del libretto il Prof. Winfried Böhm di Würzburg, musiche del compositore Wilfried Hiller di Monaco.
Riportiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Signori Cardinali,
Cari fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Caro Monsignor Hofmann, caro Monsignor Scheele,
Illustri musicisti,
Cari ospiti provenienti da Würzburg e dalla Franconia!
Gentili Signore e Signori!

L’esecuzione di un’opera su sant’Agostino qui a Castel Gandolfo è sicuramente un evento unico. Ringrazio di cuore tutti coloro che questa sera hanno reso possibile questo evento. Il mio ringraziamento particolare va a Lei, caro Mons. Hofmann, all’Augustinus-Institut e alla Diocesi di Würzburg, per il dono che mi avete fatto di questo concerto nell’ambito del Simposio Internazionale su Agostino che si svolge all’Augustinianum di Roma. Ringrazio soprattutto gli artisti – il Maestro di Cappella Prof. Martin Berger, i solisti, il Coro da Camera del Duomo di Würzburg e tutti i musicisti – per l’esecuzione magistrale. A tutti voi, di cuore un "Vergelt’s Gott" [Dio ve ne renda merito].
Il titolo di quest’opera su Agostino la definisce "un mosaico in suoni". In sette immagini musicali, a loro volta composte da diverse voci, canti e melodie, si è dipinto, in modo impressionante, un ritratto di Sant’Agostino in suoni. È un mosaico. Alcune pietre rifulgono, a seconda di come cade la luce e del punto di osservazione, ma solo nell’insieme si schiude l’immagine. Questo mosaico rappresenta la grandezza e la complessità dell’uomo e del teologo Agostino che si sottrae ad una classificazione e ad una sistematizzazione tendenti ad evidenziarne troppo solo singoli aspetti. Così questa composizione ci dice che, se veramente vogliamo conoscere Agostino, non dobbiamo mai perdere di vista, mentre ci occupiamo del particolare, l’insieme del suo pensiero, della sua opera e della sua persona.
L’attualità del grande Padre latino della Chiesa è ininterrotta. Anche questo ci ha dimostrato, ancora una volta, l’opera su Agostino [che abbiamo ascoltato]. Le sette immagini ci hanno fatto conoscere il Vescovo di Ippona nel linguaggio musicale contemporaneo. E’ da rilevare che lo hanno fatto senza far apparire lo stesso personaggio principale. Ma proprio per questa sua "assenza", Agostino si fa presente ed è "senza tempo". La lotta dell’uomo e la sua ricerca di quanto gli è più intimo, la ricerca della verità, la ricerca di Dio rimane valida tutti i tempi; essa non riguarda soltanto un retore e maestro di grammatica nelle lacerazioni e nei rivolgimenti della tarda antichità, ma ogni uomo in ogni tempo. E così, alla fine dell’opera, troviamo le famose parole introduttive dalle Confessiones che sono risuonate smorzandosi in diverse lingue: "Magnus es, Domine, et laudibils valde: magna virtus tua et sapientiae tuae non est numerus. … Quaerentes enim inveniunt eum et invenientes laudabunt eum". – "Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la tua virtù, e la tua sapienza incalcolabile. …Loderanno il Signore coloro che lo cercano, perché cercandolo lo trovano, e trovandolo lo loderanno" (I,1,1).
Il mio ringraziamento va ancora una volta ai promotori di questa serata dedicata alla figura di Sant’Agostino, ai musicisti e a quanti hanno contribuito alla realizzazione di questo concerto. Grazie per la vostra generosa offerta e il prezioso dono. Saluto anche tutti i partecipanti al Simposio Internazionale su Sant’Agostino che in questi giorni si svolge nella sede dell’Istituto Patristico Augustinianum a Roma. Il vostro convegno sul rapporto tra le culture nel De civitate Dei contribuisca in modo fecondo ad approfondire il pensiero del santo Vescovo di Ippona e a riconoscere la sua attualità per le questioni e le sfide che si presentano a noi oggi. A tutti imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

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mercoledì 26 settembre 2012

CICLO DI CATECHESI SULLA "SCUOLA DI PREGHIERA"

CICLO DI CATECHESI SULLA PREGHIERA DI GESU'

CICLO DI CATECHESI DEDICATO ALLA PREGHIERA NELL'ANTICO TESTAMENTO


CICLO DI CATECHESI SULLA PREGHIERA NEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI, NELLE LETTERE DI SAN PAOLO E NEL LIBRO DELL'APOCALISSE

ANNO DELLA FEDE (11 OTTOBRE 2012 - 24 NOVEMBRE 2013): LO SPECIALE DEL BLOG 

La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare (udienza generale, 26 settembre 2012)

La natura ecclesiale della preghiera liturgica (udienza generale, 3 ottobre 2012)

Il Papa: Iniziando con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera




Vedi anche:












L’UDIENZA GENERALE,  26.09.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI - proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo - ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sulla Liturgia.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.
Al termine, il Santo Padre è rientrato a Castel Gandolfo.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA 

La Liturgia, scuola di preghiera: il Signore stesso ci insegna a pregare 
 

Cari fratelli e sorelle

in questi mesi abbiamo compiuto un cammino alla luce della Parola di Dio, per imparare a pregare in modo sempre più autentico guardando ad alcune grandi figure dell’Antico Testamento, ai Salmi, alle Lettere di san Paolo e all’Apocalisse, ma soprattutto guardando all’esperienza unica e fondamentale di Gesù, nel suo rapporto con il Padre celeste. 
In realtà, solo in Cristo l’uomo è reso capace di unirsi a Dio con la profondità e la intimità di un figlio nei confronti di un padre che lo ama, solo in Lui noi possiamo rivolgerci in tutta verità a Dio chiamandolo con affetto “Abbà! Padre!”. Come gli Apostoli, anche noi abbiamo ripetuto in queste settimane e ripetiamo a Gesù oggi: «Signore, insegnaci a pregare» (Lc 11,1).
Inoltre, per apprendere a vivere ancora più intensamente la relazione personale con Dio abbiamo imparato a invocare lo Spirito Santo, primo dono del Risorto ai credenti, perché è Lui che «viene in aiuto alla nostra debolezza: da noi non sappiamo come pregare in modo conveniente» (Rm 8,26), dice san Paolo, e noi sappiamo come abbia ragione.
A questo punto, dopo una lunga serie di catechesi sulla preghiera nella Scrittura, possiamo domandarci: come posso io lasciarmi formare dallo Spirito Santo e così divenire capace di entrare nell'atmosfera di Dio, di pregare con Dio? Qual è questa scuola nella quale Egli mi insegna a pregare, viene in aiuto alla mia fatica di rivolgermi in modo giusto a Dio? 
La prima scuola per la preghiera - lo abbiamo visto in queste settimane - è la Parola di Dio, la Sacra Scrittura. La Sacra Scrittura è un permanente dialogo tra Dio e l'uomo, un dialogo progressivo nel quale Dio si mostra sempre più vicino, nel quale possiamo conoscere sempre meglio il suo volto, la sua voce, il suo essere; e l'uomo impara ad accettare di conoscere Dio, a parlare con Dio. Quindi, in queste settimane, leggendo la Sacra Scrittura, abbiamo cercato, dalla Scrittura, da questo dialogo permanente, di imparare come possiamo entrare in contatto con Dio.
C’è ancora un altro prezioso «spazio», un’altra preziosa «fonte» per crescere nella preghiera, una sorgente di acqua viva in strettissima relazione con la precedente. Mi riferisco alla liturgia, che è un ambito privilegiato nel quale Dio parla a ciascuno di noi, qui ed ora, e attende la nostra risposta.
Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). Se la teologia cristiana prese questo vocabolo del mondo greco, lo fece ovviamente pensando al nuovo Popolo di Dio nato da Cristo che ha aperto le sue braccia sulla Croce per unire gli uomini nella pace dell’unico Dio. «Servizio in favore del popolo», un popolo che non esiste da sé, ma che si è formato grazie al Mistero Pasquale di Gesù Cristo. Di fatto, il Popolo di Dio non esiste per legami di sangue, di territorio, di nazione, ma nasce sempre dall’opera del Figlio di Dio e dalla comunione con il Padre che Egli ci ottiene.
Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio.
Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio
Che il documento sulla liturgia fosse il primo risultato dell’assemblea conciliare forse fu ritenuto da alcuni un caso. Tra tanti progetti, il testo sulla sacra liturgia sembrò essere quello meno controverso, e, proprio per questo, capace di costituire come una specie di esercizio per apprendere la metodologia del lavoro conciliare. 
Ma senza alcun dubbio, ciò che a prima vista può sembrare un caso, si è dimostrata la scelta più giusta, anche a partire dalla gerarchia dei temi e dei compiti più importanti della Chiesa. Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.
Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis, 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.
Facciamo un altro passo in avanti e chiediamoci: in che modo si rende possibile questa attualizzazione del Mistero Pasquale di Cristo? Il beato Papa Giovanni Paolo II, a 25 anni dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, scrisse: «Per attualizzare il suo Mistero Pasquale, Cristo è sempre presente nella sua Chiesa, soprattutto nelle azioni liturgiche. La liturgia è, di conseguenza, il luogo privilegiato dell’incontro dei cristiani con Dio e con colui che Egli inviò, Gesù Cristo (cfr Gv 17,3)» (Vicesimus quintus annus, n. 7).
Sulla stessa linea, leggiamo nel Catechismo della Chiesa Cattolica così: «Ogni celebrazione sacramentale è un incontro dei figli di Dio con il loro Padre, in Cristo e nello Spirito Santo, e tale incontro si esprime come un dialogo, attraverso azioni e parole» (n. 1153). 
Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua «Regola», parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, « la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente. 
Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all'interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. Come ricorda la Sacrosanctum Concilium, per assicurare la piena efficacia della celebrazione «è necessario che i fedeli si accostino alla sacra liturgia con retta disposizione di animo, pongano la propria anima in consonanza con la propria voce e collaborino con la divina grazia per non riceverla invano» (n. 11). Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio.
In questa linea, vorrei solo accennare ad uno dei momenti che, durante la stessa liturgia, ci chiama e ci aiuta a trovare tale concordanza, questo conformarci a ciò che ascoltiamo, diciamo e facciamo nella celebrazione della liturgia. Mi riferisco all’invito che formula il Celebrante prima della Preghiera Eucaristica: «Sursum corda», innalziamo i nostri cuori al di fuori del groviglio delle nostre preoccupazioni, dei nostri desideri, delle nostre angustie, della nostra distrazione. 
Il nostro cuore, l’intimo di noi stessi, deve aprirsi docilmente alla Parola di Dio e raccogliersi nella preghiera della Chiesa, per ricevere il suo orientamento verso Dio dalle parole stesse che ascolta e dice. Lo sguardo del cuore deve dirigersi al Signore, che sta in mezzo a noi: è una disposizione fondamentale.
Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio. Come ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica: «La missione di Cristo e dello Spirito Santo che, nella Liturgia sacramentale della Chiesa, annunzia, attualizza e comunica il Mistero della salvezza, prosegue nel cuore che prega. I Padri della vita spirituale talvolta paragonano il cuore a un altare» (n. 2655): altare Dei est cor nostrum.
Cari amici, celebriamo e viviamo bene la liturgia solo se rimaniamo in atteggiamento orante, non se vogliamo “fare qualcosa”, farci vedere o agire, ma se orientiamo il nostro cuore a Dio e stiamo in atteggiamento di preghiera unendoci al Mistero di Cristo e al suo colloquio di Figlio con il Padre. Dio stesso ci insegna a pregare, afferma san Paolo (cfr Rm 8,26). Egli stesso ci ha dato le parole adeguate per dirigerci a Lui, parole che incontriamo nel Salterio, nelle grandi orazioni della sacra liturgia e nella stessa Celebrazione eucaristica. Preghiamo il Signore di essere ogni giorno più consapevoli del fatto che la Liturgia è azione di Dio e dell’uomo; preghiera che sgorga dallo Spirito Santo e da noi, interamente rivolta al Padre, in unione con il Figlio di Dio fatto uomo (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2564). Grazie.

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domenica 23 settembre 2012

Il Papa: Un punto-chiave in cui Dio e l’uomo si differenziano è l’orgoglio: in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è tutta la pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione. Noi, che siamo piccoli, aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo.


ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:














LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 23.09.2012

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Nel nostro cammino con il Vangelo di san Marco, domenica scorsa siamo entrati nella seconda parte, cioè l’ultimo viaggio verso Gerusalemme e verso il culmine della missione di Gesù. Dopo che Pietro, a nome dei discepoli, ha professato la fede in Lui riconoscendolo come il Messia (cfr Mc 8,29), Gesù incomincia a parlare apertamente di ciò che gli accadrà alla fine. 
L’Evangelista riporta tre successive predizioni della morte e risurrezione, ai capitoli 8, 9 e 10: in esse Gesù annuncia in modo sempre più chiaro il destino che l’attende e la sua intrinseca necessità. Il brano di questa domenica contiene il secondo di questi annunci. Gesù dice: «Il Figlio dell’uomo – espressione con cui designa se stesso – viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà» (Mc 9,31). I discepoli «però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo» (v. 32).
In effetti, leggendo questa parte del racconto di Marco, appare evidente che tra Gesù e i discepoli c’era una profonda distanza interiore; si trovano, per così dire, su due diverse lunghezze d’onda, così che i discorsi del Maestro non vengono compresi, o lo sono soltanto superficialmente. L’apostolo Pietro, subito dopo aver manifestato la sua fede in Gesù, si permette di rimproverarlo perché ha predetto che dovrà essere rifiutato e ucciso. 
Dopo il secondo annuncio della passione, i discepoli si mettono a discutere su chi tra loro sia il più grande (cfr Mc 9,34); e, dopo il terzo, Giacomo e Giovanni chiedono a Gesù di poter sedere alla sua destra e alla sua sinistra, quando sarà nella gloria (cfr Mc 10,35-40). Ma ci sono diversi altri segni di questa distanza: ad esempio, i discepoli non riescono a guarire un ragazzo epilettico, che poi Gesù guarisce con la forza della preghiera (cfr Mc 9,14-29); o quando vengono presentati a Gesù dei bambini, i discepoli li rimproverano, e Gesù invece, indignato, li fa rimanere, e afferma che solo chi è come loro può entrare nel Regno di Dio (cfr Mc 10,13-16).
Che cosa ci dice tutto questo? Ci ricorda che la logica di Dio è sempre «altra» rispetto alla nostra, come rivelò Dio stesso per bocca del profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, / le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8).
Per questo, seguire il Signore richiede sempre all’uomo una profonda con-versione - da noi tutti -, un cambiamento nel modo di pensare e di vivere, richiede di aprire il cuore all’ascolto per lasciarsi illuminare e trasformare interiormente. 
Un punto-chiave in cui Dio e l’uomo si differenziano è l’orgoglio: in Dio non c’è orgoglio, perché Egli è tutta la pienezza ed è tutto proteso ad amare e donare vita; in noi uomini, invece, l’orgoglio è intimamente radicato e richiede costante vigilanza e purificazione. Noi, che siamo piccoli, aspiriamo ad apparire grandi, ad essere i primi, mentre Dio, che è realmente grande, non teme di abbassarsi e di farsi ultimo. 
E la Vergine Maria è perfettamente «sintonizzata» con Dio: invochiamola con fiducia, affinché ci insegni a seguire fedelmente Gesù sulla via dell’amore e dell’umiltà.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, nella città francese di Troyes, è stato proclamato Beato il sacerdote Louis Brisson, vissuto nel secolo XIX, fondatore delle Oblate e degli Oblati di San Francesco di Sales. Mi unisco con gioia al rendimento di grazie della comunità diocesana di Troyes e di tutti i figli e le figlie spirituali del nuovo Beato.

Chers pèlerins francophones, je vous remercie de tout cœur pour votre prière qui a accompagné la belle réussite du Voyage apostolique au Liban, et par extension à l’ensemble du Moyen Orient. Continuez à prier pour les chrétiens moyen-orientaux, pour la paix et pour le dialogue serein entre les religions. Hier, je me suis uni spirituellement à la joie des fidèles du diocèse de Troyes rassemblés pour la béatification du Père Louis Brisson, fondateur des Sœurs Oblates et des Oblats de saint François de Sales. Puisse l’exemple du nouveau Bienheureux éclairer votre vie ! Il disait : « J’ai besoin de Dieu, c’est une faim qui me dévore ». Comme lui, apprenez à avoir faim de Dieu et à recourir sans cesse à lui avec confiance. Bon dimanche à vous tous!

I greet all the English-speaking visitors present at today’s Angelus prayer. In the Gospel today, our Lord reveals to his disciples that he will be delivered unto death and rise again for our salvation. As we reflect on the call to be «last of all and servants of all», may Christ’s supreme act of love on Calvary always be our true measure of greatness. God bless you and your loved ones!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern deutscher Sprache. Im heutigen Evangelium hören wir, wie Jesus die Jünger über etwas belehrt. Er kündigt ihnen unerwartet und unverständlich sein Leiden und seinen Sühnetod an und spricht aber auch von seiner Auferstehung. Die Jünger begreifen den Sinn dieser Worte nicht, sagt der Evangelist (vgl. Mk 9,31f.), und auch uns geht es so. Wir müssen immer wieder das Geheimnis Christi, das Geheimnis des Kreuzes zu verstehen versuchen. Wer dem Herrn sein Herz öffnet und sich vom Erlösungswerk Christi beschenken läßt, für den sind Leid, Krankheit und Tod nicht mehr das Ende. Er weiß sich mit Christus verbunden, und wer dem Herrn gehört, hat Anteil an der Auferstehung und am ewigen Leben irgendwie schon in dieser Welt. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. El Evangelio de hoy nos habla de una actitud central del cristiano, que debe aprender constantemente de Cristo: no ambicionar el poder y la importancia humana, sino ponerse al servicio de los demás. El poder de Dios se manifiesta precisamente en la humildad, en dejarle a Él como único Omnipotente. Que la humilde Virgen María, que mañana celebramos con el título La Merced, se apiade de nosotros y nos ayude en el camino hacia Cristo, verdadero portador de la paz y la alegría en el corazón de los hombres. Feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dziś w Ewangelii Jezus poświęca szczególną uwagę dziecku. Mówi: „Kto przyjmuje jedno z tych dzieci w imię moje, Mnie przyjmuje". Prośmy Boga, aby te słowa inspirowały wszystkich, którzy są odpowiedzialni za dar życia, za godne warunki egzystencji i edukacji, za bezpieczeństwo i szczęśliwe wzrastanie dzieci. Oby każdy młody człowiek mógł cieszyć się miłością i rodzinnym ciepłem! Niech Bóg wam błogosławi!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Nel Vangelo di oggi Gesù presta una speciale attenzione ai bambini. Dice: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me». Chiediamo a Dio che queste parole ispirino tutti coloro che sono responsabili del dono della vita, delle degne condizioni di esistenza e di educazione, della sicura e serena crescita dei bambini. Ogni bambino possa godere dell’amore e del calore familiare! Dio vi benedica!]

Sono lieto di accogliere, da vari Paesi, le Suore del Collegio Missionario «Mater Ecclesiae» di Castel Gandolfo, alle quali auguro un sereno e fruttuoso anno di formazione e di vita comunitaria.

Rivolgo infine il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai soci della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti. Cari amici, esprimo apprezzamento per il vostro impegno in favore della salvaguardia del creato e vi ringrazio per i doni. Saluto i fedeli della parrocchia di Sant’Agostino in Bisceglie, nel centenario della sua istituzione; e la sezione di Perugia dell’Associazione Maestri Cattolici.

A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Grazie!

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sabato 22 settembre 2012

Il Papa all'Internazionale Democratico-Cristiana: Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità


Vedi anche:










UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DALL’INTERNAZIONALE DEMOCRATICO-CRISTIANA, 22.09.2012

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Incontro promosso dall’Internazionale Democratico-Cristiana.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

DISCORSO DEL SANTO PADRE 

Signor Presidente,
onorevoli Parlamentari,
distinti Signore e Signori!

Sono lieto di ricevervi durante i lavori del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Democratico-Cristiana, e desidero, anzitutto, rivolgere un cordiale saluto alle numerose Delegazioni, provenienti da tante nazioni del mondo. Saluto in particolare il Presidente, On. Pier Ferdinando Casini, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome. È trascorso un lustro dal nostro precedente incontro ed in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e delle condizioni di vita. Questo impegno non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’aggravarsi delle problematiche che abbiamo dinanzi.
Un rilievo crescente assume l’attuale situazione economica, la cui complessità e gravità giustamente preoccupa, ma dinanzi alla quale il cristiano è chiamato ad agire e ad esprimersi con spirito profetico, capace cioè di cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia, assumendo così con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità. «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, diventando così occasione di discernimento e di nuova progettualità» (Enc. Caritas in veritate, 21).
E’ in questa chiave, fiduciosa e non rassegnata, che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico, la cui assenza in campo economico ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale (Discorso alla Westminster Hall, Londra, 17 settembre 2010). Il contributo politico ed istituzionale di cui voi siete portatori non potrà quindi limitarsi a rispondere alle urgenze di una logica di mercato, ma dovrà continuare ad assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune, rettamente inteso, come pure la promozione e la tutela della inalienabile dignità della persona umana. Oggi risuona quanto mai attuale l’insegnamento conciliare secondo cui «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Gaudium et spes, 26). Un ordine, questo della persona, che «ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia» ed «è vivificato dall’amore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912) ed il cui discernimento non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa, particolarmente da parte di coloro che, come voi, ispirano la propria attività ai principi ed ai valori cristiani.
Sono purtroppo molte e rumorose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona. Ciò fa considerare tristemente attuale il monito dell’Apostolo, quando mette in guardia il discepolo Timoteo dal giorno «in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole» (2 Tm 4,3).
Gli ambiti nei quali si esercita questo decisivo discernimento sono proprio quelli concernenti gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso della vita e la ricerca della felicità. Tali ambiti peraltro non sono separati, ma profondamente collegati, sussistendo tra di essi un evidente continuum costituito dal rispetto della dignità trascendente della persona umana (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), radicata nel suo essere immagine del Creatore e fine ultimo di ogni giustizia sociale autenticamente umana. 
Il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale - con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica - è un impegno che si intreccia infatti con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. 
E’ nella famiglia, «fondata sul matrimonio e aperta alla vita» (Discorso alle Autorità, Milano, 2 giugno 2012), che la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso – dal bambino al malato, all’anziano – la solidarietà che gli occorre. Ed è ancora la famiglia a costituire il principale e più incisivo luogo educativo della persona, attraverso i genitori che si mettono al servizio dei figli per aiutarli a trarre fuori («e-ducere») il meglio di sé. La famiglia, cellula originaria della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale. Correttamente quindi il Beato Giovanni Paolo II aveva incluso tra i diritti umani il «diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalità» (Enc. Centesimus annus, 44).
Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità.
Onorevoli Signore e Signori, se è vero che della difesa e della promozione della dignità della persona umana «sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), è altrettanto vero che tale responsabilità concerne in modo particolare quanti sono chiamati a ricoprire un ruolo di rappresentanza. Essi, specialmente se animati dalla fede, devono essere «capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et Spes, 31). Utilmente risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui «il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6,5); monito dato però non per spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti, ad ogni livello, a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno.
Auguro quindi ad ognuno di voi di proseguire con entusiasmo e decisione nell’impegno personale e pubblico, e assicuro il ricordo nella preghiera affinché Dio benedica voi e i vostri familiari.

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venerdì 21 settembre 2012

Il Papa ai vescovi francesi: Le sfide di una società largamente secolarizza invitano ora a ricercare con coraggio e ottimismo, una risposta proponendo con audacia e inventiva la novità permanente del Vangelo. È in questa prospettiva, per spronare i fedeli del mondo intero, che ho proposto l'Anno della Fede, segnando in tal modo il cinquantesimo anniversario dell'apertura dei lavori del Concilio Vaticano II

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA (1° GRUPPO), 21.09.2012

Alle ore 12.15 di oggi, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale di Francia (1° gruppo: province ecclesiastiche di Rouen, Rennes, Poitiers, Tours e Bordeaux), che sta ricevendo in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai Vescovi presenti, dopo l’indirizzo di omaggio del Card. Jean-Pierre Ricard, Arcivescovo di Bordeaux:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Signor Cardinale, 
Cari Fratelli nell'Episcopato,

Grazie, Eminenza, per le sue parole. È la prima volta che ci ritroviamo insieme dalla mia visita apostolica del 2008 nel vostro bel Paese, caro al mio cuore. 
Avevo allora tenuto a sottolineare le radici cristiane della Francia che, fin dalle origini, ha accolto il messaggio del Vangelo. Questa antica eredità costituisce un basamento solido sul quale potete fondare i vostri sforzi per continuare instancabilmente ad annunciare la Parola di Dio, nello spirito che anima la nuova evangelizzazione, tema della prossima Assemblea sinodale. La Francia possiede una lunga tradizione spirituale e missionaria, al punto da poter essere definita dal beato Giovanni Paolo II «educatrice dei popoli» (Omelia, Le Bourget, 30 giugno 1980). 
Le sfide di una società largamente secolarizza invitano ora a ricercare con coraggio e ottimismo, una risposta proponendo con audacia e inventiva la novità permanente del Vangelo. È in questa prospettiva, per spronare i fedeli del mondo intero, che ho proposto l'Anno della Fede, segnando in tal modo il cinquantesimo anniversario dell'apertura dei lavori del Concilio Vaticano II: «L'Anno della fede è un invito ad un'autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo» (Porta fidei, n. 6). 
La figura del Buon Pastore che conosce le sue pecore, parte alla ricerca di quella che si è persa, e le ama fino a dare la propria vita per loro, è una delle più suggestive del Vangelo (cfr. Gv 10). Si applica in primo luogo ai Vescovi nella loro sollecitudine per tutti i fedeli cristiani, ma anche ai sacerdoti, loro cooperatori. Il sovraccarico di lavoro che grava sui vostri sacerdoti crea un obbligo maggiore di vegliare sul «loro benessere materiale e soprattutto spirituale» (Presbyterorum ordinis, n. 7), poiché voi avete ricevuto la responsabilità della santità dei vostri sacerdoti, sapendo bene che, come vi ho detto a Lourdes «la loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica» e, di conseguenza, garante della fecondità di tutto il loro ministero. Il vescovo diocesano è dunque chiamato a manifestare una sollecitudine particolare verso i suoi sacerdoti (cfr. cic, can. 384), e più in particolare verso quanti hanno ricevuto l'ordinazione di recente e quanti sono nel bisogno o anziani. Non posso non incoraggiare i vostri sforzi per accoglierli senza mai stancarvi, per agire verso di loro con un cuore di padre e di madre e considerarli «come figli e amici» (Lumen gentium, n. 28). Vi starà a cuore mettere a loro disposizione i mezzi di cui hanno bisogno per alimentare la loro vita spirituale e intellettuale e per trovare anche il sostegno della vita fraterna. Apprezzo le iniziative che avete preso in tal senso e che si presentano come un prolungamento dell'Anno sacerdotale, posto sotto il patrocinio del santo Curato d'Ars. È stata un'eccellente occasione per contribuire a sviluppare questo aspetto spirituale della vita del sacerdote. Proseguire in tale direzione non può che recare grande beneficio alla santità dell'intero Popolo di Dio. Ai nostri giorni, indubbiamente, gli operai del Vangelo sono pochi. È dunque urgente chiedere al Padre d'inviare operai per la sua messe (cfr. Lc 10, 2). Occorre pregare e far pregare a tal fine e v'incoraggio a seguire con maggiore attenzione la formazione dei seminaristi.
Voi volete che i gruppi parrocchiali che vi trovate a organizzare consentano una migliore qualità delle celebrazioni e una ricca esperienza comunitaria, facendo al contempo appello a una nuova valorizzazione della domenica. L'avete evidenziato nella vostra nota sui «laici in missione ecclesiale in Francia». Io stesso ho avuto l'opportunità di sottolineare in diverse occasioni questo punto essenziale per ogni battezzato. Tuttavia, la soluzione dei problemi pastorali diocesani che si presentano non dovrebbe limitarsi a questioni organizzative, per quanto importanti esse siano. Si rischia di porre l'accento sulla ricerca dell'efficacia con una sorta di «burocratizzazione della pastorale», concentrandosi sulle strutture, sull'organizzazione e sui programmi, che possono diventare «autoreferenziali», a uso esclusivo dei membri di quelle strutture. Queste ultime avrebbero allora scarso impatto sulla vita dei cristiani allontanatisi dalla pratica regolare. L'evangelizzazione richiede, invece, di partire dall'incontro con il Signore, in un dialogo stabilito nella preghiera, poi di concentrarsi sulla testimonianza da dare al fine di aiutare i nostro contemporanei a riconoscere e a riscoprire i segni della presenza di Dio. So anche che un po' ovunque nel vostro Paese vengono proposti ai fedeli tempi di adorazione. Me ne rallegro profondamente e v'incoraggio a fare di Cristo presente nell'Eucaristia la fonte e il culmine della vita cristiana (cfr. Lumen gentium, n. 11). È dunque necessario che nella riorganizzazione pastorale sia sempre confermata la funzione del sacerdote che «in quanto strettamente vincolata all'ordine episcopale, partecipa della autorità con la quale Cristo stesso fa crescere, santifica e governa il proprio corpo» (Presbyterorum ordinis, n. 2).
Rendo omaggio alla generosità dei laici chiamati a partecipare a uffici e a incarichi nella Chiesa (cfr. cic, can. 228 § 1), dando così prova di una disponibilità per la quale quest'ultima è profondamente riconoscente. È però opportuno, d'altra parte, ricordare che il compito specifico dei fedeli laici è l'animazione cristiana delle realtà temporali all'interno delle quali agiscono di propria iniziativa e in modo autonomo, alla luce della fede e dell'insegnamento della Chiesa (cfr. Gaudium et spes, n. 43). È dunque necessario vegliare sul rispetto della differenza esistente tra il sacerdozio comune di tutti i fedeli e il sacerdozio ministeriale di quanti sono stati ordinati al servizio della comunità, differenza non solo di grado ma anche di natura (cfr. Lumen gentium, n. 10). D'altro canto occorre restare fedeli al deposito integrale della fede così come è insegnata dal Magistero autentico e professata da tutta la Chiesa. In effetti, «la stessa professione della fede è un atto personale ed insieme comunitario. È la Chiesa, infatti, il primo soggetto della fede» (Porta fidei, n. 10). Tale professione di fede trova nella liturgia la sua espressione più alta. È importante che questa collaborazione si situi sempre nel quadro della comunione ecclesiale attorno al Vescovo, che ne è il garante, comunione per la quale la Chiesa si manifesta come una, santa, cattolica e apostolica.
Quest'anno celebrate il sesto centenario della nascita di Giovanna d'Arco. A tale proposito ho sottolineato che «uno degli aspetti più originali della santità di questa giovane è proprio questo legame tra esperienza mistica e missione politica. Dopo gli anni di vita nascosta e di maturazione interiore segue il biennio breve, ma intenso, della sua vita pubblica: un anno di azione e un anno di passione» (Udienza generale, 26 gennaio 2011). Avete in lei un modello di santità laica al servizio del bene comune.
Vorrei inoltre sottolineare l'interdipendenza esistente tra «il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società» (Gaudium et spes, n. 25), dal momento che la famiglia «è il fondamento della società» (Ibidem, n. 52). Quest'ultima è minacciata in molti luoghi, come conseguenza di una concezione della natura umana che si dimostra manchevole. Difendere la vita e la famiglia nella società non è assolutamente un atto retrogrado, ma piuttosto profetico, poiché significa promuovere valori che permettono il pieno sviluppo della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1, 26). Abbiamo qui di fronte una vera sfida da raccogliere. In effetti, «grande è il bene che la Chiesa e l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a fondo in questo specifico ambito pastorale. Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono essere promosse e difese da ogni possibile equivoco sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad esse è di fatto una ferita che si arreca alla convivenza umana come tale» (Sacramentum caritatis, n. 29).
D'altro canto, al Vescovo diocesano spetta il dovere di «difendere l'unità della Chiesa universale» (cic, can. 392 § 1), nella porzione del Popolo di Dio che gli è stata affidata, anche se al suo interno si esprimono legittimamente sensibilità diverse che meritano di essere oggetto di un'eguale sollecitudine pastorale. Le attese particolari delle nuove generazioni esigono che venga proposta loro una catechesi adeguata, affinché trovino il proprio posto nella comunità dei credenti. Mi ha fatto piacere di aver incontrato un numero considerevole di giovani francesi nella Giornata mondiale della gioventù a Madrid, con molti loro pastori, segno di un nuovo dinamismo della fede, che apre la porta alla speranza. Vi incoraggio a continuare nel vostro impegno tanto promettente, nonostante le difficoltà.
Per finire, vorrei ancora una volta rivolgere il mio incoraggiamento per l'iniziativa Diaconia 2013, mediante la quale volete esortare le vostre comunità diocesane e locali, e anche ogni fedele, a rimettere al centro del dinamismo ecclesiale il servizio al fratello, in particolare a quello più fragile. Che il servizio al fratello, radicato nell'amore di Dio, susciti in tutti voi diocesani la preoccupazione di contribuire, ognuno secondo le proprie possibilità, a fare dell'umanità, in Cristo, un'unica famiglia, fraterna e solidale!
Cari Fratelli nell'Episcopato, conosco il vostro amore e il vostro servizio alla Chiesa, e rendo grazie a Dio per gli sforzi che realizzate ogni giorno per annunciare e rendere efficace nelle vostre comunità la Parola di vita del Vangelo. Che, per intercessione della Beata Vergine Maria, patrona del vostro caro Paese, e quella delle sante co-patrone Giovanna d'Arco e Teresa di Lisieux, Dio vi benedica e benedica la Francia!

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(Traduzione Osservatore Romano)