giovedì 17 dicembre 2009

Il Papa agli ambasciatori: La nostra umanità desidera la pace e, se possibile, la pace universale. Occorre tendervi senza utopia e senza manipolazioni


DISCORSO DEL SANTO PADRE AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI, 17.12.2009

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre Benedetto XVI rivolge questa mattina agli Ecc.mi nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede, al termine dello scambio delle Lettere Credenziali con ciascun Ambasciatore:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Di seguito pubblichiamo una nostra traduzione italiana del discorso pronunciato dal Papa durante l'udienza a otto nuovi Ambasciatori, che nella mattina di giovedì 17 dicembre hanno presentato le lettere credenziali.

Signori Ambasciatori,

Sono lieto di ricevervi questa mattina nel Palazzo Apostolico. Siete venuti qui per presentarmi le Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi: la Danimarca, l'Uganda, il Sudan, il Kenya, il Kazakhstan, il Bangladesh, la Finlandia e la Lettonia.

Siate i benvenuti e vogliate gentilmente presentare i miei cordiali saluti ai vostri capi di Stato ringraziandoli per le parole cortesi che avete avuto la gentilezza di trasmettermi da parte loro. Formulo voti deferenti per l'Alta Missione al servizio del loro Paese. Desidero anche salutare, attraverso di voi, le Autorità civili e religiose delle vostre nazioni, come pure tutti i vostri concittadini. Vogliate assicurarli della mia preghiera. Il mio pensiero si rivolge anche naturalmente alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi. Voi sapete che esse desiderano unirsi fraternamente all'edificazione nazionale, alla quale contribuiscono al meglio delle loro possibilità.

Nella mia ultima Enciclica, Caritas in veritate, ho ricordato la necessità di ristabilire un giusto rapporto fra l'uomo e il creato in cui egli vive e opera. Il creato è il dono prezioso che nella Sua bontà Dio ha fatto agli uomini. Essi ne sono gli amministratori e devono dunque assumersi tutte le conseguenze di questa responsabilità. Gli uomini non possono rifiutarla né evitarla riversandola sulle generazioni future. Diviene evidente che questa responsabilità ambientale non può essere opposta all'urgenza di porre fine agli scandali della miseria e della fame. Non è più possibile, al contrario, dissociare queste due realtà, poiché il degrado continuo dell'ambiente costituisce una minaccia diretta alla sopravvivenza dell'uomo e al suo stesso sviluppo; e rischia persino di minacciare direttamente la pace fra le persone e i popoli.
Sia a livello individuale sia sul piano politico, è ormai necessario assumere impegni più decisi e più largamente condivisi nei confronti del creato. In tal senso, incoraggio vivamente le Autorità politiche dei vostri rispettivi Paesi, e dell'insieme delle Nazioni, non solo a rafforzare la loro azione a favore della salvaguardia dell'ambiente, ma anche - poiché il problema non può essere affrontato unicamente a livello di ogni singolo Paese - a essere una forza di proposta e d'incitamento, al fine di giungere ad accordi internazionali vincolanti, che siano utili e giusti per tutti.
Le sfide a cui l'umanità deve oggi far fronte richiedono certamente una mobilitazione delle menti e della creatività dell'uomo, un'intensificazione della ricerca applicata in vista di una più efficace e più sana utilizzazione delle energie e delle risorse disponibili. Questi sforzi non possono dispensare da una conversione o da una trasformazione del modello di sviluppo attuale delle nostre società. La Chiesa propone che questo cambiamento profondo, che è da scoprire e da vivere, sia orientato dalla nozione di sviluppo integrale della persona umana. In effetti, il bene dell'uomo non consiste in un consumismo sempre più sfrenato e nell'accumulazione illimitata di beni, consumismo e accumulazione riservati a un piccolo numero di persone e proposti come modelli alla massa. A tale proposito, spetta non solo alle diverse religioni sottolineare e difendere il primato dell'uomo e dello spirito, ma anche allo Stato. Quest'ultimo ha il dovere di farlo, soprattutto attraverso una politica ambiziosa che favorisca per tutti i cittadini - in ugual modo - l'accesso ai beni dello spirito. In effetti essi valorizzano la ricchezza del legame sociale e incoraggiano l'uomo a proseguire la sua ricerca spirituale.
La scorsa primavera, durante il mio viaggio apostolico in vari Paesi del Medio Oriente, ho proposto in più occasioni di considerare la religione, in generale, come "nuovo inizio" per la pace. È vero che nella storia le religioni sono state spesso un fattore di conflitto. Ma è anche vero che le religioni vissute secondo la loro essenza profonda sono state e sono una forza di riconciliazione e di pace. In questo momento storico le religioni devono anche, attraverso il dialogo franco e sincero, cercare il cammino della purificazione per corrispondere sempre più alla loro vera vocazione.
La nostra umanità desidera la pace e, se possibile, la pace universale. Occorre tendervi senza utopia e senza manipolazioni. Noi tutti sappiamo che la pace per stabilirsi ha bisogno di condizioni politiche ed economiche, culturali e spirituali.
La coesistenza pacifica delle diverse tradizioni religiose all'interno di ogni nazione è talvolta difficile. Più che un problema politico, questa coesistenza è anche un problema che si pone all'interno di esse stesse. Ogni credente è chiamato a interrogare Dio sulla Sua volontà rispetto a ogni situazione umana.
Riconoscendo Dio come l'unico creatore dell'uomo - di ogni uomo, quali che siano la sua confessione religiosa, la sua condizione sociale o le sue opinioni - ognuno rispetterà l'altro nella sua unicità e nella sua diversità. Non esiste dinanzi a Dio nessuna categoria o gerarchia di uomo, inferiore o superiore, dominante o protetto. Per Lui esiste solo l'uomo che ha creato per amore e che vuole veder vivere, in famiglia e in società, in un'armonia fraterna. La scoperta del saggio progetto di Dio per l'uomo porta quest'ultimo a riconoscere il Suo amore. Per l'uomo di fede o per l'uomo di buona volontà, la risoluzione dei conflitti umani, come la delicata coabitazione delle diverse religioni, può trasformarsi in una coesistenza umana in un ordine pieno di bontà e di saggezza che ha la sua origine e il suo dinamismo in Dio. Questa coesistenza nel rispetto della natura delle cose e della sua saggezza intrinseca che viene da Dio - la tranquillitas ordinis - si chiama pace. Il dialogo interreligioso apporta il suo contributo specifico a questa lenta genesi che sfida gli interessi umani immediati, politici ed economici. È a volte difficile per il mondo politico ed economico dare all'uomo il primo posto; e gli risulta ancora più difficile considerare e ammettere l'importanza e la necessità della dimensione religiosa e garantire alla religione la sua vera natura e il suo posto nel versante pubblico.
La pace, tanto desiderata, nascerà solo dall'azione congiunta dell'individuo - che scopre la sua vera natura in Dio - e dei dirigenti delle società civili e religiose che - nel rispetto della dignità e della fede di ognuno - sapranno riconoscere e conferire alla religione il suo nobile e autentico ruolo di realizzazione e di perfezionamento della persona umana. Si tratta qui di una ricomposizione globale, nello stesso tempo dell'ambito temporale e di quello spirituale, che permetterà un nuovo inizio verso la pace che Dio desidera universale.
Signori Ambasciatori, la vostra missione presso la Santa Sede è appena cominciata. Presso i miei collaboratori troverete il sostegno necessario per il suo felice compimento. Vi porgo nuovamente i miei auguri più cordiali per l'eccellente riuscita della vostra tanto delicata funzione. Possa l'Onnipotente sostenere e accompagnare voi, i vostri familiari, i vostri collaboratori e tutti i vostri concittadini! Che Dio vi colmi dell'abbondanza delle sue Benedizioni!

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(©L'Osservatore Romano - 18 dicembre 2009)

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