martedì 30 giugno 2009

Il Papa agli arcivescovi: Il Pallio è il simbolo dell’unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma


ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (2005-2009): LO SPECIALE DEL BLOG

UDIENZA AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 30.06.2009

Alle 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Arcivescovi Metropoliti ai quali ieri, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ha imposto il Pallio.
Ai Presuli, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle rispettive diocesi, il Papa rivolge il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli nell’Episcopato,
cari fratelli e sorelle,

dopo le celebrazioni della solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, è per me un vero piacere incontrare, in udienza speciale, tutti voi, Arcivescovi Metropoliti che ieri nella Basilica Vaticana avete ricevuto il Pallio ed accogliere anche i vostri familiari ed amici che vi accompagnano.
Si prolunga così la gioia della comunione vissuta nella festa dei due grandi Apostoli, in cui ho potuto imporvi il Pallio, simbolo dell’unità che lega i Pastori delle Chiese particolari al Successore di Pietro, Vescovo di Roma. Rivolgo il mio cordiale benvenuto a ciascuno di voi, che provenite da ogni continente, mostrando in modo significativo il volto della Chiesa cattolica diffusa in tutta la terra.

Mi rivolgo innanzitutto a voi, amati Pastori della Chiesa che è in Italia. Saluto Monsignor Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze, Monsignor Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Siracusa e Monsignor Domenico Umberto D’Ambrosio, Arcivescovo di Lecce. Siamo all’inizio dell’Anno Sacerdotale: sia pertanto vostra cura essere pastori esemplari, zelanti e ricchi di amore per il Signore e per le vostre comunità. Potrete così guidare e sostenere saldamente i sacerdoti, vostri primi collaboratori nel ministero pastorale, e cooperare in modo efficace alla diffusione del Regno di Dio nell’amata terra d’Italia.

Je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones venus accompagner les nouveaux Archevêques métropolitains à qui j’ai eu la joie de remettre le pallium. Je voudrais d’abord saluer Monseigneur Ghaleb Moussa Abdalla Bader, Archevêque d’Alger (Algérie), Monseigneur Pierre-André Fournier, Archevêque de Rimouski (Canada), Monseigneur Joseph Aké Yapo, Archevêque de Gagnoa (Côte d’Ivoire), Monseigneur Marcel Utembi Tapa, Archevêque de Kisangani (République démocratique du Congo), et Monseigneur Philippe Ouédraogo, Archevêque de Ouagadougou (Burkina Faso). J’adresse aussi mes salutations chaleureuses aux Évêques, aux prêtres et aux fidèles de vos pays, les assurant de ma prière fervente. Le pallium est un signe de communion particulière avec le Successeur de Pierre. Que ce signe soit aussi pour les prêtres et les fidèles de vos diocèses un appel à consolider toujours plus une authentique communion avec leurs Pasteurs et entre tous les membres de l’Église.

I extend warm greetings to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday: Archbishop Paul Mandale Khumalo of Pretoria (South Africa); Archbishop J. Michael Miller of Vancouver (Canada); Archbishop Allen Henry Vigneron of Detroit (USA); Archbishop Anicetus Bongsu Antonius Sinaga of Medan (Indonesia); Archbishop Philip Naameh of Tamale (Ghana); Archbishop Timothy Michael Dolan of New York (USA); Archbishop Vincent Gerard Nichols of Westminster (UK); Archbishop Robert James Carlson of Saint Louis (USA); Archbishop Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij of Bangkok (Thailand); Archbishop George Joseph Lucas of Omaha (USA); Archbishop Gregory Michael Aymond of New Orleans (USA) and Archbishop Patebendige Don Albert Malcom Ranjith of Colombo (Sri Lanka). I also welcome their family members, their relatives, friends and the faithful of their respective Archdioceses who have come to Rome to pray with them and to share their joy on this happy occasion. The Pallium is received from the hands of the Successor of Peter and worn by the Archbishops as a sign of communion in faith and love and in the governance of God’s People. It also recalls to Pastors their responsibilities as shepherds after the heart of Jesus. To all of you I affectionately impart my Apostolic Blessing as a pledge of peace and joy in the Lord.

Saludo cordialmente a los Arzobispos metropolitanos de lengua española venidos a Roma para la solemne ceremonia de la imposición del palio: Domingo Díaz Martínez, de Tulancingo; Manuel Felipe Díaz Sánchez, de Calabozo; José Luis Escobar Alas, de San Salvador; Carlos Osoro Sierra, de Valencia; Víctor Sánchez Espinosa, de Puebla de los Ángeles; Carlos Aguiar Retes, de Tlalnepantla; Ismael Rueda Sierra, de Bucaramanga, y Braulio Rodríguez Plaza, de Toledo, así como a los familiares, amigos, sacerdotes y fieles de sus respectivas Iglesias particulares, que los acompañan. Queridos hermanos en el Episcopado, que las cruces de seda negra que el palio lleva bordadas, os recuerden que debéis configuraros cada día más con Jesucristo. Siguiendo sus huellas de Buen Pastor, sed siempre signos de unidad en medio de vuestros fieles, afianzando vuestros lazos de comunión con el Sucesor de Pedro, con vuestros Obispos sufragáneos y con todos los que colaboran en vuestra misión evangelizadora. En este Año Sacerdotal apenas iniciado, llevad muy dentro de vuestro corazón a vuestros presbíteros, quienes esperan de vosotros un trato afable, como padres y hermanos que los acogen, escuchan y se preocupan de ellos. Bajo el amparo de María Santísima, Reina de los Apóstoles, que es tan venerada en las tierras de las que procedéis, México, Venezuela, El Salvador, Colombia y España, pongo vuestras personas y vuestras comunidades diocesanas.

Acolho com alegria os familiares e amigos dos novos Arcebispos Metropolitas do Brasil, que vieram acompanhá-los na recepção do pálio, sinal de profunda comunhão com o Sucessor de Pedro. Nesta comunhão dirijo uma particular saudação a Dom Sérgio da Rocha, de Teresina; Dom maurício Grotto de Camargo, de Botucatu; Dom Gil Antônio Moreira, de Juiz de Fora; e Dom Orani João Tempesta, de São Sebastião do Rio de Janeiro. Transmiti as minhas saudações aos presbíteros e a todos os fiéis das vossas arquidioceses, para que unidos na mesma fé de Pedro possam contribuir para a evangelização da sociedade. Como penhor de alegria e de paz no Senhor, a todos concedo a minha Bênção.

Вітаю Тебе, Преосвященний Мечиславе Мокшицький, Архиєпископе Львівський латинського обряду, і всіх тих, які Тебе супроводжують у цю мить живої церковної спільності. Ще раз дякую Тобі за Твоє служіння для Церкви, як мій співробітник, а перед тим – мого достойного попередника Івана Павла ІІ. Нехай Господній Дух супроводжує Тебе у пастирському служінні для добра вірних, довірених Твоєму дбанню, яким передаю щирі вітання.

[Saluto Lei, Monsignor Mieczyslaw Mokrzycki, Arcivescovo di Lviv dei Latini, e quanti la circondano in questo momento di viva comunione ecclesiale. Ancora una volta, Le sono grato per il servizio che ha reso alla Chiesa, quale collaboratore mio, e, prima, del mio venerato predecessore Giovanni Paolo II. Lo Spirito del Signore La accompagni nel ministero pastorale a favore dei fedeli affidati alle Sue cure, ai quali invio un cordiale saluto.]

Witam serdecznie obecnych tu Polaków. Pozdrawiam szczególnie nowego Metropolitę Szczecińsko-Kamieńskiego, Arcybiskupa Andrzeja Dzięgę, który wczoraj otrzymał paliusz i wiernych tej Metropolii. Niech ten paliusz w Roku Kapłańskim będzie także dla wszystkich kapłanów symbolem i zachętą do budowania jedności z własnym biskupem, między sobą oraz wśród wiernych. Upraszając dla wszystkich dary Bożej miłości z serca wam błogosławię. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i polacchi qui presenti. In particolare saluto il nuovo Metropolita di Szczecin-Kamień, Arcivescovo Andrzej Dzięga il quale ieri ha ricevuto il pallio e i fedeli provenienti da questa Metropoli. Nell’anno Sacerdotale il pallio sia anche per i presbiteri un simbolo e una sfida per costruire la comunione con il proprio vescovo, tra loro e anche con i fedeli. Implorando per voi tutti i doni della Divina carità, di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo.]

Cari fratelli e sorelle, l’odierna memoria dei Protomartiri di Roma sia stimolo per ognuno di voi a un amore sempre più intenso verso Gesù Cristo e la sua Chiesa. Vi accompagni la materna assistenza di Maria, Madre della Chiesa, dei santi Apostoli Pietro e Paolo e di san Giovanni Maria Vianney. A tutti e a ciascuno la mia benedizione.

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lunedì 29 giugno 2009

Il Papa annuncia: "È ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate"



ALTRO TITOLO DEL POST:

Il Papa ai Romani: "Come vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo..."

ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008-28 GIUGNO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (2005-2009): LO SPECIALE DEL BLOG

ENCICLICA "CARITAS IN VERITATE": ANTICIPAZIONI

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Vedi anche:

Benedetto XVI ha firmato la sua terza Enciclica "Caritas in veritate". L'annuncio all'Angelus (Radio Vaticana)

Il Papa: "E' ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate" (Izzo)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2009

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione di una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli e con l’imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti in San Pietro e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Quest’oggi, celebriamo solennemente i santi Apostoli Pietro e Paolo, speciali Patroni della Chiesa di Roma: Pietro, il pescatore di Galilea, che "per primo confessò la fede nel Cristo… e costituì la prima comunità con i giusti di Israele"; Paolo, l’antico persecutore dei cristiani, "che illuminò le profondità del mistero… il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti" (cfr Prefazio della Messa di oggi).
In una sua omelia alla comunità di Roma, il Papa San Leone Magno affermava: "Questi sono i tuoi Padri e veri Pastori, che ti hanno fondata perché fossi inserita nel regno celeste" (Sermo I in Nat. App Petri et Pauli, c I, PL 54,422). In occasione di questa festa vorrei rivolgere un caloroso e speciale saluto, unito a fervidi voti augurali, alla Comunità diocesana di Roma che la Provvidenza divina ha affidato alle mie cure, quale successore dell’apostolo Pietro. È un saluto che estendo volentieri a tutti gli abitanti della nostra metropoli e ai pellegrini e turisti che in questi giorni la stanno visitando, in coincidenza anche con la chiusura dell’Anno Paolino.
Cari fratelli e sorelle, il Signore vi benedica e protegga per intercessione dei Santi Pietro e Paolo! Come vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi alla mentalità di questo mondo – come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani di Roma -, ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò che è veramente buono e gradito a Dio (cfr Rm 12,2). Per questo prego costantemente affinché Roma mantenga viva la sua vocazione cristiana non solo conservando inalterato il suo immenso patrimonio spirituale e culturale, ma anche perché i suoi abitanti possano tradurre la bellezza della fede ricevuta in modi concreti di pensare e di agire, ed offrano così a quanti, per varie ragioni vengono in questa Città, un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici. Pertanto – con la parole di san Pietro – vi invito, cari fratelli e sorelle discepoli di Cristo, ad essere "pietre vive", compatte intorno a Lui, che è la "pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio" (cfr 1 Pt 2,4).
L’odierna solennità riveste anche un carattere universale: esprime l’unità e la cattolicità della Chiesa. Ecco perché ogni anno, in questa data, vengono a Roma i nuovi Arcivescovi Metropoliti a ricevere il Pallio, simbolo di comunione con il Successore di Pietro. Rinnovo pertanto il mio saluto ai Fratelli nell’Episcopato per i quali ho compiuto questa mattina in Basilica tale gesto ed ai fedeli che li hanno accompagnati. Saluto altresì con viva cordialità la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, come ogni anno, è giunta a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo. La comune venerazione di questi Martiri sia pegno di comunione sempre più piena e sentita fra i cristiani di ogni parte del mondo. Invochiamo per questo la materna intercessione di Maria, Madre dell’unica Chiesa di Cristo, con la consueta recita dell’Angelus.

DOPO L’ANGELUS

È ormai prossima la pubblicazione della mia terza Enciclica, che ha per titolo Caritas in veritate. Riprendendo le tematiche sociali contenute nella Populorum progressio, scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967, questo documento - che porta la data proprio di oggi, 29 giugno, solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo - intende approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce della carità nella verità.
Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo che la Chiesa offre all’umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti.

En ce jour de la fête des saints Apôtres Pierre et Paul, je suis heureux d’accueillir les pèlerins francophones présents pour la prière de l’Angélus. Ce matin j’ai eu la joie d’imposer le pallium aux nouveaux archevêques métropolitains, signe de leur lien particulier de communion avec le Successeur de Pierre. Que l’intercession des Apôtres Pierre et Paul nous obtienne à tous de grandir dans cette communion et de demeurer fidèles à l’Évangile au service duquel ils ont travaillé, chacun selon la grâce reçue, pour rassembler l’unique famille du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus, including the new Metropolitan Archbishops who have received the pallium, accompanied by their relatives and friends. I also extend a warm welcome to the Delegation of the Patriarch of Constantinople, present for this joyous celebration. May the Apostles Peter and Paul inspire all Christians, and especially our new Archbishops, to continue to bear clear and generous witnesses to the Gospel. God bless you all!

Zum Hochfest der Apostel Petrus und Paulus, der Stadtpatrone Roms, heiße ich mit Freude die deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz willkommen. Die concordia Apostolorum, die gemeinsame Darstellung und Verehrung von Petrus und Paulus, dieser so verschiedenen Jünger Jesu, ist seit frühester Zeit in Rom bekannt. Sie zeigt uns, daß es bei den Heiligen nicht auf Herkunft und Bildung ankommt, ob sie einfache Fischer oder weltgewandte Bürger sind, sondern daß sie Martyrer, das heißt Zeugen, werden, die ihre Kräfte und Fähigkeiten, ja ihr Leben für die Wahrheit und Liebe Gottes hinzugeben bereit sind. Der Heilige Geist gebe auch euch Kraft und Weisheit, um Gottes Liebe den Menschen zu bezeugen. Der Herr segne euch alle!

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular a los arzobispos que hoy han recibido el palio, a sus familiares, así como a los sacerdotes y fieles diocesanos que les acompañan. Queridos hermanos, contemplando el ejemplo de los apóstoles San Pedro y San Pablo, que dieron su vida por Cristo aquí en Roma, os animo a ofrecer en vuestro ambiente el testimonio, lleno de alegría y fidelidad, de vuestra fe y amor al Señor. Que Dios os bendiga.

Uma saudação afetuosa para os Arcebispos do Brasil que acabaram de receber o pálio, e também para os familiares e amigos que os acompanham: A Virgem Maria – modelo de escuta e adesão fiel à vontade de Deus – vos tome pela mão e acompanhe o vosso empenho pela unidade da Igreja.

Moje serdeczne pozdrowienie i wyrazy duchowej łączności kieruję do pielgrzymów polskich, a szczególnie do tych, którzy towarzyszą nowym Metropolitom: Arcybiskupowi Andrzejowi Dziędze ze Szczecina i mojemu byłemu Sekretarzowi, Arcybiskupowi Mieczysławowi Mokrzyckiemu ze Lwowa, którzy dzisiaj otrzymują paliusz. Zawierzając was wszystkich wstawiennictwu świętych Apostołów Piotra i Pawła, z serca wam błogosławię.

[Rivolgo il mio cordiale saluto e l’espressione della mia vicinanza spirituale ai pellegrini polacchi e, in particolare, a tutti coloro che accompagnano i nuovi Metropoliti: l’Arcivescovo Andrzej Dzięga di Szczecin e l’Arcivescovo Mieczysław Mokrzycki di Lwów, i quali oggi hanno ricevuto il pallio. Raccomando voi tutti alla intercessione dei santi Apostoli Pietro e Paolo e vi benedico di cuore.]

Saluto infine gli Arcivescovi Metropoliti e i pellegrini italiani che li accompagnano. Saluto poi il gruppo ciclistico Giuseppe Caprio di Montefiascone. A tutti auguro una buona festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo.

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Il Papa: Il retto Pastore deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge


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Il Papa: "La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio"

ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

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Notificazione

Libretto della Celebrazione

Vedi anche:

Il Papa: il vescovo custodisca la fede ma non come un secondino (Izzo)

Il Papa: senza il risanamento delle anime non c’è salvezza per l’umanità (AsiaNews)

Benedetto XVI: San Francesco e Padre Pio modelli per la Chiesa di oggi (Izzo)

Il Papa: nel mondo di oggi l'anima è caduta in discredito (Izzo)

Il Papa: “Essere vescovo, essere sacerdote significa assumere la posizione di Cristo” (Sir)

Il Papa: “Fa parte dei nostri doveri come pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza"

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 29.06.2009

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Concelebrazione dell’Eucaristia con 34 Arcivescovi Metropoliti ai quali, nel corso del Sacro Rito, impone i Palli presi dalla Confessione di San Pietro.
Come di consueto in occasione della Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Patroni della Città di Roma, è presente alla Santa Messa una Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, composta da: Sua Eminenza Emmanuel, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l’Unione Europea, Sua Eccellenza Athenagoras, Vescovo di Sinope, Assistente del Metropolita del Belgio, Rev.do Diacono Ioakim Billis, della Sede patriarcale del Fanar.
Dopo la lettura del Vangelo e prima del Rito di benedizione e imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa tiene l’omelia. Ne riportiamo di seguito il testo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle
!

A tutti rivolgo il mio saluto cordiale con le parole dell’Apostolo accanto alla cui tomba ci troviamo: "A voi grazia e pace in abbondanza" (1 Pt 1,2).
Saluto, in particolare, i Membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i numerosi Metropoliti che oggi ricevono il Pallio.
Nella colletta di questa giornata solenne chiediamo al Signore "che la Chiesa segua sempre l’insegnamento degli Apostoli dai quali ha ricevuto il primo annunzio della fede".

La richiesta che rivolgiamo a Dio interpella al contempo noi stessi: seguiamo noi l’insegnamento dei grandi Apostoli fondatori? Li conosciamo veramente?

Nell’Anno Paolino che si è ieri concluso abbiamo cercato di ascoltare in modo nuovo lui, il "maestro delle genti", e di apprendere così nuovamente l’alfabeto della fede.
Abbiamo cercato di riconoscere con Paolo e mediante Paolo il Cristo e di trovare così la via per la retta vita cristiana. Nel Canone del Nuovo Testamento, oltre alle Lettere di san Paolo, ci sono anche due Lettere sotto il nome di san Pietro. La prima di esse si conclude esplicitamente con un saluto da Roma, che però appare sotto l’apocalittico nome di copertura di Babilonia: "Vi saluta la co-eletta che vive in Babilonia…" (5,13).
Chiamando la Chiesa di Roma la "co-eletta", la colloca nella grande comunità di tutte le Chiese locali – nella comunità di tutti coloro che Dio ha adunato, affinché nella "Babilonia" del tempo di questo mondo costruiscano il suo Popolo e facciano entrare Dio nella storia.
La Prima Lettera di san Pietro è un saluto rivolto da Roma all’intera cristianità di tutti i tempi. Essa ci invita ad ascoltare "l’insegnamento degli Apostoli", che ci indica la via verso la vita.

Questa Lettera è un testo ricchissimo, che proviene dal cuore e tocca il cuore. Il suo centro è – come potrebbe essere diversamente? – la figura di Cristo, che viene illustrato come Colui che soffre e che ama, come Crocifisso e Risorto: "Insultato, non rispondeva con insulti, maltrattato, non minacciava vendetta … Dalle sue piaghe siete stati guariti" (1 Pt 2,23s).

Partendo dal centro che è Cristo, la Lettera costituisce poi anche un’introduzione ai fondamentali Sacramenti cristiani del Battesimo e dell’Eucaristia e un discorso rivolto ai sacerdoti, nel quale Pietro si qualifica come co-presbitero con loro. Egli parla ai Pastori di tutte le generazioni come colui che personalmente è stato incaricato dal Signore di pascere le sue pecorelle e così ha ricevuto in modo particolare un mandato sacerdotale.

Che cosa, dunque, ci dice san Pietro – proprio nell’Anno sacerdotale – circa il compito del sacerdote? Innanzitutto, egli comprende il ministero sacerdotale totalmente a partire da Cristo.
Chiama Cristo il "pastore e custode delle … anime" (2,25). Dove la traduzione italiana parla di "custode", il testo greco ha la parola epíscopos (vescovo).
Un po’ più avanti, Cristo viene qualificato come il Pastore supremo: archipoímen (5,4). Sorprende che Pietro chiami Cristo stesso vescovo – vescovo delle anime. Che cosa intende dire con ciò? Nella parola greca è contenuto il verbo "vedere"; per questo è stata tradotta con "custode" ossia "sorvegliante".
Ma certamente non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria. S’intende piuttosto un vedere dall’alto – un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il "vescovo delle anime", ci dice Pietro. Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. Guardando a partire da Dio, si ha una visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità. Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore. Far sì che egli venga a conoscere Dio; che non si smarrisca in vicoli ciechi; che non si perda nell’isolamento, ma rimanga aperto per l’insieme. Gesù, il "vescovo delle anime", è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale. Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita.

Così la parola "vescovo" s’avvicina molto al termine "pastore", anzi, i due concetti diventano interscambiabili. È compito del pastore pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti.

Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l’uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore. Ed egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l’unità del gregge.

Pietro, nel suo discorso ai presbiteri, evidenzia ancora una cosa molto importante. Non basta parlare. I Pastori devono farsi "modelli del gregge" (5,3).

La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta. È meraviglioso vedere come nei santi la parola di Dio diventi una parola rivolta al nostro tempo. In figure come Francesco e poi di nuovo come Padre Pio e molti altri, Cristo è diventato veramente contemporaneo della loro generazione, è uscito dal passato ed entrato nel presente. Questo significa essere pastore – modello del gregge: vivere la Parola ora, nella grande comunità della santa Chiesa.

Molto brevemente vorrei ancora richiamare l’attenzione su due altre affermazioni della Prima Lettera di san Pietro, che riguardano in modo speciale noi, in questo nostro tempo. C’è innanzitutto la frase oggi nuovamente scoperta, in base alla quale i teologi medievali compresero il loro compito: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (3,15).

La fede cristiana è speranza. Apre la via verso il futuro. Ed è una speranza che possiede ragionevolezza; una speranza la cui ragione possiamo e dobbiamo esporre. La fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto dialettico può tener testa alla ragione. Non la contraddice, ma va di pari passo con essa e, al contempo, conduce al di là di essa – introduce nella Ragione più grande di Dio. Come Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma di riconoscerla come risposta alle nostre domande.

La fede esige la nostra partecipazione razionale, che si approfondisce e si purifica in una condivisione d’amore. Fa parte dei nostri doveri come Pastori di penetrare la fede col pensiero per essere in grado di mostrare la ragione della nostra speranza nella disputa del nostro tempo. Tuttavia – il pensare, da solo, non basta. Così come parlare, da solo, non basta. Nella sua catechesi battesimale ed eucaristica nel secondo capitolo della sua Lettera, Pietro allude al Salmo usato nella Chiesa primitiva nel contesto della comunione, e cioè al versetto che dice: "Gustate e vedete com’è buono il Signore" (Ps 34 [33], 9; 1 Pt 2,3).

Solo il gustare conduce al vedere. Pensiamo ai discepoli di Emmaus: solo nella comunione conviviale con Gesù, solo nella frazione del pane si aprono i loro occhi. Solo nella comunione col Signore veramente sperimentata essi diventano vedenti. Ciò vale per tutti noi: al di là del pensare e del parlare, abbiamo bisogno dell’esperienza della fede; del rapporto vitale con Gesù Cristo. La fede non deve rimanere teoria: deve essere vita. Se nel Sacramento incontriamo il Signore; se nella preghiera parliamo con Lui; se nelle decisioni del quotidiano aderiamo a Cristo – allora "vediamo" sempre di più quanto Egli è buono. Allora sperimentiamo che è cosa buona stare con Lui.

Da una tale certezza vissuta deriva poi la capacità di comunicare la fede agli altri in modo credibile. Il Curato d’Ars non era un grande pensatore. Ma egli "gustava" il Signore. Viveva con Lui fin nelle minuzie del quotidiano oltre che nelle grandi esigenze del ministero pastorale. In questo modo divenne "uno che vede". Aveva gustato, e per questo sapeva che il Signore è buono. Preghiamo il Signore, affinché ci doni questo gustare e possiamo così diventare testimoni credibili della speranza che è in noi.

Alla fine vorrei far notare ancora una piccola, ma importante parola di san Pietro. Subito all’inizio della Lettera egli ci dice che la mèta della nostra fede è la salvezza delle anime (cfr 1,9). Nel mondo del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana, per alcuni forse addirittura scandalosa.

La parola "anima" è caduta in discredito. Si dice che questo porterebbe ad una divisione dell’uomo in spirito e fisico, in anima e corpo, mentre in realtà egli sarebbe un’unità indivisibile. Inoltre "la salvezza delle anime" come mèta della fede sembra indicare un cristianesimo individualistico, una perdita di responsabilità per il mondo nel suo insieme, nella sua corporeità e nella sua materialità.
Ma di tutto questo non si trova nulla nella Lettera di san Pietro. Lo zelo per la testimonianza in favore della speranza, la responsabilità per gli altri caratterizzano l’intero testo. Per comprendere la parola sulla salvezza delle anime come mèta della fede dobbiamo partire da un altro lato. Resta vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza per l’umanità. La vera malattia delle anime, san Pietro la qualifica come ignoranza – cioè come non conoscenza di Dio. Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera vita (cfr 1 Pt 1,14). Ancora un’altra parola della Lettera può esserci utile per capire meglio la formula "salvezza delle anime": "Purificate le vostre anime con l’obbedienza alla verità" (cfr 1,22). È l’obbedienza alla verità che rende pura l’anima.
Ed è il convivere con la menzogna che la inquina. L’obbedienza alla verità comincia con le piccole verità del quotidiano, che spesso possono essere faticose e dolorose. Questa obbedienza si estende poi fino all’obbedienza senza riserve di fronte alla Verità stessa che è Cristo. Tale obbedienza ci rende non solo puri, ma soprattutto anche liberi per il servizio a Cristo e così alla salvezza del mondo, che pur sempre prende inizio dalla purificazione obbediente della propria anima mediante la verità. Possiamo indicare la via verso la verità solo se noi stessi – in obbedienza e pazienza – ci lasciamo purificare dalla verità.

E ora mi rivolgo a voi, cari Confratelli nell’episcopato, che in quest’ora riceverete dalla mia mano il pallio. È stato intessuto con la lana di agnelli che il Papa ha benedetto nella festa di sant’Agnese.

In questo modo esso ricorda gli agnelli e le pecore di Cristo, che il Signore risorto ha affidato a Pietro con il compito di pascerli (cfr Gv 21,15-18). Ricorda il gregge di Gesù Cristo, che voi, cari Fratelli, dovete pascere in comunione con Pietro.

Ci ricorda Cristo stesso, che come Buon Pastore ha preso sulle sue spalle la pecorella smarrita, l’umanità, per riportarla a casa. Ci ricorda il fatto che Egli, il Pastore supremo, ha voluto farsi Lui stesso Agnello, per farsi carico dal di dentro del destino di tutti noi; per portarci e risanarci dall’interno. Vogliamo pregare il Signore, affinché ci doni di essere sulle sue orme Pastori giusti, "non perché costretti, ma volentieri, come piace a Dio … con animo generoso … modelli del gregge" (1 Pt 5,2s). Amen.

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Il Papa chiude l'Anno Paolino: "Coraggio ci vuole per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo"


ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008-28 GIUGNO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (2005-2009): LO SPECIALE DEL BLOG

L'ESAME DEL CARBONIO 14 CONFERMA: IL CORPO CUSTODITO NELLA BASILICA OSTIENSE E' DELL'APOSTOLO PAOLO. ANNUNCIO DEL PAPA E COMMENTI

VIDEO INTEGRALE SU BENEDICT XVI.TV

SEPOLCRO DI SAN PAOLO: VIDEO DELL'ANNUNCIO DEL PAPA

Omelia del Santo Padre in occasione della chiusura dell'Anno Paolino: il bellissimo commento di Don Nicola Bux (Audio Radio Vaticana)

Precisazioni sul concetto di fede adulta (Volontè)

Card. Ratzinger: "Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro..." (Omelia della Santa Messa "pro eligendo Romano Pontifice", 18 aprile 2005)

Vedi anche:

Fede adulta, il contropiede di Benedetto (Ognibene)

Omelia di Benedetto XVI sulla fede veramente adulta: "Le sante parole del Papa" (Il Foglio)

Fede adulta, uno slogan vuoto per il "fai da te" (Volontè)

Notificazione

Libretto della Celebrazione

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO IN OCCASIONE DELLA CHIUSURA DELL’ANNO PAOLINO, 28.06.2009

Alle ore 18 di questo pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica di San Paolo fuori le Mura la Celebrazione dei primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in occasione della chiusura dell’Anno Paolino.
È presente la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, inviata da S.S. Bartolomeo I e composta da: Sua Eminenza Emmanuel, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l’Unione Europea; S.E. Athenagoras, Vescovo di Sinope, Assistente del Metropolita del Belgio; Rev.do Diacono Ioakim Billis, della Sede patriarcale del Fanar.
Dal quadriportico di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre entra processionalmente in Basilica con i monaci varcando la "Porta Paolina". Giunto in presbiterio, il Papa scende alla Confessione per venerare il sepolcro dell’Apostolo.
Inizia quindi la Celebrazione dei Vespri, nel corso della quale il Santo Padre tiene la seguente omelia:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Illustri membri della Delegazione del Patriarcato ecumenico,
Cari fratelli e sorelle
,

rivolgo a ciascuno il mio saluto cordiale. In particolare, saluto il Cardinale Arciprete di questa Basilica e i suoi collaboratori, saluto l’Abate e la comunità monastica benedettina; saluto pure la Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. L’anno commemorativo della nascita di san Paolo si conclude stasera.

Siamo raccolti presso la tomba dell’Apostolo, il cui sarcofago, conservato sotto l’altare papale, è stato fatto recentemente oggetto di un’attenta analisi scientifica: nel sarcofago, che non è stato mai aperto in tanti secoli, è stata praticata una piccolissima perforazione per introdurre una speciale sonda, mediante la quale sono state rilevate tracce di un prezioso tessuto di lino colorato di porpora, laminato con oro zecchino e di un tessuto di colore azzurro con filamenti di lino. E’ stata anche rilevata la presenza di grani d’incenso rosso e di sostanze proteiche e calcaree. Inoltre, piccolissimi frammenti ossei, sottoposti all’esame del carbonio 14 da parte di esperti ignari della loro provenienza, sono risultati appartenere a persona vissuta tra il I e il II secolo. Ciò sembra confermare l’unanime e incontrastata tradizione che si tratti dei resti mortali dell’apostolo Paolo. Tutto questo riempie il nostro animo di profonda emozione.

Molte persone hanno, durante questi mesi, seguito le vie dell’Apostolo – quelle esteriori e più ancora quelle interiori, che egli ha percorso durante la sua vita: la via di Damasco verso l’incontro con il Risorto; le vie nel mondo mediterraneo, che egli ha attraversato con la fiaccola del Vangelo, incontrando contraddizione e adesione, fino al martirio, per il quale appartiene per sempre alla Chiesa di Roma. Ad essa ha indirizzato anche la sua Lettera più grande ed importante.
L’Anno Paolino si conclude, ma essere in cammino insieme con Paolo, con lui e grazie a lui venir a conoscenza di Gesù e, come lui, essere illuminati e trasformati dal Vangelo – questo farà sempre parte dell’esistenza cristiana. E sempre, andando oltre l’ambiente dei credenti, egli rimane il “maestro delle genti”, che vuol portare il messaggio del Risorto a tutti gli uomini, perché Cristo li ha conosciuti ed amati tutti; è morto e risorto per tutti loro. Vogliamo quindi ascoltarlo anche in questa ora in cui iniziamo solennemente la festa dei due Apostoli uniti fra loro da uno stretto legame.

Fa parte della struttura delle Lettere di Paolo che esse – sempre in riferimento al luogo ed alla situazione particolare – spieghino innanzitutto il mistero di Cristo, ci insegnino la fede. In una seconda parte, segue l’applicazione alla nostra vita: che cosa consegue a questa fede? Come essa plasma la nostra esistenza giorno per giorno?
Nella Lettera ai Romani, questa seconda parte comincia con il dodicesimo capitolo, nei primi due versetti del quale l’Apostolo riassume subito il nucleo essenziale dell’esistenza cristiana. Che cosa dice a noi san Paolo in quel passaggio? Innanzitutto afferma, come cosa fondamentale, che con Cristo è iniziato un nuovo modo di venerare Dio – un nuovo culto. Esso consiste nel fatto che l’uomo vivente diventa egli stesso adorazione, “sacrificio” fin nel proprio corpo. Non sono più le cose ad essere offerte a Dio. È la nostra stessa esistenza che deve diventare lode di Dio.

Ma come avviene questo?

Nel secondo versetto ci vien data la risposta: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio…” (12, 2).
Le due parole decisive di questo versetto sono: “trasformare” e “rinnovare”. Dobbiamo diventare uomini nuovi, trasformati in un nuovo modo di esistenza.

Il mondo è sempre alla ricerca di novità, perché con ragione è sempre scontento della realtà concreta. Paolo ci dice: il mondo non può essere rinnovato senza uomini nuovi. Solo se ci saranno uomini nuovi, ci sarà anche un mondo nuovo, un mondo rinnovato e migliore. All’inizio sta il rinnovamento dell’uomo. Questo vale poi per ogni singolo. Solo se noi stessi diventiamo nuovi, il mondo diventa nuovo. Ciò significa anche che non basta adattarsi alla situazione attuale.

L’Apostolo ci esorta ad un non-conformismo.

Nella nostra Lettera si dice: non sottomettersi allo schema dell’epoca attuale. Dovremo tornare su questo punto riflettendo sul secondo testo che stasera voglio meditare con voi. Il “no” dell’Apostolo è chiaro ed anche convincente per chiunque osservi lo “schema” del nostro mondo. Ma diventare nuovi – come lo si può fare? Ne siamo davvero capaci? Con la parola circa il diventare nuovi, Paolo allude alla propria conversione: al suo incontro col Cristo risorto, incontro di cui nella Seconda Lettera ai Corinzi dice: “Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove” (5, 17). Era tanto sconvolgente per lui questo incontro con Cristo che dice al riguardo: “Sono morto” (Gal 2, 19; cfr Rm 6). Egli è diventato nuovo, un altro, perché non vive più per se stesso e in virtù di se stesso, ma per Cristo ed in Lui. Nel corso degli anni, però, ha anche visto che questo processo di rinnovamento e di trasformazione continua per tutta la vita. Diventiamo nuovi, se ci lasciamo afferrare e plasmare dall’Uomo nuovo Gesù Cristo. Egli è l’Uomo nuovo per eccellenza. In Lui la nuova esistenza umana è diventata realtà, e noi possiamo veramente diventare nuovi se ci consegniamo alle sue mani e da Lui ci lasciamo plasmare.

Paolo rende ancora più chiaro questo processo di “rifusione” dicendo che diventiamo nuovi se trasformiamo il nostro modo di pensare. Ciò che qui è stato tradotto con “modo di pensare”, è il termine greco “nous”. È una parola complessa. Può essere tradotta con “spirito”, “sentimenti”, “ragione” e, appunto, anche con “modo di pensare”. La nostra ragione deve diventare nuova. Questo ci sorprende.

Avremmo forse aspettato che riguardasse piuttosto qualche atteggiamento: ciò che nel nostro agire dobbiamo cambiare, un precetto di alterazione. Ma no: il rinnovamento deve andare fino in fondo. Il nostro modo di vedere il mondo, di comprendere la realtà – tutto il nostro pensare deve mutarsi a partire dal suo fondamento.

Il pensiero dell’uomo vecchio, il modo di pensare comune è rivolto in genere verso il possesso, il benessere, l’influenza, il successo, la fama e così via. Ma in questo modo ha una portata troppo limitata. Così, in ultima analisi, resta il proprio “io” il centro del mondo. Dobbiamo imparare a pensare in maniera più profonda. Che cosa ciò significhi, lo dice san Paolo nella seconda parte della frase: bisogna imparare a comprendere la volontà di Dio, così che questa plasmi la nostra volontà. Affinché noi stessi vogliamo ciò che vuole Dio, perché riconosciamo che ciò che Dio vuole è il bello e il buono. Si tratta dunque di una svolta nel nostro spirituale orientamento di fondo. Dio deve entrare nell’orizzonte del nostro pensiero: ciò che Egli vuole e il modo secondo cui Egli ha ideato il mondo e me. Dobbiamo imparare a prendere parte al pensare e al volere di Gesù Cristo. È allora che saremo uomini nuovi nei quali emerge un mondo nuovo.

Lo stesso pensiero di un necessario rinnovamento del nostro essere persona umana, Paolo lo ha illustrato ulteriormente in due brani della Lettera agli Efesini, sui quali pertanto vogliamo ancora riflettere brevemente. Nel quarto capitolo della Lettera l’Apostolo ci dice che con Cristo dobbiamo raggiungere l’età adulta, un’umanità matura.
Non possiamo più rimanere “fanciulli in balia delle onde, trasportati qua e là da qualsiasi vento di dottrina…” (4, 14).

Paolo desidera che i cristiani abbiano una fede matura, una “fede adulta”. La parola “fede adulta” negli ultimi decenni è diventata uno slogan diffuso. Lo s’intende spesso nel senso dell’atteggiamento di chi non dà più ascolto alla Chiesa e ai suoi Pastori, ma sceglie autonomamente ciò che vuol credere e non credere – una fede “fai da te”, quindi.

E lo si presenta come “coraggio” di esprimersi contro il Magistero della Chiesa. In realtà, tuttavia, non ci vuole per questo del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso. Coraggio ci vuole piuttosto per aderire alla fede della Chiesa, anche se questa contraddice lo “schema” del mondo contemporaneo. È questo non-conformismo della fede che Paolo chiama una “fede adulta”.

Qualifica invece come infantile il correre dietro ai venti e alle correnti del tempo. Così fa parte della fede adulta, ad esempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo momento, opponendosi con ciò radicalmente al principio della violenza, proprio anche nella difesa delle creature umane più inermi.

Fa parte della fede adulta riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vita come ordinamento del Creatore, ristabilito nuovamente da Cristo.
La fede adulta non si lascia trasportare qua e là da qualsiasi corrente. Essa s’oppone ai venti della moda. Sa che questi venti non sono il soffio dello Spirito Santo; sa che lo Spirito di Dio s’esprime e si manifesta nella comunione con Gesù Cristo. Tuttavia, anche qui Paolo non si ferma alla negazione, ma ci conduce al grande “sì”.
Descrive la fede matura, veramente adulta in maniera positiva con l’espressione: “agire secondo verità nella carità” (cfr Ef 4, 15). Il nuovo modo di pensare, donatoci dalla fede, si volge prima di tutto verso la verità. Il potere del male è la menzogna. Il potere della fede, il potere di Dio è la verità. La verità sul mondo e su noi stessi si rende visibile quando guardiamo a Dio. E Dio si rende visibile a noi nel volto di Gesù Cristo. Guardando a Cristo riconosciamo un’ulteriore cosa: verità e carità sono inseparabili. In Dio, ambedue sono inscindibilmente una cosa sola: è proprio questa l’essenza di Dio. Per questo, per i cristiani verità e carità vanno insieme. La carità è la prova della verità. Sempre di nuovo dovremo essere misurati secondo questo criterio, che la verità diventi carità e la carità ci renda veritieri.

Ancora un altro pensiero importante appare nel versetto di san Paolo. L’Apostolo ci dice che, agendo secondo verità nella carità, noi contribuiamo a far sì che il tutto – l’universo – cresca tendendo a Cristo.

Paolo, in base alla sua fede, non s’interessa soltanto della nostra personale rettitudine e non soltanto della crescita della Chiesa. Egli s’interessa dell’universo: ta pánta. Lo scopo ultimo dell’opera di Cristo è l’universo – la trasformazione dell’universo, di tutto il mondo umano, dell’intera creazione. Chi insieme con Cristo serve la verità nella carità, contribuisce al vero progresso del mondo. Sì, è qui del tutto chiaro che Paolo conosce l’idea di progresso. Cristo, il suo vivere, soffrire e risorgere è stato il vero grande salto del progresso per l’umanità, per il mondo. Ora, però, l’universo deve crescere in vista di Lui. Dove aumenta la presenza di Cristo, là c’è il vero progresso del mondo. Là l’uomo diventa nuovo e così diventa nuovo il mondo.
La stessa cosa Paolo ci rende evidente ancora a partire da un’altra angolatura. Nel terzo capitolo della Lettera agli Efesini egli ci parla della necessità di essere “rafforzati nell’uomo interiore” (3, 16). Con ciò riprende un argomento che prima, in una situazione di tribolazione, aveva trattato nella Seconda Lettera ai Corinzi: “Se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno” (4, 16). L’uomo interiore deve rafforzarsi – è un imperativo molto appropriato per il nostro tempo in cui gli uomini così spesso restano interiormente vuoti e pertanto devono aggrapparsi a promesse e narcotici, che poi hanno come conseguenza un ulteriore crescita del senso di vuoto nel loro intimo. Il vuoto interiore – la debolezza dell’uomo interiore – è uno dei grandi problemi del nostro tempo. Deve essere rafforzata l’interiorità – la percettività del cuore; la capacità di vedere e comprendere il mondo e l’uomo dal di dentro, con il cuore. Noi abbiamo bisogno di una ragione illuminata dal cuore, per imparare ad agire secondo la verità nella carità. Questo, tuttavia, non si realizza senza un intimo rapporto con Dio, senza la vita di preghiera. Abbiamo bisogno dell’incontro con Dio, che ci vien dato nei Sacramenti. E non possiamo parlare a Dio nella preghiera, se non lasciamo che parli prima Egli stesso, se non lo ascoltiamo nella parola, che ci ha donato. Paolo, al riguardo, ci dice: “Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza” (Ef 3, 17ss). L’amore vede più lontano della semplice ragione, è ciò che Paolo ci dice con queste parole. E ci dice ancora che solo nella comunione con tutti i santi, cioè nella grande comunità di tutti i credenti – e non contro o senza di essa – possiamo conoscere la vastità del mistero di Cristo. Questa vastità, egli la circoscrive con parole che vogliono esprimere le dimensioni del cosmo: ampiezza, lunghezza, altezza e profondità. Il mistero di Cristo ha una vastità cosmica: Egli non appartiene soltanto ad un determinato gruppo. Il Cristo crocifisso abbraccia l’intero universo in tutte le sue dimensioni. Egli prende il mondo nelle sue mani e lo porta in alto verso Dio.
A cominciare da sant’ Ireneo di Lione – dunque fin dal II secolo – i Padri hanno visto in questa parola dell’ampiezza, lunghezza, altezza e profondità dell’amore di Cristo un’allusione alla Croce. L’amore di Cristo ha abbracciato nella Croce la profondità più bassa – la notte della morte, e l’altezza suprema – l’elevatezza di Dio stesso. E ha preso tra le sue braccia l’ampiezza e la vastità dell’umanità e del mondo in tutte le loro distanze. Sempre Egli abbraccia l’universo – tutti noi.

Preghiamo il Signore, affinché ci aiuti a riconoscere qualcosa della vastità del suo amore. PreghiamoLo, affinché il suo amore e la sua verità tocchino il nostro cuore. Chiediamo che Cristo abiti nei nostri cuori e ci renda uomini nuovi, che agiscono secondo verità nella carità. Amen !

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domenica 28 giugno 2009

Il Papa: "San Paolo è esempio di sacerdote totalmente identificato col suo ministero, come sarà anche il Santo Curato d’Ars..."


ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008-28 GIUGNO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (2005-2009): LO SPECIALE DEL BLOG

VIDEO INTEGRALE SU BENEDICT XVI.TV

Vedi anche:

Il Papa all'Angelus: sacerdoti siate santi, coraggiosi testimoni di Cristo, pronti a dare la vita per Dio e la Chiesa! (Radio Vaticana)

Il Papa: Nell’Anno sacerdotale, imitare san Paolo nella passione per Cristo e per il Vangelo (AsiaNews)

Benedetto XVI chiude anno paolino e apre anno sacerdotale

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 28.06.2009

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Con la celebrazione dei Primi Vespri dei Santi Pietro e Paolo, che presiederò questa sera nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, si chiude l’Anno Paolino, indetto nel bimillenario della nascita dell’Apostolo delle genti.
E’ stato un vero tempo di grazia in cui, mediante i pellegrinaggi, le catechesi, numerose pubblicazioni e diverse iniziative, la figura di san Paolo è stata riproposta in tutta la Chiesa e il suo vibrante messaggio ha ravvivato ovunque, nelle comunità cristiane, la passione per Cristo e per il Vangelo. Rendiamo pertanto grazie a Dio per l’Anno Paolino e per tutti i doni spirituali che esso ci ha portato.
La divina Provvidenza ha disposto che proprio pochi giorni fa, il 19 giugno, solennità del Sacro Cuore di Gesù, sia stato inaugurato un altro anno speciale, l’Anno Sacerdotale, in occasione del 150° anniversario della morte – dies natalis – di Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars. Un ulteriore impulso spirituale e pastorale, che – ne sono certo - non mancherà di recare tanti benefici al popolo cristiano e specialmente al clero.

Qual è la finalità dell’Anno Sacerdotale?

Come ho scritto nell’apposita lettera che ho inviato ai sacerdoti, esso intende contribuire a promuovere l’impegno di interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi.

L’apostolo Paolo costituisce, in proposito, un modello splendido da imitare non tanto nella concretezza della vita – la sua infatti fu davvero straordinaria – ma nell’amore per Cristo, nello zelo per l’annuncio del Vangelo, nella dedizione alle comunità, nella elaborazione di efficaci sintesi di teologia pastorale.

San Paolo è esempio di sacerdote totalmente identificato col suo ministero – come sarà anche il Santo Curato d’Ars –, consapevole di portare un tesoro inestimabile, cioè il messaggio della salvezza, ma di portarlo in un "vaso di creta" (cfr 2 Cor 4,7); perciò egli è forte e umile nello stesso tempo, intimamente persuaso che tutto è merito di Dio, tutto è sua grazia.

"L’amore del Cristo ci possiede" – scrive l’Apostolo, e questo può ben essere il motto di ogni sacerdote, che lo Spirito "avvince" (cfr At 20,22) per farne un fedele amministratore dei misteri di Dio (cfr 1 Cor 4,1-2): il presbitero deve essere tutto di Cristo e tutto della Chiesa, alla quale è chiamato a dedicarsi con amore indiviso, come uno sposo fedele verso la sua sposa.
Cari amici, insieme con quella dei santi Apostoli Pietro e Paolo, invochiamo ora l’intercessione della Vergine Maria, perché ottenga dal Signore abbondanti benedizioni per i sacerdoti durante questo Anno Sacerdotale da poco iniziato. La Madonna, che san Giovanni Maria Vianney tanto amò e fece amare dai suoi parrocchiani, aiuti ogni sacerdote a ravvivare il dono di Dio che è in lui in virtù della santa Ordinazione, così che egli cresca nella santità e sia pronto a testimoniare, se necessario sino al martirio, la bellezza della sua totale e definitiva consacrazione a Cristo e alla Chiesa.

DOPO L’ANGELUS

En ce dimanche, qui est éclairé par les solennités liturgiques de saint Jean-Baptiste et des Apôtres Pierre et Paul, j’accueille avec joie les pèlerins de langue française venus pour la prière de l’Angélus. La liturgie de ce jour nous rappelle que l’homme est fait pour la vie. Quiconque accepte de croire au Christ et de fonder son existence sur son amour reçoit de lui la force qui fait vivre. Au terme de l’année paulinienne que nous venons de vivre, je vous invite à progresser toujours plus dans la communion fraternelle qui vous comblera de la richesse même du Christ. Avec ma Bénédiction apostolique !

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus Prayer. Today’s Liturgy proclaims Jesus Christ, the Saviour who has done away with death and brought us life through his Gospel. May our thoughts and actions always be inspired by the words and deeds of Jesus whom we venerate as the Way, the Truth and the Life. I wish you all a pleasant stay in Rome and a blessed Sunday!

Ganz herzlich grüße ich alle Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache. Mit der Vesper heute abend in der Basilika Sankt Paul vor den Mauern findet das Paulusjahr seinen Abschluß. Ich hoffe, daß uns die Persönlichkeit dieses Apostels der Völker immer vertrauter wird. Er war kein großer Redner und auch kein geschickter Stratege. Aber er hat sich mit Leib und Seele für das lebendige Wort Gottes, das Jesus Christus ist, eingesetzt und sich ihm ausgesetzt. Die Kirche ist nur dann überzeugend, wenn ihre Verkünder bereit sind, selbstlos und mutig für Gottes Liebe und Wahrheit einzutreten. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag.

Saludo con afecto a los fieles de lengua española, y de modo particular a los miembros del "Instituto Misioneras y Misioneros Identes", venidos a Roma para dar gracias a Dios por la celebración del cincuenta aniversario de su fundación. Invito a todos a fortalecer vuestra fe y esperanza, mediante el trato asiduo con Cristo en la oración, para llevar a todo el mundo el testimonio de vuestro amor a Dios. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Dzisiaj wieczorem, Nieszporami zakończymy Rok Świętego Pawła. Był to ważny Rok dla całego Kościoła. Przybliżył nam osobę Apostoła Narodów bez reszty oddanego Chrystusowi i dziełu ewangelizacji. Jego gorliwa posługa i oddanie Kościołowi są dla nas wyzwaniem, byśmy codziennym życiem odważnie świadczyli o Chrystusie. Niech nasze świadectwo będzie duchowym owocem tego Roku. Z serca wam błogosławię.

[Saluto cordialmente tutti i polacchi. Con i Vespri di questa sera chiuderemo l’Anno Paolino. È stato un anno importante per tutta la Chiesa. Ci ha avvicinato alla persona dell’Apostolo delle Nazioni, totalmente donatosi a Cristo e all’opera evangelizzatrice. Il suo zelante ministero e la sua dedizione alla Chiesa siano per noi una sfida a trasformare la nostra vita quotidiana in una coraggiosa testimonianza di Cristo. Che questa nostra testimonianza sia il frutto spirituale di quest’anno. Vi benedico tutti di cuore.]

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana, molti dei quali sono a Roma per la conclusione dell’Anno Paolino. Saluto, in particolare, i fedeli delle parrocchie: S. Maria Assunta in Avio, "Spirito Santo" in Botrugno e Santa Maria di Loreto in Fossano. Saluto il parroco e i fedeli della comunità dell’Annunciazione dell’Eparchia di Latakia-Siria della Chiesa Siro–Maronita, il Vicario Generale e i pellegrini della diocesi di Sapes in Albania, le missionarie e i missionari Identes dell’Istituto di Cristo Redentore. A tutti auguro di trascorrere una buona domenica sotto la speciale protezione dell’apostolo Paolo.

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sabato 27 giugno 2009

Il Papa:La Chiesa Cattolica intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena unità fra Cattolici e Ortodossi


IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008-28 GIUGNO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Vedi anche:

Il Papa agli Ortodossi: Noi ce la mettiamo tutta, anche sul Papato (Izzo)

Il Papa: Spero che gli Ortodossi superino le loro divisioni

La Chiesa cattolica impegnata a tutto campo per l'unità dei cristiani: così il Papa alla delegazione del Patriarcato di Costantinopoli (R.V.)

UDIENZA ALLA DELEGAZIONE DEL PATRIARCATO ECUMENICO DI COSTANTINOPOLI IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO E DELLA CONCLUSIONE DELL’ANNO PAOLINO, 27.06.2009

Alle ore 12.30 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza la Delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, giunta a Roma in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e della conclusione dell’Anno Paolino, celebrato per il bimillenario della nascita di San Paolo.
La Delegazione inviata da S.S. Bartolomeo I è composta da: Sua Eminenza Emmanuel, Metropolita di Francia, Direttore dell’Ufficio della Chiesa Ortodossa presso l’Unione Europea; S.E. Athenagoras, Vescovo di Sinope, Assistente del Metropolita del Belgio; Rev.do Diacono Ioakim Billis, della Sede patriarcale del Fanar.
La Delegazione parteciperà domani, 28 giugno, alla Celebrazione dei Vespri che saranno presieduti dal Santo Padre in San Paolo fuori le Mura, a conclusione dell’Anno Paolino; lunedì 29 giugno prenderà parte alla celebrazione presieduta dal Papa nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge questa mattina ai Membri della Delegazione nel corso dell’Udienza:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Ecco una nostra traduzione italiana del discorso di Benedetto XVI.

"Grazia a voi e pace da Dio, Padre Nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ef 1, 2).

Venerabili Fratelli,

è con queste parole che san Paolo "apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio" si rivolgeva "ai santi" che vivevano a Efeso "credenti in Cristo Gesù" (Ef 1, 1). Oggi, con questo annuncio di pace e di salvezza, vi porgo il benvenuto nella festa patronale dei santi Pietro e Paolo, con la quale concluderemo l'Anno paolino.
Lo scorso anno, il Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, ha voluto onorarci della sua presenza per celebrare insieme l'inaugurazione di questo anno di preghiera, di riflessione e di scambio di gesti di comunione fra Roma e Costantinopoli.
A nostra volta, noi abbiamo avuto la gioia di inviare una delegazione alle celebrazioni analoghe organizzate dal Patriarcato ecumenico. Non poteva d'altronde essere diversamente in questo anno dedicato a san Paolo, che raccomandava con vigore di "conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace", insegnandoci che ci sono "un solo corpo e un solo spirito" (Ef 4, 3-4).
Siate i benvenuti, cari fratelli che siete stati inviati da Sua Santità il Patriarca ecumenico, al quale trasmetterete in cambio il mio saluto caloroso e fraterno nel Signore. Insieme rendiamo grazie al Signore per tutti i frutti e i benefici che ci ha apportato la celebrazione del bimillenario della nascita di san Paolo. Celebreremo nella concordia la festa dei santi Pietro e Paolo, i protôthroni degli apostoli, come li invoca la tradizione liturgica ortodossa, ossia quelli che occupano il primo posto fra gli apostoli e sono chiamati "maestri dell'ecumene".
Con la vostra presenza, che è segno di fraternità ecclesiale, ci ricordate il nostro impegno comune nella ricerca della piena comunione.

Lo sapete già, ma ho piacere anche oggi di confermare che la Chiesa cattolica intende contribuire in tutti i modi che le saranno possibili al ristabilimento della piena comunione, in risposta alla volontà di Cristo per i suoi discepoli e conservando nella memoria l'insegnamento di Paolo, il quale ci ricorda che siamo stati chiamati "a una sola speranza".

In questa prospettiva, possiamo allora guardare con fiducia al buon proseguimento dei lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico fra gli ortodossi e i cattolici.

Quest'ultima si riunirà nel mese di ottobre prossimo per affrontare un tema cruciale per le relazioni fra Oriente e Occidente, ossia il "ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel corso del primo millennio". Lo studio di questo aspetto si dimostra in effetti indispensabile per poter approfondire globalmente la questione nel quadro attuale della ricerca della piena comunione.

Questa commissione, che ha già realizzato un importante lavoro, sarà generosamente ricevuta dalla Chiesa ortodossa di Cipro, alla quale esprimiamo fin d'ora tutta la nostra gratitudine, poiché l'accoglienza fraterna e il clima di preghiera che circonderanno i nostri colloqui non potranno che facilitare il nostro compito e la comprensione reciproca.
Desidero che i partecipanti al dialogo cattolico-ortodosso sappiano che le mie preghiere li accompagnano e che questo dialogo ha il totale sostegno della Chiesa cattolica. Di tutto cuore, auspico che le incomprensioni e le tensioni incontrate fra i delegati ortodossi durante le ultime sessioni plenarie di questa commissione siano superate nell'amore fraterno, di modo che questo dialogo sia più ampiamente rappresentativo dell'ortodossia.
Carissimi fratelli, vi ringrazio ancora per essere qui con noi in questo giorno e vi prego di trasmettere il mio saluto fraterno al Patriarca ecumenico, Sua Santità Bartolomeo I, al Santo Sinodo e a tutto il clero, così come al popolo dei fedeli ortodossi. La gioia della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, che celebriamo tradizionalmente lo stesso giorno, colmi i vostri cuori di fiducia e di speranza!

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(©L'Osservatore Romano - 28 giugno 2009)

Il Papa: "Le religioni non minano l’unità di un Paese, perché il loro intento più profondo è di santificare ogni persona e servire il bene comune"


Vedi anche:

Il Papa in Viet Nam? Adesso si può fare (Gianni Valente)

Sarà il Vietnam la prima meta del Papa in Asia? (Paolo D'Andrea)

Il Papa parla al Vietnam e nello stesso tempo rassicura la Cina: "La Chiesa non farà ingerenze" (Izzo)

Benedetto XVI ai vescovi del Vietnam: la Chiesa è al servizio della società. Le religioni non sono un pericolo per l'unità della nazione (R.V.)

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL VIÊT NAM, 27.06.2009

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum", e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Pubblichiamo una nostra traduzione del discorso di Benedetto XVI.

Signor cardinale,
cari fratelli nell'episcopato
,

È con grande gioia che vi accolgo, pastori della Chiesa cattolica che è in Viêt Nam.
Il nostro incontro assume un significato particolare in questi giorni in cui tutta la Chiesa celebra la solennità degli apostoli Pietro e Paolo, ed essa è per me di grande conforto poiché conosco i vincoli profondi di fedeltà e di amore che i fedeli del vostro Paese nutrono per la Chiesa e per il Papa.
È presso le tombe di questi due principi degli apostoli che voi siete venuti per manifestare la vostra comunione con il Successore di Pietro e per rafforzare l'unità che deve sempre esistere fra voi e che deve crescere ancora. Ringrazio il presidente della vostra Conferenza episcopale, monsignor Pierre Nguyên Van Nhon, vescovo di Ða-Lat, per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome vostro. Permettetemi di salutare in particolare i vescovi che sono stati nominati dalla vostra ultima visita ad limina. Desidero anche ricordare il venerato cardinale Paul Joseph Pham Dinh Tung, arcivescovo di Hà Nôi per molti anni. Con voi rendo grazie a Dio per lo zelo pastorale che ha dimostrato, con umiltà, in un amore paterno profondo per il suo popolo e una grande fraternità per i suoi sacerdoti. Che l'esempio di santità, di umiltà, di semplicità di vita dei grandi pastori del vostro Paese siano per voi stimoli nel vostro ministero episcopale al servizio del popolo vietnamita, al quale desidero esprimere la mia profonda stima!
Cari fratelli nell'episcopato, qualche giorno fa è iniziato l'Anno sacerdotale. Esso permetterà di mettere in luce la grandezza e la bellezza del ministero dei sacerdoti.
Vi sarei grato se poteste ringraziare i sacerdoti diocesani e religiosi del vostro amato Paese per la loro vita consacrata al Signore e per i loro sforzi pastorali in vista della santificazione del popolo di Dio. Prendetevene cura, siate pieni di comprensione verso di loro e aiutateli a completare la loro formazione permanente. Per essere una guida autentica e conforme al cuore di Dio e all'insegnamento della Chiesa, il sacerdote deve approfondire la sua vita interiore e tendere alla santità come l'umile curato di Ars ha mostrato. Il fiorire delle vocazione sacerdotali e religiose, in particolare nella vita consacrata femminile, è un dono da parte del Signore per la vostra Chiesa. Rendiamo grazie a Dio per i loro carismi particolari che voi incoraggiate rispettandoli e promuovendoli.
Nella vostra lettera pastorale dello scorso anno avete mostrato un'attenzione particolare per i fedeli laici mettendo in evidenza il ruolo della loro vocazione nell'ambito familiare. È auspicabile che ogni famiglia cattolica, insegnando ai bambini a vivere con una coscienza retta, nella lealtà e nella verità, divenga un focolare di valori e di virtù umane, una scuola di fede e di amore verso Dio. I laici cattolici dovrebbero dimostrare con la loro vita basata sulla carità, l'onestà l'amore per il bene comune, che un buon cattolico è anche un buon cittadino. Perciò vegliate attentamente sulla loro buona formazione, promuovendo la loro vita di fede e il loro livello culturale, affinché possano servire efficacemente la Chiesa e la società.
Desidero affidare in modo particolare alla vostra sollecitudine i giovani, soprattutto quelli che vivono nelle aree rurali e che sono attirati dalle città per intraprendervi studi superiori e per trovarvi un lavoro. Sarebbe auspicabile sviluppare una pastorale adeguata per questi giovani migranti interni, cominciando con il rafforzare, anche qui, la collaborazione fra le diocesi di origine dei giovani e le diocesi di accoglienza e prodigando loro consigli etici e direttive pratiche.
La Chiesa in Viêt Nam si sta attualmente preparando alla celebrazione del cinquantesimo anniversario della creazione della gerarchia episcopale vietnamita. Questa celebrazione, che sarà segnata in modo particolare dall'anno giubilare 2010, potrà permetterle di condividere con entusiasmo la gioia della fede con tutti i vietnamiti rinnovando i suoi impegni missionari. In tale occasione il popolo di Dio deve essere invitato a rendere grazie per il dono della fede in Gesù Cristo. Questo dono è stato accolto generosamente, vissuto e testimoniato da molti martiri, che hanno voluto proclamare la verità e l'universalità della fede in Dio. In tal senso, la testimonianza resa a Cristo è un servizio supremo che la Chiesa può offrire al Viêt Nam e a tutti i popoli dell'Asia, poiché risponde alla ricerca profonda della verità e dei valori che garantiscono lo sviluppo umano integrale (cfr. Ecclesia in Asia). Dinanzi alle numerose sfide che questa testimonianza incontra attualmente, è necessaria una più stretta collaborazione fra le diverse diocesi, fra le diocesi e le congregazioni religiose, e anche fra le stesse congregazioni religiose.
La lettera pastorale che la vostra Conferenza episcopale ha pubblicato nel 1980, insiste su "la Chiesa di Cristo in mezzo al suo popolo". Apportando la propria specificità - l'annuncio della Buona Novella di Cristo -, la Chiesa contribuisce allo sviluppo umano e spirituale delle persone, ma anche allo sviluppo del Paese. La sua partecipazione a questo processo è un dovere e un contributo importante, soprattutto in questo momento in cui il Viêt Nam sta conoscendo una progressiva apertura alla comunità internazionale.
Voi sapete come me che una sana collaborazione fra la Chiesa e la comunità politica è possibile. A tale proposito, la Chiesa invita tutti i membri a impegnarsi lealmente per l'edificazione di una società giusta, solidale ed equa.
Essa non intende assolutamente sostituirsi ai responsabili governativi, desiderando solamente poter prendere una giusta parte, in uno spirito di dialogo e di rispettosa collaborazione, alla vita della Nazione, al servizio di tutto il popolo. Partecipando attivamente, nel ruolo che le corrisponde e secondo la sua vocazione specifica, la Chiesa non si può mai esimere dall'esercizio della carità in quanto attività organizzata dei credenti e, d'altro canto, non vi sarà mai una situazione nella quale non si avrà bisogno della carità di ogni cristiano, poiché l'uomo, al di là della giustizia, avrà sempre bisogno dell'amore (Deus caritas est, n. 29).

Inoltre, mi sembra importante sottolineare che le religioni non rappresentano un pericolo per l'unità della Nazione, poiché esse mirano ad aiutare l'individuo a santificarsi e, attraverso le loro istituzioni, desiderano mettersi generosamente e in modo disinteressato al servizio del prossimo.

Signor cardinale, cari fratelli nell'episcopato, al ritorno nel vostro Paese, trasmettete il saluto caloroso del Papa ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai seminaristi, ai catechisti e a tutti i fedeli, soprattutto ai più poveri e a quanti soffrono fisicamente e spiritualmente. Li incoraggio vivamente a restare fedeli alla fede ricevuta dagli apostoli, di cui sono i testimoni generosi in condizioni spesso difficili, e a dimostrare l'umile fermezza che l'esortazione apostolica Ecclesia in Asia (n. 9) ha riconosciuto come una loro caratteristica. Che lo Spirito del Signore sia la loro guida e la loro forza! Affidandovi alla protezione materna di Nostra Signora di La-Vang e all'intercessione dei santi martiri del Viêt Nam, imparto a tutti un'affettuosa Benedizione Apostolica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 28 giugno 2009)

giovedì 25 giugno 2009

Il Papa: "Rinnovo la mia preghiera e il mio appello: mai più guerra, mai più violenza, mai più ingiustizia in Terra Santa"


PELLEGRINAGGIO DEL SANTO PADRE IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’ASSEMBLEA DELLA "RIUNIONE DELLE OPERE PER L’AIUTO ALLE CHIESE ORIENTALI" (R.O.A.C.O.), 25.06.2009

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Assemblea della "Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali" (R.O.A.C.O.) e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio
,
cari Membri ed Amici della Roaco,

1. È per me una felice consuetudine accogliervi al termine della seconda sessione annuale della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali. Sono grato al Signor Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di tutti. Le ricambio con un cordiale saluto, estendendolo volentieri all'Arcivescovo Segretario, Mons. Cyril Vasil', e al Sotto-Segretario recentemente nominati, agli altri collaboratori del Dicastero e al Cardinale Foley. Saluto gli Ecc.mi Presuli e il Custode di Terra Santa qui convenuti con i Rappresentanti delle Agenzie Cattoliche Internazionali e della Bethlehem University. Vi ringrazio di cuore, cari amici, per quanto state facendo in favore delle comunità orientali e latine presenti nei territori affidati a codesta Congregazione e nelle altre regioni del mondo, dove i figli dell'Oriente Cattolico, con i loro pastori, si sforzano di costruire una pacifica convivenza insieme con i fedeli di altre confessioni cristiane e di diverse religioni.

2. Avec la fête de Saint Pierre et Saint Paul toute proche, l'année dédiée à l'Apôtre des Gentils pour le bimillénaire de sa naissance arrive à sa conclusion. Saisi par le Christ et ravi par l'Esprit Saint, il a été un témoin privilégié du mystère de l'amour de Dieu manifesté dans le Christ Jésus. Sa parole inspirée et son témoignage confirmé par le don suprême du martyre, ont été un éloge incomparable de la charité chrétienne et sont d'une grande actualité. Je me réfère en particulier à l'Hymne à la Charité de la Première Lettre aux Corinthiens (1 Co 13). Dans la bouche de Paul de Tarse, la Parole de Dieu nous indique sans équivoque ce qui "est le plus grand" pour les disciples du Christ: la charité! C'est la source féconde de tout service d'Eglise, sa mesure, sa méthode et sa vérification. Par votre adhésion à la Roaco, vous désirez vivre cette charité, en offrant en particulier votre disponibilité à l'Evêque de Rome par l'intermédiaire de la Congrégation pour les Eglises orientales. De cette façon, pourra continuer et même grandir "ce mouvement de charité que, sur mandat du Pape, la Congrégation supervise afin que, de manière ordonnée et équitable, la Terre-Sainte et les autres régions orientales reçoivent le soutien spirituel et matériel nécessaire pour faire front à la vie ecclésiale ordinaire et à des nécessités particulières" (Discours à la Congrégation pour les Eglises orientales, 9 juin 2007).

[Con la festa dei santi Pietro e Paolo ormai prossima, l'anno dedicato all'Apostolo delle Genti per il bimillenario della sua nascita giunge alla sua conclusione.
Preso da Cristo e rapito dallo Spirito Santo, è stato un testimone privilegiato del mistero dell'amore di Dio manifestato in Cristo Gesù. La sua parola ispirata e la sua testimonianza confermata dal dono supremo del martirio, sono state un elogio incomparabile della carità cristiana e sono di grande attualità. Mi riferisco in particolare all'Inno alla Carità della Prima Lettera ai Corinzi (1 Cor 13). Nella bocca di Paolo di Tarso, la Parola di Dio ci indica inequivocabilmente ciò che "è più grande" per i discepoli di Cristo: la carità! È la fonte feconda di ogni servizio di Chiesa, la sua misura, il suo metodo e la sua verifica. Con la vostra adesione alla Roaco, voi desiderate vivere questa carità, offrendo in particolare la vostra disponibilità al vescovo di Roma attraverso la Congregazione delle Chiese Orientali. In tal modo, potrà continuare e persino crescere "quel movimento di carità che, per mandato del Papa, la Congregazione segue affinché in modo ordinato ed equo la Terra Santa e le altre regioni orientali ricevano il necessario sostegno spirituale e materiale per far fronte alla vita ecclesiale ordinaria e a particolari necessità" (Discorso alla Congregazione per le Chiese Orientali, 9 giugno 2007).]

3. Today's meeting rekindles the joy of my recent pilgrimage to the Holy Land. In this regard I renew my gratitude to the Latin Patriarch of Jerusalem, to the Papal Representative for Israel and for the Palestinian Territories, to Father Custos, and to all who have helped to make my pilgrimage fruitful. Indeed there were many moments of grace, when I was able to encourage and comfort the Catholic communities in the Holy Land, urging their members to persevere in their witness - a witness filled with fidelity, celebration, and at times great suffering. I was also able to remind the Christians of the region of their ecumenical and interreligious responsibility, in keeping with the spirit of the Second Vatican Council. I renew my prayer and my appeal for no more war, no more violence, no more injustice. I wish to assure you that the universal Church remains at the side of all our brothers and sisters who reside in the Holy Land. This concern is reflected in a special way in the Annual Holy Land Collection. I therefore exhort your Roaco Agencies to continue their charitable activities with zeal and with fidelity to the Successor of Peter.

[L'incontro di oggi riaccende la gioia del mio recente pellegrinaggio in Terra Santa. A questo proposito, rinnovo la mia gratitudine al Patriarca di Gerusalemme dei Latini, al Rappresentante Pontificio in Israele e nei Territori palestinesi, al Padre Custode e a tutti coloro che hanno contribuito a rendere feconda la mia visita. Infatti, ci sono stati molti momenti di grazia quando ho potuto incoraggiare e confortare le comunità cattoliche in Terra Santa, esortandole a perseverare nella loro testimonianza, una testimonianza piena di fedeltà, celebrazione e, a volte, grande sofferenza. Ho potuto anche ricordare ai cristiani della regione la loro responsabilità interreligiosa ed ecumenica, in sintonia con lo spirito del Concilio Vaticano ii. Rinnovo la mia preghiera e il mio appello: mai più guerra, mai più violenza, mai più ingiustizia. Desidero assicurarvi del fatto che la Chiesa universale resta al fianco dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che risiedono in Terra Santa. Questa preoccupazione si riflette in modo particolare nella Colletta Annuale per la Terra Santa. Quindi esorto le vostre agenzie della Roaco a proseguire le proprie attività caritative con zelo e con fedeltà al Successore di Pietro.]

4. Liebe Freunde der Roaco, mit besonderer Wertschätzung begleite ich euer Wirken in dieser weltweit heiklen Wirtschaftslage, die den kirchlichen Liebesdienst insgesamt und insbesondere die bereits in Angriff genommenen sowie die zukünftigen Projekte eurer Hilfswerke in Mitleidenschaft zu ziehen droht. Ich möchte die Gelegenheit ergreifen, euch wie auch die Hilfswerke, die ihr vertretet, zu einer zusätzlichen Anstrengung aufzurufen, um die richtigen Prioritäten auszumachen. Aus dem Geist des Glaubens wie auch durch kompetente Analysen und mit der notwendigen Nüchternheit können damit unnötige Entscheidungen korrigiert werden und die gegenwärtigen Notlagen wirksam angegangen werden; zum Beispiel die Situation der Flüchtlinge und Migranten, von der die Orientalischen Kirchen besonders stark betroffen sind, und der Wiederaufbau des Gazastreifens, der noch immer sich selbst überlassen ist, wobei auch der berechtigten Sorge Israels um seine Sicherheit Rechnung zu tragen ist. Gegenüber den völlig neuartigen Herausforderungen bleibt der kirchliche Liebesdienst wirksames Heilmittel und sichere Investition für die Gegenwart und die Zukunft.

[Cari amici della Roaco, con particolare apprezzamento accompagno le vostre opere in questa spinosa situazione mondiale, che minaccia di compromettere l'amorevole servizio ecclesiale in generale e i progetti già intrapresi e quelli futuri delle vostre opere assistenziali in particolare. Desidero cogliere l'opportunità di esortare voi e le opere che rappresentate a un impegno supplementare. Grazie allo spirito di fede, ad analisi accurate e al necessario realismo si potrebbero correggere alcune inutili decisioni e affrontare efficacemente le attuali situazioni di bisogno. Penso alla situazione dei rifugiati e dei migranti, che interessa fortemente le Chiese Orientali, e la riedificazione della Striscia di Gaza, ancora abbandonata a se stessa, laddove bisogna anche tener conto della legittima preoccupazione di Israele per la propria sicurezza. Di fronte alle sfide totalmente nuove il servizio amorevole della Chiesa resta lo strumento di salvezza efficace e l'investimento più sicuro per il presente e per il futuro.]

5. Cari amici, più volte ho sottolineato l'importanza dell'educazione del Popolo di Dio, e ancor più ora, che abbiamo appena iniziato l'Anno Sacerdotale, mi preme raccomandarvi di considerare col massimo favore la cura dei sacerdoti e il sostegno ai seminari. Quando, venerdì scorso, solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, ho inaugurato questo singolare anno giubilare, ho affidato al Cuore di Cristo e della Madre Immacolata tutti i sacerdoti del mondo, con un pensiero speciale per quelli che in Oriente come in Occidente stanno vivendo momenti di difficoltà e di prova. Colgo la presente occasione per chiedere anche a voi di pregare per i presbiteri. Vi domando di continuare a sostenere anche me, Successore dell'apostolo Pietro, perché possa svolgere appieno la mia missione al servizio della Chiesa universale. Grazie ancora per il lavoro che state compiendo: Iddio vi ricompensi abbondantemente. Con questi sentimenti, imparto a ciascuno di voi, alle persone care, alle comunità ed agenzie che rappresentate, la confortatrice Benedizione Apostolica.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 26 giugno 2009)

mercoledì 24 giugno 2009

Il Papa: Il presbitero non può considerarsi "padrone" della parola, ma servo. Egli non è la parola, ma è "voce" della Parola


ANNO SACERDOTALE (19 GIUGNO 2009-19 GIUGNO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG

OMELIE, DISCORSI, MESSAGGI E TESTI DEL SANTO PADRE SUI SACERDOTI E L'ANNO SACERDOTALE

ANNO PAOLINO (28 GIUGNO 2008-28 GIUGNO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

CATECHESI DEDICATE DAL SANTO PADRE ALL'ANNO SACERDOTALE

VIDEO INTEGRALE SU BENEDICT XVI.TV

Vedi anche:

Il Papa: San Paolo ed il Santo Curato d’Ars hanno in comune l'identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo (Fides)

Il Papa: "riunificare" i sacerdoti, divisi fra sacro e sociale (Izzo)

All'udienza generale, il Papa parla dell'Anno Sacerdotale e lancia un appello per i rapiti (Radio Vaticana)

Il Papa: “ricorda sempre nella preghiera” tutti i bambini vittime “della violenza e delle armi” (AsiaNews)

Il Papa prega per infanzia esposta ad abbandono, fame, abusi e malattie

Il Papa chiede la liberazione di Eugenio Vagni e di tutti i sequestrati (Asca)

Il Papa: l'idea di sacerdozio cattolico è a rischio nella stessa Chiesa

Il Papa: il sacerdote è uomo delle "relazioni" (Sir)

Il Papa: Per il sacerdote l’annuncio comporta sempre anche il sacrificio di sé" (Sir)

Il Papa: nelle società globalizzate la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione

MONUMENTALE CATECHESI DEL SANTO PADRE SUL SACERDOZIO

L’UDIENZA GENERALE, 24.06.2009

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sull’Anno Sacerdotale da lui indetto nell’occasione del 150° anniversario della morte del Curato d’Ars, san. Giovanni Maria Vianney.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Anno Sacerdotale

Cari fratelli e sorelle,

venerdì scorso 19 giugno, Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù e Giornata tradizionalmente dedicata alla preghiera per la santificazione dei sacerdoti, ho avuto la gioia d’inaugurare l’Anno Sacerdotale, indetto in occasione del centocinquantesimo anniversario della "nascita al Cielo" del Curato d’Ars, san Giovanni Battista Maria Vianney.
Ed entrando nella Basilica Vaticana per la celebrazione dei Vespri, quasi come primo gesto simbolico, mi sono fermato nella Cappella del Coro per venerare la reliquia di questo santo Pastore d’anime: il suo cuore.

Perché un Anno Sacerdotale? Perché proprio nel ricordo del santo Curato d’Ars, che apparentemente non ha compiuto nulla di straordinario?

La Provvidenza divina ha fatto sì che la sua figura venisse accostata a quella di san Paolo. Mentre infatti si va concludendo l’Anno Paolino, dedicato all’Apostolo delle genti, modello di straordinario evangelizzatore che ha compiuto diversi viaggi missionari per diffondere il Vangelo, questo nuovo anno giubilare ci invita a guardare ad un povero contadino diventato umile parroco, che ha consumato il suo servizio pastorale in un piccolo villaggio.

Se i due Santi differiscono molto per i percorsi di vita che li hanno caratterizzati – l’uno è passato di regione in regione per annunciare il Vangelo, l’altro ha accolto migliaia e migliaia di fedeli sempre restando nella sua piccola parrocchia -, c’è però qualcosa di fondamentale che li accomuna: ed è la loro identificazione totale col proprio ministero, la loro comunione con Cristo che faceva dire a san Paolo: "Sono stato crocifisso con Cristo. Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20).

E san Giovanni Maria Vianney amava ripetere: "Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro il vetro, come il vino mescolato all’acqua".

Scopo di questo Anno Sacerdotale come ho scritto nella lettera inviata ai sacerdoti per tale occasione - è pertanto favorire la tensione di ogni presbitero "verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero", e aiutare innanzitutto i sacerdoti, e con essi l’intero Popolo di Dio, a riscoprire e rinvigorire la coscienza dello straordinario ed indispensabile dono di Grazia che il ministero ordinato rappresenta per chi lo ha ricevuto, per la Chiesa intera e per il mondo, che senza la presenza reale di Cristo sarebbe perduto.

Indubbiamente sono mutate le condizioni storiche e sociali nelle quali ebbe a trovarsi il Curato d’Ars ed è giusto domandarsi come possano i sacerdoti imitarlo nella immedesimazione col proprio ministero nelle attuali società globalizzate. In un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto del quale, la "funzionalità" diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora anche all’interno della coscienza ecclesiale.

Non di rado, sia negli ambienti teologici, come pure nella concreta prassi pastorale e di formazione del clero, si confrontano, e talora si oppongono, due differenti concezioni del sacerdozio. Rilevavo in proposito alcuni anni or sono che esistono "da una parte una concezione sociale-funzionale che definisce l’essenza del sacerdozio con il concetto di ‘servizio’: il servizio alla comunità, nell’espletamento di una funzione… Dall’altra parte, vi è la concezione sacramentale-ontologica, che naturalmente non nega il carattere di servizio del sacerdozio, lo vede però ancorato all’essere del ministro e ritiene che questo essere è determinato da un dono concesso dal Signore attraverso la mediazione della Chiesa, il cui nome è sacramento" (J. Ratzinger, Ministero e vita del Sacerdote, in Elementi di Teologia fondamentale. Saggio su fede e ministero, Brescia 2005, p.165).

Anche lo slittamento terminologico dalla parola "sacerdozio" a quelle di "servizio, ministero, incarico", è segno di tale differente concezione. Alla prima, poi, quella ontologico-sacramentale, è legato il primato dell’Eucaristia, nel binomio "sacerdozio-sacrificio", mentre alla seconda corrisponderebbe il primato della parola e del servizio dell’annuncio.

A ben vedere, non si tratta di due concezioni contrapposte, e la tensione che pur esiste tra di esse va risolta dall’interno. Così il Decreto Presbyterorum ordinis del Concilio Vaticano II afferma: "È proprio per mezzo dell'annuncio apostolico del Vangelo che il popolo di Dio viene convocato e adunato, in modo che tutti… possano offrire se stessi come «ostia viva, santa, accettabile da Dio» (Rm 12,1), ed è proprio attraverso il ministero dei presbiteri che il sacrificio spirituale dei fedeli viene reso perfetto nell'unione al sacrificio di Cristo, unico mediatore. Questo sacrificio, infatti, per mano dei presbiteri e in nome di tutta la Chiesa, viene offerto nell'Eucaristia in modo incruento e sacramentale, fino al giorno della venuta del Signore" (n. 2).

Ci chiediamo allora: "Che cosa significa propriamente, per i sacerdoti, evangelizzare? In che consiste il cosiddetto primato dell’annuncio"?. Gesù parla dell’annuncio del Regno di Dio come del vero scopo della sua venuta nel mondo e il suo annuncio non è solo un "discorso".

Include, nel medesimo tempo, il suo stesso agire: i segni e i miracoli che compie indicano che il Regno viene nel mondo come realtà presente, che coincide ultimamente con la sua stessa persona. In questo senso, è doveroso ricordare che, anche nel primato dell’annuncio, parola e segno sono indivisibili. La predicazione cristiana non proclama "parole", ma la Parola, e l’annuncio coincide con la persona stessa di Cristo, ontologicamente aperta alla relazione con il Padre ed obbediente alla sua volontà.
Quindi, un autentico servizio alla Parola richiede da parte del sacerdote che tenda ad una approfondita abnegazione di sé, sino a dire con l’Apostolo: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me".

Il presbitero non può considerarsi "padrone" della parola, ma servo. Egli non è la parola, ma, come proclamava Giovanni il Battista, del quale celebriamo proprio oggi la Natività, è "voce" della Parola: "Voce di uno che grida nel deserto: preparate la strada del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3).

Ora, essere "voce" della Parola, non costituisce per il sacerdote un mero aspetto funzionale. Al contrario presuppone un sostanziale "perdersi" in Cristo, partecipando al suo mistero di morte e di risurrezione con tutto il proprio io: intelligenza, libertà, volontà e offerta dei propri corpi, come sacrificio vivente (cfr Rm 12,1-2).
Solo la partecipazione al sacrificio di Cristo, alla sua chènosi, rende autentico l’annuncio! E questo è il cammino che deve percorrere con Cristo per giungere a dire al Padre insieme con Lui: si compia "non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi" (Mc 14,36). L’annuncio, allora, comporta sempre anche il sacrificio di sé, condizione perché l’annuncio sia autentico ed efficace.

Alter Christus, il sacerdote è profondamente unito al Verbo del Padre, che incarnandosi ha preso la forma di servo, è divenuto servo (cfr Fil 2,5-11).

Il sacerdote é servo di Cristo, nel senso che la sua esistenza, configurata a Cristo ontologicamente, assume un carattere essenzialmente relazionale: egli è in Cristo, per Cristo e con Cristo al servizio degli uomini. Proprio perché appartiene a Cristo, il presbitero è radicalmente al servizio degli uomini: è ministro della loro salvezza, della loro felicità, della loro autentica liberazione, maturando, in questa progressiva assunzione della volontà del Cristo, nella preghiera, nello "stare cuore a cuore" con Lui.

È questa allora la condizione imprescindibile di ogni annuncio, che comporta la partecipazione all’offerta sacramentale dell’Eucaristia e la docile obbedienza alla Chiesa.

Il santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: "Come è spaventoso essere prete!". Ed aggiungeva: "Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!". Possa l’Anno sacerdotale condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi totalmente con Gesù crocifisso e risorto, perché, ad imitazione di san Giovanni Battista, siano pronti a "diminuire" perché Lui cresca; perché, seguendo l’esempio del Curato d’Ars, avvertano in maniera costante e profonda la responsabilità della loro missione, che è segno e presenza dell’infinita misericordia di Dio. Affidiamo alla Madonna, Madre della Chiesa, l’Anno Sacerdotale appena iniziato e tutti i sacerdoti del mondo.

Saluto in lingua italiana

Il mio cordiale benvenuto va ora ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli della diocesi di San Marino-Montefeltro, accompagnati dal loro Vescovo, Mons. Luigi Negri, ed a quelli che partecipano al pellegrinaggio promosso dalla Congregazione di San Giovanni Battista Precursore. A ciascuno auguro che quest'incontro costituisca un'occasione provvidenziale per un rinnovato impegno di testimonianza cristiana. Saluto, poi, i Legionari di Cristo, invocando su ognuno la continua protezione del Signore. Il mio pensiero va, altresì, alle Suore Apostole del Santo Rosario, che incoraggio a diffondere con entusiasmo la novità del perenne messaggio salvifico portato da Cristo.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Celebriamo oggi la festa della natività di San Giovanni Battista, mandato da Dio per rendere testimonianza alla luce e preparare al Signore un popolo ben disposto. Auguro a voi, cari giovani, di trovare nell'amicizia con Gesù la forza necessaria per essere sempre all'altezza delle responsabilità che vi attendono. Esorto voi, cari ammalati, a considerare le sofferenze e le prove quotidiane come opportunità che Dio offre per cooperare alla salvezza delle anime. Ed invito voi, cari sposi novelli, a manifestare l'amore del Signore nella fedeltà reciproca e nella generosa accoglienza della vita.

Rivolgo un cordiale saluto alla Delegazione guidata dalla Sotto-Segretario dell’ONU e Rappresentante speciale per i Bambini in situazione di conflitto armato. Nell’esprimere a Lei e ai suoi accompagnatori vivo apprezzamento per l’impegno a difesa dell’infanzia vittima della violenza e delle armi, penso a tutti i bambini del mondo, in particolare a quelli che sono esposti alla paura, all’abbandono, alla fame, agli abusi, alla malattia, alla morte. Il Papa è vicino a tutte queste piccole vittime e li ricorda sempre nella preghiera.

* * *

Il 24 giugno di 150 anni fa nasceva l’idea di una grande mobilitazione per l’assistenza delle vittime delle guerre, che in seguito prenderà il nome di Croce Rossa. Nel corso degli anni, i valori di universalità, neutralità, indipendenza del servizio, hanno suscitato l’adesione di milioni di volontari in ogni parte del mondo, formando un importante baluardo di umanità e di solidarietà in tanti contesti di guerra e di conflitto, come pure in molte emergenze. Nell’auspicare che la persona umana, nella sua dignità e nella sua interezza sia sempre al centro dell’impegno umanitario della Croce Rossa, incoraggio specialmente i giovani ad impegnarsi concretamente in questa benemerita Istituzione. Approfitto di questa circostanza per chiedere il rilascio di tutte le persone sequestrate in zone di confitto e nuovamente la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce Rossa nelle Filippine.

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