venerdì 30 marzo 2012

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: Questo, cari amici, è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace. Anche noi, allora, non abbiamo paura di percorrere la nostra “via crucis”, di portare la nostra croce insieme con Gesù

VISITA PASTORALE DEL PAPA AL CARCERE DI REBIBBIA (18 DICEMBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG

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Il Papa scrive ai detenuti di Rebibbia: la visita mi ha segnato nel profondo (Izzo)

Il Papa ai detenuti: So che questa Via Crucis vuole essere anche un segno di riconciliazione

Il Papa ai detenuti: i vostri volti hanno lasciato in me un segno profondo (Ambrogetti)

Il Papa ai detenuti di Rebibbia: possiamo rialzarci dalle nostre cadute (Sir)

Il Papa scrive ai detenuti di Rebibbia che celebrano la Via Crucis: Gesù vi aiuta a rialzarvi dalle cadute

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA VIA CRUCIS NELLA CASA CIRCONDARIALE DI REBIBBIA A ROMA, 30.03.2012

"Oggi sarai con me in paradiso" è tema scelto per la Via Crucis che si è tenuta oggi pomeriggio alle 16.30 nella Casa circondariale "Nuovo complesso" di Rebibbia a Roma.
La celebrazione è stata presieduta dal Cardinale Vicario di Roma, Agostino Vallini, alla presenza del Direttore dell’Istituto di pena di Via Majetti, Dr. Carmelo Cantone, del Direttore della Caritas diocesana, Mons. Enrico Feroci e di numerosi fedeli provenienti da diverse parrocchie romane. Tra loro anche i volontari della Caritas e i seminaristi che ogni giorno prestano il loro servizio nel carcere. Con il cappellano dell’Istituto di pena hanno partecipato circa trecento detenuti. La Via Crucis si è svolta nella piazza antistante la chiesa del carcere, intitolata a "Dio Padre nostro".
Il Santo Padre Benedetto XVI, che ha visitato il carcere di Rebibbia lo scorso 18 dicembre, ha inviato ai partecipanti alla Via Crucis il messaggio che riportiamo di seguito:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli!

Sono stato felice di sapere che, in preparazione alla Pasqua, darete vita, nella Casa Circondariale di Rebibbia, ad una Via Crucis che sarà presieduta dal mio Vicario per Roma, il Cardinale Agostino Vallini, con la partecipazione di detenuti, operatori penitenziari e gruppi di fedeli da varie parrocchie della città.
Mi sento particolarmente vicino a questa iniziativa, perché è sempre vivo nel mio animo il ricordo della visita che ho compiuto nel carcere di Rebibbia poco prima dello scorso Natale; ricordo i volti che ho incontrato e le parole che ho ascoltato, e che hanno lasciato in me un segno profondo. Perciò, mi unisco spiritualmente alla vostra preghiera, e così posso dare continuità alla mia presenza in mezzo a voi, e di questo ringrazio in particolare i vostri Cappellani.
So che questa Via Crucis vuole essere anche un segno di riconciliazione.
In effetti, come disse uno dei detenuti durante il nostro incontro, il carcere serve per rialzarsi dopo essere caduti, per riconciliarsi con se stessi, con gli altri e con Dio, e poter poi rientrare di nuovo nella società. Quando, nella Via Crucis, vediamo Gesù che cade a terra — una, due, tre volte — comprendiamo che Lui ha condiviso la nostra condizione umana, il peso dei nostri peccati lo ha fatto cadere; ma per tre volte Gesù si è rialzato e ha proseguito il cammino verso il Calvario; e così, con il suo aiuto, anche noi possiamo rialzarci dalle nostre cadute, e magari aiutare un altro, un fratello, a rialzarsi.
Ma che cosa dava a Gesù la forza di andare avanti?
Era la certezza che il Padre era con Lui. Anche se nel suo cuore c’era tutta l’amarezza dell’abbandono, Gesù sapeva che il Padre lo amava, e proprio questo amore immenso, questa misericordia infinita del Padre celeste lo consolava ed era più grande delle violenze e degli oltraggi che lo circondavano. Anche se tutti lo disprezzavano e lo trattavano non più come un uomo, Gesù, nel suo cuore, aveva la ferma certezza di essere sempre figlio, il Figlio amato da Dio Padre.
Questo, cari amici, è il grande dono che Gesù ci ha fatto con la sua Via Crucis: ci ha rivelato che Dio è amore infinito, è misericordia, e porta fino in fondo il peso dei nostri peccati, perché noi possiamo rialzarci e riconciliarci e ritrovare la pace. Anche noi, allora, non abbiamo paura di percorrere la nostra “via crucis”, di portare la nostra croce insieme con Gesù. Lui è con noi. E con noi c’è anche Maria, sua e nostra madre. Lei rimane fedele anche ai piedi della nostra croce, e prega per la nostra risurrezione, perché crede fermamente che, anche nella notte più buia, l’ultima parola è la luce dell’amore di Dio.
Con questa speranza, basata sulla fede, auguro a tutti voi di vivere la prossima Pasqua nella pace e nella gioia che Cristo ci ha acquistato con il suo sangue, e con grande affetto vi imparto la Benedizione Apostolica, estendendola di cuore ai vostri familiari e alle persone care.

Dal Vaticano, 22 marzo 2012

BENEDICTUS PP. XVI

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(©L'Osservatore Romano 31 marzo 2012)

giovedì 29 marzo 2012

Il Papa si congeda da Cuba: Concludo qui il mio pellegrinaggio, ma continuerò a pregare ardentemente affinché continuiate il vostro cammino e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità. Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore di ogni uomo è imprescindibile per rispondere in modo adeguato alle esigenze fondamentali della sua dignità, e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista indispensabile del futuro della propria vita, della propria famiglia e della propria patria

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN MESSICO ED A CUBA

SANTA MESSA A LA HAVANA: VIDEO INTEGRALE

DISCORSO DEL PAPA: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

CERIMONIA DI CONGEDO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE "JOSÉ MARTÍ" DI LA HABANA (CUBA)

Alle ore 16 il Santo Padre prende congedo dalla Nunziatura Apostolica di La Habana e si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale "José Martí" dove, alle 17 (le 24, ora di Roma), ha luogo la Cerimonia di congedo, alla presenza del Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri della Repubblica, delle Autorità politiche e civili, del Corpo Diplomatico, dei Vescovi del Paese e di un gruppo di fedeli.
Dopo il discorso del Presidente, S.E. il Sig. Raúl Modesto Castro Ruz, il Papa pronuncia le parole che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Signori Cardinali e cari Fratelli nell'Episcopato,
distinte Autorità,
Signore e Signori,
amici tutti,


Rendo grazie a Dio che mi ha permesso di visitare questa bella Isola, che ha lasciato un segno così profondo nel cuore del mio amato Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, quando venne in queste terre come messaggero della verità e della speranza. Anch’io ho desiderato ardentemente di venire tra voi come pellegrino della carità, per ringraziare la Vergine Maria per la presenza della sua venerata immagine del Santuario del Cobre, dal quale, da quattro secoli, accompagna il cammino della Chiesa in questa Nazione ed infonde coraggio a tutti i cubani, affinché, dalla mano di Cristo, scoprano il vero senso delle ansie e dei desideri che annidano nel cuore umano, e abbiano la forza necessaria per costruire una società solidale, nella quale nessuno si senta escluso. «Cristo, che è risorto dai morti, brilla in questo mondo, e lo fa nel modo più chiaro proprio là dove secondo il giudizio umano tutto sembra cupo e privo di speranza. Egli ha vinto la morte – Egli vive – e la fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ciò che è buio e minaccioso» (Veglia di preghiera coi giovani, Fiera di Friburgo di Brisgovia, 24 settembre 2011).

Ringrazio il Signor Presidente e le altre Autorità del Paese per l'interesse e la generosa collaborazione prestata per il positivo svolgimento di questo Viaggio. La mia viva gratitudine va anche ai Membri della Conferenza dei Vescovi Cattolici di Cuba che non hanno lesinato sforzi e sacrifici per questo stesso fine, come pure a quanti hanno offerto il loro contribuito, in vario modo, in particolare con la preghiera.

Porto nell’intimo del mio cuore tutti e ciascuno dei cubani, che mi hanno circondato con la loro preghiera e il loro affetto, offrendomi una cordiale ospitalità e facendomi partecipe delle loro più profonde e giuste aspirazioni.

Sono venuto qui come testimone di Gesù Cristo, nella ferma convinzione che, dove Egli arriva, lo scoraggiamento lascia il posto alla speranza, la bontà allontana le incertezze, ed una forza vigorosa apre l’orizzonte a inusitate e benefiche prospettive. Nel suo Nome, e come Successore dell'Apostolo Pietro, ho voluto ricordare il suo Messaggio di salvezza perché rafforzi l'entusiasmo e la sollecitudine dei Vescovi cubani, come pure dei loro sacerdoti, dei religiosi e di coloro che si preparano con impegno al ministero sacerdotale e alla vita consacrata. Che serva anche come nuovo impulso a quanti cooperano, con costanza ed abnegazione, nell’opera di evangelizzazione, specialmente ai fedeli laici, affinché, intensificando la loro dedizione a Dio negli ambienti di vita e nel lavoro, non si stanchino di offrire con responsabilità il loro apporto al bene e al progresso integrale della patria.

Il cammino che Cristo propone all'umanità, e ad ogni persona e popolo in particolare, non la coarta in nulla, anzi è il fattore primo e principale per il suo autentico sviluppo. La luce del Signore, che ha brillato con fulgore in questi giorni, non si spenga in chi l'ha accolta ed aiuti tutti a rafforzare la concordia e a far fruttificare il meglio dell'anima cubana, i suoi valori più nobili, sui quali è possibile fondare un società di ampi orizzonti, rinnovata e riconciliata. Che nessuno si senta impedito a prendere parte a questo appassionante compito, per limitazione delle proprie libertà fondamentali, né si senta esonerato da esso, per negligenza o carenza di mezzi materiali. Situazione che risulta aggravata quando misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese pesano negativamente sulla popolazione.

Concludo qui il mio pellegrinaggio, ma continuerò a pregare ardentemente affinché continuiate il vostro cammino e Cuba sia la casa di tutti e per tutti i cubani, dove convivano la giustizia e la libertà, in un clima di serena fraternità. Il rispetto e la cura della libertà che palpita nel cuore di ogni uomo è imprescindibile per rispondere in modo adeguato alle esigenze fondamentali della sua dignità, e costruire così una società nella quale ciascuno si senta protagonista indispensabile del futuro della propria vita, della propria famiglia e della propria patria.

L'ora presente reclama in modo urgente che, nella convivenza umana, nazionale ed internazionale, si eliminino posizioni inamovibili ed i punti di vista unilaterali che tendono a rendere più ardua l'intesa ed inefficace lo sforzo di collaborazione. Le eventuali discrepanze devono essere risolte ricercando, senza stancarsi, ciò che unisce tutti, con un dialogo paziente e sincero e una volontà sincera di ascolto che accolga obiettivi portatori di nuove speranze.

Cuba, ravviva in te la fede dei tuoi padri! Prendi da questa fede la forza per edificare un avvenire migliore, abbi fiducia nelle promesse del Signore, apri il tuo cuore al suo Vangelo per rinnovare in modo autentico la vita personale e sociale.

Mentre vi rivolgo il mio commosso addio, chiedo a Nostra Signora della Carità del Cobre che protegga col suo manto tutti i cubani, li sostenga in mezzo alle prove e ottenga dall'Onnipotente la grazia che maggiormente desiderano. Hasta siempre, Cuba, terra impreziosita dalla presenza materna di Maria. Che Dio benedica il tuo futuro. Molte grazie.

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mercoledì 28 marzo 2012

Il Papa ai Cubani: Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori che sostengono l'etica, non impone, ma propone l'invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del rifiuto e della Croce. L'incontro personale con Colui che è la verità in persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con la testimonianza. Cari amici, non esitate a seguire Gesù Cristo. In Lui troviamo la verità su Dio e sull'uomo. Egli ci aiuta a sconfiggere i nostri egoismi, ad uscire dalle nostre ambizioni e a vincere ciò che ci opprime

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN MESSICO ED A CUBA

SANTA MESSA A LA HAVANA: VIDEO INTEGRALE

OMELIA DEL PAPA: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

SANTA MESSA NELLA PLAZA DE LA REVOLUCIÓN A LA HABANA (CUBA)

Alle ore 9 di oggi (le 16, ora di Roma), il Santo Padre Benedetto XVI presiede in Plaza de la Revolución "José Martí" a La Habana la Santa Messa concelebrata con i Vescovi cubani.
La celebrazione è introdotta dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di La Habana, Card. Jaime Lucas Ortega y Alamino.
Dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

«Benedetto sei tu, Signore Dio… Benedetto il tuo nome glorioso e santo» (Dn 3, 52). Questo inno di benedizione del Libro di Daniele risuona oggi nella nostra liturgia invitandoci ripetutamente a benedire e lodare Dio. Siamo parte della moltitudine di quel coro che celebra il Signore incessantemente. Ci uniamo a questo insieme di azioni di grazie, ed offriamo la nostra voce gioiosa e fiduciosa che cerca di consolidare nell'amore e nella verità il cammino della fede.
«Benedetto sia Dio» che ci riunisce in questa piazza emblematica, affinché ci immergiamo più profondamente nella sua vita. Provo una grande gioia nell’essere oggi tra voi e presiedere questa Santa Messa nel cuore di questo Anno giubilare dedicato alla Vergine della Carità del Cobre.
Saluto cordialmente il Cardinale Jaime Ortega y Alamino, Arcivescovo di L'Avana, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Estendo il mio saluto ai Signori Cardinali, ai miei fratelli Vescovi di Cuba e di altri Paesi che hanno voluto partecipare a questa solenne celebrazione. Saluto anche i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi e tutti i fedeli qui convenuti, come pure le Autorità che ci accompagnano.
Nella prima lettura che è stata proclamata, i tre giovani, perseguitati dal sovrano babilonese, preferiscono affrontare la morte bruciati dal fuoco piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede. Essi trovarono la forza di «lodare, glorificare e benedire Dio» nella convinzione che il Signore del cosmo e della storia non li avrebbe abbandonati alla morte ed al nulla. In effetti, Dio non abbandona mai i suoi figli, non li dimentica mai. Egli sta al di sopra di noi ed è capace di salvarci con il suo potere. Allo stesso tempo, è vicino al suo popolo, e per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo ha voluto porre la sua dimora tra noi.
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31).

Nel brano del Vangelo che è stato proclamato, Gesù si rivela come il Figlio di Dio Padre, il Salvatore, l'unico che può mostrare la verità e dare la vera libertà. Il suo insegnamento provoca resistenza ed inquietudine tra i suoi interlocutori, ed Egli li accusa di cercare la sua morte, alludendo al supremo sacrificio della Croce, ormai vicino. Ma li esorta a credere, a rimanere nella sua Parola, per conoscere la verità che redime ed onora.

In effetti, la verità è un anelito dell'essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38), proclamando l'incapacità dell'uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi.

D'altra parte, ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all'irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella «loro verità» e cercano di imporla agli altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e sanguinante, gridano infuriati: «Crocifiggilo!» (cfr Gv 19,6). In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l'uomo con un'innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l'irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici.
Inoltre, la verità sull'uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un'etica con la quale tutti possono confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in definitiva, sulla dignità inviolabile dell'essere umano. Questo patrimonio etico è quello che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui.

Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori che sostengono l'etica, non impone, ma propone l'invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del rifiuto e della Croce. L'incontro personale con Colui che è la verità in persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con la testimonianza.
Cari amici, non esitate a seguire Gesù Cristo. In Lui troviamo la verità su Dio e sull'uomo. Egli ci aiuta a sconfiggere i nostri egoismi, ad uscire dalle nostre ambizioni e a vincere ciò che ci opprime.


Colui che opera il male, colui che commette peccato, è schiavo del peccato e non raggiungerà mai la libertà (cfr Gv 8,34). Solo rinunciando all'odio e al nostro cuore indurito e cieco, saremo liberi, ed una nuova vita germoglierà in noi.
Con la ferma convinzione che Cristo è la vera misura dell'uomo, e sapendo che in Lui si trova la forza necessaria per affrontare ogni prova, desidero annunciarvi apertamente il Signore Gesù come Via, Verità e Vita. In Lui tutti troveranno la piena libertà, la luce per capire in profondità la realtà e trasformarla con il potere rinnovatore dell'amore.
La Chiesa vive per rendere partecipi gli altri dell’unica cosa che possiede, e che non è altro che Cristo stesso, speranza della gloria (cfr Col 1,27).

Per poter svolgere questo compito, essa deve contare sull'essenziale libertà religiosa, che consiste nel poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di amore, di riconciliazione e di pace, che Gesù portò al mondo. E’ da riconoscere con gioia che sono stati fatti passi in Cuba affinché la Chiesa compia la sua ineludibile missione di annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede. Tuttavia, è necessario proseguire, e desidero incoraggiare le autorità governative della Nazione a rafforzare quanto già raggiunto ed a proseguire in questo cammino di genuino servizio al bene comune di tutta la società cubana.

Il diritto alla libertà religiosa, sia nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l'unità della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente. Legittima anche che i credenti offrano un contributo all'edificazione della società. Il suo rafforzamento consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo migliore, crea condizioni propizie per la pace e per lo sviluppo armonioso e, contemporaneamente, stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti delle generazioni future.
Quando la Chiesa mette in risalto questo diritto, non sta reclamando alcun privilegio. Pretende solo di essere fedele al mandato del suo divino Fondatore, cosciente che dove Cristo si rende presente, l'uomo cresce in umanità e trova la sua consistenza. Per questo, essa cerca di offrire questa testimonianza nella sua predicazione e nel suo insegnamento, sia nella catechesi come negli ambienti formativi ed universitari. È da sperare che presto giunga anche qui il momento in cui la Chiesa possa portare nei vari campi del sapere i benefici della missione che il suo Signore le ha affidato e che non può mai trascurare.
Esempio illustre di questo lavoro fu l'insigne sacerdote Félix Varela, educatore e maestro, figlio illustre di questa città di L'Avana che è passato alla storia di Cuba come il primo che ha insegnato al suo popolo a pensare. Il Padre Varela ci presenta la strada per una vera trasformazione sociale: formare uomini virtuosi per forgiare una nazione degna e libera, poiché questa trasformazione dipenderà dalla vita spirituale dell'uomo; infatti, «non c'è patria senza virtù» (Lettere ad Elpidio, lettera sesta, Madrid 1836, 220). Cuba ed il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di interrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità.
Invocando la materna protezione di Maria Santissima, chiediamo che ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia diventiamo anche testimoni della carità che risponde al male con il bene (cfr Rm 12, 21), offrendoci come ostia viva a chi con amore offrì se stesso per noi. Camminiamo alla luce di Cristo, che può disperdere la tenebra dell'errore. Supplichiamolo che, con il valore e il vigore dei santi, giungiamo a dare una risposta libera, generosa e coerente a Dio, senza paure, né rancori. Amen.

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martedì 27 marzo 2012

Il Papa al Santuario della Vergine del Cobre: Sull’esempio della Santissima Vergine, incoraggio tutti i figli di questa cara terra a continuare a fondare la vita sulla roccia salda che è Gesù Cristo, a lavorare per la giustizia, ad essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove. Che niente e nessuno vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo cubano

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN MESSICO ED A CUBA

VISITA AL SANTUARIO DELLA VERGINE DEL COBRE: VIDEO INTEGRALE

Preghiera alla Santa Vergine recitata dal Papa al Santuario del Cobre

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

VISITA AL SANTUARIO NAZIONALE DELLA VIRGEN DE LA CARIDAD DEL COBRE A SANTIAGO DE CUBA

Alle ore 8 di oggi il Papa celebra la Santa Messa in privato nella Cappella del Seminario San Basilio Magno di Santiago de Cuba e, dopo il congedo, si trasferisce in auto al vicino Santuario della "Virgen de la Caridad" di El Cobre.
Al Suo arrivo alle ore 9.30 (le 16.30, ora di Roma) è accolto dall’Arcivescovo di Santiago de Cuba e dal Rettore. Nel Santuario il Papa si sofferma davanti al Santissimo, quindi si inginocchia dinnanzi alla scultura lignea della Virgen de la Caridad e, compiendo il rituale dell’Anno giubilare nel IV Centenario del ritrovamento, accende un cero e recita la Preghiera alla Vergine.
Il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia, infine, all’ingresso principale del Santuario per salutare e benedire i fedeli raccolti nella piazzetta e lungo la scalinata. Queste le parole che il Papa rivolge ai presenti:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Sono venuto come pellegrino fino alla casa dell’immagine benedetta di Nostra Signora della Carità, “la Mambisa”, come la invocate affettuosamente. La sua presenza in questo paese di El Cobre è un regalo del Cielo per i cubani.
Desidero salutare cordialmente quanti sono qui presenti. Ricevete l’affetto del Papa e portatelo dappertutto, perché tutti sperimentino la consolazione e la fortezza nella fede. Fate sapere a quanti incontrate, vicini o lontani, che ho affidato alla Madre di Dio il futuro della vostra Patria, affinché avanzi nel cammino di rinnovamento e di speranza, per il maggior bene di tutti i cubani.

Ho pregato la Vergine Santissima anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono gravi momenti di difficoltà. Ho posto, allo stesso tempo, nel suo Cuore Immacolato i giovani, affinché siano autentici amici di Cristo e non cedano alle proposte che lasciano tristezza dietro di sé. Davanti a Maria della Carità, mi sono ricordato anche, in modo particolare, dei cubani discendenti di coloro che giunsero qui dall’Africa, come pure della vicina popolazione di Haiti, che soffre ancora delle conseguenze del ben conosciuto terremoto di due anni fa. E non ho dimenticato i molti contadini e le loro famiglie, che desiderano vivere intensamente nelle loro case il Vangelo, e offrono anche le loro case come centri di missione per la celebrazione dell’Eucaristia.

Sull’esempio della Santissima Vergine, incoraggio tutti i figli di questa cara terra a continuare a fondare la vita sulla roccia salda che è Gesù Cristo, a lavorare per la giustizia, ad essere servitori della carità e perseveranti in mezzo alle prove. Che niente e nessuno vi sottragga la gioia interiore, così caratteristica dell’animo cubano.

Che Dio vi benedica. Molte grazie.

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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (1° APRILE 2012): "SIATE SEMPRE LIETI NEL SIGNORE!" (FIL 4,4)

QUARESIMA SETTIMANA SANTA E PASQUA: LO SPECIALE DEL BLOG

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI PER LA XXVII GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (1° APRILE 2012), 27.03.2012

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia ai giovani e alle giovani del mondo, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù che sarà celebrata il 1° aprile 2012, Domenica delle Palme, a livello diocesano:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

«Siate sempre lieti nel Signore!» (Fil 4,4)

Cari giovani,

sono lieto di rivolgermi nuovamente a voi, in occasione della XXVII Giornata Mondiale della Gioventù. Il ricordo dell’incontro di Madrid, lo scorso agosto, resta ben presente nel mio cuore. E’ stato uno straordinario momento di grazia, nel corso del quale il Signore ha benedetto i giovani presenti, venuti dal mondo intero. Rendo grazie a Dio per i tanti frutti che ha fatto nascere in quelle giornate e che in futuro non mancheranno di moltiplicarsi per i giovani e per le comunità a cui appartengono. Adesso siamo già orientati verso il prossimo appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013, che avrà come tema «Andate e fate discepoli tutti i popoli!» (cfr Mt 28,19).

Quest’anno, il tema della Giornata Mondiale della Gioventù ci è dato da un’esortazione della Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi: «Siate sempre lieti nel Signore!» (4,4). La gioia, in effetti, è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. Anche durante ogni Giornata Mondiale della Gioventù facciamo esperienza di una gioia intensa, la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede. È una delle caratteristiche di questi incontri. E vediamo la grande forza attrattiva che essa ha: in un mondo spesso segnato da tristezza e inquietudini, è una testimonianza importante della bellezza e dell’affidabilità della fede cristiana.

La Chiesa ha la vocazione di portare al mondo la gioia, una gioia autentica e duratura, quella che gli angeli hanno annunciato ai pastori di Betlemme nella notte della nascita di Gesù (cfr Lc 2,10): Dio non ha solo parlato, non ha solo compiuto segni prodigiosi nella storia dell’umanità, Dio si è fatto così vicino da farsi uno di noi e percorrere le tappe dell’intera vita dell’uomo. Nel difficile contesto attuale, tanti giovani intorno a voi hanno un immenso bisogno di sentire che il messaggio cristiano è un messaggio di gioia e di speranza! Vorrei riflettere con voi allora su questa gioia, sulle strade per trovarla, affinché possiate viverla sempre più in profondità ed esserne messaggeri tra coloro che vi circondano.

1. Il nostro cuore è fatto per la gioia

L’aspirazione alla gioia è impressa nell’intimo dell’essere umano. Al di là delle soddisfazioni immediate e passeggere, il nostro cuore cerca la gioia profonda, piena e duratura, che possa dare «sapore» all’esistenza. E ciò vale soprattutto per voi, perché la giovinezza è un periodo di continua scoperta della vita, del mondo, degli altri e di se stessi. È un tempo di apertura verso il futuro, in cui si manifestano i grandi desideri di felicità, di amicizia, di condivisione e di verità, in cui si è mossi da ideali e si concepiscono progetti.

E ogni giorno sono tante le gioie semplici che il Signore ci offre: la gioia di vivere, la gioia di fronte alla bellezza della natura, la gioia di un lavoro ben fatto, la gioia del servizio, la gioia dell’amore sincero e puro. E se guardiamo con attenzione, esistono tanti altri motivi di gioia: i bei momenti della vita familiare, l’amicizia condivisa, la scoperta delle proprie capacità personali e il raggiungimento di buoni risultati, l’apprezzamento da parte degli altri, la possibilità di esprimersi e di sentirsi capiti, la sensazione di essere utili al prossimo. E poi l’acquisizione di nuove conoscenze mediante gli studi, la scoperta di nuove dimensioni attraverso viaggi e incontri, la possibilità di fare progetti per il futuro. Ma anche l’esperienza di leggere un’opera letteraria, di ammirare un capolavoro dell’arte, di ascoltare e suonare musica o di vedere un film possono produrre in noi delle vere e proprie gioie.

Ogni giorno, però, ci scontriamo anche con tante difficoltà e nel cuore vi sono preoccupazioni per il futuro, al punto che ci possiamo chiedere se la gioia piena e duratura alla quale aspiriamo non sia forse un’illusione e una fuga dalla realtà. Sono molti i giovani che si interrogano: è veramente possibile la gioia piena al giorno d’oggi? E questa ricerca percorre varie strade, alcune delle quali si rivelano sbagliate, o perlomeno pericolose. Ma come distinguere le gioie veramente durature dai piaceri immediati e ingannevoli? Come trovare la vera gioia nella vita, quella che dura e non ci abbandona anche nei momenti difficili?

2. Dio è la fonte della vera gioia

In realtà le gioie autentiche, quelle piccole del quotidiano o quelle grandi della vita, trovano tutte origine in Dio, anche se non appare a prima vista, perché Dio è comunione di amore eterno, è gioia infinita che non rimane chiusa in se stessa, ma si espande in quelli che Egli ama e che lo amano. Dio ci ha creati a sua immagine per amore e per riversare su noi questo suo amore, per colmarci della sua presenza e della sua grazia. Dio vuole renderci partecipi della sua gioia, divina ed eterna, facendoci scoprire che il valore e il senso profondo della nostra vita sta nell’essere accettato, accolto e amato da Lui, e non con un’accoglienza fragile come può essere quella umana, ma con un’accoglienza incondizionata come è quella divina: io sono voluto, ho un posto nel mondo e nella storia, sono amato personalmente da Dio. E se Dio mi accetta, mi ama e io ne divento sicuro, so in modo chiaro e certo che è bene che io ci sia, che esista.

Questo amore infinito di Dio per ciascuno di noi si manifesta in modo pieno in Gesù Cristo. In Lui si trova la gioia che cerchiamo. Nel Vangelo vediamo come gli eventi che segnano gli inizi della vita di Gesù siano caratterizzati dalla gioia. Quando l’arcangelo Gabriele annuncia alla Vergine Maria che sarà madre del Salvatore, inizia con questa parola: «Rallegrati!» (Lc 1,28). Alla nascita di Gesù, l’Angelo del Signore dice ai pastori: «Ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2,11). E i Magi che cercavano il bambino, «al vedere la stella, provarono una gioia grandissima» (Mt 2,10). Il motivo di questa gioia è dunque la vicinanza di Dio, che si è fatto uno di noi. Ed è questo che intendeva san Paolo quando scriveva ai cristiani di Filippi: «Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino!» (Fil 4,4-5). La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che mi accoglie e mi ama.

E infatti dall’incontro con Gesù nasce sempre una grande gioia interiore. Nei Vangeli lo possiamo vedere in molti episodi. Ricordiamo la visita di Gesù a Zaccheo, un esattore delle tasse disonesto, un peccatore pubblico, al quale Gesù dice: «Oggi devo fermarmi a casa tua». E Zaccheo, riferisce san Luca, «lo accolse pieno di gioia» (Lc 19,5-6). E’ la gioia dell’incontro con il Signore; è il sentire l’amore di Dio che può trasformare l’intera esistenza e portare salvezza. E Zaccheo decide di cambiare vita e di dare la metà dei suoi beni ai poveri.

Nell’ora della passione di Gesù, questo amore si manifesta in tutta la sua forza. Negli ultimi momenti della sua vita terrena, a cena con i suoi amici, Egli dice: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore... Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11). Gesù vuole introdurre i suoi discepoli e ciascuno di noi nella gioia piena, quella che Egli condivide con il Padre, perché l’amore con cui il Padre lo ama sia in noi (cfr. Gv 17,26). La gioia cristiana è aprirsi a questo amore di Dio e appartenere a Lui.

Narrano i Vangeli che Maria di Magdala e altre donne andarono a visitare la tomba dove Gesù era stato posto dopo la sua morte e ricevettero da un Angelo un annuncio sconvolgente, quello della sua risurrezione. Allora abbandonarono in fretta il sepolcro, annota l’Evangelista, «con timore e gioia grande» e corsero a dare la lieta notizia ai discepoli. E Gesù venne loro incontro e disse: «Salute a voi!» (Mt 28,8-9). E’ la gioia della salvezza che viene loro offerta: Cristo è il vivente, è Colui che ha vinto il male, il peccato e la morte. Egli è presente in mezzo a noi come il Risorto, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Il male non ha l’ultima parola sulla nostra vita, ma la fede in Cristo Salvatore ci dice che l’amore di Dio vince.

Questa gioia profonda è frutto dello Spirito Santo che ci rende figli di Dio, capaci di vivere e di gustare la sua bontà, di rivolgerci a Lui con il termine «Abbà», Padre (cfr Rm 8,15). La gioia è segno della sua presenza e della sua azione in noi.

3. Conservare nel cuore la gioia cristiana

A questo punto ci domandiamo: come ricevere e conservare questo dono della gioia profonda, della gioia spirituale?

Un Salmo ci dice: «Cerca la gioia nel Signore: esaudirà i desideri del tuo cuore» (Sal 37,4). E Gesù spiega che «il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo» (Mt 13,44). Trovare e conservare la gioia spirituale nasce dall’incontro con il Signore, che chiede di seguirlo, di fare la scelta decisa di puntare tutto su di Lui. Cari giovani, non abbiate paura di mettere in gioco la vostra vita facendo spazio a Gesù Cristo e al suo Vangelo; è la strada per avere la pace e la vera felicità nell’intimo di noi stessi, è la strada per la vera realizzazione della nostra esistenza di figli di Dio, creati a sua immagine e somiglianza.

Cercare la gioia nel Signore: la gioia è frutto della fede, è riconoscere ogni giorno la sua presenza, la sua amicizia: «Il Signore è vicino!» (Fil 4,5); è riporre la nostra fiducia in Lui, è crescere nella conoscenza e nell’amore di Lui. L’«Anno della fede», che tra pochi mesi inizieremo, ci sarà di aiuto e di stimolo. Cari amici, imparate a vedere come Dio agisce nelle vostre vite, scopritelo nascosto nel cuore degli avvenimenti del vostro quotidiano. Credete che Egli è sempre fedele all’alleanza che ha stretto con voi nel giorno del vostro Battesimo. Sappiate che non vi abbandonerà mai. Rivolgete spesso il vostro sguardo verso di Lui. Sulla croce, ha donato la sua vita perché vi ama. La contemplazione di un amore così grande porta nei nostri cuori una speranza e una gioia che nulla può abbattere. Un cristiano non può essere mai triste perché ha incontrato Cristo, che ha dato la vita per lui.

Cercare il Signore, incontrarlo nella vita significa anche accogliere la sua Parola, che è gioia per il cuore. Il profeta Geremia scrive: «Quando le tue parole mi vennero incontro, le divorai con avidità; la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore» (Ger 15,16). Imparate a leggere e meditare la Sacra Scrittura, vi troverete una risposta alle domande più profonde di verità che albergano nel vostro cuore e nella vostra mente. La Parola di Dio fa scoprire le meraviglie che Dio ha operato nella storia dell’uomo e, pieni di gioia, apre alla lode e all’adorazione: «Venite, cantiamo al Signore... adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti» (Sal 95,1.6).

In modo particolare, poi, la Liturgia è il luogo per eccellenza in cui si esprime la gioia che la Chiesa attinge dal Signore e trasmette al mondo. Ogni domenica, nell’Eucaristia, le comunità cristiane celebrano il Mistero centrale della salvezza: la morte e risurrezione di Cristo. E’ questo un momento fondamentale per il cammino di ogni discepolo del Signore, in cui si rende presente il suo Sacrificio di amore; è il giorno in cui incontriamo il Cristo Risorto, ascoltiamo la sua Parola, ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Un Salmo afferma: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo!» (Sal 118,24). E nella notte di Pasqua, la Chiesa canta l’Exultet, espressione di gioia per la vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte: «Esulti il coro degli angeli... Gioisca la terra inondata da così grande splendore... e questo tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa!». La gioia cristiana nasce dal sapere di essere amati da un Dio che si è fatto uomo, ha dato la sua vita per noi e ha sconfitto il male e la morte; ed è vivere di amore per lui. Santa Teresa di Gesù Bambino, giovane carmelitana, scriveva: «Gesù, è amarti la mia gioia!» (P 45, 21 gennaio 1897, Op. Compl., pag. 708).

4. La gioia dell’amore

Cari amici, la gioia è intimamente legata all’amore: sono due frutti inseparabili dello Spirito Santo (cfr Gal 5,23). L’amore produce gioia, e la gioia è una forma d’amore. La beata Madre Teresa di Calcutta, facendo eco alle parole di Gesù: «si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35), diceva: «La gioia è una rete d’amore per catturare le anime. Dio ama chi dona con gioia. E chi dona con gioia dona di più». E il Servo di Dio Paolo VI scriveva: «In Dio stesso tutto è gioia poiché tutto è dono» (Esort. ap. Gaudete in Domino, 9 maggio 1975)

Pensando ai vari ambiti della vostra vita, vorrei dirvi che amare significa costanza, fedeltà, tener fede agli impegni. E questo, in primo luogo, nelle amicizie: i nostri amici si aspettano che siamo sinceri, leali, fedeli, perché il vero amore è perseverante anche e soprattutto nelle difficoltà. E lo stesso vale per il lavoro, gli studi e i servizi che svolgete. La fedeltà e la perseveranza nel bene conducono alla gioia, anche se non sempre questa è immediata.

Per entrare nella gioia dell’amore, siamo chiamati anche ad essere generosi, a non accontentarci di dare il minimo, ma ad impegnarci a fondo nella vita, con un’attenzione particolare per i più bisognosi. Il mondo ha necessità di uomini e donne competenti e generosi, che si mettano al servizio del bene comune. Impegnatevi a studiare con serietà; coltivate i vostri talenti e metteteli fin d’ora al servizio del prossimo. Cercate il modo di contribuire a rendere la società più giusta e umana, là dove vi trovate. Che tutta la vostra vita sia guidata dallo spirito di servizio, e non dalla ricerca del potere, del successo materiale e del denaro.

A proposito di generosità, non posso non menzionare una gioia speciale: quella che si prova rispondendo alla vocazione di donare tutta la propria vita al Signore. Cari giovani, non abbiate paura della chiamata di Cristo alla vita religiosa, monastica, missionaria o al sacerdozio. Siate certi che Egli colma di gioia coloro che, dedicandogli la vita in questa prospettiva, rispondono al suo invito a lasciare tutto per rimanere con Lui e dedicarsi con cuore indiviso al servizio degli altri. Allo stesso modo, grande è la gioia che Egli riserva all’uomo e alla donna che si donano totalmente l’uno all’altro nel matrimonio per costituire una famiglia e diventare segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.

Vorrei richiamare un terzo elemento per entrare nella gioia dell’amore: far crescere nella vostra vita e nella vita delle vostre comunità la comunione fraterna. C’è uno stretto legame tra la comunione e la gioia. Non è un caso che san Paolo scriva la sua esortazione al plurale: non si rivolge a ciascuno singolarmente, ma afferma: «Siate sempre lieti nel Signore» (Fil 4,4). Soltanto insieme, vivendo la comunione fraterna, possiamo sperimentare questa gioia. Il libro degli Atti degli Apostoli descrive così la prima comunità cristiana: «spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore» (At 2,46). Impegnatevi anche voi affinché le comunità cristiane possano essere luoghi privilegiati di condivisione, di attenzione e di cura l’uno dell’altro.

5. La gioia della conversione

Cari amici, per vivere la vera gioia occorre anche identificare le tentazioni che la allontanano. La cultura attuale induce spesso a cercare traguardi, realizzazioni e piaceri immediati, favorendo più l’incostanza che la perseveranza nella fatica e la fedeltà agli impegni. I messaggi che ricevete spingono ad entrare nella logica del consumo, prospettando felicità artificiali. L’esperienza insegna che l’avere non coincide con la gioia: vi sono tante persone che, pur avendo beni materiali in abbondanza, sono spesso afflitte dalla disperazione, dalla tristezza e sentono un vuoto nella vita. Per rimanere nella gioia, siamo chiamati a vivere nell’amore e nella verità, a vivere in Dio.

E la volontà di Dio è che noi siamo felici. Per questo ci ha dato delle indicazioni concrete per il nostro cammino: i Comandamenti. Osservandoli, noi troviamo la strada della vita e della felicità. Anche se a prima vista possono sembrare un insieme di divieti, quasi un ostacolo alla libertà, se li meditiamo più attentamente, alla luce del Messaggio di Cristo, essi sono un insieme di essenziali e preziose regole di vita che conducono a un’esistenza felice, realizzata secondo il progetto di Dio. Quante volte, invece, costatiamo che costruire ignorando Dio e la sua volontà porta delusione, tristezza, senso di sconfitta. L’esperienza del peccato come rifiuto di seguirlo, come offesa alla sua amicizia, porta ombra nel nostro cuore.

Ma se a volte il cammino cristiano non è facile e l’impegno di fedeltà all’amore del Signore incontra ostacoli o registra cadute, Dio, nella sua misericordia, non ci abbandona, ma ci offre sempre la possibilità di ritornare a Lui, di riconciliarci con Lui, di sperimentare la gioia del suo amore che perdona e riaccoglie.

Cari giovani, ricorrete spesso al Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione! Esso è il Sacramento della gioia ritrovata. Domandate allo Spirito Santo la luce per saper riconoscere il vostro peccato e la capacità di chiedere perdono a Dio accostandovi a questo Sacramento con costanza, serenità e fiducia. Il Signore vi aprirà sempre le sue braccia, vi purificherà e vi farà entrare nella sua gioia: vi sarà gioia nel cielo anche per un solo peccatore che si converte (cfr Lc 15,7).

6. La gioia nelle prove

Alla fine, però, potrebbe rimanere nel nostro cuore la domanda se veramente è possibile vivere nella gioia anche in mezzo alle tante prove della vita, specialmente le più dolorose e misteriose, se veramente seguire il Signore, fidarci di Lui dona sempre felicità.

La risposta ci può venire da alcune esperienze di giovani come voi che hanno trovato proprio in Cristo la luce capace di dare forza e speranza, anche in mezzo alle situazioni più difficili. Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) ha sperimentato tante prove nella sua pur breve esistenza, tra cui una, riguardante la sua vita sentimentale, che lo aveva ferito in modo profondo. Proprio in questa situazione, scriveva alla sorella: «Tu mi domandi se sono allegro; e come non potrei esserlo? Finché la Fede mi darà forza sempre allegro! Ogni cattolico non può non essere allegro... Lo scopo per cui noi siamo stati creati ci addita la via seminata sia pure di molte spine, ma non una triste via: essa è allegria anche attraverso i dolori» (Lettera alla sorella Luciana, Torino, 14 febbraio 1925). E il beato Giovanni Paolo II, presentandolo come modello, diceva di lui: «era un giovane di una gioia trascinante, una gioia che superava tante difficoltà della sua vita» (Discorso ai giovani, Torino, 13 aprile 1980).

Più vicina a noi, la giovane Chiara Badano (1971-1990), recentemente beatificata, ha sperimentato come il dolore possa essere trasfigurato dall’amore ed essere misteriosamente abitato dalla gioia. All’età di 18 anni, in un momento in cui il cancro la faceva particolarmente soffrire, Chiara aveva pregato lo Spirito Santo, intercedendo per i giovani del suo Movimento. Oltre alla propria guarigione, aveva chiesto a Dio di illuminare con il suo Spirito tutti quei giovani, di dar loro la sapienza e la luce: «È stato proprio un momento di Dio: soffrivo molto fisicamente, ma l’anima cantava» (Lettera a Chiara Lubich, Sassello, 20 dicembre 1989). La chiave della sua pace e della sua gioia era la completa fiducia nel Signore e l’accettazione anche della malattia come misteriosa espressione della sua volontà per il bene suo e di tutti. Ripeteva spesso: «Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io».

Sono due semplici testimonianze tra molte altre che mostrano come il cristiano autentico non è mai disperato e triste, anche davanti alle prove più dure, e mostrano che la gioia cristiana non è una fuga dalla realtà, ma una forza soprannaturale per affrontare e vivere le difficoltà quotidiane. Sappiamo che Cristo crocifisso e risorto è con noi, è l’amico sempre fedele. Quando partecipiamo alle sue sofferenze, partecipiamo anche alla sua gloria. Con Lui e in Lui, la sofferenza è trasformata in amore. E là si trova la gioia (cfr Col 1,24).

7. Testimoni della gioia

Cari amici, per concludere vorrei esortarvi ad essere missionari della gioia. Non si può essere felici se gli altri non lo sono: la gioia quindi deve essere condivisa. Andate a raccontare agli altri giovani la vostra gioia di aver trovato quel tesoro prezioso che è Gesù stesso. Non possiamo tenere per noi la gioia della fede: perché essa possa restare in noi, dobbiamo trasmetterla. San Giovanni afferma: «Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi... Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4).

A volte viene dipinta un’immagine del Cristianesimo come di una proposta di vita che opprime la nostra libertà, che va contro il nostro desiderio di felicità e di gioia. Ma questo non risponde a verità! I cristiani sono uomini e donne veramente felici perché sanno di non essere mai soli, ma di essere sorretti sempre dalle mani di Dio! Spetta soprattutto a voi, giovani discepoli di Cristo, mostrare al mondo che la fede porta una felicità e una gioia vera, piena e duratura. E se il modo di vivere dei cristiani sembra a volte stanco ed annoiato, testimoniate voi per primi il volto gioioso e felice della fede. Il Vangelo è la «buona novella» che Dio ci ama e che ognuno di noi è importante per Lui. Mostrate al mondo che è proprio così!

Siate dunque missionari entusiasti della nuova evangelizzazione! Portate a coloro che soffrono, a coloro che sono in ricerca, la gioia che Gesù vuole donare. Portatela nelle vostre famiglie, nelle vostre scuole e università, nei vostri luoghi di lavoro e nei vostri gruppi di amici, là dove vivete. Vedrete che essa è contagiosa. E riceverete il centuplo: la gioia della salvezza per voi stessi, la gioia di vedere la Misericordia di Dio all’opera nei cuori. Il giorno del vostro incontro definitivo con il Signore, Egli potrà dirvi: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone!» (Mt 25,21).

La Vergine Maria vi accompagni in questo cammino. Ella ha accolto il Signore dentro di sé e l’ha annunciato con un canto di lode e di gioia, il Magnificat: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1,46-47). Maria ha risposto pienamente all’amore di Dio dedicando la sua vita a Lui in un servizio umile e totale. E’ chiamata «causa della nostra letizia» perché ci ha dato Gesù. Che Ella vi introduca in quella gioia che nessuno potrà togliervi!

Dal Vaticano, 15 marzo 2012

BENEDICTUS PP. XVI

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Il Papa a Santiago de Cuba: La Chiesa, corpo vivo di Cristo, ha la missione di prolungare sulla terra la presenza salvifica di Dio, di aprire il mondo a qualcosa di più grande di se stesso, all’amore e alla luce di Dio. Vale la pena, cari fratelli, dedicare tutta la vita a Cristo, crescere ogni giorno nella sua amicizia e sentirsi chiamati ad annunciare la bellezza e la bontà della propria vita a tutti gli uomini, nostri fratelli

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN MESSICO ED A CUBA

SANTA MESSA A SANTIAGO: VIDEO INTEGRALE

OMELIA: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

SANTA MESSA IN PLAZA ANTONIO MACEO A SANTIAGO DE CUBA IN OCCASIONE DEL 400.MO ANNIVERSARIO DEL RITROVAMENTO DELLA VIRGEN DE LA CARIDAD DEL COBRE

Alle ore 17.30 (le 0.30 del 27 marzo, ora di Roma), il Santo Padre Benedetto XVI presiede in Plaza Antonio Maceo a Santiago de Cuba la Santa Messa nella Solennità dell’Annunciazione del Signore, in occasione del quarto centenario del ritrovamento della statuetta della Virgen de la Caridad del Cobre. La piccola scultura lignea, rinvenuta nel 1606 da tre pescatori nelle acque della Bahía de Nipe, è stata portata per l’occasione dal Santuario Nazionale ed esposta nella piazza.
Nel corso della celebrazione, introdotta dall’indirizzo di saluto dell’Arcivescovo di Santiago de Cuba, S.E. Mons. Dionisio Guillermo García Ibáñez, il Papa offre una Rosa d’Oro alla Virgen de la Caridad.
Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia che il Santo Padre pronuncia durante la celebrazione eucaristica:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Rendo grazie a Dio che mi ha permesso di venire tra voi e realizzare questo viaggio così desiderato. Saluto Mons. Dionisio García Ibáñez, Arcivescovo di Santiago di Cuba, ringraziandolo per le sue cortesi parole di accoglienza a nome di tutti; saluto, allo stesso tempo, i Vescovi cubani e quelli venuti da altri luoghi, come pure i sacerdoti, i religiosi, i seminaristi e i fedeli laici presenti a questa celebrazione. Non posso dimenticare quanti non hanno potuto essere qui per malattia, età o altre ragioni. Saluto inoltre le autorità che hanno voluto gentilmente accompagnarci.

Questa Santa Messa, che ho la gioia di presiedere per la prima volta nella mia Visita pastorale a questo Paese, si inserisce nel contesto dell’anno giubilare mariano, convocato per onorare la Vergine della Carità del Cobre, Patrona di Cuba, nel quattrocentesimo anniversario della scoperta e presenza della sua venerata immagine in queste terre benedette. Non ignoro il sacrificio e la dedizione con cui è stato preparato questo giubileo, specialmente nell’aspetto spirituale. Mi ha riempito di emozione conoscere il fervore con il quale Maria è stata salutata e invocata da tanti cubani, nella sua peregrinazione per tutti gli angoli e i luoghi dell’Isola.

Questi eventi importanti della Chiesa in Cuba vengono illuminati con inusitato splendore dalla festa che oggi celebra la Chiesa universale: l’Annunciazione del Signore alla Vergine Maria. In effetti, l’Incarnazione del Figlio di Dio è il Mistero centrale della fede cristiana, e in esso Maria occupa un posto di prim’ordine. Però, qual è il significato di questo Mistero? E qual è l’importanza che ha per la nostra vita concreta?
Vediamo anzitutto cosa significa l’Incarnazione. Nel Vangelo di san Luca abbiamo ascoltato le parole dell’angelo a Maria: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (Lc 1,35). In Maria, il Figlio di Dio si fa uomo, si compie così la profezia di Isaia: «Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,14). Sì, Gesù, il Verbo fatto carne, è il Dio-con-noi, che è venuto ad abitare tra noi e a condividere la nostra stessa condizione umana. L’apostolo san Giovanni lo esprime nel modo seguente: «E il Verbo si fece carne, e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). L’espressione «si fece carne» indica la realtà umana più concreta e tangibile. In Cristo, Dio è venuto realmente nel mondo, è entrato nella nostra storia, ha posto la sua dimora in mezzo a noi, adempiendo così l’intima aspirazione dell’essere umano che il mondo sia realmente una casa per l’uomo. Al contrario, quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo, frustrando, nello stesso tempo, la vera vocazione della creazione di essere lo spazio per l’alleanza, per il «sì» dell’amore tra Dio e l’umanità che gli risponde. Così ha fatto Maria, come primizia dei credenti, con il suo «sì» al Signore, senza riserve.
Per questo, contemplando il Mistero dell’Incarnazione non possiamo tralasciare di rivolgere i nostri occhi a Lei, per riempirci di stupore, di gratitudine e d’amore al vedere come il nostro Dio, entrando nel mondo, ha voluto fare affidamento sul consenso libero di una sua creatura. Solo quando la Vergine ha risposto all’angelo: «Ecco sono la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38), a partire da quel momento, il Verbo eterno del Padre iniziò la sua esistenza umana nel tempo. E’ commovente vedere come Dio non solo rispetta la libertà umana, ma sembra averne bisogno. E vediamo anche come l’inizio dell’esistenza terrena del Figlio di Dio è segnato da un doppio «sì» alla volontà salvifica del Padre: quello di Cristo e quello di Maria. Questa obbedienza a Dio è quella che apre le porte del mondo alla verità, alla salvezza. In effetti, Dio ci ha creati come frutto del suo amore infinito; per questo, vivere secondo la sua volontà è il cammino per trovare la nostra autentica identità, la verità del nostro essere, mentre allontanarsi da Dio ci allontana da noi stessi e ci precipita nel vuoto. L’obbedienza nella fede è la vera libertà, l’autentica redenzione, che ci permette di unirci all’amore di Gesù nel suo sforzo di conformarsi alla volontà del Padre. La redenzione è sempre questo processo di condurre la volontà umana alla piena comunione con la volontà divina (cfr Lectio divina con i seminaristi di Roma, 18 febbraio 2010).

Cari fratelli, oggi lodiamo la Vergine Santissima per la sua fede e con Santa Elisabetta le diciamo anche noi: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). Come dice Sant’Agostino, Maria concepì Cristo prima nel suo cuore con la fede, che fisicamente nel suo grembo; Maria credette e si compì in Lei ciò che credeva (cfr Sermo 215, 4: PL 38,1074). Preghiamo il Signore che aumenti la nostra fede, che la renda attiva e feconda nell’amore. Chiediamogli di essere capaci, come Lei, di accogliere nel nostro cuore la Parola di Dio e praticarla con docilità e costanza.

La Vergine Maria, per il suo ruolo insostituibile nel Mistero di Cristo, rappresenta l’immagine e il modello della Chiesa. Anche la Chiesa, come fece la Madre di Cristo, è chiamata ad accogliere in sé il Mistero di Dio che viene ad abitare in essa. Cari fratelli, so con quanto sforzo, audacia e abnegazione lavorate ogni giorno affinché, nelle circostanze concrete del vostro Paese, e in questo momento storico, la Chiesa rifletta sempre più il suo vero volto come luogo nel quale Dio si avvicina e incontra gli uomini.

La Chiesa, corpo vivo di Cristo, ha la missione di prolungare sulla terra la presenza salvifica di Dio, di aprire il mondo a qualcosa di più grande di se stesso, all’amore e alla luce di Dio. Vale la pena, cari fratelli, dedicare tutta la vita a Cristo, crescere ogni giorno nella sua amicizia e sentirsi chiamati ad annunciare la bellezza e la bontà della propria vita a tutti gli uomini, nostri fratelli.

Vi incoraggio nel vostro compito di seminare il mondo con la parola di Dio e di offrire a tutti l’alimento vero del corpo di Cristo. Nell’approssimarsi della Pasqua, decidiamoci senza timori né complessi a seguire Gesú nel suo cammino verso la croce. Accettiamo con pazienza e fede qualsiasi contrarietà o afflizione, con la convinzione che, nella sua risurrezione, Egli ha sconfitto il potere del male che tutto oscura e ha fatto germogliare un mondo nuovo, il mondo di Dio, della luce, della verità e della gioia. Il Signore non smetterà di benedire con frutti abbondanti la generosità del vostro impegno.

Il Mistero dell’Incarnazione, nel quale Dio si fa vicino a noi, ci mostra anche la dignità incomparabile di ogni vita umana. Per questo, nel suo progetto di amore, fin dalla creazione, Dio ha affidato alla famiglia fondata sul matrimonio l’altissima missione di essere cellula fondamentale della società e vera Chiesa domestica. Con questa certezza, voi, cari sposi, dovete essere, in modo speciale per i vostri figli, segno reale e visibile dell’amore di Cristo per la Chiesa. Cuba necessita della testimonianza della vostra fedeltà, della vostra unità, della vostra capacità di accogliere la vita umana, specialmente la più indifesa e bisognosa.

Cari fratelli, davanti allo sguardo della Vergine della Carità del Cobre, desidero fare un appello perché diate nuovo vigore alla vostra fede, viviate di Cristo e per Cristo, e, con le armi della pace, del perdono e della comprensione, vi impegnate a costruire una società aperta e rinnovata, una società migliore, più degna dell’uomo, che rifletta maggiormente la bontà di Dio. Amen.

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Il Papa ai Mariachi: Ho fatto tanti viaggi, ma mai sono stato ricevuto con tanto entusiasmo. Porterò con me, nel mio cuore, l’impressione di questi giorni. Il Messico sarà sempre nel mio cuore

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE IN MESSICO ED A CUBA

CERIMONIA DI BENVENUTO A CUBA: VIDEO INTEGRALE

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

SALUTO AI FEDELI RADUNATI DAVANTI AL COLÉGIO MIRAFLORES DI LEÓN IN MESSICO (DOMENICA 25 MARZO 2012)

Nella serata di ieri, domenica 25 marzo, dopo il Suo rientro al Colégio Miraflores al termine della recita dei Vespri nella Cattedrale di León, il Santo Padre Benedetto XVI è stato richiamato con canti e balli da un folto gruppo di Mariachi, i tradizionali musicisti messicani. Il Papa è quindi uscito dalla residenza per salutare e ringraziare i fedeli ed ha improvvisato per loro le seguenti parole:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Queridos amigos, muchísimas gracias [Cari amici, grazie moltissimo] per questo entusiasmo. Sono molto felice di essere con voi. Ho fatto tanti viaggi, ma mai sono stato ricevuto con tanto entusiasmo. Porterò con me, nel mio cuore, l’impressione di questi giorni. Il Messico sarà sempre nel mio cuore. Posso dire che già da anni prego ogni giorno per il Messico, ma in futuro pregherò ancora, molto di più. Adesso, posso capire perché Papa Giovanni Paolo II ha detto: «Io mi sento un Papa messicano!».

Cari amici, anche se sono felicissimo di questo incontro, perdonatemi se mi ritiro perché domani sarà un giorno esigente. Concludo questa giornata con la mia benedizione: Vi benedica Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Buenas noches! [Buona notte!]

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lunedì 26 marzo 2012

Il Papa a Cuba: Porto nel mio cuore le giuste aspirazioni e i legittimi desideri di tutti i cubani, dovunque si trovino, le loro sofferenze e gioie, le loro preoccupazioni e gli aneliti più nobili, in modo speciale dei giovani e degli anziani, degli adolescenti e dei bambini, degli infermi e dei lavoratori, dei detenuti e dei loro familiari, così come dei poveri e bisognosi

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CERIMONIA DI BENVENUTO A CUBA: VIDEO INTEGRALE

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI SANTIAGO DE CUBA

Lasciato il Messico, il Santo Padre Benedetto XVI giunge all’aeroporto internazionale di Santiago de Cuba alle ore 14 locali (le 21, ora di Roma), accolto dal Presidente del Consiglio di Stato e del Consiglio dei Ministri della Repubblica, S.E. il Sig. Raúl Modesto Castro Ruz e dall’Arcivescovo di Santiago de Cuba e Presidente della Conferenza Episcopale, S.E. Mons. Dionisio Guillermo García Ibáñez. Il Papa riceve quindi riceve un omaggio floreale da una coppia di bambini.
Con il Nunzio Apostolico S.E. Mons. Bruno Musarò, sono presenti Autorità politiche e civili, i Decani regionali del Corpo Diplomatico, i Vescovi cubani e un gruppo di fedeli.
Nel corso della cerimonia di benvenuto, dopo il saluto del Presidente S.E. il Signor Raúl Modesto Castro Ruz, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Signori Cardinali e Fratelli nell’Episcopato,
Eccellentissime Autorità,
Membri del Corpo Diplomatico,
Signori e Signore,
Cari amici cubani!


La ringrazio, Signor Presidente, per la sua accoglienza e le sue cortesi parole di benvenuto, con le quali ha voluto trasmettere anche i sentimenti di rispetto da parte del governo e del popolo cubano verso il Successore di Pietro.

Saluto le Autorità che ci accompagnano, come pure i Membri del Corpo diplomatico qui presenti. Rivolgo un cordiale saluto all’Arcivescovo di Santiago di Cuba e Presidente de la Conferenza Episcopale, Mons Dionisio Guillermo García Ibáñez, all’Arcivescovo de La Habana, il Signor Cardinale Jaime Ortega y Alamino, e agli altri Fratelli Vescovi di Cuba, ai quali manifesto tutta la mia vicinanza spirituale. Saluto, infine, con tutto l’affetto del mio cuore, i fedeli della Chiesa cattolica in Cuba, i cari abitanti di questa bella isola e tutti i cubani, lì dove si trovano. Vi tengo sempre molto presenti nel mio cuore e nella mia preghiera e ancora di più nei giorni nei quali si avvicinava il momento tanto desiderato di visitarvi e che, grazie alla bontà divina, ho potuto realizzare.
Nel venire tra voi, non posso tralasciare il ricordo della storica visita a Cuba del mio Predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, che ha lasciato una traccia indelebile nell’animo dei cubani. Per molti, credenti e non, il suo esempio e i suoi insegnamenti costituiscono una guida luminosa che li orienta sia nella vita personale sia nella realizzazione pubblica del servizio al bene comune della Nazione. In effetti, il suo passaggio nell’isola fu come una brezza soave di aria fresca che diede nuovo vigore alla Chiesa in Cuba, destando in molti una rinnovata coscienza dell’importanza della fede, incoraggiando ad aprire i cuori a Cristo, e, nello stesso tempo, illuminò la speranza e stimolò il desiderio di lavorare con audacia per un futuro migliore. Uno dei frutti importanti di quella visita fu l’inaugurazione di una nuova fase nelle relazioni tra la Chiesa e lo Stato cubano, con uno spirito di maggiore collaborazione e fiducia, benché rimangano ancora molti aspetti nei quali si può e si deve avanzare, specialmente per quanto si riferisce al contributo imprescindibile che la religione è chiamata a svolgere nell’ambito pubblico della società.

Sono vivamente lieto di unirmi alla vostra gioia a motivo della celebrazione del quattrocentesimo anniversario della scoperta dell’immagine benedetta della Vergine della Carità del “Cobre”. La sua singolare figura è stata, fin dall’inizio, molto presente sia nella vita personale dei cubani sia nei grandi avvenimenti del Paese, in modo speciale durante la sua indipendenza, essendo da tutti venerata come vera madre del popolo cubano.

La devozione a «la Virgen Mambisa» ha sostenuto la fede e ha incoraggiato la difesa e la promozione di ciò che rende degna la condizione umana e dei suoi diritti fondamentali, e continua a farlo anche oggi con più forza, dando così testimonianza visibile della fecondità della predicazione del Vangelo in queste terre, e delle profonde radici cristiane che danno vita all’identità più profonda dell’animo cubano. Seguendo la scia di tanti pellegrini nel corso di questi secoli, anch’io desidero recarmi a “El Cobre” a prostrarmi ai piedi della Madre di Dio, per ringraziarla dei suoi interventi in favore di tutti i suoi figli cubani e chiedere la sua intercessione, affinché guidi i percorsi di questa amata Nazione sui sentieri della giustizia, della pace, della libertà e della riconciliazione.

Vengo a Cuba come Pellegrino della carità, per confermare i miei fratelli nella fede e incoraggiarli nella speranza, che nasce dalla presenza dell’amore di Dio nelle nostre vite. Porto nel mio cuore le giuste aspirazioni e i legittimi desideri di tutti i cubani, dovunque si trovino, le loro sofferenze e gioie, le loro preoccupazioni e gli aneliti più nobili, in modo speciale dei giovani e degli anziani, degli adolescenti e dei bambini, degli infermi e dei lavoratori, dei detenuti e dei loro familiari, così come dei poveri e bisognosi.

Molte parti del mondo vivono oggi un momento di particolare difficoltà economica, che non pochi concordano nel situare in una profonda crisi di tipo spirituale e morale, che ha lasciato l’uomo senza valori e indifeso di fronte all’ambizione e all’egoismo di certi poteri che non tengono conto del bene autentico delle persone e delle famiglie. Non si può proseguire a lungo nella stessa direzione culturale e morale che ha causato la dolorosa situazione che tanti sperimentano. Al contrario, il vero progresso necessita di un’etica che collochi al centro la persona umana e tenga conto delle sue esigenze più autentiche, in modo speciale della sua dimensione spirituale e religiosa. Per questo, nel cuore e nella mente di molti, si fa strada sempre di più la certezza che la rigenerazione delle società e del mondo richiede uomini retti e di ferme convinzioni morali e alti valori di fondo che non siano manipolabili da interessi limitati, e che rispondano alla natura immutabile e trascendente dell’essere umano.
Cari amici, sono convinto che Cuba, in questo momento così importante della sua storia, sta guardando già al domani, e per questo si sforza di rinnovare e ampliare i suoi orizzonti; a ciò coopererà quell’immenso patrimonio di valori spirituali e morali che hanno plasmato la sua identità più genuina, e che si trovano scolpiti nell’opera e nella vita di molti insigni padri della patria, come il Beato José Olallo y Valdés, il Servo di Dio Félix Varela o l’insigne José Martí. La Chiesa, da parte sua, ha saputo contribuire con impegno alla promozione di tali valori mediante la sua generosa e instancabile missione pastorale, e rinnova i suoi propositi di continuare a lavorare senza tregua per servire meglio tutti i cubani.
Prego il Signore che benedica con abbondanza questa terra e i suoi figli, in particolare quelli che si sentono svantaggiati, gli emarginati e quanti soffrono nel corpo e nello spirito, affinché, per intercessione della Nostra Signora della Carità del Cobre, conceda a tutti un futuro pieno di speranza, di solidarietà e di concordia. Molte grazie.

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Il Papa si congeda dal Messico: La mia breve ma intensa visita in Messico giunge ora alla fine. Ma non è la fine del mio affetto e della mia vicinanza ad un Paese che porto nell’intimo di me stesso. Parto colmo di esperienze indimenticabili, come indimenticabili sono tante attenzioni e dimostrazioni di affetto ricevute

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

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CERIMONIA DI CONGEDO DAL MESSICO: VIDEO INTEGRALE

VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

CERIMONIA DI CONGEDO DAL MESSICO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE DI GUANAJUATO, A LEÓN

Alle ore 8.10 il Santo Padre prende congedo dal Colegio Miraflores di León e si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale di Guanajuato dove, alle 9 (le 17 ora di Roma), ha luogo la Cerimonia di congedo dal Messico, alla presenza del Presidente Federale, delle Autorità politiche e civili, di numerosi Vescovi del Paese e di un gruppo di fedeli.
Dopo il discorso del Presidente S.E. il Sig. Felipe de Jesús Calderón Hinojosa, il Papa pronuncia le parole che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Distinte autorità,
Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'episcopato,
Amici messicani


La mia breve ma intensa visita in Messico giunge ora alla fine. Ma non è la fine del mio affetto e della mia vicinanza ad un Paese che porto nell’intimo di me stesso. Parto colmo di esperienze indimenticabili, come indimenticabili sono tante attenzioni e dimostrazioni di affetto ricevute.
Ringrazio per le cortesi parole che mi ha indirizzato il Signor Presidente, come pure per tutto quello che hanno fatto le Autorità per questo significativo Viaggio. E ringrazio con tutto il cuore quanti hanno facilitato o hanno collaborato affinché, sia negli aspetti importanti come nei più piccoli dettagli, gli eventi di queste giornate si siano svolti felicemente. Chiedo al Signore che tanti sforzi non siano stati vani, e che, con il suo aiuto, producano frutti abbondanti e duraturi nella vita di fede, speranza e carità di León e Guanajuato, del Messico e dei Paesi fratelli dell'America Latina e dei Caraibi.
Davanti alla fede in Gesù Cristo, che ho sentito vibrare nei cuori, e alla devozione affettuosa per la sua Madre - invocata qui con titoli tanto belli come quello di Guadalupe e della Luce - che ho visto riflessa nei volti, desidero ripetere con forza e chiarezza un invito al popolo messicano ad essere fedele a sé stesso e a non lasciarsi intimorire dalle forze del male, ad essere coraggioso e lavorare affinché la linfa delle sue radici cristiane faccia fiorire il suo presente ed il suo futuro. Sono stato anche testimone di segni di preoccupazione per diversi aspetti della vita in questo amato Paese, alcuni rilevati più di recente ed altri che provengono dal passato, e che continuano a causare tante lacerazioni. Li porto ugualmente con me, condividendo sia le gioie sia il dolore dei miei fratelli messicani, per metterli in preghiera ai piedi della Croce, nel cuore di Cristo, dal quale scaturiscono l'acqua ed il sangue redentori.
In queste circostanze, esorto ardentemente i cattolici messicani e tutti gli uomini e donne di buona volontà, a non cedere alla mentalità utilitarista, che finisce sempre col sacrificare i più deboli ed indifesi. Li invito ad un sforzo solidale che permetta alla società di rinnovarsi dalle sue fondamenta per realizzare una vita degna, giusta ed in pace per tutti. Per i cattolici, questo contributo al bene comune è anche un'esigenza di quella dimensione essenziale del Vangelo che è la promozione umana ed una espressione altissima della carità. Per questo la Chiesa esorta tutti i suoi fedeli ad essere anche buoni cittadini, coscienti della loro responsabilità di preoccuparsi per il bene degli altri, di tutti, sia nella sfera personale sia nei diversi settori della società.
Cari amici messicani, vi dico addio nel vero senso della bella espressione tradizionale ispanica: Rimanete con Dio! Sì, addio; sempre nell'amore di Cristo, nel quale tutti ci incontriamo e ci incontreremo. Che il Signore vi benedica e Maria Santissima vi protegga.

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Il Papa ai vescovi del Messico e dell'America Latina: La fede cattolica ha segnato in modo significativo la vita, i costumi e la storia di questo Continente, nel quale molte delle sue nazioni stanno commemorando il bicentenario della propria indipendenza. E’ un momento storico nel quale ha continuato a splendere il nome di Cristo, arrivato qui per opera di insigni e generosi missionari che lo proclamarono con coraggio e con sapienza

VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

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VESPRI: VIDEO INTEGRALE

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA (23 - 29 MARZO 2012)

CELEBRAZIONE DEI VESPRI CON I VESCOVI DEL MESSICO E DELL'AMERICA LATINA

Alle ore 18 di questo pomeriggio (le 02.00 del 26 marzo, ora di Roma), lasciato il Colegio Miraflores il Santo Padre raggiunge in auto la Cattedrale di Nuestra Señora de la Luz a León, per la celebrazione dei Vespri.
Con i Vescovi del Messico sono presenti numerosi Presuli in rappresentanza delle Conferenze Episcopali dei Paesi dell’America Latina e dei Caraibi che commemorano i 200 anni dell’indipendenza.
Accolto al Suo arrivo dal Capitolo della Cattedrale, il Papa si sofferma in preghiera davanti al Santissimo.
Dopo il saluto di S.E. Mons. Carlos Aguiar Retes, Arcivescovo di Tlalnepantla, Presidente della Conferenza Episcopale Messicana e del Consiglio Episcopale Latinoamericano (C.E.L.AM.), inizia la recita dei Vespri.
Pubblichiamo l’omelia che il Papa pronuncia nel corso della celebrazione:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato


È una grande gioia pregare con tutti voi in questa Basilica-Cattedrale di León, dedicata a Nostra Signora della Luce. Nella bella immagine che si venera in questo tempio, la Santissima Vergine tiene il suo Figlio in una mano con grande tenerezza, mentre stende l'altra per soccorrere i peccatori. Così vede Maria la Chiesa di tutti i tempi, che la loda per averci dato il Redentore ed a Lei si affida perché è la Madre che il suo divin Figlio ci ha affidato dalla croce. Per questo, noi l'imploriamo frequentemente come "speranza nostra”, perché ci ha mostrato Gesù e trasmesso i prodigi che Dio ha fatto e fa per l'umanità, in maniera semplice, come spiegandoli ai piccoli della casa.

Un segno decisivo di questi prodigi ce lo offre la Lettura breve che è stata proclamata in questi Vespri. Gli abitanti di Gerusalemme ed i suoi capi non riconobbero Cristo, ma, condannandolo a morte, in realtà, diedero compimento alle parole dei profeti (cfr At 13,27). Sì, la malvagità e l'ignoranza degli uomini non è capace di frenare il piano divino della salvezza, la redenzione. Il male non può fare tanto.

Un'altra meraviglia di Dio ce la ricorda il secondo Salmo che abbiamo appena recitato: la “rupe” si trasforma “in un lago, la roccia in sorgenti d’ acqua” (Sal 113,8). Quello che potrebbe essere pietra di inciampo e di scandalo, col trionfo di Gesù sulla morte si trasforma in pietra angolare: “Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi” (Sal 117,23). Non ci sono motivi, dunque, per arrendersi alla prepotenza del male. E chiediamo al Signore Risorto che manifesti la sua forza nelle nostre debolezze e mancanze.

Attendevo con grande desiderio questo incontro con voi, Pastori della Chiesa di Cristo che peregrina in Messico e nei diversi Paesi di questo grande Continente, come un'occasione per guardare insieme Cristo, che vi ha affidato il prezioso compito di annunciare il Vangelo in questi Paesi di forte tradizione cattolica. La situazione attuale delle vostre diocesi presenta certamente sfide e difficoltà di origine molto diversa. Ma, sapendo che il Signore è risorto, possiamo proseguire fiduciosi, con la convinzione che il male non ha l'ultima parola della storia, e che Dio è capace di aprire nuovi spazi ad una speranza che non delude (cfr Rm 5,5).

Ringrazio per il cordiale saluto che mi ha rivolto l’Arcivescovo di Tlalnepantla, Presidente della Conferenza Episcopale Messicana e del Consiglio Episcopale Latinoamericano, facendosi interprete e portavoce di tutti. Chiedo a voi, Pastori delle varie Chiese particolari, che, ritornando alle vostre sedi, trasmettiate ai vostri fedeli l'affetto profondo del Papa, che porta nel suo cuore tutte le loro sofferenze e le loro attese.

Vedendo nei vostri volti il riflesso delle preoccupazioni del gregge di cui avete cura, mi vengono alla mente le Assemblee del Sinodo dei Vescovi, nelle quali i partecipanti applaudono quando intervengono coloro che esercitano il loro ministero in situazioni particolarmente dolorose per la vita e la missione della Chiesa. Questo gesto germoglia dalla fede nel Signore, e significa fraternità nel lavoro apostolico, come pure gratitudine ed ammirazione per coloro che seminano il Vangelo tra le spine, alcune in forma di persecuzione, altre di esclusione o di disprezzo. Non mancano neppure preoccupazioni per la mancanza di mezzi e risorse umane, o i limiti imposti alla libertà della Chiesa nell’adempimento della sua missione.

Il Successore di Pietro partecipa a questi sentimenti e ringrazia per la vostra sollecitudine pastorale paziente ed umile. Voi non siete soli nelle difficoltà, e neppure lo siete nei successi della evangelizzazione. Tutti siamo uniti nelle sofferenze e nella consolazione (cfr 2Co 1,5). Sappiate che avete un posto particolare nella preghiera di colui che ha ricevuto da Cristo l'incarico di confermare nella fede i suoi fratelli (cfr Lc 22,31), che li incoraggia anche nella missione di far sì che il Nostro Signore Gesù Cristo sia conosciuto sempre di più, amato e seguito in queste terre, senza lasciarsi spaventare dalle contrarietà.

La fede cattolica ha segnato in modo significativo la vita, i costumi e la storia di questo Continente, nel quale molte delle sue nazioni stanno commemorando il bicentenario della propria indipendenza. E’ un momento storico nel quale ha continuato a splendere il nome di Cristo, arrivato qui per opera di insigni e generosi missionari che lo proclamarono con coraggio e con sapienza. Essi donarono tutto per Cristo, mostrando che l'uomo trova in Lui la propria consistenza e la forza necessaria per vivere in pienezza ed edificare una società degna dell'essere umano, come il suo Creatore l'ha voluto. L'ideale di non anteporre nulla al Signore e di far penetrare la Parola di Dio in tutti, servendosi delle caratteristiche proprie e delle migliori tradizioni, continua ad essere un prezioso orientamento per i Pastori di oggi.

Le iniziative che vengono realizzate a motivo dell’“Anno della fede” devono essere finalizzate a condurre gli uomini a Cristo, la cui grazia permetterà loro di lasciare le catene del peccato che li rende schiavi e di avanzare verso la libertà autentica e responsabile. In questo un aiuto è dato anche dalla Misión continental, promossa in Aparecida, che sta già raccogliendo tanti frutti di rinnovamento ecclesiale nelle Chiese particolari dell'America Latina e dei Caraibi. Tra essi, lo studio, la diffusione e la meditazione della Sacra Scrittura, che annuncia l'amore di Dio e la nostra salvezza. In questo senso, vi esorto a continuare ad aprire i tesori del Vangelo, affinché si trasformino in forza di speranza, libertà e salvezza per tutti gli uomini (cfr Rm 1,16). E siate anche fedeli testimoni ed interpreti della parola del Figlio incarnato, che visse per compiere la volontà del Padre e, essendo uomo con gli uomini, si prodigò per essi fino alla morte.

Cari Fratelli nell'Episcopato, nell'orizzonte pastorale e di evangelizzazione che si apre davanti a noi, è di capitale rilevanza seguire con grande attenzione i seminaristi, incoraggiandoli affinché non si vantino “di sapere altro se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso” (1Co 2, 2). Non meno fondamentale è la vicinanza ai sacerdoti, ai quali non deve mancare mai la comprensione e l'incoraggiamento del loro Vescovo e, se fosse necessario, anche la sua paterna ammonizione su atteggiamenti inopportuni. Sono i vostri primi collaboratori nella comunione sacramentale del sacerdozio, ai quali dovete mostrare una costante e privilegiata vicinanza. Lo stesso si deve dire delle diverse forme di vita consacrata, i cui carismi devono essere stimati con gratitudine ed accompagnati con responsabilità e rispetto del dono ricevuto. Ed un'attenzione sempre più speciale si deve riservare ai laici maggiormente impegnati nella catechesi, nell'animazione liturgica o nell'azione caritativa e nell’impegno sociale. La loro formazione nella fede è cruciale per rendere presente e fecondo il Vangelo nella società di oggi. E non è giusto che si sentano considerati come persone di poco conto nella Chiesa, nonostante l'impegno che pongono nel lavorare in essa secondo la loro propria vocazione, ed il gran sacrificio che a volte richiede questa dedizione. In tutto ciò, è particolarmente importante per i Pastori che regni uno spirito di comunione tra sacerdoti, religiosi e laici, evitando divisioni sterili, critiche e diffidenze nocive.

Con questi fervidi auspici, vi invito ad essere sentinelle che proclamano giorno e notte la gloria di Dio, che è la vita dell'uomo. Siate dalla parte di coloro che sono emarginati dalla violenza, dal potere o da una ricchezza che ignora coloro ai quali manca quasi tutto. La Chiesa non può separare la lode a Dio dal servizio agli uomini. L'unico Dio Padre e Creatore è quello che ci ha costituiti fratelli: essere uomo è essere fratello e custode del prossimo. In questo cammino, unita a tutta l'umanità, la Chiesa deve rivivere ed attualizzare quello che è stato Gesù: il Buon Samaritano, che venendo da lontano si è inserito nella storia degli uomini, ci ha sollevati e si è prodigato per la nostra guarigione.

Cari Fratelli nell'Episcopato, la Chiesa in America Latina, che molte volte si è unita a Gesù Cristo nella sua passione, deve continuare ad essere seme di speranza, che permetta a tutti di vedere come i frutti della Risurrezione raggiungono ed arricchiscono queste terre.

Che la Madre di Dio, invocata con il titolo di Maria Santissima della Luce, dissipi le tenebre del nostro mondo e illumini il nostro cammino, affinché possiamo confermare nella fede il popolo latinoamericano nelle sue fatiche e speranze, con fermezza, con coraggio e con fede ferma in colui che tutto può e tutti ama fino all’estremo. Amen.

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domenica 25 marzo 2012

Il Papa: In questi momenti in cui tante famiglie si ritrovano divise e costrette all’emigrazione, molte soffrono a causa della povertà, della corruzione, della violenza domestica, del narcotraffico, della crisi di valori o della criminalità, rivolgiamoci a Maria alla ricerca di conforto, vigore e speranza. E’ la Madre del vero Dio, che invita a rimanere con la fede e la carità sotto la sua ombra, per superare così ogni male e instaurare una società più giusta e solidale

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ANGELUS: VIDEO INTEGRALE

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RECITA DELL’ANGELUS NEL PARQUE DEL BICENTENARIO DI LEÓN (MESSICO)

Verso le ore 12 (le 20, ora di Roma), al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre Benedetto XVI guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti al Parque del Bicentenario di León. Queste le parole che il Papa pronuncia prima della preghiera mariana:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

nel Vangelo di questa domenica, Gesù parla del chicco di frumento che cade in terra, muore e si moltiplica, rispondendo ad alcuni greci che si avvicinano all’apostolo Filippo per chiedergli: "Vogliamo vedere Gesù" (Gv 12,21). Noi oggi invochiamo Maria Santissima e la supplichiamo: "Mostraci Gesù".

Nel recitare ora l’Angelus ricordando l’Annunciazione del Signore, anche i nostri occhi si dirigono spiritualmente fino al colle del Tepeyac, al luogo dove la Madre di Dio, sotto il titolo di "la sempre vergine santa Maria di Guadalupe", è onorata con fervore da secoli, quale segno di riconciliazione e della infinita bontà di Dio per il mondo.

I miei Predecessori sulla Cattedra di san Pietro la onorarono con titoli speciali come Signora del Messico, Celeste Patrona dell’America Latina, Madre e Imperatrice di questo Continente. I suoi fedeli figli, a loro volta, che sperimentano il suo aiuto, la invocano, pieni di fiducia, con nomi affettuosi e familiari come Rosa del Messico, Signora del Cielo, Vergine "Morena", Madre del Tepeyac, Nobile "Indita".

Cari fratelli, non dimenticate che la vera devozione alla Vergine Maria ci avvicina sempre a Gesù, e "non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vaga credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù"(Lumen gentium, 67). Amarla significa impegnarsi ad ascoltare il suo Figlio; venerare la Guadalupana significa vivere secondo le parole del frutto benedetto del suo seno.

In questi momenti in cui tante famiglie si ritrovano divise e costrette all’emigrazione, molte soffrono a causa della povertà, della corruzione, della violenza domestica, del narcotraffico, della crisi di valori o della criminalità, rivolgiamoci a Maria alla ricerca di conforto, vigore e speranza. E’ la Madre del vero Dio, che invita a rimanere con la fede e la carità sotto la sua ombra, per superare così ogni male e instaurare una società più giusta e solidale.

Con questi sentimenti, desidero porre nuovamente sotto il dolce sguardo di Nostra Signora di Guadalupe questo Paese e tutta l’America Latina e i Caraibi. Affido ciascuno dei suoi figli alla Stella della prima e della nuova evangelizzazione, che ha animato con il suo amore materno la storia cristiana di queste terre, dando caratteristiche particolari ai grandi avvenimenti della loro storia, alle loro iniziative comunitarie e sociali, alla vita familiare, alla devozione personale e alla Misiòn continental che ora si sta svolgendo in queste nobili terre. In tempi di prova e dolore, Ella è stata invocata da tanti martiri che, al grido "Viva Cristo Re e Maria di Guadalupe", hanno dato una perenne testimonianza di fedeltà al Vangelo e di dedizione alla Chiesa. Supplico ora che la sua presenza in questa cara Nazione continui a richiamare al rispetto, alla difesa e alla promozione della vita umana e al consolidamento della fraternità, evitando l’inutile vendetta ed allontanando l’odio che divide. Santa Maria di Guadalupe ci benedica e ci ottenga, per sua intercessione, abbondanti grazie dal Cielo.

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