martedì 30 settembre 2008

Il saluto del Papa ai dipendenti delle Ville Pontificie


UDIENZA AL PERSONALE DELLE VILLE PONTIFICIE, 30.09.2008

Alle ore di 17 di ieri pomeriggio, nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI, a conclusione del Suo soggiorno nella residenza estiva, ha ricevuto in Udienza i dipendenti delle Ville Pontificie ed ha loro rivolto le parole di saluto che pubblichiamo di seguito:

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

nel momento in cui mi accomiato da voi, al termine del soggiorno estivo a Castel Gandolfo, sento il vivo bisogno di rinnovarvi la mia gratitudine per il quotidiano e solerte servizio che svolgete qui, nelle Ville pontificie.

Sono riconoscente in primo luogo al Direttore, il Dottor Saverio Petrillo, per le sue cortesi parole e per essersi fatto interprete, come ogni anno, dei sentimenti di voi tutti. Passeggiando per i viali delle Ville ho modo di apprezzare l’attenzione che ponete nel vostro lavoro. Ugualmente sento il bisogno di ringraziare il personale che si dedica con solerzia alla cura del Palazzo Apostolico.

Mi rendo conto che la mia presenza vi domanda spesso un supplemento di impegno, e questo comporta non pochi sacrifici a voi e anche alle vostre famiglie. Vi ringrazio di cuore per la vostra generosità, e chiedo al Signore di ricompensarvi di tutto. Vi assista Egli con la sua grazia e accompagni con il suo paterno amore voi e i vostri familiari, ai quali vi prego di recare il mio cordiale saluto.

Celebriamo oggi la festa dei santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele: è alla loro speciale protezione che vi affido, perché possiate svolgere le vostre diverse attività con serenità e spirituale profitto. La Vergine Santa vegli sempre su di voi e sui vostri cari. Mentre vi assicuro un ricordo nella preghiera, con affetto tutti vi benedico.

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lunedì 29 settembre 2008

Il Papa: "Invochiamo con fiducia l'aiuto e la protezione degli Angeli. L’invisibile presenza di questi Spiriti beati ci è di grande aiuto e conforto"


UDIENZA ALLE COMUNITÀ RELIGIOSE E CIVILI DI CASTEL GANDOLFO, 29.09.2008

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza il Vescovo di Albano, S.E. Mons. Marcello Semeraro, il Parroco di Castel Gandolfo con la Comunità parrocchiale, le Comunità religiose, il Sindaco e i Membri dell’Amministrazione Comunale, i responsabili e gli addetti dei vari Servizi del Governatorato, gli ufficiali e gli avieri del 31° stormo dell’Aeronautica Militare, le Forze dell’Ordine italiane che, in collaborazione con la Gendarmeria Vaticana e la Guardia Svizzera Vaticana, hanno prestato servizio durante la Sua permanenza nella residenza estiva.
Pubblichiamo di seguito le parole che il Santo Padre ha rivolto loro:

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

anche quest’anno, è giunto il momento di congedarmi da voi, al termine del periodo estivo. Prima di far ritorno in Vaticano, sento il vivo bisogno di rinnovarvi la mia sincera gratitudine per quanto avete fatto per me e per i miei collaboratori. Saluto e ringrazio in primo luogo il Vescovo di Albano Laziale, Mons. Marcello Semeraro, il parroco di Castel Gandolfo e la comunità parrocchiale, insieme alle comunità religiose che qui vivono ed operano. In varie circostanze mi capita di incontrarvi, e vorrei quest’oggi ripetervi che il Papa vi è grato per il vostro sostegno materiale e spirituale.
Saluto poi il Signor Sindaco e i componenti dell’Amministrazione Comunale, che mi manifestano sempre la loro vicinanza. So con quanta premura voi, cari amici, vi adoperate durante il mio soggiorno. Come in altre circostanze vi ho detto, apprezzo molto la vostra ospitalità e il vostro sforzo per assicurare ogni assistenza a me, come anche agli ospiti e ai pellegrini che vengono a farmi visita, specialmente la domenica per il consueto appuntamento dell’Angelus. Vi prego di trasmettere i sentimenti della mia riconoscenza all’intera popolazione di Castel Gandolfo.
Mi dirigo adesso con pari affetto ai responsabili e agli addetti ai molteplici Servizi del Governatorato. Di ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle, ho avuto modo di apprezzare la competenza e la dedizione, e di tutto vi sono riconoscente. Il Signore vi assista e renda fruttuoso il vostro quotidiano impegno.
La grande famiglia, che si forma attorno al Papa a Castel Gandolfo, comprende pure voi, cari funzionari e agenti delle diverse Forze dell’Ordine italiane, che ringrazio per la diuturna dedizione che mostrate.

L’odierna ricorrenza liturgica dei santi Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele mi offre inoltre l’opportunità di salutare con particolare affetto voi, cari dirigenti e membri del Corpo della Gendarmeria Vaticana, che operate sempre in stretta collaborazione con il Corpo della Guardia Svizzera Pontificia, al quale rivolgo il mio riconoscente saluto. Voi tutti siete come i fedeli custodi del Papa.

Non posso poi dimenticare gli ufficiali e gli avieri del 31° stormo dell’Aeronautica Militare. Li ringrazio per il qualificato servizio che rendono a me e ai miei collaboratori negli spostamenti in elicottero e in aereo. A ciascuno di voi, cari amici, giunga l’espressione sincera della mia gratitudine.

Dicevo poco fa che quest’oggi la liturgia ci invita a ricordare i santi Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Ognuno di loro, come leggiamo nella Bibbia, ha svolto una peculiare missione nella storia della salvezza.

Cari fratelli e sorelle, invochiamo con fiducia il loro aiuto, come pure la protezione degli Angeli custodi, la cui festa celebreremo fra qualche giorno, il 2 ottobre.

L’invisibile presenza di questi Spiriti beati ci è di grande aiuto e conforto: essi camminano al nostro fianco e ci proteggono in ogni circostanza, ci difendono dai pericoli e ad essi possiamo ricorrere in ogni momento. Molti santi intrattenevano con gli Angeli un rapporto di vera amicizia, e numerosi sono gli episodi che testimoniano la loro assistenza in particolari occasioni.

Gli Angeli vengono inviati da Dio "a servire coloro che erediteranno la salvezza", come ricorda la Lettera agli Ebrei (1,14), e pertanto ci sono di valido ausilio nel pellegrinaggio terreno verso la Patria celeste.
Grazie ancora a tutti anche per la vostra presenza a quest’incontro; grazie a coloro che si sono fatti interpreti dei vostri sentimenti. Vi affido alla materna protezione di Maria, Regina degli Angeli, e di cuore vi imparto la Benedizione Apostolica, che estendo alle vostre famiglie e alle persone a voi care.

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domenica 28 settembre 2008

Benedetto XVI: "L’umiltà può essere considerata il testamento spirituale di Papa Luciani. Bastarono 33 giorni perché entrasse nel cuore della gente"


IL MAGISTERO DELLA CHIESA NEGLI SCRITTI DEI PREDECESSORI DI PAPA BENEDETTO XVI

Il 26 agosto 1978 Albino Luciani divenne Giovanni Paolo I. Morirà il 28 settembre 1978: raccolta di articoli e commenti

ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Parole del Santo Padre ai fedeli raccolti fuori dal Palazzo Apostolico (la fretta di chiudere il collegamento ci ha impedito, ieri, di ascoltarle...)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 28.09.2008

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi la liturgia ci propone la parabola evangelica dei due figli inviati dal padre a lavorare nella sua vigna. Di questi, uno dice subito sì, ma poi non va; l’altro invece sul momento rifiuta, poi però, pentitosi, asseconda il desiderio paterno. Con questa parabola Gesù ribadisce la sua predilezione per i peccatori che si convertono, e ci insegna che ci vuole umiltà per accogliere il dono della salvezza. Anche san Paolo, nel brano della Lettera ai Filippesi che quest’oggi meditiamo, ci esorta all’umiltà. "Non fate nulla per rivalità o vanagloria - egli scrive -, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso" (Fil 2,3). Sono questi gli stessi sentimenti di Cristo, che, spogliatosi della gloria divina per amore nostro, si è fatto uomo e si è abbassato fino a morire crocifisso (cfr Fil 2,5-8). Il verbo utilizzato - ekenôsen - significa letteralmente che Egli "svuotò se stesso" e pone in chiara luce l’umiltà profonda e l’amore infinito di Gesù, il Servo umile per eccellenza.

Riflettendo su questi testi biblici, ho pensato subito a Papa Giovanni Paolo I, di cui proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte. Egli scelse come motto episcopale lo stesso di san Carlo Borromeo: Humilitas.

Una sola parola che sintetizza l’essenziale della vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità. In una delle quattro Udienze generali tenute durante il suo brevissimo pontificato disse tra l’altro, con quel tono familiare che lo contraddistingueva: "Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore … Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili".
E osservò: "Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 51-52). L’umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale.

Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. La sua semplicità era veicolo di un insegnamento solido e ricco, che, grazie al dono di una memoria eccezionale e di una vasta cultura, egli impreziosiva con numerose citazioni di scrittori ecclesiastici e profani.

E’ stato così un impareggiabile catechista, sulle orme di san Pio X, suo conterraneo e predecessore prima sulla cattedra di san Marco e poi su quella di san Pietro.

"Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio", disse in quella medesima Udienza. E aggiunse: "Non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma: si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato" (ivi, p. 49). Queste parole mostrano tutto lo spessore della sua fede. Mentre ringraziamo Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo, facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani. Invochiamo per questo Maria Santissima, umile Serva del Signore.

DOPO L’ANGELUS

Il periodo estivo è ormai passato e dopodomani rientrerò in Vaticano. Ringrazio il Signore per tutti i doni che mi ha concesso in questo tempo. Penso in particolare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney, al periodo di riposo trascorso a Bressanone, alla visita in Sardegna e al viaggio apostolico a Parigi e Lourdes; e penso alla possibilità di soggiornare in questa casa, dove posso meglio riposare e lavorare nei mesi più caldi. Un caro saluto rivolgo alla comunità di Castel Gandolfo, con un grazie sentito al Vescovo, al Sindaco e alle Forze dell’ordine. Grazie a tutti e arrivederci!

Je vous salue, chers pèlerins francophones, qui êtes venus pour réciter l’Angélus. Par cette prière, nous faisons mémoire de l’Incarnation du Fils de Dieu et nous contemplons le « oui » immédiat et paisible de la Vierge Marie à la volonté de Dieu exprimée par l’Archange Gabriel. Que la présence de Marie à nos côtés donne à nos « oui » d’être spontanés, généreux et sans retour ! Avec ma Bénédiction apostolique.

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered for this Angelus prayer. My special greeting goes to the students from Aquinas College in Australia and to the members of the Fatima pilgrimage from the Philippines. In today’s Gospel, the Lord asks us to reflect whether we are obedient to the Father in word alone, or truly committed to following his will in our daily lives. May his words inspire in us a spirit of genuine conversion and an ever more generous commitment to the spread of the Gospel. Upon you and your families I cordially invoke God’s blessings of wisdom, joy and peace!

Mit Freude grüße ich die Pilger und Gäste aus den Ländern deutscher Sprache. In der zweiten Lesung dieses Sonntags hören wir das Wort des Apostels Paulus: „Seid untereinander so gesinnt, wie es dem Leben in Christus Jesus entspricht" (Phil 2,5). Christus, der sein Leben für uns hingegeben hat, ist das Vorbild für unser Handeln. Auch wir wollen danach streben, füreinander da zu sein und einander in Liebe zu begegnen. In besonderer Weise hat uns dies der Diener Gottes Papst Johannes Paul I. vorgelebt, dessen 30. Todestag wir heute begehen. Bemühen wir uns neu, die Gesinnung Christi zu haben und mehr und mehr in den Lebensstil Jesu hineinzuwachsen. Der Herr segne euch alle!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. En el evangelio de este domingo Jesús nos invita a la escucha obediente de la Palabra del Señor y al cumplimiento fiel de la Voluntad divina. Las enseñanzas de Jesucristo, cuando son acogidas con una fe profunda, sencilla y dócil, transforman la vida de toda persona, de cualquier clase y condición, y muestran cual es el camino que conduce al Reino de Dios. Muchas gracias y feliz domingo.

Witam przybyłych tu, do Castel Gandolfo, Polaków. W szczególny sposób pozdrawiam dzisiaj uczestników odbywającej się w Polsce, w Białymstoku, beatyfikacji Sługi Bożego, księdza Michała Sopoćki, spowiednika i przewodnika duchowego świętej Faustyny Kowalskiej. Za jego sugestią w znanym „Dzienniczku" opisała ona swoje doświadczenia mistyczne i objawienia Jezusa Miłosiernego. Także dzięki jego staraniom został namalowany i przekazany światu znany obraz z napisem „Jezu ufam Tobie". Sługa Boży dał się poznać jako gorliwy kapłan, profesor i wychowawca, krzewiciel kultu Bożego Miłosierdzia. Łączę się w radości z Archidiecezją Białostocką i Wileńską oraz ze wszystkimi wiernymi w świecie, którym bliskie jest przesłanie Jezusa Miłosiernego. Tą beatyfikacją zapewne cieszy się, w domu Ojca, mój umiłowany poprzednik, Sługa Boży Jan Paweł II. To on zawierzył świat Bożemu Miłosierdziu. Dlatego powtarzam jego życzenie: „Bóg bogaty w miłosierdzie niech wam wszystkim błogosławi" (Lotnisko, Kraków-Balice, 19.08.2002 r.).

[Saluto con affetto i Polacchi venuti qui a Castel Gandolfo. In modo particolare rivolgo oggi il mio pensiero ai fedeli riuniti a Białystok, in Polonia, per la beatificazione del servo di Dio Michał Sopoćko, confessore e guida spirituale di santa Faustina Kowalska. Per suo suggerimento, la Santa descrisse le proprie esperienze mistiche e le apparizioni di Gesù Misericordioso nel ben noto suo "Diario". Anche grazie ai suoi sforzi venne dipinta e trasmessa al mondo l’immagine con la scritta "Gesù, confido in Te". Questo Servo di Dio si fece conoscere come zelante sacerdote, educatore e propagatore del culto della Divina Misericordia. Mi unisco alla gioia delle Diocesi di Białystok e di Vilnius e di quanti nel mondo hanno caro il messaggio di Gesù Misericordioso. Per questa beatificazione si rallegra, nella casa del Padre, il mio amato Predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II. È stato lui ad affidare il mondo alla Divina Misericordia e per questo ripeto a tutti il suo augurio: "Dio ricco di misericordia vi benedica!" (Aeroporto Kraków-Balice, 19 agosto 2002).]

Sono lieto di accogliere i volontari del Movimento dei Focolari, venuti da vari Paesi, e li incoraggio a testimoniare sempre la forza trasformatrice del Vangelo. Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Padova, la "Lega Marinara di Sant’Antonio" di Anzio, l’Associazione Cattolica Operatori Sanitari, la Scuola "Paolo VI" delle Maestre Pie Filippini, di Castel Gandolfo, i giovani dell’Opera della Chiesa dalla Spagna e dall’Italia e l’Associazione "Ars-Agape" di Abbiategrasso. Saluto inoltre il gruppo della Diocesi di Belluno-Feltre che, con il Vescovo Mons. Giuseppe Andrich, si trova in Piazza San Pietro.

Mentre rivolgo un augurio a tutti gli studenti che da poco hanno iniziato l’anno scolastico, esprimo apprezzamento per la campagna della Società di San Vincenzo De Paoli intitolata "Fatemi studiare, conviene a tutti". Nello spirito di San Vincenzo, che ieri abbiamo ricordato nella liturgia, questa iniziativa si propone di prevenire la povertà dell’analfabetismo.

A tutti auguro un buon mese di ottobre, mese del santo Rosario, durante il quale, a Dio piacendo, mi recherò in pellegrinaggio al Santuario di Pompei, domenica 19. Buona domenica!

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sabato 27 settembre 2008

Il Papa al nuovo Ambasciatore della Repubblica Ceca: "Impegno comune per coniugare progresso economico e giustizia sociale in Europa"


Benedetto XVI al nuovo Ambasciatore della Repubblica Ceca

Impegno comune per coniugare progresso economico e giustizia sociale in Europa

Benedetto XVI ha ricevuto oggi, sabato 27 settembre, alle ore 11, in solenne udienza nel Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, Sua Eccellenza il Signor Pavel Vosalík, nuovo Ambasciatore della Repubblica Ceca presso la Santa Sede, il quale ha presentato le Lettere Credenziali con le quali viene accreditato nell'alto ufficio. S.E. l'Ambasciatore, rilevato alla sua residenza da un Gentiluomo di Sua Santità e da un Addetto di Anticamera, è giunto alle 10.45 al Cortile del Palazzo Pontificio di Castel Gandolfo, ove un reparto della Guardia Svizzera Pontificia rendeva gli onori.
Al ripiano degli ascensori S.E. l'Ambasciatore era ricevuto da un Gentiluomo di Sua Santità e subito dopo saliva al secondo piano, dove si trovavano ad attenderlo gli Addetti di Anticamera e i Sediari. Il corteo si dirigeva alla Sala degli Svizzeri, da dove l'Ambasciatore veniva accompagnato nella Sala dei Papi, dove veniva accolto dal prefetto della Casa Pontificia, S.E. monsignor James Michael Harvey, arcivescovo titolare di Memfi, il quale lo introduceva alla presenza del Pontefice.
Dopo la presentazione delle Credenziali da parte dell'Ambasciatore, aveva luogo lo scambio dei discorsi, quindi il Pontefice si intratteneva a colloquio privato con l'Ambasciatore.
Al termine dell'udienza l'Ambasciatore discendeva nel Cortile del Palazzo dove prendeva congedo dai dignitari che lo avevano accompagnato e si recava in Vaticano per l'incontro con il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato
.

Questo è il testo del discorso del Papa.

Questa è una nostra traduzione italiana del discorso del Pontefice.

Signor Ambasciatore,

sono lieto di riceverla oggi in occasione della presentazione delle Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Ceca presso la Santa Sede. Le sono grato per le cordiali parole che ha pronunciato all'inizio della missione affidatale dal suo governo. La prego di trasmettere i miei saluti rispettosi a Sua Eccellenza, signor Václav Klaus, Presidente della Repubblica, assicurandolo delle mie preghiere per il benessere di tutto il popolo del suo Paese.
Signor Ambasciatore, apprezzo l'enfasi che ha posto sull'influenza del cristianesimo sulla ricca eredità culturale della sua nazione, e, in particolare, sul ruolo svolto dal Vangelo nell'offrire speranza al popolo ceco in tempi di oppressione. La speranza è, di fatto, il messaggio imperituro che la Chiesa offre a ogni generazione e che le suggerisce di partecipare al compito globale di creare vincoli di pace e di buona volontà fra tutti i popoli. Lo fa in particolare con la sua attività diplomatica, attraverso la quale celebra la dignità delle persone che sono destinate a una vita di comunione con Dio e fra loro stesse.
La sua nazione, sostenuta dal senso di solidarietà che le ha permesso di riemergere con coraggio dal crollo del totalitarismo, desidera anche contribuire al benessere della famiglia umana, promuovendo la cooperazione internazionale nella lotta alla violenza, alla fame, alla povertà e ad altri mali sociali. Nuove possibilità di influenza si presenteranno presto al suo Paese che, infatti, si prepara ad assumere la Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea il prossimo anno. Ho fiducia nel fatto che stabilendo obiettivi chiari e facilitando l'impegno di tutti gli Stati membro, il grande onore di presiedere il Consiglio per un semestre permetterà alla Repubblica Ceca di esercitare una forte guida nello sforzo comune di combinare unità e diversità, sovranità nazionale e attività congiunte, progresso economico e giustizia sociale nel continente.
La Chiesa è consapevole delle sfide numerose che si presentano all'Europa proprio in un momento in cui le nazioni aspirano a edificare una comunità internazionale più stabile per le generazioni future. Per proseguire, i suoi responsabili sono chiamati a riconoscere che la felicità e il benessere umani non possono essere ottenuti solo attraverso strutture o da un singolo ceto sociale o politico (cfr. Spe salvi, n. 24). La realizzazione di una cultura autentica, degna della nobile vocazione dell'uomo, richiede la cooperazione armoniosa di famiglie, comunità ecclesiali, scuole, imprese, organizzazioni comunitarie e istituzioni governative. Lungi dall'essere fini in sé, queste entità sono strutture organizzate al servizio di tutti e sono integralmente collegate fra di loro in vista del bene comune (cfr. Centesimus annus, n. 13).
Per questo motivo, tutta la società trae beneficio quando alla Chiesa viene accordato il diritto di amministrare i beni materiali e spirituali per il suo ministero (cfr. Gaudium et spes, n. 88). Nella sua nazione, in questo settore si manifestano segni di progresso, ma bisogna fare ancora molto. Confido nel fatto che le commissioni speciali create dal suo governo e dal parlamento per risolvere questioni straordinarie relative alle proprietà ecclesiastiche continueranno a operare con onestà, correttezza e un autentico riconoscimento della capacità della Chiesa di contribuire al benessere della Repubblica. In particolare, auspico che queste istanze verranno tenute chiaramente in considerazione nella ricerca di una soluzione relativa al futuro della cattedrale di Praga, che è una testimonianza viva della ricca eredità culturale e religiosa della vostra terra e attesta la coesistenza armoniosa di Chiesa e Stato.
Per sua stessa natura il Vangelo esorta i fedeli a dedicarsi al servizio amorevole ai loro fratelli e alle loro sorelle senza distinzione e senza badare al costo (cfr. Lc 10, 25-37). L'amore è la manifestazione esteriore della fede che sostiene la comunità dei credenti e permette loro di essere segni di speranza per il mondo (cfr. Gv 13, 35). Un esempio di questa carità visibile risplende nell'opera della Caritas, i cui membri si impegnano quotidianamente in una vasta gamma di servizi sociali nel suo Paese. Ciò è particolarmente evidente nel servizio offerto alle donne incinte, ai senzatetto, ai disabili e ai detenuti. Il coordinamento fra la Caritas Repubblica Ceca e i Ministeri governativi della Sanità, del Lavoro e degli Affari Sociali dimostra i frutti potenziali che possono nascere dalla stretta collaborazione fra strutture statali ed ecclesiali (cfr. Deus Caritas est, n. 30). Desidero evidenziare qui l'enorme potenziale formativo per i giovani, la cui partecipazione a tali iniziative insegna loro che la solidarietà autentica non consiste solo nell'offrire beni materiali, ma nel fare dono di se stessi (cfr. Lc 17, 33). Inoltre, mentre la Repubblica Ceca cerca di ampliare i modi per partecipare al compito di plasmare una comunità internazionale più collaborativa e coesa, non dovremmo dimenticare i numerosi cittadini cechi che già operano all'estero per uno sviluppo a lungo termine e in progetti di aiuto sotto l'egida della Caritas e di altre organizzazioni umanitarie. Incoraggio di cuore i loro sforzi e lodo la generosità di tutti i suoi concittadini che, in modo creativo, elaborano modalità per servire il bene comune sia all'interno della sua nazione sia nel resto del mondo.
Infine, Eccellenza, mi permetta di esprimere sincere condoglianze a Lei e ai suoi concittadini per la tragica morte del signor Ivo Zd'árek, Ambasciatore della Repubblica Ceca in Pakistan, che è stato fra coloro che hanno perso la vita nel recente attentato a Islamabad. Prego ogni giorno affinché questi atti di aggressione abbiano fine e incoraggio quanti sono impegnati nel servizio diplomatico a dedicarsi con sempre maggiore intensità a facilitare la pace e a garantire la sicurezza nel mondo.
All'inizio del suo servizio, signor Ambasciatore, auspico di tutto cuore che l'importante missione affidatale sia feconda. Sia certo del fatto che gli uffici della Curia Romana sono desiderosi di assisterla nello svolgimento dei suoi compiti.
Chiedendole cortesemente di assicurare il popolo della Repubblica Ceca delle mie preghiere e della mia stima, invoco su di esso l'abbondanza delle benedizioni divine e lo affido alla provvidenza amorevole di Dio Onnipotente.

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(©L'Osservatore Romano - 28 settembre 2008)

Il Papa ai vescovi dell'Uruguay: "La vita umana va difesa senza riserve"


Benedetto XVI incoraggia i vescovi dell'Uruguay a proclamare i valori morali della dottrina cattolica

La vita umana va difesa senza riserve

Non si deve rinunciare mai a proclamare esplicitamente i valori della fede cattolica, neppure in ambienti politici e culturali nei quali vengono messi in discussione. Lo ha ribadito Benedetto XVI rivolgendosi ai vescovi dell'Uruguay, ricevuti in udienza a Castel Gandolfo nella mattina di venerdì 26, in occasione della visita "ad limina".

Pubblichiamo qui di seguito, una nostra traduzione in italiano del discorso rivolto dal Papa ai presuli della Conferenza episcopale dell'Uruguay, ricevuti in udienza nella mattina di venerdì 26 settembre, in occasione della loro visita ad limina Apostolorum.


Cari fratelli nell'episcopato,

sono lieto di ricevervi in questo incontro che, al termine della vostra visita ad limina, mi permette di salutarvi tutti insieme e di incoraggiarvi nella speranza, tanto necessaria per il ministero che generosamente esercitate nelle vostre rispettive Chiese particolari. Ringrazio cordialmente monsignor Carlos María Collazzi Irazábal, vescovo di Mercedes e presidente della Conferenza episcopale dell'Uruguay, per le parole con cui mi ha espresso i sentimenti condivisi di stretta comunione con la Sede di Pietro, e anche gli aneliti e le preoccupazioni che pervadono il vostro cuore di pastori desiderosi di rispondere alle aspettative del Popolo di Dio.
La visita alle tombe di san Pietro e di san Paolo è un'occasione privilegiata per comprendere a fondo l'origine e il significato del ministero dei successori degli Apostoli, che devono trasmettere fedelmente il seme che essi piantarono (cfr. Lumen gentium, n. 20), interamente dediti a proclamare il Vangelo di Cristo e unanimi nella loro testimonianza. È anche un'opportunità importante per rafforzare i vincoli di unità effettiva e affettiva del collegio episcopale, che deve essere manifestazione eminente dell'ideale, tanto caratteristico della comunità ecclesiale fin dalle origini, di avere "un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32), ed esempio visibile per promuovere lo spirito di fraternità e di concordia nei vostri fedeli e anche nella società attuale, tante volte dominata dall'individualismo e dalla rivalità esasperata.
Questa comunione si manifesta anche nel compito di rendere effettivi e concreti gli orientamenti pastorali che avete proposto per i prossimi cinque anni, ispirati al suggestivo quadro dell'incontro di Gesù risorto con i discepoli sulla via di Emmaus. In effetti, il Maestro che accompagna, conversa con i suoi e spiega loro le Scritture, è un modello da seguire per preparare la mente e il cuore dell'uomo, di modo che riesca a scoprirlo e a incontrarlo personalmente. Pertanto, promuovere la conoscenza e la meditazione della Sacra Scrittura, spiegarla fedelmente nella predicazione e nella catechesi o insegnarla nelle scuole, è indispensabile per riuscire a vivere la vocazione cristiana in modo più consapevole, fermo e deciso. Vi incoraggio in questa impresa con la quale volete rendere partecipi i vostri fedeli e le comunità ecclesiali dell'impulso evangelizzatore e missionario proposto dalla V Conferenza dell'Episcopato Latinoamericano e dei Caraibi, celebratasi ad Aparecida.
La Parola di Dio costituisce anche la fonte e il contenuto imprescindibile del vostro ministero come "araldi della fede che portano a Cristo nuovi discepoli" (Lumen gentium, n. 25), tanto più necessario in un tempo in cui molte altre voci cercano di far tacere Dio nella vita personale e sociale, portando gli uomini lungo cammini che minano l'autentica speranza e si disinteressano della salda verità su cui può riposare il cuore dell'essere umano. Insegnate, quindi, la fede della Chiesa nella sua integrità, con il coraggio e la persuasione proprie di chi vive di essa e per essa, senza rinunciare a proclamare esplicitamente i valori morali della dottrina cattolica, che a volte sono oggetto di dibattito nell'ambito politico, culturale o nei mezzi di comunicazione sociale, valori che si riferiscono alla famiglia, alla sessualità e alla vita. Conosco i vostri sforzi per difendere la vita umana dal suo concepimento fino al suo termine naturale e chiedo a Dio che rechino come frutto una chiara consapevolezza in ogni uruguayano della dignità inviolabile di ogni persona e un impegno fermo a rispettarla e salvaguardarla senza riserve.
In questo compito potete contare sulla preziosa collaborazione dei sacerdoti che bisogna incoraggiare costantemente affinché, senza conformarsi al clima imperante nel mondo (cfr. Rm, 12, 2), siano veri discepoli e missionari di Cristo, che portano con ardore il suo messaggio di salvezza alle parrocchie e alle comunità, alle famiglie e a tutte le persone che anelano soprattutto a parole apprese dallo Spirito, più che a conoscenze puramente umane (cfr. 1 Cor 2, 6). La vicinanza assidua dei pastori a quanti si preparano al sacerdozio può essere determinante per una formazione in cui prevalga ciò che deve distinguere prima di tutto un ministro della Chiesa: l'amore verso Cristo, una seria competenza teologica in piena sintonia con il magistero e con la tradizione della Chiesa, la meditazione costante e personale della sua missione salvifica e una vita irreprensibile conforme al servizio che presta al popolo di Dio. In tal modo renderanno una testimonianza fedele di quello che predicano e aiuteranno i propri fratelli a sfuggire a una religiosità superficiale e con scarsa incidenza sugli impegni etici che la fede comporta, per imparare da Cristo a vivere "nella giustizia e nella santità vera" (Ef 4, 24).
A tale proposito, ci si aspetta molto anche dalle persone consacrate o dai membri dei diversi movimenti e associazioni particolarmente impegnati nella missione della Chiesa, chiamati a rendere una gioiosa testimonianza del fatto che la pienezza della vita si raggiunge quando si preferisce essere migliori al mero avere di più, facendo risplendere i veri valori e la gioia incomparabile di aver incontrato Cristo e di dedicarsi incondizionatamente a Lui.
Cari fratelli, sapete che il compito del vero testimone di Cristo non è facile, esige molto, ma è chiaro e può contare soprattutto, più che sulle proprie forze, sul potere di chi ha "vinto il mondo" (cfr. Gv 16, 33). Senza lasciarvi prendere dallo sconforto, in tante situazioni d'indifferenza o di apatia religiosa, continuate a essere portatori della "speranza che non delude" (Rm 5, 5) e partecipi dell'amore di Cristo per i poveri e i bisognosi con le opere caritative delle comunità ecclesiali. In situazioni difficili, che riguardano anche gli uruguayani, la Chiesa è chiamata a mostrare la grandezza di cuore, la solidarietà e la capacità di sacrificio della famiglia dei figli di Dio verso i fratelli in difficoltà.
Al termine di questo incontro, vi chiedo di trasmettere un cordiale saluto ai vostri sacerdoti e ai seminaristi, ai monasteri e alle comunità religiose, ai movimenti e alle associazioni, ai catechisti e alle altre persone che si dedicano all'appassionante compito di portare e mantenere viva la luce di Cristo nel popolo di Dio. Invoco la protezione della Santissima Vergine Maria sui vostri compiti apostolici, e anche su tutti gli amati uruguayani e vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

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(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2008)

Il Papa: "L’umanità ha il dovere di proteggere il creato e di impegnarsi contro un uso indiscriminato dei beni della terra"


UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL CENTRO TURISTICO GIOVANILE (CTG) E DALL’UFFICIO INTERNAZIONALE DEL TURISMO SOCIALE (BITS), 27.09.2008

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti all’Incontro promosso dal Centro Turistico Giovanile (CTG) e dall’Ufficio Internazionale del Turismo Sociale (BITS) e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari amici,


è con gioia che vi accolgo e vi porgo il mio cordiale benvenuto. Ringrazio il Cardinale Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, per avermi illustrato le motivazioni dell’incontro odierno, ed essersi fatto interprete anche dei vostri sentimenti. Saluto l’Arcivescovo Agostino Marchetto, Segretario del medesimo Dicastero preposto alla pastorale della mobilità umana, in cui rientra anche l’attenzione pastorale al turismo. Il mio saluto si estende alla Sig.ra Maria Pia Bertolucci e a Mons. Guido Lucchiari, rispettivamente Presidente e Consulente ecclesiastico del Centro Turistico Giovanile (CTG), principale artefice di questa visita, nonché al Dott. Norberto Tonini, Presidente dell’Ufficio Internazionale del Turismo Sociale (BITS), che si è associato all’iniziativa. Un saluto affettuoso a tutti voi qui presenti.

Il nostro incontro avviene in occasione della celebrazione odierna della Giornata Mondiale del Turismo. Il tema di quest’anno - Il turismo affronta la sfida del cambiamento climatico - indica una problematica di grande attualità, che fa riferimento al potenziale del settore turistico nei riguardi dello stato del pianeta e del benessere dell’umanità. Entrambe le vostre Istituzioni sono già impegnate in un turismo attento alla promozione integrale della persona, in una visione di sostenibilità e solidarietà, e ciò fa di voi attori qualificati nell’opera di custodia e di valorizzazione responsabile delle risorse del creato, immenso dono di Dio all’umanità.

L’umanità ha il dovere di proteggere questo tesoro e di impegnarsi contro un uso indiscriminato dei beni della terra. Senza un adeguato limite etico e morale, il comportamento umano può infatti trasformarsi in minaccia e sfida. L’esperienza insegna che la gestione responsabile del creato fa parte, o così dovrebbe essere, di un’economia sana e sostenibile del turismo.

Al contrario, l’uso improprio della natura e l’abuso inferto alla cultura delle popolazioni locali danneggiano anche il turismo. Imparare a rispettare l’ambiente insegna pure a rispettare gli altri e se stessi. Già nel 1991, nell’Enciclica Centesimus annus, il mio amato predecessore Giovanni Paolo II aveva denunciato il consumo eccessivo e arbitrario delle risorse, ricordando che l’uomo è collaboratore di Dio nell’opera della creazione e non può sostituirsi a Lui. Egli aveva pure sottolineato quanto l’umanità di oggi debba "essere conscia dei suoi doveri e compiti verso le generazioni future" (n. 37).

È pertanto necessario, soprattutto nell’ambito del turismo, grande fruitore della natura, che tutti tendano a una gestione equilibrata del nostro habitat, di quella che è la nostra casa comune e lo sarà per quanti verranno dopo di noi. Il degrado ambientale può essere frenato solo diffondendo un’adeguata cultura comportamentale, che comprenda stili di vita più sobri.

Da qui l’importanza, come ho ricordato di recente, di educare a un’etica della responsabilità e di procedere a "fare delle proposte più costruttive per garantire il benessere delle generazioni future" (Discorso all’Eliseo, L’Osservatore Romano, 13 settembre 2008, p. 8).

Inoltre, la Chiesa condivide con le vostre Istituzioni e altre simili Organizzazioni l’impegno per la diffusione del turismo cosiddetto sociale, che promuove la partecipazione delle fasce più deboli e può essere così un valido strumento di lotta contro la povertà e tante fragilità, fornendo impieghi, custodendo le risorse e promuovendo l’uguaglianza. Tale turismo rappresenta un motivo di speranza in un mondo in cui vi sono accentuate distanze fra chi ha tutto e quanti soffrono fame, carestie e siccità. Auspico che la riflessione occasionata da questa Giornata Mondiale del Turismo, grazie al tema proposto, riesca ad influenzare positivamente lo stile di vita di tanti turisti, in modo che ciascuno dia il proprio contributo al benessere di tutti, che risulta essere in definitiva quello di ognuno.

Rivolgo, infine, un invito ai giovani perché, attraverso queste vostre Istituzioni, si facciano sostenitori e fautori di comportamenti mirati all’apprezzamento della natura e alla sua difesa, in una corretta prospettiva ecologica, come ho sottolineato più volte in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney, nel luglio scorso. Compete anche alle nuove generazioni promuovere un turismo sano e solidale, che bandisca il consumismo e lo spreco delle risorse della terra, per lasciare spazio a gesti di solidarietà e di amicizia, di conoscenza e di comprensione. In questo modo il turismo può diventare strumento privilegiato di educazione alla pacifica convivenza. Iddio vi aiuti nel vostro lavoro. Da parte mia, siatene certi, vi assicuro un ricordo nella preghiera, mentre con affetto imparto la Benedizione Apostolica a voi qui presenti, alle persone a voi care e ai membri delle vostre benemerite Istituzioni.

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venerdì 26 settembre 2008

"Il vostro è un servizio "contro corrente". Oggi, infatti, quando una coppia entra in crisi, trova tante persone pronte a consigliare la separazione"


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL MEETING INTERNAZIONALE DEL MOVIMENTO "RETROUVAILLE", 26.09.2008

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Meeting Internazionale del Movimento "Retrouvaille" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!


Vi accolgo con gioia quest’oggi, in occasione dell’incontro mondiale del movimento Retrouvaille. Saluto tutti voi, coniugi e presbiteri, con i responsabili internazionali di questa associazione, che da più di 30 anni opera con grande dedizione al servizio delle coppie in difficoltà. Saluto in particolare il Card. Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e lo ringrazio per le sue cortesi espressioni, come pure per avermi illustrato le finalità del vostro movimento.

Mi ha colpito, cari amici, la vostra esperienza, che vi pone a contatto con famiglie segnate dalla crisi del matrimonio.

Riflettendo sulla vostra attività, ancora una volta ho riconosciuto il "dito" di Dio, cioè l’azione dello Spirito Santo, che suscita nella Chiesa risposte adeguate ai bisogni e alle emergenze di ogni epoca. Certamente, ai nostri giorni, un’emergenza molto sentita è quella delle separazioni e dei divorzi. Provvidenziale fu pertanto l’intuizione dei coniugi canadesi Guy e Jeannine Beland, nel 1977, di aiutare le coppie in grave crisi ad affrontarla attraverso un programma specifico, che punta sulla ricostruzione delle loro relazioni, non in alternativa alle terapie psicologiche, ma con un percorso distinto e complementare.

Voi infatti non siete dei professionisti; siete sposi che spesso hanno vissuto in prima persona le medesime difficoltà, le hanno superate con la grazia di Dio e il sostegno di Retrouvaille e hanno avvertito il desiderio e la gioia di mettere, a loro volta, la propria esperienza al servizio di altri.

Tra voi ci sono diversi sacerdoti che accompagnano gli sposi nel loro cammino, spezzando per loro la Parola e il Pane della vita. "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8): è a queste parole di Gesù, rivolte ai suoi discepoli, che costantemente fate riferimento.

Come la vostra esperienza dimostra, la crisi coniugale – parliamo qui di crisi serie e gravi – costituisce una realtà a due facce. Da una parte si presenta, specialmente nella sua fase acuta e più dolorosa, come un fallimento, come la prova che il sogno è finito o si è trasformato in un incubo e, purtroppo "non c’è più niente da fare". Questa è la faccia negativa. Ma c’è un’altra faccia, a noi spesso sconosciuta, ma che Dio vede.

Ogni crisi, infatti – ce lo insegna la natura – è passaggio ad una nuova fase di vita. Se però nelle creature inferiori questo avviene automaticamente, nell’uomo implica la libertà, la volontà e, dunque, una "speranza più grande" della disperazione. Nei momenti più bui, la speranza i coniugi l’hanno smarrita; allora c’è bisogno di altri che la custodiscono, di un "noi", di una compagnia di veri amici che, nel massimo rispetto, ma anche con sincera volontà di bene, siano pronti a condividere un po’ della propria speranza con chi l’ha perduta.

Non in modo sentimentale o velleitario, ma organizzato e realistico. Voi diventate così, nel momento della rottura, la possibilità concreta per la coppia di avere un riferimento positivo, a cui affidarsi nella disperazione. In effetti, quando il rapporto degenera, i coniugi piombano nella solitudine, sia individuale che di coppia. Perdono l’orizzonte della comunione con Dio, con gli altri e con la Chiesa. Allora, i vostri incontri offrono l’"appiglio" per non smarrirsi del tutto, e per risalire gradualmente la china. Mi piace pensare a voi come a custodi di una speranza più grande per gli sposi che l’hanno perduta.

La crisi, dunque, come passaggio di crescita. In questa prospettiva si può leggere il racconto delle nozze di Cana (Gv 2, 1- 11). La Vergine Maria si accorge che gli sposi "non hanno più vino" e lo dice a Gesù. Questa mancanza del vino fa pensare al momento in cui, nella vita della coppia, finisce l’amore, si esaurisce la gioia e cala bruscamente l’entusiasmo del matrimonio. Dopo che Gesù ebbe trasformato l’acqua in vino, fecero i complimenti allo sposo perché – dicevano – aveva conservato fino a quel momento "il vino buono". Ciò significa che il vino di Gesù era migliore del precedente. Sappiamo che questo "vino buono" è simbolo della salvezza, della nuova alleanza nuziale che Gesù è venuto a realizzare con l’umanità. Ma proprio di questa è sacramento ogni Matrimonio cristiano, anche il più misero e vacillante, e può dunque trovare nell’umiltà il coraggio di chiedere aiuto al Signore. Quando una coppia in difficoltà o – come dimostra la vostra esperienza – persino già separata, si affida a Maria e si rivolge a Colui che ha fatto dei due "una sola carne", può essere certa che quella crisi diventerà, con l’aiuto del Signore, un passaggio di crescita, e che l’amore ne uscirà purificato, maturato, rafforzato. Questo può farlo solo Dio, che vuole servirsi dei suoi discepoli come di validi collaboratori, per accostare le coppie, ascoltarle, aiutarle a riscoprire il tesoro nascosto del matrimonio, il fuoco rimasto sepolto sotto la cenere. E’ Lui che ravviva e torna a far ardere la fiamma; non certo allo stesso modo dell’innamoramento, bensì in maniera diversa, più intensa e profonda: sempre però la stessa fiamma.

Cari amici, che avete scelto di mettervi al servizio degli altri in un campo così delicato, vi assicuro la mia preghiera perché questo vostro impegno non diventi mera attività, ma rimanga sempre, nel fondo, testimonianza dell’amore di Dio. Il vostro è un servizio "contro corrente".

Oggi, infatti, quando una coppia entra in crisi, trova tante persone pronte a consigliare la separazione. Pure ai coniugi sposati nel nome del Signore si propone con facilità il divorzio, dimenticando che l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito (cfr Mt 19,6; Mc 10,9). Per svolgere questa vostra missione anche voi avete bisogno di alimentare continuamente la vostra vita spirituale, di mettere amore in ciò che fate perché, a contatto con realtà difficili, la vostra speranza non si esaurisca o non si riduca a una formula. Vi aiuti in tale delicata opera apostolica la Santa Famiglia di Nazaret, alla quale affido il vostro servizio, e specialmente i casi più difficili. Vi sia accanto Maria, Regina della famiglia, mentre di cuore imparto la Apostolica Benedizione a voi e a tutti gli aderenti al movimento Retrouvaille.

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Il saluto del cardinale Antonelli

Da trent'anni al servizio della famiglia

Un "servizio offerto agli sposi in grave difficoltà" per aiutarli a "ricostruire pienamente il loro matrimonio ferito e compromesso": così il cardinale Ennio Antonelli, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha presentato al Papa l'esperienza di Retrouvaille, il movimento nato nel 1977 in Canada e oggi diffuso in oltre trenta Paesi dei cinque continenti (da sette anni è operante anche in Italia). Agli sposi che stanno per separarsi o sono separati l'associazione propone un percorso guidato da un sacerdote e da tre coppie che hanno già attraversato un periodo di crisi e l'hanno superato. In oltre trent'anni circa 100.000 coppie e 350 preti in tutto il mondo sono stati coinvolti in questa esperienza. "I risultati positivi ottenuti finora - ha sottolineato Antonelli - incoraggiano ad andare avanti con impegno pieno di speranza". Il porporato ha rilevato che oggi "la fragilità di molte famiglie richiede la vicinanza e la cura pastorale delle comunità cristiane". La crisi degli sposi, infatti, può essere anche l'occasione per "riflettere e cercare nuove motivazioni e risorse per una relazione più matura". Proprio quando una coppia di sposi in crisi "è accompagnata con discrezione, con competenza e con affetto, spesso riesce a trovare la strada per un amore più autentico e stabile".

(©L'Osservatore Romano - 27 settembre 2008)

giovedì 25 settembre 2008

Il Papa: "La scuola cattolica è un contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana"


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DAL CENTRO STUDI PER LA SCUOLA CATTOLICA DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, 25.09.2008

Alle ore 12.15 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Convegno promosso dal Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC) della Conferenza Episcopale Italiana in occasione del decimo anniversario della fondazione, e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle
,

l’odierno incontro avviene in occasione del decimo anniversario di fondazione del Centro Studi per la Scuola Cattolica (CSSC), istituito dalla Conferenza Episcopale Italiana come espressione della responsabilità dei Vescovi nei confronti della scuola cattolica, compresi i centri di formazione di ispirazione cristiana. E’ pertanto una felice circostanza per rinnovare la mia stima e il mio incoraggiamento per quanto sinora è stato fatto in quest’importante settore della vita civile ed ecclesiale. Il mio più cordiale benvenuto a voi, cari fratelli e sorelle qui presenti, che rappresentate, in un certo modo, tutti coloro che ad ogni livello – CEI, USMI, CISM, Istituti Religiosi educativi, Università, Federazioni, Associazioni, Movimenti laicali ed altre organizzazioni - sono al servizio della scuola cattolica in Italia. A ciascuno giunga il mio affettuoso saluto e la gratitudine della Chiesa per il prezioso servizio, che con la scuola cattolica viene reso all’evangelizzazione della gioventù e del mondo della cultura.

Un saluto speciale dirigo a Mons. Agostino Superbo, Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; ai Vescovi membri della Commissione Episcopale per l’Educazione Cattolica, la Scuola e l’Università, e specialmente al suo Presidente, Mons. Diego Coletti, che si è fatto interprete dei comuni sentimenti. Le sue parole mi hanno permesso di meglio conoscere i traguardi raggiunti e le prospettive che attendono il Centro Studi per la scuola cattolica. Giunga poi il mio saluto ai partecipanti all’apposito convegno promosso per commemorare questo anniversario, e che ha come tema: "Oltre l’emergenza educativa, la scuola cattolica al servizio dei giovani".

Quanto sia importante la missione della scuola cattolica è stato più volte ribadito in vari interventi dei miei venerati Predecessori, ripresi in significativi documenti dell’Episcopato italiano. Quello della CEI dal titolo "La scuola cattolica oggi in Italia" afferma, ad esempio, che la missione salvifica della Chiesa si compie nella stretta unione tra l'annuncio di fede e la promozione dell'uomo e trova, per questo, particolare sostegno nello strumento privilegiato che è la scuola cattolica, volta alla formazione integrale dell'uomo (cfr. n. 11). E subito dopo aggiunge che "la scuola cattolica è un'espressione del diritto di tutti i cittadini alla libertà di educazione, e del corrispondente dovere di solidarietà nella costruzione della convivenza civile" (n. 12). E’ pertanto nella prospettiva di consolidare insieme la duplice consapevolezza ecclesiale e civile che l’Episcopato italiano ha avvertito, dieci anni or sono, la necessità di avviare un Centro Studi dedicato alla scuola cattolica.

Per essere scelta ed apprezzata, occorre che la scuola cattolica sia conosciuta nel suo intento pedagogico; è necessario che si abbia matura consapevolezza non solo della sua identità ecclesiale e del suo progetto culturale, bensì pure del suo significato civile, che va considerato non come difesa di un interesse di parte, ma come contributo prezioso all’edificazione del bene comune dell’intera società italiana.

Il vostro Centro Studi ha svolto, in questo suo primo decennio di attività, un servizio veramente prezioso alla Chiesa e alla società italiana. Ciò è merito della valida collaborazione instauratasi tra la CEI e i suoi uffici con le Federazioni e Associazioni di scuola cattolica, con la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Pontificia Salesiana, il Ministero per la Pubblica Istruzione, il Comitato Tecnico-Scientifico nel quale sono rappresentate l’Università Cattolica del S. Cuore e la LUMSA, e con quanti a qualsiasi titolo hanno collaborato alle sue attività.

Grazie a tale costante intesa, il Centro Studi è riuscito a svolgere un attento monitoraggio sulla situazione della scuola cattolica in Italia, seguendo con particolare interesse le vicende della parità e delle riforme della scuola in Italia.

A questo proposito, è stato evidenziato che la frequenza alla scuola cattolica in alcune regioni d’Italia è in crescita rispetto al decennio precedente, anche se perdurano situazioni difficili e talora persino critiche. Proprio nel contesto del rinnovamento a cui si vorrebbe tendere da chi ha a cuore il bene dei giovani e del Paese, occorre favorire quella effettiva uguaglianza tra scuole statali e scuole paritarie, che consenta ai genitori opportuna libertà di scelta circa la scuola da frequentare.

Cari fratelli e sorelle, l’anniversario che state commemorando è certamente un’occasione propizia per proseguire con rinnovato entusiasmo il servizio che state svolgendo con profitto. In particolare vi incoraggio a focalizzare il vostro impegno, come è già vostra intenzione, nei seguenti cinque settori: la diffusione di una cultura rivolta a qualificare la pedagogia della scuola cattolica in ordine alla finalità dell’educazione cristiana; il monitoraggio della qualità e la raccolta dati sulla situazione della scuola cattolica; l’avvio di nuove ricerche per approfondire le emergenze educative, culturali e organizzative oggi rilevanti; l’approfondimento della cultura della parità non sempre apprezzata, quando non segnata da equivoche interpretazioni; l’incremento della proficua collaborazione con le Federazioni/Associazioni di scuola cattolica nel rispetto delle reciproche competenze e finalità.

Affido la vostra attività e i futuri progetti alla materna intercessione di Maria, Regina della famiglia e Sede della Sapienza, mentre, vi ringrazio per questa vostra visita e con affetto tutti vi benedico.

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mercoledì 24 settembre 2008

"E' errata la visione di chi attribuisce a Paolo l’invenzione del Cristianesimo: prima di evangelizzare, ha incontrato Cristo sulla via di Damasco..."


CICLO DI CATECHESI DEDICATE A SAN PAOLO APOSTOLO ED ALL'ANNO PAOLINO

GLI APOSTOLI NELLA CATECHESI DI PAPA BENEDETTO

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

L’UDIENZA GENERALE, 24.09.2008

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre - proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo - ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, riprendendo il ciclo di catechesi sulla figura di San Paolo, il Santo Padre si è soffermato sui suoi rapporti con gli Apostoli.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Papa ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.
Al termine, il Santo Padre è rientrato a Castel Gandolfo.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

V: La relazione tra San Paolo e gli altri Apostoli

Cari fratelli e sorelle,

vorrei oggi parlare sulla relazione tra san Paolo e gli Apostoli che lo avevano preceduto nella sequela di Gesù. Questi rapporti furono sempre segnati da profondo rispetto e da quella franchezza che a Paolo derivava dalla difesa della verità del Vangelo. Anche se egli era, in pratica, contemporaneo di Gesù di Nazareth, non ebbe mai l’opportunità d'incontrarlo, durante la sua vita pubblica.

Per questo, dopo la folgorazione sulla strada di Damasco, avvertì il bisogno di consultare i primi discepoli del Maestro, che erano stati scelti da Lui perché ne portassero il Vangelo sino ai confini del mondo.

Nella Lettera ai Galati Paolo stila un importante resoconto sui contatti intrattenuti con alcuni dei Dodici: anzitutto con Pietro che era stato scelto come Kephas, la parola aramaica che significa roccia, su cui si stava edificando la Chiesa (cfr Gal 1,18), con Giacomo, "il fratello del Signore" (cfr Gal 1,19), e con Giovanni (cfr Gal 2,9): Paolo non esita a riconoscerli come "le colonne" della Chiesa.

Particolarmente significativo è l'incontro con Cefa (Pietro), verificatosi a Gerusalemme: Paolo rimase presso di lui 15 giorni per "consultarlo" (cfr Gal 1,19), ossia per essere informato sulla vita terrena del Risorto, che lo aveva "ghermito" sulla strada di Damasco e gli stava cambiando, in modo radicale, l'esistenza: da persecutore nei confronti della Chiesa di Dio era diventato evangelizzatore di quella fede nel Messia crocifisso e Figlio di Dio, che in passato aveva cercato di distruggere (cfr Gal 1,23).

Quale genere di informazioni Paolo ebbe su Gesù Cristo nei tre anni che succedettero all’incontro di Damasco? Nella prima Lettera ai Corinzi possiamo notare due brani, che Paolo ha conosciuto a Gerusalemme, e che erano stati già formulati come elementi centrali della tradizione cristiana, tradizione costitutiva. Egli li trasmette verbalmente, così come li ha ricevuti, con una formula molto solenne: "Vi trasmetto quanto anch’io ho ricevuto". Insiste cioè sulla fedeltà a quanto egli stesso ha ricevuto e che fedelmente trasmette ai nuovi cristiani. Sono elementi costitutivi e concernono l’Eucaristia e la Risurrezione; si tratta di brani già formulati negli anni trenta. Arriviamo così alla morte, sepoltura nel cuore della terra e alla risurrezione di Gesù. (cfr 1 Cor 15,3-4). Prendiamo l’uno e l’altro: le parole di Gesù nell’Ultima Cena (cfr 1 Cor 11,23-25) sono realmente per Paolo centro della vita della Chiesa: la Chiesa si edifica a partire da questo centro, diventando così se stessa. Oltre questo centro eucaristico, nel quale nasce sempre di nuovo la Chiesa - anche per tutta la teologia di San Paolo, per tutto il suo pensiero - queste parole hanno avuto un notevole impatto sulla relazione personale di Paolo con Gesù. Da una parte attestano che l'Eucaristia illumina la maledizione della croce, rendendola benedizione (Gal 3,13-14), e dall'altra spiegano la portata della stessa morte e risurrezione di Gesù. Nelle sue Lettere il "per voi" dell’istituzione eucaristica diventa il "per me" (Gal 2,20), personalizzando, sapendo che in quel «voi» lui stesso era conosciuto e amato da Gesù e dell'altra parte "per tutti" (2 Cor 5,14): questo «per voi» diventa «per me» e «per la Chiesa (Ef 5, 25)», ossia anche «per tutti» del sacrificio espiatorio della croce (cfr Rm 3,25). Dalla e nell'Eucaristia la Chiesa si edifica e si riconosce quale "Corpo di Cristo" (1 Cor 12,27), alimentato ogni giorno dalla potenza dello Spirito del Risorto.

L'altro testo, sulla Risurrezione, ci trasmette di nuovo la stessa formula di fedeltà. Scrive San Paolo: "Vi ho trasmesso dunque, anzitutto quello che anch'io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici" (1 Cor 15,3-5). Anche in questa tradizione trasmessa a Paolo torna quel "per i nostri peccati", che pone l'accento sul dono che Gesù ha fatto di sé al Padre, per liberarci dai peccati e dalla morte. Da questo dono di sé, Paolo trarrà le espressioni più coinvolgenti e affascinanti del nostro rapporto con Cristo: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2 Cor 5,21); "Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2 Cor 8,9).

Vale la pena ricordare il commento col quale l’allora monaco agostiniano, Martin Lutero, accompagnava queste espressioni paradossali di Paolo: "Questo è il grandioso mistero della grazia divina verso i peccatori: che con un mirabile scambio i nostri peccati non sono più nostri, ma di Cristo, e la giustizia di Cristo non è più di Cristo, ma nostra" (Commento ai Salmi del 1513-1515). E così siamo salvati.

Nell’originale kerygma (annuncio), trasmesso di bocca in bocca, merita di essere segnalato l'uso del verbo "è risuscitato", invece del "fu risuscitato" che sarebbe stato più logico utilizzare, in continuità con "morì... e fu sepolto". La forma verbale «è risuscitato» è scelta per sottolineare che la risurrezione di Cristo incide sino al presente dell'esistenza dei credenti: possiamo tradurlo con "è risuscitato e continua a vivere" nell’Eucaristia e nella Chiesa.

Così tutte le Scritture rendono testimonianza della morte e risurrezione di Cristo, perché - come scriverà Ugo di San Vittore - "tutta la divina Scrittura costituisce un unico libro e quest'unico libro è Cristo, perché tutta la Scrittura parla di Cristo e trova in Cristo il suo compimento" (De arca Noe, 2,8). Se sant'Ambrogio di Milano potrà dire che "nella Scrittura noi leggiamo Cristo", è perché la Chiesa delle origini ha riletto tutte le Scritture d'Israele partendo da e tornando a Cristo.

La scansione delle apparizioni del Risorto a Cefa, ai Dodici, a più di cinquecento fratelli, e a Giacomo si chiude con l’accenno alla personale apparizione, ricevuta da Paolo sulla strada di Damasco: "Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto" (1 Cor 15,8). Poiché egli ha perseguitato la Chiesa di Dio, in questa confessione esprime la sua indegnità nell’essere considerato apostolo, sullo stesso livello di quelli che l’hanno preceduto: ma la grazia di Dio in lui non è stata vana (1 Cor 15,10). Pertanto l’affermarsi prepotente della grazia divina accomuna Paolo ai primi testimoni della risurrezione di Cristo: "Sia io che loro, così predichiamo e così avete creduto" (1 Cor 15,11). È importante l'identità e l'unicità dell'annuncio del Vangelo: sia loro sia io predichiamo la stessa fede, lo stesso Vangelo di Gesù Cristo morto e risorto che si dona nella Santissima Eucaristia.

L'importanza che egli conferisce alla Tradizione viva della Chiesa, che trasmette alle sue comunità, dimostra quanto sia errata la visione di chi attribuisce a Paolo l’invenzione del cristianesimo: prima di evangelizzare Gesù Cristo, il suo Signore, egli l’ha incontrato sulla strada di Damasco e lo ha frequentato nella Chiesa, osservandone la vita nei Dodici e in coloro che lo hanno seguito per le strade della Galilea.

Nelle prossime Catechesi avremo l’opportunità di approfondire i contributi che Paolo ha donato alla Chiesa delle origini; ma la missione ricevuta dal Risorto in ordine all’evangelizzazione dei gentili ha bisogno di essere confermata e garantita da coloro che diedero a lui e a Barnaba la mano destra, in segno di approvazione del loro apostolato e della loro evangelizzazione e di accoglienza nella unica comunione della Chiesa di Cristo (cfr Gal 2,9). Si comprende allora che l'espressione "anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne" (2 Cor 5,16) non significa che la sua esistenza terrena abbia uno scarso rilievo per la nostra maturazione nella fede, bensì che dal momento della sua Risurrezione, cambia il nostro modo di rapportarci con Lui. Egli è, nello stesso tempo, il Figlio di Dio, "nato dalla stirpe di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santificazione mediante la risurrezione dai morti", come ricorderà Paolo all'inizio della Lettera ai Romani (1, 3-4).

Quanto più cerchiamo di rintracciare le orme di Gesù di Nazaret per le strade della Galilea, tanto più possiamo comprendere che Egli si è fatto carico della nostra umanità, condividendola in tutto, tranne che nel peccato.

La nostra fede non nasce da un mito, né da un’idea, bensì dall’incontro con il Risorto, nella vita della Chiesa.


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lunedì 22 settembre 2008

Il Papa ai vescovi: "Il vostro ministero sarà pastoralmente fruttuoso soltanto se poggerà sulla vostra santità di vita"


UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PER I NUOVI VESCOVI PROMOSSO DALLA CONGREGAZIONE PER I VESCOVI E DALLA CONGREGAZIONE PER LE CHIESE ORIENTALI, 22.09.2008

Alle ore 12.30 di questa mattina, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Convegno per i Vescovi di recente nomina promosso dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per le Chiese Orientali e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Carissimi Fratelli nell’Episcopato!

Sono lieto di accogliervi all’inizio del vostro ministero episcopale e vi saluto con affetto nella consapevolezza dell’inscindibile legame collegiale che unisce nel vincolo dell’unità, della carità e della pace il Papa con i Vescovi. Questi giorni che state trascorrendo a Roma per approfondire i compiti che vi attendono e per rinnovare la professione della vostra fede sulla tomba di san Pietro devono costituire anche una singolare esperienza di quella collegialità che "fondata... sull’ordinazione episcopale e sulla comunione gerarchica... tocca la profondità dell'essere di ogni Vescovo e appartiene alla struttura della Chiesa come è stata voluta da Gesù Cristo" (Esort. ap. Pastores gregis, 8).
Questa esperienza di fraternità, di preghiera e di studio accanto alla sede di Pietro alimenti in ciascuno di voi il sentimento di comunione con il Papa e con i vostri Confratelli e vi apra alla sollecitudine per tutta la Chiesa. Ringrazio il Cardinale Giovanni Battista Re per le gentili parole con le quali ha interpretato i vostri sentimenti. Rivolgo un particolare saluto al Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, mentre attraverso le vostre persone invio un saluto affettuoso a tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

Questo nostro incontro avviene nell’Anno Paolino e alla vigilia della XII.ma Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio: due momenti significativi della vita ecclesiale, che ci aiutano a mettere in luce alcuni aspetti della spiritualità e della missione del Vescovo.

Vorrei soffermarmi brevemente sulla figura di san Paolo.

Egli è un maestro e un modello soprattutto per i Vescovi! San Gregorio Magno lo definisce "il più grande di tutti i pastori" (Regola Pastorale 1,8).
Come Vescovi dobbiamo apprendere dall’Apostolo innanzitutto un grande amore per Gesù Cristo. Dal momento del suo incontro col Maestro divino sulla via di Damasco, la sua esistenza fu tutta un cammino di conformazione interiore ed apostolica a Lui tra le persecuzioni e le sofferenze (cfr 2 Tm 3,11). San Paolo stesso si definisce un uomo "conquistato da Cristo" (cfr Fil 3,12) al punto da poter dire: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 1,20); ed ancora: "Sono stato crocifisso con Cristo. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20).
L'amore di Paolo per Cristo ci commuove per la sua intensità. Era un amore talmente forte e vivo da portarlo ad affermare: "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo" (Fil 3,8).
L'esempio del grande Apostolo chiama noi Vescovi a crescere ogni giorno nella santità della vita per avere gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù (2 Cor 3,11). L'Esortazione apostolica "Pastores gregis", parlando dell'impegno spirituale del Vescovo, afferma con chiarezza che egli deve essere innanzitutto un "uomo di Dio", perché non si possono servire gli uomini senza essere prima "servi di Dio" (cfr n. 13).

Il primo impegno spirituale ed apostolico del Vescovo deve dunque essere proprio quello di progredire nella via della perfezione evangelica. Con l’apostolo Paolo egli deve infatti essere convinto che "la nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una nuova Alleanza" (2 Cor 3,5-6). Tra i mezzi che lo aiutano a progredire nella vita spirituale si pone innanzitutto la Parola di Dio, che deve avere una sua indiscussa centralità nella vita e nella missione del Vescovo.

L'Esortazione apostolica "Pastores gregis" ricorda che "prima di essere trasmettitore della Parola, il Vescovo, insieme con i suoi sacerdoti e come ogni fedele, ... deve essere ascoltatore della Parola" ed aggiunge che "non c'è primato della santità senza ascolto della Parola di Dio che della santità è guida e nutrimento" (n. 15).

Vi esorto, pertanto, cari Vescovi, ad affidarvi ogni giorno alla Parola di Dio per essere maestri della fede ed autentici educatori dei vostri fedeli; non come coloro che mercanteggiano tale Parola, ma come coloro che con sincerità e mossi da Dio e sotto il suo sguardo parlano di Lui (cfr 2 Cor 2,17).

Carissimi Vescovi, per far fronte alla grande sfida del secolarismo proprio della società contemporanea è necessario che il Vescovo ogni giorno mediti nella preghiera la Parola, così da poter essere banditore efficace nell’annunciarla, dottore autentico nell'illustrarla e difenderla, maestro illuminato e sapiente nel trasmetterla.

Nell'imminenza dell'inizio dei lavori della prossima Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi vi affido alla potenza della Parola del Signore, affinché siate fedeli alle promesse che avete manifestato davanti a Dio e alla Chiesa nel giorno della vostra consacrazione episcopale, perseveranti nell' adempiere il ministero affidatovi, fedeli nel custodire puro e integro il deposito della fede, radicati nella comunione ecclesiale insieme a tutto l'Ordine episcopale. Dobbiamo essere sempre consapevoli che la Parola di Dio garantisce la presenza divina in ciascuno di noi secondo le parole stesse del Signore: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv 14,23).

Quando vi è stata consegnata la mitra, nel giorno della vostra consacrazione episcopale, vi è stato detto: "Risplenda in te il fulgore della santità". L'apostolo Paolo col suo insegnamento e con la sua testimonianza personale ci esorta a crescere nella virtù davanti a Dio e agli uomini. Il cammino di perfezione del Vescovo deve ispirarsi ai tratti caratteristici del Buon Pastore, affinché sul suo volto e nel suo agire i fedeli possano scorgere le virtù umane e cristiane che devono distinguere ogni Vescovo (PG, n. 18).

Progredendo nella via della santità, esprimerete quell'indispensabile autorevolezza morale e quella prudente saggezza che si richiede a chi è posto a capo della famiglia di Dio. Tale autorevolezza è oggi quanto mai necessaria. Il vostro ministero sarà pastoralmente fruttuoso soltanto se poggerà sulla vostra santità di vita: l'autorevolezza del Vescovo - afferma la Pastores gregis - nasce dalla testimonianza, senza la quale difficilmente i fedeli potranno scorgere nel Vescovo la presenza operante di Cristo nella sua Chiesa (cfr n. 43).

Con la consacrazione episcopale e con la missione canonica vi è stato affidato l'ufficio pastorale, ossia l'abituale e quotidiana cura delle vostre diocesi.

L'apostolo Paolo, con le note parole rivolte a Timoteo vi indica la strada per essere pastori buoni ed autorevoli delle vostre Chiese particolari: "Annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina... vigila attentamente" (2 Tm 4,2.5). Alla luce di tali parole dell'Apostolo, non smettete di impegnarvi con il "consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà" (LG, n. 27) per far progredire nella santità e nella verità il gregge a voi affidato. Sarà questo il modo più adeguato per esercitare in pienezza la paternità che è propria del Vescovo nei confronti dei fedeli. In particolare, abbiate cura dei sacerdoti, vostri primi ed insostituibili collaboratori nel ministero, e dei giovani.

Siate vicini con ogni attenzione ai sacerdoti. Non risparmiate sforzi nel mettere in atto tutte le iniziative, compresa quella di una concreta comunione di vita indicata dal Concilio Vaticano II, grazie alla quale i sacerdoti siano aiutati a crescere nella dedizione a Cristo e nella fedeltà al ministero sacerdotale.

Cercate di promuovere una vera fraternità sacerdotale che contribuisca a vincere l'isolamento e la solitudine, favorendo il sostegno vicendevole. E’ importante che tutti i sacerdoti avvertano la paterna vicinanza e l'amicizia del Vescovo.

Per costruire il futuro delle vostre Chiese particolari, siate poi animatori e guide dei giovani.

La recente Giornata Mondiale della Gioventù che si è svolta a Sydney ha messo ancora una volta in luce che tanti ragazzi e giovani sono affascinati dal Vangelo e disponibili ad impegnarsi nella Chiesa.

Occorre che i sacerdoti e gli educatori sappiano trasmettere alle nuove generazioni, insieme con l'entusiasmo per il dono della vita, l'amore per Gesù Cristo e per la Chiesa. Tra i giovani, incoraggiate con particolare sollecitudine i seminaristi, nella consapevolezza che il Seminario è il cuore della diocesi.

Non mancate di proporre ai ragazzi e ai giovani la scelta di una donazione piena a Cristo nella vita sacerdotale e religiosa. Sensibilizzate le famiglie, le parrocchie, gli istituti educativi, perché aiutino le nuove generazioni a cercare e a scoprire il progetto di Dio sulla loro vita.

Ricordandovi ancora le parole di san Paolo a Timoteo: "Sii di esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza" (1 Tm 4,12), e invocando l'aiuto di Dio sul vostro ministero episcopale, imparto di cuore una speciale Benedizione Apostolica a ciascuno di voi e alle vostre diocesi.

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domenica 21 settembre 2008

Il Papa: "Poter lavorare nella vigna del Signore, mettersi al suo servizio, collaborare alla sua opera, costituisce di per sé un premio inestimabile"


Vedi anche:

ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Il Papa: "Nel Mistero eucaristico, che in ogni altare si rinnova, Gesù si fa realmente presente. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé; ci attira con la forza del suo amore facendoci uscire da noi stessi per unirci a Lui, facendo di noi una cosa sola con Lui" (Omelia della Santa Messa presso la Cattedrale di Albano Laziale, 21 settembre 2008)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 21.09.2008

Di ritorno da Albano, a mezzogiorno il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per recitare l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:


PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

forse ricorderete che quando, nel giorno della mia elezione, mi rivolsi alla folla in Piazza San Pietro, mi venne spontaneo presentarmi come un operaio della vigna del Signore.
Ebbene, nel Vangelo di oggi (cfr Mt 20,1-16a), Gesù racconta proprio la parabola del padrone della vigna che a diverse ore del giorno chiama operai a lavorare nella sua vigna. E alla sera dà a tutti la stessa paga, un denaro, suscitando la protesta di quelli della prima ora.
E’ chiaro che quel denaro rappresenta la vita eterna, dono che Dio riserva a tutti. Anzi, proprio quelli che sono considerati "ultimi", se lo accettano, diventano "primi", mentre i "primi" possono rischiare di finire "ultimi". Un primo messaggio di questa parabola sta nel fatto stesso che il padrone non tollera, per così dire, la disoccupazione: vuole che tutti siano impegnati nella sua vigna.

E in realtà l’essere chiamati è già la prima ricompensa: poter lavorare nella vigna del Signore, mettersi al suo servizio, collaborare alla sua opera, costituisce di per sé un premio inestimabile, che ripaga di ogni fatica. Ma lo capisce solo chi ama il Signore e il suo Regno; chi invece lavora unicamente per la paga non si accorgerà mai del valore di questo inestimabile tesoro.

A narrare la parabola è san Matteo, apostolo ed evangelista, di cui tra l’altro ricorre proprio oggi la festa liturgica. Mi piace sottolineare che Matteo, in prima persona, ha vissuto questa esperienza (cfr Mt 9,9).

Egli infatti, prima che Gesù lo chiamasse, faceva di mestiere il pubblicano e perciò era considerato pubblico peccatore, escluso dalla "vigna del Signore". Ma tutto cambia quando Gesù, passando accanto al suo banco delle imposte, lo guarda e gli dice: "Seguimi". Matteo si alzò e lo seguì. Da pubblicano diventò immediatamente discepolo di Cristo. Da "ultimo" si trovò "primo", grazie alla logica di Dio, che – per nostra fortuna! – è diversa da quella del mondo. "I miei pensieri non sono i vostri pensieri – dice il Signore per bocca del profeta Isaia –, / le vostre vie non sono le mie vie" (Is 55,8).

Anche san Paolo, del quale stiamo celebrando un particolare Anno giubilare, ha sperimentato la gioia di sentirsi chiamato dal Signore a lavorare nella sua vigna. E quanto lavoro ha compiuto! Ma, come egli stesso confessa, è stata la grazia di Dio a operare in lui, quella grazia che da persecutore della Chiesa lo trasformò in apostolo delle genti. Tanto da fargli dire: "Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno". Subito però aggiunge: "Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere" (Fil 1,21-22). Paolo ha compreso bene che operare per il Signore è già su questa terra una ricompensa.

La Vergine Maria, che una settimana fa ho avuto la gioia di venerare a Lourdes, è tralcio perfetto della vigna del Signore. Da lei è germogliato il frutto benedetto dell’amore divino: Gesù, nostro Salvatore. Ci aiuti Lei a rispondere sempre e con gioia alla chiamata del Signore, e a trovare la nostra felicità nel poter faticare per il Regno dei cieli.

DOPO L’ANGELUS

Nelle scorse settimane i Paesi caraibici - in particolare Haiti, Cuba, la Repubblica Dominicana - e il sud degli Stati Uniti d’America - specialmente il Texas - sono stati duramente colpiti da violenti cicloni. Vorrei nuovamente assicurare a tutte quelle care popolazioni il mio speciale ricordo nella preghiera. Auspico, inoltre, che giungano prontamente i soccorsi nelle zone maggiormente danneggiate. Voglia il Signore che, almeno in queste circostanze, solidarietà e fraternità prevalgano su ogni altra ragione.

Giovedì prossimo, 25 settembre, si terrà a New York, nell’ambito della 63.ma sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, un incontro di alto livello per verificare il compimento degli obiettivi stabiliti nella Dichiarazione del Millennio, l’8 settembre 2000. In occasione di questa importante riunione, che vedrà insieme i leaders di tutti i Paesi del mondo, vorrei rinnovare l’invito affinché si prendano e si applichino con coraggio le misure necessarie per sradicare la povertà estrema, la fame, l’ignoranza e il flagello delle pandemie, che colpiscono soprattutto i più vulnerabili. Un tale impegno, pur esigendo in questi momenti di difficoltà economiche mondiali particolari sacrifici, non mancherà di produrre importanti benefici sia per lo sviluppo delle Nazioni che hanno bisogno di aiuto dall’estero sia per la pace e il benessere dell’intero pianeta.

Je salue cordialement les pèlerins de langue française. Dans l’heureux souvenir de mon récent pèlerinage à Lourdes, je vous invite à vous laisser guider par la Vierge Marie vers la personne de son Fils Jésus. C’est Lui qui rend libre pour aimer comme il nous aime et pour construire un monde de justice et de paix. C’est en Lui que nous trouvons la source de la vie, la source du salut. Que Dieu vous bénisse !

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. In today’s Gospel, Jesus teaches that God is always generous in his dealings with us. The Kingdom of Heaven will come to us not as a reward for our good deeds, based on strict justice, but as a grace, a gift of God’s mercy and abounding love. Let us ask the Lord to keep us always in his love! I wish you all a pleasant stay in Castel Gandolfo and Rome, and a blessed Sunday!

Von Herzen heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher hier in Castel Gandolfo willkommen; heute begrüße ich besonders den Kirchenchor aus Ruhpolding. Im Evangelium dieses Sonntags spricht Christus von einem Weinbergbesitzer, der allen Arbeitern unabhängig von ihrer Leistung den gleichen Lohn gibt. Dies ist ein Bild für die Liebe Gottes: Gott wendet sich dem Menschen nicht wegen seiner Verdienste zu, sondern liebt ihn um seiner selbst willen. Als Jünger Christi wollen wir die grenzenlose Güte Gottes gegenüber allen Menschen durch unsere Worte und Taten sichtbar machen. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que se han unido en esta plegaria mariana, e invito a todos a responder generosamente a la llamada que Jesús nos hace de ir a su viña, para trabajar sin buscar otra cosa que su gracia y su amor, como nos enseña el Evangelio de hoy. Muchas gracias y feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Liturgia tej niedzieli przypomina przypowieść o hojnym właścicielu winnicy i obdarowanych robotnikach. Ten obraz ukazuje dobroć Boga, który udziela każdemu tyle łask, ile potrzebuje do godziwego życia i do zbawienia. Niech obfitość tych darów będzie waszym udziałem. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus!

[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. La liturgia di questa domenica ci ricorda la parabola del generoso proprietario della vigna e degli operai premiati. Quest’immagine mostra la bontà di Dio che elargisce ad ognuno tante grazie quante ne ha bisogno per una vita dignitosa e per la salvezza. Siate partecipi dell’abbondanza di questi doni. Sia lodato Gesù Cristo!]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la Fraternità di Comunione e Liberazione di Cesena con il Vescovo Mons. Antonio Lanfranchi, le Suore Figlie di San Camillo con gli studenti della Scuola Infermieri "Padre Luigi Tezza" di Roma, i fedeli di San Piero in Bagno, Segrate e Palma Campania e l’associazione "Calcio Sociale" di Roma. Sono lieto di accogliere i giovani che oggi danno vita al 1° Trofeo "Castel Gandolfo per lo sport e la pace". Saluto inoltre il Lions Club di Erchie-San Pancrazio, i partecipanti all’Ecorally partito da San Marino, l’associazione "Nuovi Castelli Romani" e la Scuola Media "Dante Alighieri" di Castel Gandolfo. Ricorrendo poi la Giornata dedicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità all’Alzheimer, desidero esprimere la mia spirituale vicinanza alle persone affette da questa malattia ed ai loro familiari. A tutti auguro una buona domenica.

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Nel Mistero eucaristico, che in ogni altare si rinnova, Gesù si fa realmente presente. La sua è una presenza dinamica,che ci afferra per farci suoi...


VISITA PASTORALE DEL PAPA AD ALBANO LAZIALE (21 SETTEMBRE 2008)

Vedi anche:

Il Papa all'Angelus: "Poter lavorare nella vigna del Signore, mettersi al suo servizio, collaborare alla sua opera, costituisce di per sé un premio inestimabile"

CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA CON DEDICAZIONE DELL’ALTARE DELLA CATTEDRALE DI ALBANO PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE BENEDETTO XVI, 21.09.2008

Questa mattina alle ore 9.00, il Santo Padre Benedetto XVI si reca ad Albano per la Celebrazione della Santa Messa e la Dedicazione dell’Altare della Cattedrale.
Ad accogliere il Papa al suo arrivo in auto all’ingresso delle Ville Pontificie che si affaccia su Piazza Pia, sono l’Em.mo Card. Angelo Sodano, Titolare della Chiesa Suburbicaria di Albano, Decano del Collegio Cardinalizio; S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano e il Dott. Marco Mattei, Sindaco di Albano. Il Santo Padre attraversa a piedi Piazza Pia e davanti alla Cattedrale di Albano riceve il saluto del Sindaco ed è poi accolto dai Canonici.
Nel corso della Santa Messa, che inizia in Cattedrale alle ore 9.30, introdotta dal saluto di S.E. Mons. Marcello Semeraro, Vescovo di Albano, dopo la proclamazione del Santo Vangelo il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito
:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

L’odierna Celebrazione è quanto mai ricca di simboli e la Parola di Dio che è stata proclamata ci aiuta a comprendere il significato e il valore di quanto stiamo compiendo. Nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della purificazione del Tempio e della dedicazione del nuovo altare degli olocausti ad opera di Giuda Maccabeo nel 164 a.C., tre anni dopo che il Tempio era stato profanato da Antioco Epifane (cfr 1 Mac 4,52-59). A ricordo di quell’avvenimento, venne istituita la festa della Dedicazione, che durava otto giorni. Tale festa, legata inizialmente al Tempio dove il popolo si recava in processione per offrire sacrifici, era anche allietata dall’illuminazione delle case ed è sopravvissuta, sotto questa forma, dopo la distruzione di Gerusalemme.

L’Autore sacro sottolinea giustamente la gioia e la letizia che caratterizzarono quell’avvenimento. Ma quanto più grande, cari fratelli e sorelle, deve essere la nostra gioia sapendo che sull’altare, che ci accingiamo a consacrare, ogni giorno si offrirà il sacrificio di Cristo; su questo altare Egli continuerà ad immolarsi, nel sacramento dell’Eucaristia, per la salvezza nostra e del mondo intero.

Nel Mistero eucaristico, che in ogni altare si rinnova, Gesù si fa realmente presente. La sua è una presenza dinamica, che ci afferra per farci suoi, per assimilarci a sé; ci attira con la forza del suo amore facendoci uscire da noi stessi per unirci a Lui, facendo di noi una cosa sola con Lui.

La presenza reale di Cristo fa di ciascuno di noi la sua "casa", e tutti insieme formiamo la sua Chiesa, l’edificio spirituale di cui parla anche san Pietro. "Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio – scrive l’Apostolo -, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1 Pt 2, 4-5).

Quasi sviluppando questa bella metafora, sant’Agostino osserva che mediante la fede gli uomini sono come legni e pietre presi dai boschi e dai monti per la costruzione; mediante il battesimo, la catechesi e la predicazione vengono poi sgrossati, squadrati e levigati; ma risultano casa del Signore solo quando sono compaginati dalla carità.

Quando i credenti sono reciprocamente connessi secondo un determinato ordine, mutuamente e strettamente giustapposti e coesi, quando sono uniti insieme dalla carità diventano davvero casa di Dio che non teme di crollare (cfr Serm., 336).

E’ dunque l’amore di Cristo, la carità che "non avrà mai fine" (1 Cor 13,8), l’energia spirituale che unisce quanti partecipano allo stesso sacrificio e si nutrono dell’unico Pane spezzato per la salvezza del mondo.

E’ infatti possibile comunicare con il Signore, se non comunichiamo tra di noi? Come allora presentarci all’altare di Dio divisi, lontani gli uni dagli altri? Quest’altare, sul quale tra poco si rinnova il sacrificio del Signore, sia per voi, cari fratelli e sorelle, un costante invito all’amore; ad esso vi accosterete sempre con il cuore disposto ad accogliere l’amore di Cristo e a diffonderlo, a ricevere e a concedere il perdono.

A tale proposito ci offre un’importante lezione di vita il brano evangelico che poc’anzi è stato proclamato (cfr Mt 5,23-24). E’ un breve, ma pressante e incisivo appello alla riconciliazione fraterna, riconciliazione indispensabile per presentare degnamente l’offerta all’altare; un richiamo che riprende l’insegnamento ben presente già nella predicazione profetica. Anche i profeti infatti denunciavano con vigore l’inutilità di quegli atti di culto privi di corrispondenti disposizioni morali, specialmente nei rapporti verso il prossimo (cfr Is 1,10-20; Am 5, 21–27; Mic 6, 6-8). Ogni volta quindi che vi accostate all’altare per la Celebrazione eucaristica, si apra il vostro animo al perdono e alla riconciliazione fraterna, pronti ad accettare le scuse di quanti vi hanno ferito e pronti, a vostra volta, a perdonare.

Nella liturgia romana il sacerdote, compiuta l’offerta del pane e del vino, inchinato verso l’altare, prega sommessamente: "Umili e pentiti accoglici, Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te". Si prepara così ad entrare, con l’intera assemblea dei fedeli, nel cuore del mistero eucaristico, nel cuore di quella liturgia celeste a cui fa riferimento la seconda lettura, tratta dall’Apocalisse.

San Giovanni presenta un angelo che offre "molti profumi insieme con le preghiere di tutti i santi bruciandoli sull’altare d’oro posto dinanzi al trono" di Dio (cfr Ap 8, 3). L’altare del sacrificio diventa, in un certo modo, il punto d’incontro fra Cielo e terra; il centro, potremmo dire, dell’unica Chiesa che è celeste ed al tempo stesso pellegrina sulla terra, dove, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, i discepoli del Signore ne annunziano la passione e la morte fino al suo ritorno nella gloria (cfr Lumen gentium, 8).

Anzi, ogni Celebrazione eucaristica anticipa già il trionfo di Cristo sul peccato e sul mondo, e mostra nel mistero il fulgore della Chiesa, "sposa immacolata dell’Agnello immacolato, Sposa che Cristo ha amato e per lei ha dato se stesso, al fine di renderla santa" (ibid., 6).

Queste riflessioni suscita in noi il rito che ci apprestiamo a compiere in questa vostra Cattedrale, che oggi ammiriamo nella sua rinnovata bellezza e che giustamente volete continuare a rendere sempre più accogliente e decorosa. Un impegno che tutti vi coinvolge e che, in primo luogo, chiede all’intera Comunità diocesana di crescere nella carità e nella dedizione apostolica e missionaria. In concreto, si tratta di testimoniare con la vita la vostra fede in Cristo e la totale fiducia che riponete in Lui. Si tratta pure di coltivare la comunione ecclesiale che è anzitutto un dono, una grazia, frutto dell’amore libero e gratuito di Dio, qualcosa cioè di divinamente efficace, sempre presente e operante nella storia, al di là di ogni apparenza contraria. La comunione ecclesiale è però anche un compito affidato alla responsabilità di ciascuno. Vi doni il Signore di vivere una comunione sempre più convinta ed operosa, nella collaborazione e nella corresponsabilità ad ogni livello: tra presbiteri, consacrati e laici, tra le diverse comunità cristiane del vostro territorio, tra le varie aggregazioni laicali.

Rivolgo ora il mio cordiale saluto al vostro Vescovo Mons. Marcello Semeraro, che ringrazio per l’invito e per le cortesi parole di benvenuto con cui ha voluto accogliermi a nome di tutti voi. Desidero pure esprimergli sentimenti di fervido augurio, nella ricorrenza del decimo anniversario della sua consacrazione episcopale. Un pensiero speciale dirigo al Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, Titolare di questa vostra Diocesi Suburbicaria, che oggi si unisce alla nostra gioia. Saluto gli altri Presuli presenti, i sacerdoti, le persone consacrate, i giovani e gli anziani, le famiglie, i bambini, gli ammalati, abbracciando con affetto tutti i fedeli della Comunità diocesana spiritualmente qui riunita. Un saluto alle Autorità che ci onorano della loro presenza, ed in primo luogo al Signor Sindaco di Albano, al quale pure sono riconoscente per le cortesi parole che mi ha indirizzato all’inizio della Santa Messa. Su tutti invoco la celeste protezione di san Pancrazio, titolare di questa Cattedrale, e dell’apostolo Matteo, del quale la liturgia oggi fa memoria.

Invoco, in particolare, la materna intercessione della Beata Vergine Maria. In questa giornata, che corona gli sforzi, i sacrifici e l’impegno da voi compiuti per dotare la Cattedrale di un rinnovato spazio liturgico, con opportuni interventi che hanno interessato la Cattedra episcopale, l’Ambone e l’Altare, vi ottenga la Madonna di poter scrivere in questo nostro tempo un’altra pagina di santità quotidiana e popolare, che vada ad aggiungersi a quelle che hanno segnato nel corso dei secoli la vita della Chiesa di Albano. Non mancano certo, come ha ricordato il vostro Pastore, difficoltà, sfide e problemi, ma grandi sono anche le speranze e le opportunità per annunciare e testimoniare l’amore di Dio. Lo Spirito del Signore risorto, che è lo Spirito della Pentecoste, vi apra ai suoi orizzonti di speranza ed alimenti in voi lo slancio missionario verso i vasti orizzonti della nuova evangelizzazione. Per questo preghiamo, proseguendo la nostra Celebrazione eucaristica.

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Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre saluta alcuni Benefattori, Sponsor dei lavori di ristrutturazione della Cattedrale.
Alle ore 11.45 il Papa lascia la Cattedrale e rientra in auto a Castel Gandolfo
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