mercoledì 30 aprile 2008

"Gli Usa sono un esempio di sana laicità dove la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non solo tollerata, ma valorizzata..."


VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA NEGLI USA (15-21 APRILE 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE NEGLI USA

UDIENZA GENERALE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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Il Papa: «Volevo confermare i cattolici americani nella fede, ma loro hanno confermato me» (Paglialunga)

All'udienza generale, Benedetto XVI ricorda la visita negli Stati Uniti: ho portato la speranza di Cristo nel Paese che valorizza la libertà religiosa

A UDIENZA A SAN PIETRO, BENEDETTO XVI ACCOLTO DA 'LA BAMBA'. IL PAPA RINGRAZIA GLI USA PER LA CALOROSA ACCOGLIENZA!

L’UDIENZA GENERALE, 30.04.2008

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa ha ripercorso le tappe fondamentali del Suo recente Viaggio Apostolico negli Stati Uniti d’America e della visita alla Sede dell’ONU a New York.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

benché siano passati già diversi giorni dal mio rientro, desidero tuttavia dedicare l’odierna catechesi, come di consueto, al viaggio apostolico che ho compiuto presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite e negli Stati Uniti d’America dal 15 al 21 aprile scorso. Rinnovo innanzitutto l’espressione della mia più cordiale riconoscenza alla Conferenza Episcopale statunitense, come pure al Presidente Bush, per avermi invitato e per la calorosa accoglienza che mi hanno riservato.

Ma il mio "grazie" vorrebbe estendersi a tutti coloro che, a Washington e a New York, sono venuti a salutarmi e a manifestare il loro amore per il Papa, o che mi hanno accompagnato e sostenuto con la preghiera e con l’offerta dei loro sacrifici.

Com’è noto, l’occasione della visita è stata il bicentenario della elevazione a Metropolia della prima Diocesi del Paese, Baltimora, e della fondazione delle sedi di New York, Boston, Filadelfia e Louisville. In questa ricorrenza tipicamente ecclesiale, ho avuto perciò la gioia di recarmi di persona, per la prima volta quale Successore di Pietro, a visitare l’amato popolo degli Stati Uniti d’America, per confermare nella fede i cattolici, per rinnovare e incrementare la fraternità con tutti i cristiani, e per annunciare a tutti il messaggio di "Cristo nostra Speranza", come suonava il motto del viaggio.

Nell’incontro con il Signor Presidente nella sua residenza, ho avuto modo di rendere omaggio a quel grande Paese, che fin dagli albori è stato edificato sulla base di una felice coniugazione tra principi religiosi, etici e politici, e che tuttora costituisce un valido esempio di sana laicità, dove la dimensione religiosa, nella diversità delle sue espressioni, è non solo tollerata, ma valorizzata quale "anima" della Nazione e garanzia fondamentale dei diritti e dei doveri dell’uomo.

In tale contesto la Chiesa può svolgere con libertà ed impegno la sua missione di evangelizzazione e promozione umana, e anche di "coscienza critica", contribuendo alla costruzione di una società degna della persona umana e, al tempo stesso, stimolando un Paese come gli Stati Uniti, a cui tutti guardano quale ad uno dei principali attori della scena internazionale, verso la solidarietà globale, sempre più necessaria ed urgente, e verso l’esercizio paziente del dialogo nelle relazioni internazionali.

Naturalmente la missione e il ruolo della Comunità ecclesiale sono stati al centro dell’incontro con i Vescovi, che ha avuto luogo nel Santuario Nazionale dell’Immacolata Concezione, a Washington. Nel contesto liturgico dei Vespri, abbiamo lodato il Signore per il cammino compiuto dal Popolo di Dio negli Stati Uniti, per lo zelo dei suoi Pastori e il fervore e la generosità dei suoi fedeli, che si manifesta nell’alta e aperta considerazione della fede e in innumerevoli iniziative caritative e umanitarie all’interno e all’estero.

Al tempo stesso ho sostenuto i miei Confratelli nell’episcopato nel loro non facile compito di seminare il Vangelo in una società segnata da non poche contraddizioni, che minacciano anche la coerenza dei cattolici e del clero stesso. Li ho incoraggiati a far sentire la loro voce sulle attuali questioni morali e sociali e a formare i fedeli laici, affinché siano buon "lievito" nella comunità civile, a partire dalla cellula fondamentale che è la famiglia.

In questo senso li ho esortati a riproporre il sacramento del Matrimonio come dono e impegno indissolubile tra un uomo e una donna, ambito naturale di accoglienza e di educazione dei figli. La Chiesa e la famiglia, insieme con la scuola – specialmente quella di ispirazione cristiana – devono cooperare per offrire ai giovani una solida educazione morale, ma in questo compito hanno grande responsabilità anche gli operatori della comunicazione e dell’intrattenimento.

Pensando alla dolorosa vicenda degli abusi sessuali su minori commessi da ministri ordinati, ho voluto esprimere ai Vescovi la mia vicinanza, incoraggiandoli nell’impegno di fasciare le ferite e di rafforzare i rapporti con i loro sacerdoti.

Nel rispondere ad alcuni interrogativi posti dai Vescovi, mi è stato dato di sottolineare alcuni aspetti importanti: il rapporto intrinseco tra il Vangelo e la "legge naturale"; la sana concezione della libertà, che si comprende e si realizza nell’amore; la dimensione ecclesiale dell’esperienza cristiana; l’esigenza di annunciare in modo nuovo, specialmente ai giovani, la "salvezza" come pienezza di vita, e di educare alla preghiera, dalla quale germogliano le risposte generose alla chiamata del Signore.

Nella grande e festosa Celebrazione eucaristica al Nationals Park Stadium di Washington abbiamo invocato lo Spirito Santo sull’intera Chiesa che è negli Stati Uniti d’America, perché, saldamente radicata nella fede trasmessa dai padri, profondamente unita e rinnovata, affronti le sfide presenti e future con coraggio e speranza, quella speranza che "non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo" (Rm 5,5).

Una di tali sfide è certamente quella dell’educazione, e perciò nella Catholic University of America ho incontrato i Rettori di Università e College cattolici, i responsabili diocesani per l’insegnamento e i rappresentanti dei docenti e degli studenti.

Il compito educativo è parte integrante della missione della Chiesa, e la Comunità ecclesiale statunitense si è sempre molto impegnata in esso, rendendo al tempo stesso un grande servizio sociale e culturale all’intero Paese. E’ importante che ciò possa continuare.

Ed è altrettanto importante curare la qualità degli istituti cattolici, affinché in essi ci si formi veramente secondo "la misura della maturità" di Cristo (cfr Ef 4,13), coniugando fede e ragione, libertà e verità. Con gioia pertanto ho confermato i formatori nel loro prezioso impegno di carità intellettuale.

In un Paese a vocazione multiculturale quale gli Stati Uniti d’America, hanno assunto speciale rilievo gli incontri con i rappresentanti di altre religioni: a Washington, nel Centro Culturale Giovanni Paolo II, con ebrei, musulmani, indù, buddisti e giainisti; a New York, la visita alla Sinagoga.

Momenti, specialmente quest’ultimo, molto cordiali, che hanno confermato il comune impegno al dialogo e alla promozione della pace e dei valori spirituali e morali. In quella che si può considerare la patria della libertà religiosa, ho voluto ricordare che questa va sempre difesa con sforzo concorde, per evitare ogni forma di discriminazione e pregiudizio. Ed ho evidenziato la grande responsabilità dei leaders religiosi, sia nell’insegnare il rispetto e la nonviolenza, sia nel tener vive le domande più profonde della coscienza umana.

Anche la celebrazione ecumenica, nella chiesa parrocchiale di San Giuseppe, è stata caratterizzata da grande cordialità. Insieme abbiamo pregato il Signore perché aumenti nei cristiani la capacità di rendere ragione, anche con una sempre maggiore unità, dell’unica grande speranza che è in essi (cfr 1 Pt 3,15) per la comune fede in Gesù Cristo.

Altro principale obiettivo del mio viaggio era la visita alla sede centrale dell’ONU: la quarta visita di un Papa, dopo quella di Paolo VI nel 1965 e le due di Giovanni Paolo II, nel ‘79 e nel ‘95. Nella ricorrenza del 60° anniversario della "Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo", la Provvidenza mi ha dato l’opportunità di confermare, nel più ampio e autorevole consesso sovranazionale, il valore di tale Carta, richiamandone il fondamento universale, cioè la dignità della persona umana, creata da Dio a sua immagine e somiglianza per cooperare nel mondo al suo grande disegno di vita e di pace.

Come la pace, anche il rispetto dei diritti umani è radicato nella "giustizia", vale a dire in un ordine etico valido per tutti i tempi e per tutti i popoli, riassumibile nella celebre massima "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te", o, espressa in forma positiva con le parole di Gesù: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12). Su questa base, che costituisce l’apporto tipico della Santa Sede all’Organizzazione delle Nazioni Unite, ho rinnovato, e anche oggi rinnovo, il fattivo impegno della Chiesa Cattolica per contribuire al rafforzamento di relazioni internazionali improntate ai principi di responsabilità e di solidarietà.

Nel mio animo sono rimasti fortemente impressi anche gli altri momenti della mia permanenza a New York.

Nella Cattedrale di Saint Patrick, nel cuore di Manhattan – davvero una "casa di preghiera per tutti i popoli" – ho celebrato la Santa Messa per i sacerdoti e i consacrati, venuti da ogni parte del Paese.

Non dimenticherò mai con quanto calore mi hanno fatto gli auguri per il terzo anniversario della mia elezione alla sede di Pietro. E’ stato un momento commovente, in cui ho sperimentato in modo sensibile tutto il sostegno della Chiesa per il mio ministero.

Altrettanto posso dire per l’incontro con i giovani e i seminaristi svoltosi proprio presso il Seminario diocesano, e che è stato preceduto da una sosta molto significativa in mezzo a ragazzi e giovani portatori di handicap con i loro familiari.

Ai giovani, per loro natura assetati di verità e di amore, ho proposto alcune figure di uomini e donne che hanno testimoniato in modo esemplare il Vangelo in terra americana, il Vangelo della verità che rende liberi nell’amore, nel servizio, nella vita spesa per gli altri. Guardando in faccia le tenebre di oggi, che minacciano la vita dei giovani, i giovani possono trovare nei santi la luce che disperde queste tenebre: la luce di Cristo, speranza per ogni uomo!

Questa speranza, più forte del peccato e della morte, ha animato il momento carico di emozione che ho trascorso in silenzio nella voragine di Ground Zero, dove ho acceso un cero pregando per tutte le vittime di quella terribile tragedia.

Infine, la mia visita è culminata nella Celebrazione eucaristica nello Yankee Stadium di New York: porto ancora nel cuore quella festa di fede e di fraternità, con cui abbiamo celebrato i bicentenari delle più antiche Diocesi dell’America del Nord. Il piccolo gregge delle origini si è enormemente sviluppato, arricchendosi della fede e delle tradizioni di successive ondate di immigrazione. A quella Chiesa, che ora affronta le sfide del presente, ho avuto la gioia di annunciare nuovamente "Cristo nostra Speranza" ieri, oggi e sempre.

Cari fratelli e sorelle, vi invito ad unirvi a me nel rendimento di grazie per la confortante riuscita di questo viaggio apostolico e nel domandare a Dio, per intercessione di Maria Vergine, che esso possa produrre abbondanza di frutti per la Chiesa in America e in tutte le parti del mondo.

Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto voi, Religiose di diverse Congregazioni partecipanti all’incontro promosso dall’USMI e invoco lo Spirito Santo perché vi aiuti a proseguire con generosità nella vostra testimonianza evangelica. Saluto voi, Seminaristi della diocesi di Vicenza, accompagnati dal vostro Pastore Monsignor Cesare Nosiglia. Cari amici, vi assicuro la mia vicinanza spirituale e prego perché lo Spirito del Risorto vi illumini nel discernere la vostra vocazione e nel seguirla con fedeltà e gioia. Saluto voi, partecipanti al convegno promosso dalla Pontificia Università della Santa Croce, ed auguro che Cristo sia sempre per voi la Via, la Verità e la Vita.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi la liturgia fa memoria del santo Pontefice Pio V che, mosso da profondo amore per la Chiesa, promosse con instancabile ardore la propagazione della fede e riformò il culto liturgico. Il suo esempio e la sua intercessione incoraggino voi, cari giovani, a realizzare in modo autentico e coerente la vostra vocazione cristiana; sostengano voi, cari malati, a perseverare nella speranza e ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Cristo per la salvezza dell’umanità; facciano crescere voi, cari sposi novelli, nel reciproco impegno di fedeltà e di amore.

BENEDIZIONE DELLA STATUA DI SAN GIOVANNI LEONARDI

Prima dell’Udienza Generale di questa mattina, il Santo Padre si è recato in Via delle Fondamenta per benedire la statua di San Giovanni Leonardi, (1541-1609), Fondatore dei Chierici della Madre di Dio.

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domenica 27 aprile 2008

Il Papa al Regina Coeli: "Ringrazio Dio perché io stesso sono stato confermato nella speranza dai Cattolici Americani"


VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA NEGLI USA (15-21 APRILE 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE NEGLI USA

REGINA COELI: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

"Cari amici sacerdoti, la vostra missione è recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città" (Omelia della Santa Messa per le Ordinazioni presbiterali)

Vedi anche:

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

BENEDETTO XVI - Con il cuore in Africa (Zavattaro)

L'appello di Benedetto XVI per la Somalia, il Burundi, il Darfur: un commento di Raffaello Zordan (Radio Vaticana)

IL PAPA ESORTA I POTENTI: «RICORDATEVI DI SOMALIA, DARFUR E BURUNDI E SIATE LORO PORTAVOCE»

Il Papa ai 29 nuovi sacerdoti: "Portate al mondo la gioia di Cristo". Al Regina Caeli appello per Somalia, Darfur e Burundi (R.V.)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA COELI, 27.04.2008

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana per l’Ordinazione presbiterale di 29 diaconi, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico vaticano per recitare il Regina Cæli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale
:

PRIMA DEL REGINA COELI

Cari fratelli e sorelle,

chiedo scusa per il ritardo di questo Angelus, ma ho avuto la grande gioia di ordinare 29 nuovi sacerdoti nella Basilica di San Pietro e abbiamo da poco concluso questa grande celebrazione.

È questo, ogni anno, un momento di speciale grazia e di grande festa: linfa rinnovata viene infusa nel tessuto della Comunità sia ecclesiale che cittadina. Se la presenza dei sacerdoti è indispensabile per la vita della Chiesa, essa è però preziosa per tutti.
Negli Atti degli Apostoli si legge che il diacono Filippo portò il Vangelo in una città della Samaria; la gente aderì con entusiasmo alla sua predicazione, anche vedendo i segni prodigiosi che compiva sui malati; "e vi fu grande gioia in quella città" (1,8).

Come ho ricordato ai neo presbiteri nel corso della Celebrazione eucaristica, questo è il senso della missione della Chiesa e in particolare dei sacerdoti: seminare nel mondo la gioia del Vangelo! Dove Cristo è predicato con la forza dello Spirito Santo ed è accolto con animo aperto, la società, pur piena di tanti problemi, diventa "città della gioia" – come suona il titolo di un celebre libro riferito all’opera di Madre Teresa a Calcutta. Questo, dunque, l’augurio che faccio ai preti novelli, per i quali vi invito tutti a pregare: possano essi diffondere, là dove saranno destinati, la gioia e la speranza che sgorgano dal Vangelo.

In realtà, questo è anche il messaggio che ho recato nei giorni scorsi negli Stati Uniti d’America, con un viaggio apostolico che aveva per motto queste parole: "Christ our Hope - Cristo nostra Speranza".

Ringrazio Dio perché ha benedetto largamente questa mia singolare esperienza missionaria e mi ha concesso di farmi strumento della speranza di Cristo per quella Chiesa e per quel Paese. In pari tempo lo ringrazio perché io stesso sono stato confermato nella speranza dai cattolici americani: ho trovato infatti una grande vitalità e la decisa volontà di vivere e testimoniare la fede in Gesù. Mercoledì prossimo, durante l’Udienza generale, mi propongo di soffermarmi più ampiamente su questa mia visita in America.

Oggi molte Chiese Orientali celebrano, secondo il calendario giuliano, la grande solennità della Pasqua. Desidero esprimere a questi nostri fratelli e sorelle la mia fraterna vicinanza spirituale. Li saluto cordialmente, pregando il Dio uno e trino di confermarli nella fede, di riempirli della luce splendente che emana dalla risurrezione del Signore e di confortarli nelle non facili situazioni in cui spesso devono vivere e testimoniare il Vangelo. Invito tutti ad unirvi a me nell'invocare la Madre di Dio, affinché la strada da tempo intrapresa del dialogo e della collaborazione porti presto ad una più completa comunione tra tutti i discepoli di Cristo, perché siano un segno sempre più luminoso di speranza per tutta l'umanità.

DOPO IL REGINA COELI

Le notizie che giungono da alcuni Paesi africani continuano a essere motivo di profonda sofferenza e viva preoccupazione. Vi chiedo di non dimenticare queste tragiche vicende e i fratelli e le sorelle che vi sono coinvolti! Vi chiedo di pregare per loro e di farvi loro voce!

In Somalia, specialmente a Mogadiscio, aspri scontri armati rendono sempre più drammatica la situazione umanitaria di quella cara popolazione, da troppi anni oppressa sotto il peso della brutalità e della miseria.

Il Darfur, nonostante qualche momentaneo spiraglio, rimane una tragedia senza fine per centinaia di migliaia di persone indifese e abbandonate a sé stesse.

Infine il Burundi. Dopo i bombardamenti dei giorni scorsi che hanno colpito e terrorizzato gli abitanti della capitale Bujumbura e raggiunto anche la sede della Nunziatura Apostolica, e di fronte al rischio di una nuova guerra civile, invito tutte le parti in causa a riprendere senza indugio la via del dialogo e della riconciliazione.

Confido che le Autorità politiche locali, i responsabili della comunità internazionale e ogni persona di buona volontà non tralasceranno sforzi per far cessare la violenza e onorare gli impegni presi, in modo da porre solide fondamenta alla pace e allo sviluppo.
Affidiamo le nostre intenzioni a Maria, Regina dell'Africa.

Chers pèlerins de langue française, je vous adresse mes salutations cordiales. À l’exemple de Marie, puissiez-vous accueillir l’Esprit Saint; il vous fera connaître les mystères divins et il vous aidera à demeurer fidèles au Seigneur dans toute votre vie. Que le temps pascal illumine votre existence. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Regina Caeli. In today’s Gospel Our Lord speaks to us of the mystery of the Father, Son and Holy Spirit. May we always remain faithful to this divine communion by living the commandments that he has given us. God’s blessings of joy and peace be with you all!

Frohen Herzens begrüße ich alle deutschsprachigen Pilger. Heute heiße ich besonders die Mitglieder und Gäste der römischen Studentenverbindung Capitolina sowie die Musikkapelle Sarnthein aus Südtirol willkommen. Christus verheißt seinen Jüngern den Beistand des Heiligen Geistes als Erweis seiner Treue. Der Herr verläßt die Seinen nicht. Auch wir wollen seiner Liebe in uns Raum geben und unter der Führung des Heiligen Geistes den Frieden und das Gute in der Welt verbreiten. Der Segen Christi begleite euch auf allen Wegen!

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, especialmente a los fieles de las parroquias de Nuestra Señora de los Remedios, de Canarias, y Nuestra Señora de Monserrat, de Tenerife. El próximo jueves comenzamos el mes de mayo, tradicionalmente dedicado en muchos países a María. Os invito a rezar el Santo Rosario con devoción y a pedir encarecidamente por las necesidades del mundo y de la Iglesia. ¡Feliz domingo!

Pozdravljam vernike iz Kobarida in drugih krajev Slovenije! Naj vam bo to vaše romanje v pomoč, da boste v skladu z evangelijem, ki smo ga poslušali danes pri sveti maši, živeli po Božjih zapovedih in polni ljubezni do Vstalega Gospoda. Naj bo z vami moj blagoslov!
[Saluto i fedeli provenienti da Kobarid e da altri Paesi della Slovenia! Il vostro pellegrinaggio vi aiuti affinché, concordemente al Vangelo che abbiamo ascoltato durante la liturgia odierna, viviate fedeli ai divini comandamenti e pieni di amore per il Signore Risorto. Vi accompagni la mia Benedizione!]

Od srca pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a na poseban način skupinu iz Splitske nadbiskupije. Duh Sveti neka siđe na vas i vaše obitelji kako bi, ispunjeni neprolaznom uskrsnom radošću, uvijek bili postojani u vjeri i vjerni u ljubavi. Hvaljen Isus i Marija!
[Saluto di cuore i pellegrini croati, in modo particolare il gruppo dell’Arcidiocesi di Split. Lo Spirito Santo scenda su di voi e sulle vostre famiglie affinché, ricolmi dell’incessante gioia pasquale, siate sempre saldi nella fede e fedeli nell’amore. Siano lodati Gesù e Maria!]

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Dziś szczególne pozdrowienie kieruję do biskupów i wiernych pielgrzymów w Gnieźnie, którzy oddają cześć św. Wojciechowi, Patronowi Polski. Jego męczeńska krew stała się zasiewem wiary na waszych ziemiach. Za jego wstawiennictwem modlę się, aby ten zasiew stale wzrastał i przynosił dobre owoce. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto tutti i polacchi. Oggi uno speciale saluto indirizzo ai Vescovi e ai fedeli pellegrini a Gniezno, che rendono gloria a Sant’Adalberto, Patrono della Polonia. Il suo sangue di martire è diventato seme della fede sulle vostre terre. Per sua intercessione prego affinché questo seme cresca sempre e porti buoni frutti. Dio vi benedica.]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana: sono oggi presenti numerosi gruppi di fedeli provenienti da diverse Regioni. Vorrei menzionarvi tutti, cari amici, ma poiché non mi è possibile citare un così nutrito numero di parrocchie e di associazioni, vi abbraccio tutti spiritualmente e vi esorto ad essere sempre generosi testimoni del Vangelo. Con affetto vi benedico!

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"Cari amici sacerdoti, la vostra missione è recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città"


Vedi anche:

Il Papa al Regina Coeli: "Ringrazio Dio perché io stesso sono stato confermato nella speranza dai Cattolici Americani" (Parole del Santo Padre alla recita del Regina Coeli, 27 aprile 2008)

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

Il Papa: gioia e speranza la missione dei sacerdoti (Muolo)

Il Papa ha ordinato ieri mattina 29 nuovi sacerdoti (Il Tempo)

Il Papa ai 29 nuovi sacerdoti: "Portate al mondo la gioia di Cristo". Al Regina Caeli appello per Somalia, Darfur e Burundi (R.V.)

SANTA MESSA CON ORDINAZIONI PRESBITERALI, 27.04.2008

Alle ore 9.30 di oggi - VI Domenica di Pasqua - Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Santa Messa nel corso della quale conferisce l’Ordinazione presbiterale a 29 diaconi, di cui 28 della Diocesi di Roma e uno del Pontificio Collegio Urbano de Propaganda Fide.
Concelebrano con il Santo Padre: l’Em.mo Card. Camillo Ruini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, S.E. Mons. Luigi Moretti, Vicegerente, i Vescovi Ausiliari, i Superiori dei Seminari interessati e i Parroci degli ordinandi.
Nel corso della Liturgia dell’Ordinazione, il Papa pronuncia la seguente omelia:


OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Si realizza oggi per noi, in modo tutto particolare, la parola che dice: "Hai moltiplicato la gioia, / hai aumentato la letizia" (Is 9,2). Infatti, alla gioia di celebrare l’Eucaristia nel giorno del Signore, si sommano l’esultanza spirituale del tempo di Pasqua giunto ormai alla sesta domenica, e soprattutto la festa dell’Ordinazione di nuovi Sacerdoti. Insieme a voi saluto con affetto i 29 Diaconi che tra poco saranno ordinati presbiteri. Esprimo viva riconoscenza a quanti li hanno guidati nel loro cammino di discernimento e di preparazione, ed invito voi tutti a rendere grazie a Dio per il dono alla Chiesa di questi nuovi sacerdoti. Sosteniamoli con intensa preghiera durante la presente celebrazione, in spirito di fervida lode al Padre che li ha chiamati, al Figlio che li ha attirati a sé, allo Spirito che li ha formati. Solitamente l’Ordinazione dei nuovi sacerdoti avviene nella IV Domenica di Pasqua, detta Domenica del Buon Pastore, che è anche la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, ma quest’anno non è stato possibile, perché ero in partenza per la visita pastorale negli Stati Uniti d’America. L’icona del Buon Pastore sembra essere quella che più d’ogni altra pone in luce il ruolo e il ministero del presbitero nella comunità cristiana. Ma anche i passi biblici, che l’odierna liturgia offre alla nostra meditazione, illuminano, secondo un’angolatura diversa, la missione del sacerdote.

La prima Lettura, tratta dal capitolo VIII degli Atti degli Apostoli, narra la missione del diacono Filippo in Samaria. Vorrei attirare immediatamente l’attenzione sulla frase che chiude la prima parte del testo: "E vi fu grande gioia in quella città" (At 8,8). Questa espressione non comunica un’idea, un concetto teologico, ma riferisce un avvenimento circostanziato, qualcosa che ha cambiato la vita delle persone: in una determinata città della Samaria, nel periodo che seguì la prima violenta persecuzione contro la Chiesa a Gerusalemme (cfr At 8,1), venne ad accadere qualcosa che causò "grande gioia". Che cosa era dunque successo? Narra l’Autore sacro che, per sfuggire alla persecuzione scoppiata a Gerusalemme contro coloro che si erano convertiti al cristianesimo, tutti i discepoli, tranne gli Apostoli, abbandonarono la Città santa e si dispersero all’intorno. Da questo evento doloroso scaturì, in maniera misteriosa e provvidenziale, un rinnovato impulso alla diffusione del Vangelo. Fra coloro che si erano dispersi c’era anche Filippo, uno dei sette diaconi della Comunità, diacono come voi, cari Ordinandi, anche se in modalità certamente diverse, poiché nella stagione irripetibile della Chiesa nascente, gli Apostoli e i diaconi erano dotati dallo Spirito Santo di una potenza straordinaria sia nella predicazione che nell’azione taumaturgica. Or avvenne che gli abitanti della località samaritana, di cui si parla in questo capitolo degli Atti degli Apostoli, accolsero unanimi l’annuncio di Filippo e, grazie alla loro adesione al Vangelo, egli poté guarire molti malati. In quella città della Samaria, in mezzo a una popolazione tradizionalmente disprezzata e quasi scomunicata dai Giudei, risuonò l’annuncio di Cristo che aprì alla gioia il cuore di quanti l’accolsero con fiducia. Ecco perché dunque - sottolinea san Luca - in quella città "vi fu grande gioia".

Cari amici, questa è anche la vostra missione: recare il Vangelo a tutti, perché tutti sperimentino la gioia di Cristo e ci sia gioia in ogni città. Che cosa ci può essere di più bello di questo? Che cosa di più grande, di più entusiasmante, che cooperare a diffondere nel mondo la Parola di vita, che comunicare l’acqua viva dello Spirito Santo? Annunciare e testimoniare la gioia: è questo il nucleo centrale della vostra missione, cari diaconi che tra poco diventerete sacerdoti. L’apostolo Paolo chiama i ministri del Vangelo "servitori della gioia". Ai cristiani di Corinto, nella sua Seconda Lettera, egli scrive: "Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi" (2 Cor 1,24). Sono parole programmatiche per ogni sacerdote. Per essere collaboratori della gioia degli altri, in un mondo spesso triste e negativo, bisogna che il fuoco del Vangelo arda dentro di voi, che abiti in voi la gioia del Signore. Allora solo potrete essere messaggeri e moltiplicatori di questa gioia recandola a tutti, specialmente a quanti sono tristi e sfiduciati.

Torniamo alla prima Lettura, che ci offre un altro elemento di meditazione. Vi si parla di una riunione di preghiera, che avviene proprio nella città samaritana evangelizzata dal diacono Filippo. A presiederla sono gli apostoli Pietro e Giovanni, due "colonne" della Chiesa, venuti da Gerusalemme per far visita a questa nuova comunità e confermarla nella fede. Grazie all’imposizione delle loro mani, lo Spirito Santo scese su quanti erano stati battezzati. Possiamo vedere in quest’episodio una prima attestazione del rito della "Confermazione", il secondo Sacramento dell’iniziazione cristiana. Anche per noi, qui riuniti, il riferimento al gesto rituale dell’imposizione delle mani è quanto mai significativo. E’ infatti il gesto centrale anche del rito di Ordinazione, mediante il quale tra poco io conferirò ai candidati la dignità presbiterale. E’ un segno inseparabile dalla preghiera, della quale costituisce un prolungamento silenzioso. Senza dire parole, il Vescovo consacrante e dopo di lui gli altri sacerdoti pongono le mani sul capo degli ordinandi, esprimendo così l’invocazione a Dio perché effonda il suo Spirito su di loro e li trasformi rendendoli partecipi del Sacerdozio di Cristo. Si tratta di pochi secondi, un tempo brevissimo, ma carico di straordinaria densità spirituale.

Cari Ordinandi, in futuro dovrete sempre ritornare a questo momento, a questo gesto che non ha nulla di magico, eppure è così ricco di mistero, perché qui è l’origine della vostra nuova missione.

In quella preghiera silenziosa avviene l’incontro tra due libertà: la libertà di Dio, operante mediante lo Spirito Santo, e la libertà dell’uomo. L’imposizione delle mani esprime plasticamente la specifica modalità di questo incontro: la Chiesa, impersonata dal Vescovo in piedi con le mani protese, prega lo Spirito Santo di consacrare il candidato; il diacono, in ginocchio, riceve l’imposizione della mani e si affida a tale mediazione. L’insieme dei gesti è importante, ma infinitamente più importante è il movimento spirituale, invisibile, che esso esprime; movimento ben evocato dal sacro silenzio, che tutto avvolge all’interno e all’esterno.

Ritroviamo questo misterioso "movimento" trinitario, che conduce lo Spirito Santo e il Figlio a dimorare nei discepoli, anche nella pericope evangelica.

Qui è Gesù stesso a promettere che pregherà il Padre affinché mandi ai suoi lo Spirito, definito "un altro Paraclito" (Gv 14,16), termine greco che equivale al latino "ad-vocatus", avvocato difensore. Il primo Paraclito infatti è il Figlio incarnato, venuto per difendere l’uomo dall’accusatore per antonomasia, che è satana. Nel momento in cui Cristo, compiuta la sua missione, ritorna al Padre, questi invia lo Spirito, come Difensore e Consolatore, perché resti per sempre con i credenti abitando dentro di loro.

Così, tra Dio Padre e i discepoli si instaura, grazie alla mediazione del Figlio e dello Spirito Santo, una relazione intima di reciprocità: "Io sono nel Padre e voi in me e io in voi", dice Gesù (Gv 14,20). Tutto questo dipende però da una condizione che Cristo pone chiaramente all’inizio: "Se mi amate" (Gv 14,15), e che ripete alla fine: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui" (Gv 14,21). Senza l’amore per Gesù, che si attua nell’osservanza dei suoi comandamenti, la persona si esclude dal movimento trinitario e inizia a ripiegarsi su se stessa, perdendo la capacità di ricevere e comunicare Dio.

"Se mi amate". Cari amici, queste parole Gesù le ha pronunciate durante l’Ultima Cena nel momento in cui contestualmente istituiva l’Eucaristia e il Sacerdozio. Pur rivolte agli Apostoli, esse, in un certo senso, sono indirizzate a tutti i loro successori e ai sacerdoti, che sono i più stretti collaboratori dei successori degli Apostoli. Noi le riascoltiamo quest’oggi come un invito a vivere sempre più coerentemente la nostra vocazione nella Chiesa: voi, cari Ordinandi, le ascoltate con particolare emozione, perché proprio oggi Cristo vi rende partecipi del suo Sacerdozio. Accoglietele con fede e con amore! Lasciate che si imprimano nel vostro cuore, lasciate che vi accompagnino lungo il cammino dell’intera vostra esistenza. Non dimenticatele, non smarritele per la strada! Rileggetele, meditatele spesso e soprattutto pregateci su. Rimarrete così fedeli all’amore di Cristo e vi accorgerete con gioia sempre nuova di come questa sua divina Parola "camminerà" con voi e "crescerà" in voi.

Un’osservazione ancora sulla seconda Lettura: è tratta dalla Prima Lettera di Pietro, presso il cui sepolcro ci troviamo e alla cui intercessione vorrei in modo speciale affidarvi. Faccio mie e vi consegno con affetto le sue parole: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1 Pt 3,15). Adorate Cristo Signore nei vostri cuori: coltivate cioè una relazione personale d’amore con Lui, amore primo e più grande, unico e totalizzante, dentro il quale vivere, purificare, illuminare e santificare tutte le altre relazioni. La "speranza che è in voi" è legata a questa "adorazione", a questo amore di Cristo, che per lo Spirito, come dicevamo, abita in noi. La nostra speranza, la vostra speranza è Dio, in Gesù e nello Spirito. Speranza che da oggi diventa in voi "speranza sacerdotale", quella di Gesù Buon Pastore, che abita in voi e dà forma ai vostri desideri secondo il suo Cuore divino: speranza di vita e di perdono per le persone che saranno affidate alle vostre cure pastorali; speranza di santità e di fecondità apostolica per voi e per tutta la Chiesa; speranza di apertura alla fede e all’incontro con Dio per quanti vi accosteranno nella loro ricerca della verità; speranza di pace e di conforto per i sofferenti e i feriti dalla vita.

Carissimi, ecco il mio augurio in questo giorno per voi tanto significativo: che la speranza radicata nella fede possa diventare sempre più vostra! E possiate voi esserne sempre testimoni e dispensatori saggi e generosi, dolci e forti, rispettosi e convinti. Vi accompagni in questa missione e vi protegga sempre la Vergine Maria, che vi esorto ad accogliere nuovamente, come fece l’apostolo Giovanni sotto la Croce, quale Madre e Stella della vostra vita e del vostro sacerdozio. Amen!

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Il Papa ai giovani dell'Île-de-France riuniti a Lourdes: "Come Maria lasciatevi guidare per fare qualcosa di grande"


Lettera del Papa ai giovani dell'Île-de-France riuniti a Lourdes per il centenario del "Frat"

Come Maria lasciatevi guidare per fare qualcosa di grande

Per il centenario del "Frat", il Papa ha inviato una lettera al cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi e presidente della Conferenza dei vescovi di Francia, rivolta ai giovani riuniti a Lourdes. Il "Frat", abbreviazione di "Fraternel", è un pellegrinaggio organizzato dalle diocesi dell'Île-de-France e dedicato ai ragazzi dai 13 ai 17 anni. Si raduna ogni anno alternativamente a Jambville, vicino a Parigi, e a Lourdes.

Qui di seguito pubblichiamo una nostra traduzione italiana della lettera del Papa.

A Sua Eminenza il Cardinale
André VINGT-TROIS
Arcivescovo di Parigi
Presidente della Conferenza
dei Vescovi di Francia
Per i giovani riuniti a Lourdes,
dal 22 al 27 aprile, in occasione del centenario del "Frat",
organizzato dalle diocesi dell'Île-de-France
.

Cari giovani,

raggiungendo la città mariana di Lourdes, in questo anno giubilare in cui si celebra il 150º anniversario delle apparizioni della Vergine Maria alla giovane Bernadette, partecipate all'azione di rendimento di grazie di tutta la Chiesa per il messaggio che la Vergine ha affidato a Bernadette. Con parole semplici, la Madre di Cristo ha indicato la via del rinnovamento spirituale attraverso la chiamata alla conversione e all'amore per la Chiesa.

In questo luogo la Vergine è venuta a visitare Bernadette. Nel corso del vostro pellegrinaggio a Lourdes, ricevete questa visita di Maria che vi affida oggi le parole dette dall'angelo da parte del Signore: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio" (Luca 1, 30).

In effetti, mediante la sua grazia, Cristo vi rende degni della sua fiducia e desidera che possiate realizzare i vostri sogni più nobili e più alti di autentica felicità. Questa felicità è innanzitutto un dono di Dio, che si riceve seguendo i cammini inattesi della sua volontà. Tali cammini sono esigenti ma sono anche fonte di gioia profonda. Guardate Maria: invitata a seguire un cammino sorprendente e sconcertante, la sua disponibilità la rende partecipe di una gioia che tutte le generazioni canteranno. È il segreto che confida a Elisabetta, sua cugina, quando va a visitarla e servirla: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva... Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente" (Luca 1, 47-48). Anche voi accettate di lasciarvi guidare affinché il Signore faccia qualcosa di grande con la vostra umile vita.
È il nostro "sì" a Dio che fa sgorgare la fonte della vera felicità: questo "sì" libera l'io da tutto ciò che lo rinchiude in se stesso. Fa entrare la povertà della nostra vita nella ricchezza e nella forza del progetto di Dio, senza tuttavia ostacolare la nostra libertà e la nostra responsabilità. Apre il nostro cuore ristretto alle dimensioni della carità divina, che sono universali. Conforma la nostra vita alla vita stessa di Cristo, che ci ha segnati durante il nostro Battesimo.
Cari giovani, vi incoraggio, in questi giorni, a celebrare con entusiasmo la gioia di credere, di amare e di sperare in Cristo, e a percorrere con fiducia il cammino d'iniziazione che vi viene proposto. Vi invito, in particolare, ad ascoltare con attenzione la testimonianza di quanti hanno più esperienza di voi nella fede e a imparare ad accogliere, nel silenzio e nella meditazione, la Parola di Dio, affinché essa possa modellare il vostro cuore e recare in voi frutti generosi.

In effetti, a ognuno di voi il Signore ha qualcosa di particolare da dire. Non abbiate paura di ascoltarlo. In questo spirito il "Frat" è anche un tempo privilegiato per lasciarsi interrogare da Cristo: "Cosa vuoi fare della tua vita?".

Quanti fra voi sentono la chiamata a seguirlo nel sacerdozio o nella vita consacrata, sull'esempio di numerosi giovani che hanno partecipato al "Frat", accettino l'invito del Signore, per mettersi totalmente al servizio della Chiesa, in una vita completamente donata per il Regno dei Cieli. Non verranno delusi.
Desidero infine rendere grazie al Signore per tutte le persone, sacerdoti, religiosi, religiose e laici che, formando un'immensa catena, hanno contribuito per un secolo a fare di questo pellegrinaggio un momento importante nella vita di un gran numero di giovani cristiani.
Cari giovani, affido ognuno di voi all'intercessione materna di Nostra Signora di Lourdes e di santa Bernadette. A voi giovani, ai vescovi che sono i pastori delle vostre diocesi dell'Île-de-France, ai vostri cappellani, ai laici, che vi accompagnano e che rendono testimonianza con gioia e semplicità della loro fede fra di voi, imparto di tutto cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 12 aprile 2008.

BENEDETTO PP. XVI

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(©L'Osservatore Romano - 27 aprile 2008)

venerdì 25 aprile 2008

Benedetto XVI: "Nel concerto ravviso un ulteriore segno del grande affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa"


Vedi anche:

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

Il Papa con Napolitano, uniti da musica e diritti umani. Il comunicato del Quirinale e il video del saluto del Presidente

Concerto in aula Nervi: il Papa siede accanto al Presidente Napolitano. Ai lati Mons. Georg Ratzinger e la signora Clio

Concerto in Vaticano offerto dal presidente Napolitano a Benedetto XVI per il terzo anniversario di Pontificato (Radio Vaticana)

Napolitano-Papa, colloquio in Vaticano prima del concerto (Marroni)

La danza di Beethoven per il Papa (Osservatore Romano)

Concerto di stasera per il Papa, Erina Gambarini: «Che emozione dirigere per Benedetto XVI»

CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO IN ONORE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL TERZO ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO, 24.04.2008

Questo pomeriggio, alle ore 17.30, nell’Aula Paolo VI, in Vaticano, ha avuto luogo un Concerto offerto dal Presidente della Repubblica, S.E. il Signor Giorgio Napolitano, in onore del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del terzo anniversario di Pontificato.
L’Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano "Giuseppe Verdi", diretti rispettivamente dal Maestro Oleg Caetani e dal Maestro Erina Gambarini, hanno eseguito musiche di Luciano Berio, Johannes Brahms e Ludwig van Beethoven.
Prima del Concerto, il Presidente della Repubblica ha rivolto al Santo Padre i voti augurali per il terzo anniversario di pontificato e per il suo 81° genetliaco.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti al termine del Concerto:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente,
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
gentili Signori e Signore!


Al termine di questo splendido concerto, sono lieto di rivolgere un cordiale saluto a tutti voi, che vi avete preso parte: Autorità civili e militari, illustri Personalità e amici venuti a condividere questo momento di alto valore culturale. Desidero soprattutto manifestare la mia viva riconoscenza al Presidente della Repubblica Italiana, l’Onorevole Giorgio Napolitano, che in occasione del terzo anniversario del mio Pontificato ha voluto offrirmi questo dono, accompagnandolo con espressioni di fine cortesia che ho molto apprezzato. Grazie, Signor Presidente, per questo atto deferente e premuroso, che ho accolto con vivo compiacimento! In esso ravviso anche un ulteriore segno del grande affetto che il popolo italiano nutre nei confronti del Papa. Estendo il mio saluto alla sua gentile Signora e ai suoi collaboratori.

Certo di interpretare i sentimenti di tutti i presenti, rivolgo un sincero plauso all’Orchestra Sinfonica e al Coro Sinfonico "Giuseppe Verdi" di Milano che, guidati validamente dal Direttore Signor Oleg Caetani, hanno suonato e cantato con straordinario talento ed efficacia. Estendo altresì il mio apprezzamento al maestro del Coro, la Signora Erina Gambarini. Esprimo un cordiale pensiero di gratitudine ai dirigenti della benemerita Fondazione "Giuseppe Verdi", incoraggiandoli a proseguire nel prestigioso percorso artistico e culturale intrapreso, che so essere avvalorato anche dall’impegno di portare la musica ad alleviare situazioni di difficoltà umana, quali si verificano ad esempio in ospedali e carceri. La mia riconoscenza si rivolge naturalmente a tutti coloro che hanno contribuito all’organizzazione e alla realizzazione di questo suggestivo evento, sostenendolo in diversi modi.

Abbiamo avuto la gioia di ascoltare con attenta partecipazione impegnativi brani concertistici di Luciano Berio, Johannes Brahms e Ludwig van Beethoven. Mi piace sottolineare come la musica di Brahms abbia arricchito di religiosa fiducia il "Canto del destino" di Hölderlin.

Questo fatto introduce alla considerazione del valore spirituale dell’arte musicale, chiamata, in modo singolare, ad infondere speranza nell’animo umano, così segnato e talvolta ferito dalla condizione terrena. Vi è una misteriosa e profonda parentela tra musica e speranza, tra canto e vita eterna: non per nulla la tradizione cristiana raffigura gli spiriti beati nell’atto di cantare in coro, rapiti ed estasiati dalla bellezza di Dio.

Ma l’autentica arte, come la preghiera, non ci estranea dalla realtà di ogni giorno, bensì ad essa ci rimanda per "irrigarla" e farla germogliare, perché rechi frutti di bene e di pace.

Le magistrali interpretazioni che abbiamo ascoltato ci ricordano inoltre il valore e l’importanza universale del patrimonio artistico: penso specialmente alle giovani generazioni, che dall’accostamento a tale patrimonio possono trarre sempre nuove ispirazioni per costruire il mondo secondo progetti di giustizia e di solidarietà, valorizzando, al servizio dell’uomo, le multiformi espressioni della cultura mondiale. Penso pure all’importanza che riveste l’educazione all’autentica bellezza per la formazione dei giovani. L’arte nel suo complesso contribuisce ad affinare il loro animo e orienta verso l’edificazione di una società aperta agli ideali dello spirito.

L’Italia, con il suo eccezionale patrimonio artistico, può svolgere, a questo riguardo, un ruolo importante nel mondo: la quantità e la qualità dei monumenti e delle opere d’arte che possiede la rendono di fatto "messaggera" universale di tutti quei valori che l’arte esprime e al tempo stesso promuove. La festosità del canto e della musica sono altresì un costante invito per i credenti e per gli uomini di buona volontà ad impegnarsi per dare all’umanità un avvenire ricco di speranza.

Signor Presidente della Repubblica, grazie ancora per lo stupendo dono che ha voluto offrirmi e per i sentimenti che lo hanno accompagnato. Li ricambio assicurandoLe un ricordo nella preghiera perché il Signore protegga la sua Persona, la gentile sua Signora, le Autorità e l’intero popolo d’Italia. Con tali auspici, che affido all’intercessione della Madonna del Buon Consiglio, invoco la benedizione di Dio su tutti i presenti e sulle rispettive famiglie. Grazie e buona sera a tutti!

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Saluto del Presidente Napolitano a Benedetto XVI in occasione del concerto per il III anniversario di Pontificato

L’Ufficio Stampa della Presidenza della Repubblica rende noto il testo del saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Sua Santità Benedetto XVI, in occasione del concerto per il III anniversario del suo Pontificato:

"Santità,

è per noi motivo di gratificazione e letizia poterLe offrire un segno di vicinanza e di omaggio in occasione del terzo anniversario dell’inizio del Suo pontificato, e all’indomani del Suo ritorno da un’impegnativa missione che abbiamo seguito con partecipe attenzione. Mi consenta di dirLe come abbia suscitato in noi sentimenti di viva consonanza il messaggio rivolto al mondo dall’alta tribuna delle Nazioni Unite, sui diritti umani come “espressione di giustizia”, sulla “persona umana come soggetto di quei diritti”, e sulla promozione dei diritti umani come “strategia la più efficace per eliminare disuguaglianze e per accrescere la sicurezza”.
Anche di qui, oggi, il nostro omaggio: lo abbiamo affidato al linguaggio della musica, che sappiamo esserLe caro per la sua universalità e per la profonda religiosità che esso riesce ad esprimere.
Il programma comprende melodie, italiane e tedesche, rappresentative di una tradizione musicale che è parte integrante del comune patrimonio spirituale dell’Europa finalmente unita nella libertà e nella pace.
Desidero infine ringraziare l’Orchestra Sinfonica ed il Coro Giuseppe Verdi, prestigiosa istituzione milanese, ed i suoi moltissimi sostenitori che hanno voluto accompagnare la “Verdi” in questa occasione per far sentire a Vostra Santità la vicinanza e l’affetto degli italiani.
Santità, anche per il suo ottantunesimo compleanno, auguri sentiti e vivissimi da tutti noi!"

Roma, 24 aprile 2008

DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, REV.DO P. FEDERICO LOMBARDI, S.J., 24.04.2008

Questa sera, il Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Rev.do P. Federico Lombardi, S.J., ha rilasciato ai giornalisti la seguente dichiarazione:

Subito prima del Concerto, il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato il Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napoletano, nella Sala attigua all’Aula Paolo VI. Nell’incontro, durato circa quindici minuti e caratterizzato da viva cordialità, sono stati toccati i grandi temi della situazione del mondo di oggi, con particolare riferimento al recente discorso tenuto dal Santo Padre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite: la dignità della persona umana, i fondamenti dei diritti dell’uomo e l’impegno della comunità internazionale per la loro protezione e promozione; il dialogo fra la ragione e la fede al servizio della crescita integrale della persona e dello sviluppo armonico della comunità umana; il dialogo fra le grandi religioni e il loro contributo per la pace nel mondo. Il Presidente della Repubblica ha espresso al Santo Padre, anche a nome del popolo italiano, i suoi auguri più vivi in occasione del terzo anniversario del pontificato e del recente genetliaco. Per parte sua, il Santo Padre ha rinnovato l’espressione dei suoi sentimenti di affetto e di attenta partecipazione alle vicende dell’amato popolo italiano, assicurando il suo costante pensiero e la sua preghiera.

Bollettino Ufficiale Santa Sede

Videomessaggio del Papa al popolo russo nel giorno del suo compleanno


IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Vedi anche:

Messaggio di Benedetto XVI alla televisione russa in occasione del suo compleanno. Per la prima volta nella storia un Papa si rivolge al popolo russo!

Calda accoglienza per il messaggio del Papa al popolo russo (Zenit)

Videomessaggio del Papa al popolo russo nel giorno del suo compleanno

In un documentario di un canale televisivo statale

CITTA' DEL VATICANO/MOSCA, mercoledì, 16 aprile 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il testo del videomessaggio che Benedetto XVI ha inviato al popolo russo, diffuso questo mercoledì, giorno del suo compleanno.

Il messaggio è stato trasmesso dal canale televisivo statale "Vesti" in un documentario che ha presentato momenti importanti della vita e dell'opera di Joseph Ratzinger/Papa Benedetto XVI, la cui biografia è ancora molto poco conosciuta dai Russi.

* * *

[In Italiano]

Cari cittadini della Federazione russa,

sono grato per l'invito rivoltomi a porgervi il mio saluto cordiale e colgo volentieri l'occasione per esprimere la stima, l'affetto e la considerazione che da sempre il Successore di Pietro e la Chiesa Cattolica nutrono nei confronti dei vostri popoli e della Chiesa Ortodossa Russa. La Russia è davvero grande sotto molti aspetti: nella sua dimensione territoriale, nella sua lunga storia, nella magnifica sua spiritualità, nelle sue molteplici espressioni artistiche. Nel secolo scorso anche l'orizzonte del vostro nobile paese, come di altre regioni del continente europeo, è stato oscurato da ombre di sofferenza e di violenza. Contrastate però e vinte dalle splendide luci di tantissimi martiri ortodossi, cattolici e altri credenti, periti sotto l'oppressione di feroci persecuzioni. L'amore a Cristo sino al martirio, che li accomuna, ci richiama l'urgenza di ricomporre l'unità dei cristiani, dovere al quale la Chiesa Cattolica si sente impegnata irrevocabilmente. In questa direzione si stanno movendo sia la Chiesa Cattolica sia la Chiesa Ortodossa Russa.
Ricordo bene che al Concilio Vaticano II era presente una delegazione del Patriarcato di Mosca ed ho seguito i contatti con l'Ortodossia Russa che vi sono stati in seguito. Negli ultimi anni questi contatti sono andati intensificandosi particolarmente fra i fedeli, i sacerdoti e i vescovi. Che dire poi del dialogo interreligioso, interculturale che è un altro degli impegni prioritari della Chiesa Cattolica e ritengo anche di quella Ortodossa Russa. Consapevole del dono spirituale di quel sono depositari, e conservando saldamente la propria identità, i cristiani sono chiamati ad incontrare i seguaci delle altre religioni, e instaurare con loro un proficuo dialogo nella verità e nella carità. Per questo prego ed auspico che la millenaria esperienza ecclesiale russa continui ad arricchire il panorama cristiano in uno spirito di sincero servizio al Vangelo e all'uomo di oggi.
Ed ora un saluto in lingua russa:

[In Russo]

Sono molto contento di potermi rivolgere in lingua russa al popolo ed al governo di questo grande ed a me così caro Paese russo. Saluto affettuosamente i nostri cari fratelli ortodossi, in particolare Sua Santità, il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, i vescovi cattolici come pure le loro comunità. A tutti auguro pace, benessere e amore reciproco e invoco su tutti voi la benedizione del Signore.

[Traduzione dal russo realizzata da Aiuto alla Chiesa che Soffre]

© Copyright Zenit

giovedì 24 aprile 2008

COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE SU MACIEL DEGOLLADO (19.05.2006)


COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, 19.05.2006

In riferimento a notizie diffuse circa la persona del Fondatore dei Legionari di Cristo, il Rev.do P. Marcial Maciel Degollado, la Sala Stampa della Santa Sede comunica quanto segue:

A partire dal 1998, la Congregazione per la Dottrina della Fede ricevette accuse, già in parte rese pubbliche, contro il Rev.do Marcial Maciel Degollado, fondatore della Congregazione dei Legionari di Cristo, per delitti riservati all’esclusiva competenza del Dicastero. Nel 2002, il Rev.do Maciel pubblicò una dichiarazione per negare le accuse e per esprimere il suo dispiacere per l’offesa recatagli da alcuni ex Legionari di Cristo. Nel 2005, per motivi di età avanzata, il Rev.do Maciel si ritirò dall’ufficio di Superiore Generale della Congregazione dei Legionari di Cristo.

Tutti questi elementi sono stati oggetto di maturo esame da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, e, a norma del Motu Proprio "Sacramentorum sanctitatis tutela" promulgato il 30 aprile 2001 dal Servo di Dio Giovanni Paolo II, l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Sua Eminenza il Cardinale Joseph Ratzinger, ha autorizzato una investigazione delle accuse. Nel frattempo avvenne la morte di Papa Giovanni Paolo II e l’elezione del Cardinale Ratzinger a nuovo Pontefice.

Dopo aver sottomesso le risultanze dell’investigazione ad attento studio, la Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto la guida del nuovo Prefetto, Sua Eminenza il Cardinale William Levada, ha deciso - tenendo conto sia dell’età avanzata del Rev.do Maciel che della sua salute cagionevole - di rinunciare ad un processo canonico e di invitare il Padre ad una vita riservata di preghiera e di penitenza, rinunciando ad ogni ministero pubblico. Il Santo Padre ha approvato queste decisioni.

Indipendentemente dalla persona del Fondatore si riconosce con gratitudine il benemerito apostolato dei Legionari di Cristo e dell’Associazione Regnum Christi.

Bollettino Ufficiale Santa Sede

Ai vescovi del Caucaso: "Nel contesto multireligioso del Caucaso è importante che i cattolici continuino la loro collaborazione con le altre Chiese"



Vedi anche:

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

Intervista al vescovo Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico del Caucaso dei Latini: "La piccola «divisione» del Papa nella terra di Stalin"

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEI VESCOVI DEL CAUCASO MERIDIONALE, 24.04.2008

Alle ore 12 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Vescovi del Caucaso Meridionale, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari e venerati Fratelli,

"Pace a voi"! Il saluto di Gesù risorto ai discepoli radunati nel Cenacolo lo rivolgo a voi, che Egli ha posto a capo della porzione del Popolo di Dio che vive nella regione del Caucaso. Sono lieto di incontrarvi tutti insieme, dopo aver avuto modo di intrattenermi personalmente con ciascuno di voi per la Visita ad limina. Sono stati colloqui interessanti, grazie ai quali ho potuto conoscere meglio le realtà delle vostre rispettive comunità, le speranze e le preoccupazioni che portate nell’animo e rendo grazie al Signore per il lavoro apostolico che svolgete con grande dedizione e amore per Cristo e per la Chiesa. Vi saluto con affetto e, attraverso di voi, vorrei far giungere il mio cordiale pensiero ai sacerdoti, vostri primi collaboratori, alle persone consacrate e a tutti i fedeli delle vostre comunità, come pure ai membri delle altre Confessioni cristiane e delle altre Religioni che popolano il Caucaso, terra ricca di storia e di cultura, crogiolo di civiltà e crocevia tra Oriente ed Occidente. Me ne ha parlato con entusiasmo il Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, reduce dalla sua recente visita alle vostre Chiese.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, le vostre popolazioni hanno conosciuto significativi cambiamenti sociali sulla strada del progresso, ma rimangono ancora difficili situazioni: molti sono i poveri, i disoccupati e i rifugiati, che le guerre hanno allontanato dalle loro case, lasciandoli di fatto in balia della precarietà. Le vicende travagliate del secolo scorso non hanno però spento la fiamma del Vangelo che, nel corso delle generazioni, ha trovato nel Caucaso un terreno fertile, pur non essendo mancate contrapposizioni violente, sia interne sia provenienti dall’esterno, che hanno causato molte vittime, tra le quali la Chiesa annovera non pochi martiri della fede.

La vostra attività pastorale si dispiega dunque in un territorio dove permangono tante sfide sociali e culturali, e dove la comunità cattolica costituisce un "piccolo gregge", che vive la propria fede a contatto con altre Confessioni cristiane ed altre Religioni: convivono infatti cattolici di rito armeno, latino e caldeo, con ortodossi, armeni-apostolici, ebrei e musulmani. In un tale contesto multireligioso è importante che i cattolici continuino e intensificano sempre più la loro collaborazione con le altre Chiese e anche con i seguaci di altre Religioni come già avviene in molti parti.

Occorre poi impedire che, laddove il comunismo non riuscì ad erodere l’identità cattolica, forme insidiose di pressione possano indebolire in taluni il senso di appartenenza ecclesiale. Perciò mi unisco all’aspirazione delle vostre comunità cattoliche, perchè venga ad esse riconosciuta la personalità giuridica nel rispetto della natura propria della Chiesa Cattolica. Auspico altresì che, a seguito del dialogo in corso tra cattolici ed ortodossi, cresca quella fraternità che deve caratterizzare le relazioni tra Chiese rispettose l’una dell’altra, nonostante le differenze ancora esistenti. A guidare ogni vostra attività siano le parole con cui san Paolo esortava i cristiani di Roma a mantenersi fiduciosi anche nelle tribolazioni, "ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,3-5). Incoraggiate allora e sostenete i vostri fedeli, affinché dinanzi alle difficoltà non venga meno la gioia di professare la fede e di appartenere alla Chiesa cattolica! E’ la gioia che sorge nel cuore di chi segue Cristo Signore ed è pronto a testimoniare il suo Vangelo.

Mentre da ciascuno di voi ascoltavo le esperienze relative alle vostre comunità, mi tornava in mente la parola di Gesù: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe" (Mt, 9,38). Sì, venerati Fratelli, pregate e fate pregare perché non manchino operai nella vigna del Signore; continuate a promuovere le vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata. E’ necessario far sì che in Armenia, in Azerbaigian e in Georgia le future generazioni possano contare su un clero che sia santo, viva con gioia la propria vocazione e si dedichi con generosità alla cura di tutti i fedeli. Siate in primo luogo voi stessi guide sagge e sicure del Popolo di Dio; sostenete le famiglie che di esso sono le cellule vive. Le famiglie oggi, a causa delle mentalità inculcata nella società ed ereditata dal periodo comunista, incontrano non poche difficoltà e sono segnate da quelle ferite e da quegli attentati alla vita umana che purtroppo si registrano in tante altre parti del mondo. Sia vostra cura, quali primi responsabili della pastorale familiare, educare i coniugi cristiani a "testimoniare l’inestimabile valore dell’indissolubilità e della fedeltà matrimoniale che è uno dei doveri più preziosi e più urgenti delle coppie cristiane del nostro tempo" (Esort. Ap. Familiaris consortio, 20).

Cari e venerati Fratelli, il Papa vi sostiene ed è al vostro fianco nella faticosa missione di Pastori del gregge di Cristo che vive nel Caucaso. So quanto zelo vi arda nel cuore e quanti sforzi compiate per diffondere il Vangelo della speranza. Mi colpisce particolarmente l’attenzione che, con differenti attività caritative, riservate alle necessità dei poveri e delle persone in difficoltà, grazie al prezioso contributo di religiosi, religiose e laici. E mi piace sottolineare che tali attività sono svolte con spirito evangelico, nella consapevolezza che "la carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza" (Deus caritas est, 25). Fate sì che ogni comunità operi sempre con questo spirito. Educate i fedeli tutti a testimoniare con la vita l’amore di Cristo senza secondi fini, perché per il cristiano "l’esercizio della carità non può essere un mezzo al servizio del proselitismo, poiché l’amore è gratuito" (ibid., 31). Il vostro compito di educatori alla fede e di Pastori del gregge di Cristo richiede inoltre che tra voi intercorrano rapporti di costante collaborazione improntati a fiducia e reciproco sostengo. Non manchino perciò incontri e momenti per verificare periodicamente i piani pastorali che elaborate, specialmente per la preparazione ai Sacramenti. Tali piani puntino soprattutto alla formazione delle coscienze dei fedeli secondo l’etica evangelica con un’attenzione privilegiata ai giovani.

Cari Fratelli, tornando nelle vostre comunità trasmettete a quanti incontrerete il mio più cordiale saluto accompagnato dall’assicurazione del costante ricordo nella preghiera, perché Iddio renda fecondo il vostro ministero. Vegli su di voi e sulle vostre comunità la Vergine Maria. Sia Lei ad ottenervi il dono dell’unità e della pace affinché, camminando nel nome di Cristo, possiate costruire insieme, al di là delle diversità, una società dove regni la giustizia e la pace. A voi qui presenti, ai fedeli che il Signore ha affidato alle vostre cure pastorali e a tutti gli abitanti del Caucaso la mia benedizione.

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mercoledì 23 aprile 2008

Il Papa: "La morte non ha l'ultima parola, non è la fine di tutto, ma può essere ormai il passaggio alla gioia della vita senza fine"


Vedi anche:

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

Stamattina alle 11 i funerali del cardinale Trujillo: l'omaggio dell'Osservatore Romano ed il cordoglio del Papa

Biografia del cardinale Lopez Trujillo

CAPPELLA PAPALE PER LE ESEQUIE DELL’EM.MO CARD. ALFONSO LÓPEZ TRUJILLO, 23.04.2008

Questa mattina, alle ore 11, all’Altare della Cattedra della Basilica Vaticana, hanno luogo le Esequie dell’Em.mo Card. Alfonso López Trujillo, del Titolo della Chiesa Suburbicaria di Frascati, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
La Santa Messa è celebrata dall’Em.mo Card. Angelo Sodano, Decano del Collegio Cardinalizio, insieme con gli Em.mi Cardinali.
Al termine, la Liturgia Esequiale è presieduta dal Santo Padre Benedetto XVI, il Quale tiene l’omelia e il rito dell’Ultima Commendatio e della Valedictio.
Pubblichiamo di seguito l’omelia del Santo Padre:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

"Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24). L’evangelista Giovanni preannuncia così la glorificazione di Cristo attraverso il mistero della sua morte in croce. In questo tempo di Pasqua, alla luce proprio del prodigio della Risurrezione, queste parole assumono un’eloquenza ancor più profonda e incisiva. Se è vero che in esse si avverte una certa tristezza per il prossimo distacco dai suoi discepoli, è anche vero che Gesù indica il segreto per sconfiggere il potere della morte.

La morte non ha l’ultima parola, non è la fine di tutto, ma, redenta dal sacrificio della Croce, può essere ormai il passaggio alla gioia della vita senza fine.

Dice Gesù: "Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna" (Gv 12,25). Se dunque accettiamo di morire al nostro egoismo, se rifiutiamo di chiuderci in noi stessi e facciamo della nostra vita un dono a Dio e ai fratelli, anche noi potremo conoscere la ricca fecondità dell’amore. E l’amore non muore.

Ecco il rinnovato messaggio di speranza che raccogliamo quest’oggi dalla Parola di Dio, mentre rendiamo l’ultimo saluto al nostro amato Fratello, il Cardinale Alfonso López Trujillo. La sua morte, sopraggiunta quando sembrava ormai essersi ripreso da una forte crisi di salute iniziata da oltre un anno, ha suscitato in tutti noi profonda emozione. Negli Stati Uniti, dove mi trovavo in visita pastorale, ho subito elevato a Dio una preghiera di suffragio per la sua anima ed ora, al termine della Santa Messa presieduta dal Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio cardinalizio, mi unisco con affetto a tutti voi per ricordare con quanta generosità il defunto Porporato ha servito la Chiesa e per ringraziare il Signore dei tanti doni di cui ha arricchito la persona e il ministero del compianto nostro Fratello.

L’arcivescovo Alfonso López Trujillo risultò essere il più giovane dei Cardinali quando, nel Concistoro del 2 febbraio 1983, il mio venerato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, pose sul suo capo la berretta cardinalizia. Era nato a Villahermosa, diocesi di Ibagué, in Colombia, nel 1935, ed ancor fanciullo si trasferì con la famiglia nella Capitale, Bogotà, dove, già studente universitario, entrò nel seminario maggiore. Proseguì gli studi a Roma e fu ordinato sacerdote nel novembre del 1960. Ultimata la sua formazione teologica, insegnò filosofia nel seminario arcidiocesano, lavorando per molti anni anche al servizio dell’intera Chiesa in Colombia. Nel 1971 fu nominato dal Servo di Dio Paolo VI Vescovo ausiliare di Bogotà; esercitò in quegli stessi anni la funzione di Presidente della Commissione dottrinale dell’Episcopato colombiano, e fu scelto poco dopo come Segretariato Generale del CELAM, incarico che espletò con riconosciuta competenza durante un lungo lasso di tempo.

Sempre Paolo VI gli affidò nel 1978 l’incarico di Coadiutore con diritto di successione dell’arcidiocesi di Medellin, della quale divenne poi Pastore. La sua approfondita conoscenza della realtà ecclesiale latinoamericana, maturata nel prolungato periodo in cui aveva lavorato come Segretario del CELAM, gli meritò la nomina a Presidente di tale importante Organismo ecclesiale, che ebbe a guidare saggiamente dal 1979 al 1983. Dal 1987 al 1990 fu Presidente della Conferenza Episcopale Colombiana. Ebbe inoltre l’opportunità di allargare la conoscenza delle problematiche della Chiesa universale, avendo preso parte alle tre Assemblee del Sinodo dei Vescovi, svoltesi in Vaticano: nel 1974 sull’evangelizzazione, nel 1977 sulla catechesi e nel 1980 sulla famiglia. E proprio alla famiglia egli sarà chiamato a dedicare particolarmente il suo impegno a partire dall’8 novembre del 1990, quando Giovanni Paolo II lo nominò Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, incarico che lo ha visto sulla breccia sino al momento della morte.

Come non porre in rilievo, in questo momento, lo zelo e la passione con cui egli ha lavorato durante questi quasi 18 anni, svolgendo un’infaticabile azione a tutela e promozione della famiglia e del matrimonio cristiano? Come non ringraziarlo per il coraggio con cui ha difeso i valori non negoziabili della vita umana? Tutti abbiamo ammirato la sua infaticabile attività.

Frutto di questo suo impegno è il Lexicon, che costituisce un prezioso testo di formazione per operatori pastorali e uno strumento per dialogare col mondo contemporaneo su temi fondamentali di etica cristiana. Non possiamo non essergli grati per la tenace battaglia che ha condotto a difesa della "verità" dell’amore familiare e per la diffusione del "vangelo della famiglia".

L’entusiasmo e la determinazione con cui operava in tale campo erano il frutto della sua esperienza personale, particolarmente legate al calvario che dovette affrontare la sua mamma, scomparsa all’età di 44 anni per una assai dolorosa malattia. "Quando nel mio lavoro – egli ebbe ad annotare – parlo degli ideali del matrimonio e della famiglia, è naturale per me pensare alla famiglia dalla quale provengo, perché attraverso i miei genitori ho potuto constatare come sia possibile realizzarli entrambi".

Il compianto Cardinale traeva il suo amore per la verità dell’uomo e per il vangelo della famiglia dalla considerazione che ogni essere umano ed ogni famiglia riflettono il mistero di Dio che è Amore. E’ rimasto impresso nella memoria di tutti il suo commovente intervento all’Assemblea del Sinodo dei Vescovi del 1997: fu un vero canto alla vita. Egli presentò una spiritualità assai concreta per quanti sono impegnati nell’attuazione del progetto divino sulla famiglia, e sottolineò che se la scienza non si dedica a comprendere e a educare alla vita perderà le più decisive battaglie sul terreno affascinante e misterioso dell’ingegneria genetica.

Se il Cardinale López Trujillo ha fatto della difesa e dell’amore per la famiglia l’impegno caratterizzante del suo servizio nel Pontificio Consiglio di cui era Presidente, è all’affermazione della verità che egli ha dedicato l’intera sua esistenza.

Lo testimonia un suo scritto nel quale spiega: "Ho scelto personalmente il motto "Veritas in caritate", perché tutto ciò che riguarda la verità si trova al centro dei miei studi". Ed aggiunge che la verità nell’amore è sempre stata per lui un "polo esistenziale", dapprima quando in Colombia era proteso a "trovare il senso di una genuina liberazione in ambito teologico", e in seguito, qui a Roma, quando si dedicò ad "approfondire, proclamare e diffondere il vangelo della vita e il vangelo della famiglia, come collaboratore del Santo Padre". E conclude: "Credo molto al valore di questa lotta decisiva per la Chiesa e per l’umanità e chiedo al Signore di darmi forza di non essere né pigro né codardo".

Per portare a compimento la missione che Gesù ci affida non bisogna essere né pigri, né codardi. Nella seconda Lettura abbiamo ascoltato come l’apostolo Paolo, prigioniero a Roma, esorti il suo fido discepolo Timoteo al coraggio e alla perseveranza nel testimoniare Cristo, anche a costo di essere sottoposto a dure persecuzioni, forte sempre della certezza che "se moriamo con lui, vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo" (v. 11-12). La generosità del compianto Cardinale, tradotta in molteplici opere di carità, specialmente a favore dei bambini in diverse parti del mondo, ci sia di incoraggiamento a spendere ogni nostra risorsa fisica e spirituale per il Vangelo; ci sproni ad operare in difesa della vita umana; ci aiuti a guardare costantemente alla meta del nostro pellegrinaggio terreno. E quale sia questa confortante meta ce lo indica san Giovanni, offrendo alla nostra contemplazione, nel brano dell’Apocalisse che è stato proclamato, la visione di un "nuovo cielo" e di "una nuova terra" (21,1) e delineando al nostro sguardo le linee profetiche della "città santa", la "nuova Gerusalemme… pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (21,2).

Venerati Fratelli e cari amici, non distogliamo mai gli occhi da questa visione: guardiamo all’eternità pregustando, pur fra difficoltà e tribolazioni, la gioia della futura "dimora di Dio con gli uomini", dove il nostro Redentore tergerà ogni nostra lacrima e dove "non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate" (cfr Ap 21,4). In questa dimora di luce e di gioia amiamo pensare che sia già giunto il caro Cardinale Alfonso López Trujillo per il quale ancora vogliamo pregare. Lo accolga Maria e lo accompagnino gli angeli e i santi in Paradiso: la sua anima assetata di Dio possa finalmente entrare e riposare in pace per sempre, nel "santuario" dell’Amore infinito. Amen!

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lunedì 21 aprile 2008

Il Papa al congedo dagli Usa: "Questi giorni sono stati ricchi di molte e memorabili esperienze del senso di ospitalità degli Americani"


VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA NEGLI USA (15-21 APRILE 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE NEGLI USA

DISCORSO DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Sotto il discorso del Papa e' possibile leggere quello del Vicepresidente degli Stati Uniti, Richard B. Cheney.

CERIMONIA DI CONGEDO

DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy, New York
Domenica, 20 aprile 2008


Signor Vice Presidente,
Illustri Autorità,
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Cari Fratelli e Sorelle
,

è giunto il momento di accomiatarmi dal vostro Paese. I giorni che ho trascorso negli Stati Uniti sono stati ricchi di molte e memorabili esperienze del senso di ospitalità degli Americani. Desidero esprimere a tutti voi la mia profonda gratitudine per la vostra gentile accoglienza. È stata per me una gioia essere testimone della fede e della devozione della comunità cattolica in questa Nazione. È stato incoraggiante incontrare i leaders e i rappresentanti delle altre comunità cristiane e delle altre religioni, e per questo vi rinnovo l’assicurazione della mia considerazione e della mia stima. Sono grato al Presidente Bush per essere venuto a salutarmi all’inizio della mia visita, e ringrazio il Vice Presidente Cheney per la sua presenza qui al momento della mia partenza. Le autorità civili, gli addetti e i volontari in Washington e in New York hanno generosamente sacrificato tempo ed energie per assicurare il tranquillo svolgimento della mia visita in ogni sua fase, e per questo esprimo il mio profondo ringraziamento al Sindaco di Washington Adrian Fendy e al Sindaco di New York Michael Bloomberg.
Rinnovo i miei auguri e la mia preghiera ai rappresentanti della Sede di Baltimora, la prima Arcidiocesi, e a quelle di New York, Boston, Philadelphia e Louisville, in questo anno giubilare. Possa il Signore continuare a colmarvi di benedizioni negli anni a venire. A tutti i miei fratelli nell’Episcopato, a Mons. DiMarzio, Vescovo di Brookling, agli officiali e al personale della Conferenza Episcopale che hanno contribuito in tanti modi alla preparazione di questa visita rinnovo la mia riconoscenza per il loro faticoso impegno e la loro dedizione . Con grande affetto saluto ancora una volta i sacerdoti e i religiosi, i diaconi, i seminaristi e i giovani, e tutti i fedeli degli Stati Uniti, e vi incoraggio a perseverare a rendere una gioiosa testimonianza a Cristo nostra speranza, nostro Signore e Salvatore Risorto, che rinnova tutte le cose e ci dona la vita in abbondanza.
Uno dei momenti più significativi della mia visita è stata l’opportunità di rivolgere la mia parola all’Assemblea delle Nazioni Unite. Ringrazio il Segretario Generale Ban Ki-moon per il suo gentile invito e la sua accoglienza. Volgendo lo sguardo ai sessant’anni trascorsi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, ringrazio per tutto ciò che l’Organizzazione è riuscita a compiere per difendere e promuovere i diritti fondamentali di ogni uomo, donna e bambino in ogni parte del mondo, ed incoraggio tutti gli uomini di buona volontà a continuare ad adoperarsi senza stancarsi per promuovere la giusta e pacifica coesistenza tra i popoli e le nazioni.
La visita che questa mattina ho compiuto a Ground Zero rimarrà profondamente impressa nella mia memoria, mentre continuerò a pregare per coloro che perirono e per tutti coloro che soffrono per le conseguenze della tragedia che vi ebbe luogo nel 2001. Prego per tutti negli Stati Uniti, e in verità in tutto il mondo, affinché il futuro porti maggiore fraternità e solidarietà, un’accresciuto reciproco rispetto e una rinnovata fiducia e confidenza il Dio, nostro Padre che è nei cieli.
Con queste espressioni di commiato vi chiedo di ricordarvi di me nelle vostre preghiere, mentre vi assicuro il mio affetto e la mia amicizia nel Signore. Dio benedica l’America!

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Le parole del Vicepresidente Cheney per la cerimonia di congedo

NEW YORK, lunedì, 21 aprile 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate dal Vicepresidente degli Stati Uniti, Richard B. Cheney, durante la cerimonia di congedo per il Papa, svoltasi questa domenica all'Aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy, a New York.

* * *

Santità, presidente senatore Clinton, eminenze cardinale Bertone e cardinale Egan, eccellenza monsignor DiMarzio, membri del clero, religiose e religiosi, distinti ospiti, signore e signori, buonasera.

È un privilegio unirmi a voi tutti mentre il nostro stimato ospite, il Santo Padre, conclude la sua visita negli Stati Uniti. È stata una settimana memorabile e Papa Benedetto XVI è entrato nella storia del nostro paese in modo molto speciale. Circa sessanta milioni di americani appartengono al suo gregge, e l'America intera rispetta questo messaggero di pace, giustizia e libertà.

Dalla capitale della nazione a questa grande città di New York, i nostri cittadini hanno accolto il Papa con riverenza e affetto, con canti di gioia e preghiere di ringraziamento.

Santità, nella sua prima visita apostolica negli Stati Uniti lei ha incontrato una nazione che si trova ad affrontare molte sfide, ma che gode di un numero di benedizioni che nessuno di noi è in grado di contare. Lei ha incontrato un popolo dalla fede risonante che afferma che la nostra nazione è stata fondata secondo Dio, che persegue le sue finalità e si inchina alla sua volontà.

Ha visto un paese in cui la torcia della libertà, dell'uguaglianza e della tolleranza sarà sempre tenuta alta; un paese in cui lei, araldo del Vangelo di Gesù Cristo e capo della Chiesa cattolica romana, sarà sempre il benvenuto.

Al nostro paese variegato lei ha portato un messaggio universale di speranza e salvezza. Ha parlato agli americani con eloquenza e sentimento, e per tanti questi sono stati giorni di riflessione e rinnovamento personale. Fisicamente presenti o in ascolto da grandi distanze, milioni di persone hanno trovato nelle sue parole speranza contro la disperazione, certezza in mezzo alla confusione, forza per il loro cammino.

Santità, qui a New York si è rivolto ai rappresentanti di molte nazioni e ha celebrato l'eucaristia davanti a molte migliaia di persone, commuovendoci in modo particolare con la sua visita a Ground Zero. Laggiù ha pregato per la luce e la pace eterna sulle vittime innocenti dell'11 settembre 2001, e ha chiesto che noi possiamo vivere in modo tale che tutti coloro che sono morti quella mattina non siano morti invano. Questa è anche la nostra meditazione quotidiana e rimane la nostra preghiera di ogni giorno.

Santità, sono passati quasi 57 anni dal giorno della sua ordinazione al sacerdozio nel giugno 1951. Forse non era facile allora per lei immaginare che si sarebbe trovato di fronte a tutta l'umanità in qualità di insegnante, capo di stato e pastore di più di un miliardo di anime: ecco ciò a cui Dio l'ha chiamata. In questi 57 anni, la sua sapienza e i suoi doni pastorali sono state benedizioni straordinarie per il nostro mondo. In questi sei giorni ha condiviso queste benedizioni direttamente con il popolo degli Stati Uniti. La sua presenza ha onorato il nostro paese. Anche se ora deve lasciarci, le sue parole e il ricordo di questa settimana rimarranno con noi. Per questo le siamo veramente e umilmente grati.

Quindi con il più grande calore e rispetto la ringraziamo, le auguriamo buon viaggio di ritorno a Roma e, fino a un nuovo incontro, chiediamo a Sua Santità di ricordare gli Stati Uniti d'America nelle sue preghiere.

[Traduzione de L'Osservatore Romano]

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domenica 20 aprile 2008

Il Papa: "La vera libertà può essere trovata soltanto nella perdita di sé che è parte del mistero dell’amore"


VIAGGIO APOSTOLICO DEL PAPA NEGLI USA (15-21 APRILE 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE NEGLI USA

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Messa del Papa allo Yenkee Stadium: il Bronx in silenzio davanti ai megaschermi (Molinari)

Il Papa allo Yankee Stadium: «Giovani d'America apritevi a Dio» (Bobbio)

IN 60 MILA ACCOLGONO IL PAPA ALLO YANKEE STADIUM. MIGLIAIA DI FEDELI ANCHE FUORI DALL'IMPIANTO

CELEBRAZIONE EUCARISTICA

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Yankee Stadium, Bronx, New York
V Domenica di Pasqua, 20 aprile 2008


Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

nel Vangelo che abbiamo or ora ascoltato, Gesù dice ai suoi Apostoli di riporre la loro fede in lui, poiché egli è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6). Cristo è la via che conduce al Padre, la verità che dà significato all’umana esistenza, e la sorgente di quella vita che è gioia eterna con tutti i Santi nel Regno dei cieli. Prendiamo il Signore in parola! Rinnoviamo la fede in lui e mettiamo ogni nostra speranza nelle sue promesse!
Con questo incoraggiamento a perseverare nella fede di Pietro (cfr Lc 22,32; Mt 16,17), vi saluto tutti con grande affetto. Ringrazio il Cardinale Egan per le cordiali parole di benvenuto pronunciate a vostro nome. In questa Messa la Chiesa che è negli Stati Uniti celebra il 200° anniversario della creazione delle sedi di New York, Boston, Filadelfia e Louisville dallo smembramento della sede madre di Baltimora. La presenza, attorno a questo altare, del Successore di Pietro, dei suoi confratelli Vescovi e sacerdoti, dei diaconi, dei consacrati e delle consacrate, come pure dei fedeli laici provenienti dai 50 Stati dell’Unione, manifesta in maniera eloquente la nostra comunione nella fede cattolica che ci è giunta dagli Apostoli.

La celebrazione odierna è anche un segno della crescita impressionante che Dio ha concesso alla Chiesa nel vostro Paese nei trascorsi duecento anni. Da piccolo gregge come quello descritto nella prima lettura, la Chiesa in America è stata edificata nella fedeltà ai due comandamenti dell’amore a Dio e dell’amore al prossimo. In questa terra di libertà e di opportunità, la Chiesa ha unito greggi molto diversi nella professione di fede e, attraverso le sue molte opere educative, caritative e sociali, ha contribuito in modo significativo anche alla crescita della società americana nel suo insieme.

Questo grande risultato non è stato senza sfide. La prima lettura odierna, dagli Atti degli Apostoli, parla di tensioni linguistiche e culturali presenti già all’interno della primitiva comunità ecclesiale. Nello stesso tempo, essa mostra la potenza della Parola di Dio, proclamata autorevolmente dagli Apostoli e ricevuta nella fede, per creare un’unità capace di trascendere le divisioni provenienti dai limiti e dalle debolezze umane.

Ci viene qui ricordata una verità fondamentale: che l’unità della Chiesa non ha altro fondamento se non quello della Parola di Dio, divenuta carne in Cristo Gesù nostro Signore. Tutti i segni esterni di identità, tutte le strutture, associazioni o programmi, per quanto validi o addirittura essenziali possano essere, esistono in ultima analisi soltanto per sostenere e promuovere la più profonda unità la quale, in Cristo, è dono indefettibile di Dio alla sua Chiesa.

La prima lettura mostra, inoltre, come vediamo nell’imposizione delle mani sui primi diaconi, che l’unità della Chiesa è “apostolica”, cioè un’unità visibile fondata sugli Apostoli, che Cristo ha scelto e costituito come testimoni della sua risurrezione, ed è nata da ciò che la Scrittura chiama “l’obbedienza della fede” (Rm 1,5; At 6,7).

“Autorità”… “obbedienza”. Ad essere franchi, queste non sono parole facili da pronunciare oggi. Parole come queste rappresentano una “pietra d’inciampo” per molti nostri contemporanei, specie in una società che giustamente dà grande valore alla libertà personale.

Eppure, alla luce della nostra fede in Gesù Cristo – “la vita, la verità e la vita” – arriviamo a vedere il senso più pieno, il valore e addirittura la bellezza, di tali parole. Il Vangelo ci insegna che la vera libertà, la libertà dei figli di Dio, può essere trovata soltanto nella perdita di sé che è parte del mistero dell’amore. Solo perdendo noi stessi, il Signore ci dice, ritroviamo veramente noi stessi (cfr Lc 17,33). La vera libertà fiorisce quando ci allontaniamo dal giogo del peccato, che annebbia le nostre percezioni e indebolisce la nostra determinazione, e vede la fonte della nostra felicità definitiva in lui, che è amore infinito, libertà infinita, vita senza fine. “Nella sua volontà vi è la nostra pace”.

La vera libertà perciò è un dono gratuito di Dio, il frutto della conversione alla sua verità, quella verità che ci rende liberi (cfr Gv 8,32). E tale libertà nella verità porta nella sua scia un nuovo e liberante modo di guardare la realtà.

Quando ci poniamo nel “pensiero di Cristo” (cfr Fil 2,5), ci si aprono nuovi orizzonti! Alla luce della fede, dentro la comunione della Chiesa, troviamo anche l’ispirazione e la forza per diventare lievito del Vangelo in questo mondo. Diveniamo luce del mondo, sale della terra (cfr Mt 5,13-14), a cui è affidato l’“apostolato” di conformare le nostre vite ed il mondo in cui viviamo sempre più pienamente al piano salvifico di Dio.
La visione magnifica di un mondo trasformato dalla verità liberante del Vangelo è riflessa nella descrizione della Chiesa che troviamo nella seconda lettura di oggi. L’Apostolo ci dice che Cristo, risorto dai morti, è la pietra d’angolo di un grande tempio che viene edificato ancor oggi nello Spirito. E noi, membra del suo corpo, mediante il Battesimo siamo diventati “pietre vive” di quel tempio, partecipando per grazia alla vita di Dio, benedetti con la libertà dei figli di Dio, e resi capaci di offrire sacrifici spirituali piacevoli a lui (cfr 1 Pt 2,5). Qual è questa offerta che siamo chiamati a fare, se non quella di rivolgere ogni pensiero, parola o atto alla verità del Vangelo e porre ogni nostra energia al servizio del Regno di Dio? Solo così possiamo costruire con Dio, sul fondamento che è Cristo (cfr 1 Cor 3,11). Solo così possiamo edificare qualcosa che sia realmente durevole. Solo così la nostra vita trova il significato ultimo e porta frutti duraturi.
Oggi ricordiamo i duecento anni di un lavacro nella storia della Chiesa negli Stati Uniti: il suo primo grande capitolo della crescita. In questi 200 anni il volto della comunità cattolica nel vostro Paese è grandemente cambiato.

Pensiamo alle ondate successive di emigranti le cui tradizioni hanno così grandemente arricchito la Chiesa in America. Pensiamo alla fede forte che ha edificato la rete di chiese, di istituzioni educative, di salute e sociali che da lungo tempo sono il marchio distintivo della Chiesa in questa terra. Pensiamo anche a quegli innumerevoli padri e a quelle madri che hanno trasmesso la fede ai figli, il ministero quotidiano dei molti sacerdoti che hanno speso la propria vita nella cura delle anime, il contributo incalcolabile di così numerosi consacrati e consacrate, i quali non solo hanno insegnato ai bimbi a leggere e a scrivere, ma hanno anche ispirato in loro un desiderio di tutta la vita di conoscere Dio, di amarlo e di servirlo. Quanti “sacrifici spirituali graditi a Dio” sono stati offerti nei trascorsi due secoli! In questa terra di libertà religiosa i cattolici hanno trovato non soltanto la libertà di praticare la propria fede ma anche di partecipare pienamente alla vita civile, recando con sé le proprie convinzioni morali nella pubblica arena, cooperando con i vicini nel forgiare una vibrante società democratica. La celebrazione odierna è più che un’occasione di gratitudine per le grazie ricevute: è un richiamo a proseguire in avanti con ferma determinazione ad usare saggiamente delle benedizioni della libertà, per edificare un futuro di speranza per le generazioni future.
“Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquisito perché proclami le opere meravigliose di lui” (1 Pt 2,9). Queste parole dell’apostolo Pietro non ci ricordano soltanto la dignità che ci è propria per grazia di Dio, ma sono anche una sfida ad una fedeltà sempre più grande alla gloriosa eredità ricevuta in Cristo (cfr Ef 1,18). Ci sfidano ad esaminare le nostre coscienze, a purificare i nostri cuori, a rinnovare l’impegno battesimale a respingere satana e tutte le sue vuote promesse. Ci sfidano ad essere un popolo della gioia, araldi della speranza che non perisce (cfr Rm 5,5) nata dalla fede nella parola di Dio e dalla fiducia nelle sue promesse.

Ogni giorno in questa terra voi e molti dei vostri vicini pregano il Padre con le parole stesse del Signore: “Venga il tuo Regno”. Tale preghiera deve forgiare la mente ed il cuore di ogni cristiano in questa Nazione. Deve portar frutto nel modo in cui vivete la vostra esistenza e nella maniera nella quale costruite la vostra famiglia e la vostra comunità. Deve creare nuovi “luoghi di speranza” (cfr Spe salvi, 32 ss) in cui il Regno di Dio si fa presente in tutta la sua potenza salvifica.

Pregare con fervore per la venuta del Regno significa inoltre essere costantemente all’erta per i segni della sua presenza, operando per la sua crescita in ogni settore della società. Vuol dire affrontare le sfide del presente e del futuro fiduciosi nella vittoria di Cristo ed impegnandosi per l’avanzamento del suo Regno.

Questo significa non perdere la fiducia di fronte a resistenze, avversità e scandali. Significa superare ogni separazione tra fede e vita, opponendosi ai falsi vangeli di libertà e di felicità. Vuol dire inoltre respingere la falsa dicotomia tra fede e vita politica, poiché come ha affermato il Concilio Vaticano II, “nessuna attività umana, neanche nelle cose temporali, può essere sottratta al dominio di Dio” (Lumen gentium, 36).

Ciò vuol dire agire per arricchire la società e la cultura americane della bellezza e della verità del Vangelo, mai perdendo di vista quella grande speranza che dà significato e valore a tutte le altre speranze che ispirano la nostra vita.

Questa, cari amici, è la sfida che pone oggi a voi il Successore di Pietro. Quale “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa”, seguite con fedeltà le orme di quanti vi hanno preceduto! Affrettate la venuta del Regno di Dio in questa terra! Le passate generazioni vi hanno lasciato un’eredità straordinaria.

Anche ai nostri giorni la comunità cattolica di questa Nazione è stata grande nella testimonianza profetica in difesa della vita, nell’educazione dei giovani, nella cura dei poveri, dei malati e dei forestieri tra voi. Su queste solide basi il futuro della Chiesa in America deve anche oggi iniziare a sorgere.
Ieri, non lontano da qui, sono stato colpito dalla gioia, dalla speranza e dall’amore generoso per Cristo che ho visto sul volto di tanti giovani riuniti a Dunwoodie. Essi sono il futuro della Chiesa e hanno diritto a tutte le preghiere e ad ogni sostegno che possiamo dar loro. Così desidero concludere aggiungendo una parola di incoraggiamento per loro.

Cari giovani amici, come i sette uomini “ripieni di Spirito e di saggezza” ai quali gli Apostoli affidarono la cura della giovane Chiesa, possiate anche voi alzarvi e assumervi la responsabilità che la fede in Cristo vi pone innanzi! Possiate trovare il coraggio di proclamare Cristo “lo stesso ieri, oggi e sempre” e le immutabili verità che hanno fondamento in lui (cfr Gaudium et spes, 10; Eb 13,8): sono verità che ci rendono liberi! Si tratta delle sole verità che possono garantire il rispetto della dignità e dei diritti di ogni uomo, donna e bambino nel mondo, compresi i più indifesi tra gli esseri umani, i bimbi non ancora nati nel grembo materno. In un mondo in cui, come Papa Giovanni Paolo II parlando in questo stesso luogo ci ricordò, Lazzaro continua a bussare alla nostra porta (Omelia allo Yankee Stadium, 2 ottobre 1979, n. 7), fate in modo che la vostra fede e il vostro amore portino frutto nel soccorrere i poveri, i bisognosi e i senza voce. Giovani uomini e donne d’America, io insisto con voi: aprite i cuori alla chiamata di Dio a seguirlo nel sacerdozio e nella vita religiosa. Vi può essere un segno di amore più grande di questo: seguire le orme di Cristo, che si rese disponibile a dare la propria vita per i suoi amici (cfr Gv 15,13)?
Nel Vangelo odierno il Signore promette ai discepoli che faranno opere ancor più grandi delle sue (cfr Gv 14,12). Cari amici, soltanto Dio nella sua provvidenza sa che cosa la sua grazia deve ancora compiere nelle vostre vite e nella vita della Chiesa negli Stati Uniti. Nel frattempo, la promessa di Cristo ci riempie di sicura speranza. Uniamo perciò la nostra preghiera alla sua, quali pietre vive di quel tempio spirituale che è la sua Chiesa una, santa,cattolica e apostolica. Alziamo gli occhi a lui, poiché anche adesso sta preparando un posto per noi nella casa del Padre suo. E rafforzati dallo Spirito Santo, lavoriamo con rinnovato zelo per la diffusione del suo Regno.
“Beati quanti crederanno” (cfr 1 Pt 2,7). Rivolgiamoci a Gesù! Lui soltanto è la via che conduce all’eterna felicità, la verità che soddisfa i desideri più profondi di ogni cuore, e la vita che offre gioia e speranza sempre nuove a noi e al nostro mondo. Amen.

TRADUZIONE SALUTO FINALE IN SPAGNOLO

Cari fratelli e sorelle nel Signore,
vi saluto con affetto e mi rallegro di celebrare questa Santa Messa per ringraziare Dio della ricorrenza bicentenaria del momento in cui la Chiesa Cattolica cominciò a svilupparsi in questa Nazione. Guardando al cammino di fede, non privo di difficoltà, percorso in questi anni, lodiamo il Signore per i frutti che la sua Parola ha prodotto in queste terre e gli manifestiamo il nostro desiderio che Cristo, Via Verità e Vita, sia sempre più conosciuto e amato.
Qui, in questo Paese di libertà, voglio proclamare con forza che la Parola di Cristo non elimina le nostre aspirazioni ad una vita piena e libera, ma ci rivela la nostra vera dignità di figli di Dio e ci incoraggia a lottare contro tutto ciò che ci schiavizza, a cominciare dal nostro egoismo e dalle nostre passioni. Al tempo stesso, ci anima a manifestare la nostra fede mediante la nostra vita di carità e a far sì che le nostre comunità ecclesiali siano ogni giorno più accoglienti e fraterne.
Soprattutto ai giovani affido il compito di far propria la grande sfida che comporta il credere in Cristo, e di impegnarsi perché tale fede si manifesti in una vicinanza effettiva ai poveri, come anche in una risposta generosa alle chiamate che Egli continua a proporre perché si lasci tutto e si inizi una vita di totale consacrazione a Dio e alla Chiesa, nello stato sacerdotale o religioso.
Cari fratelli e sorelle, vi invito a guardare al futuro con speranza, consentendo a Gesù di entrare nelle vostre vite. Solo Lui è la Via che conduce alla felicità che non finisce, la Verità che appaga le più nobili aspirazioni umane e la Vita colma di gioia per il bene della Chiesa e del mondo. Che Dio vi benedica!

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