giovedì 31 maggio 2012

Il Papa: Tutti abbiamo sempre da imparare dalla nostra Madre celeste: la sua fede ci invita a guardare al di là delle apparenze e a credere fermamente che le difficoltà quotidiane preparano una primavera che è già iniziata in Cristo Risorto


CELEBRAZIONE MARIANA PER LA CONCLUSIONE DEL MESE DI MAGGIO IN VATICANO, 31.05.2012

Si svolge questa sera alle ore 20, nei Giardini Vaticani, la tradizionale processione con la recita del Santo Rosario, a conclusione del mese mariano. Dalla chiesa di Santo Stefano degli Abissini, antistante l’abside della Basilica di San Pietro, i fedeli raggiungono la grotta della Madonna di Lourdes. La celebrazione mariana è presieduta dal Cardinale Angelo Comastri, Vicario Generale di Sua Santità per la Città del Vaticano e Arciprete della Basilica di San Pietro.
Alle ore 21, il Santo Padre Benedetto XVI giunge alla Grotta di Lourdes e prima di impartire la Benedizione Apostolica rivolge ai presenti le parole che riportiamo di seguito:

PAROLE DEL SANTO PADRE 


Cari fratelli e sorelle,


sono sempre molto lieto di partecipare a questa veglia mariana in Vaticano, un momento che, anche con la presenza di tante persone, ha sempre un carattere intimo e familiare. Il mese che la devozione dei fedeli dedica in modo tutto particolare al culto della Madre di Dio si chiude con la festa liturgica che ricorda il «secondo mistero gaudioso»: la visita di Maria alla parente Elisabetta. Questo evento è caratterizzato dalla gioia espressa dalle parole con le quali la Vergine Santa glorifica l’Onnipotente per le grandi cose che Egli ha compiuto guardando all’umiltà della sua serva: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore» (Lc 1, 46). Il Magnificat è il canto di lode che sale dall’umanità redenta dalla divina misericordia, sale da tutto il popolo di Dio; in pari tempo è l’inno che denuncia l’illusione di coloro che si credono signori della storia e arbitri del loro destino.
Al contrario, Maria ha posto Dio al centro della propria vita, si è abbandonata fiduciosa alla sua volontà, in atteggiamento di umile docilità al suo disegno d’amore. A motivo di questa sua povertà di spirito e umiltà di cuore, è stata scelta per essere il tempio che porta in sé il Verbo, il Dio fatto uomo. Di Lei, pertanto, è figura la «Figlia di Sion» che il profeta Sofonia invita a rallegrarsi, a esultare di gioia (cfr Sof 3,14). 
Cari amici, questa sera vogliamo volgere il nostro sguardo a Maria con rinnovato affetto filiale. 
Tutti abbiamo sempre da imparare dalla nostra Madre celeste: la sua fede ci invita a guardare al di là delle apparenze e a credere fermamente che le difficoltà quotidiane preparano una primavera che è già iniziata in Cristo Risorto. 
Al Cuore Immacolato di Maria vogliamo attingere questa sera con rinnovata fiducia per lasciarci contagiare dalla sua gioia, che trova la sorgente più profonda nel Signore. La gioia, frutto dello Spirito Santo, è distintivo fondamentale del cristiano: essa si fonda sulla speranza in Dio, trae forza dalla preghiera incessante, permette di affrontare con serenità le tribolazioni. San Paolo ci ricorda: «Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera» (Rm 12, 12). Queste parole dell’Apostolo sono come un’eco al Magnificat di Maria e ci esortano a riprodurre in noi stessi, nella vita di tutti i giorni, i sentimenti di gioia nella fede, propri del cantico mariano.
Vorrei augurare a tutti e a ciascuno di voi, cari fratelli e sorelle, venerati Signori Cardinali, Vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli tutti, che questa letizia spirituale, traboccata dal cuore ricolmo di gratitudine della Madre di Cristo e Madre nostra, sia alla fine di questo mese di maggio più consolidata nei nostri animi, nella nostra vita personale e familiare, in ogni ambiente, specialmente nella vita di questa famiglia che qui in Vaticano serve la Chiesa universale. Grazie a tutti! 


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DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE A MILANO

VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A MILANO (1 - 3 GIUGNO 2012): LO SPECIALE DEL BLOG

IL PAPA A MILANO: I VIDEO, I SERVIZI, LE FOTO ED I POCAST

Il Papa: "L’incontro con le numerose famiglie provenienti dai diversi Continenti mi ha offerto la felice occasione di visitare per la prima volta come Successore di Pietro l’Arcidiocesi di Milano. ..Ho così potuto sperimentare da vicino la fede della popolazione ambrosiana, ricca di storia, di cultura, di umanità e di operosa carità" (Catechesi udienza generale, 6 giugno 2012)

Il Papa: "Se qualche volta si può pensare che la barca di Pietro realmente sia in balia degli avversari difficili, tuttavia è anche vero che vediamo come il Signore è presente, è vivo, è risorto veramente, e ha in mano il governo del mondo e il cuore degli uomini"  (Parole del Santo Padre al termine del pranzo con alcune famiglie, cardinali e vescovi all'Arcivescovado di Milano, 3 giugno 2012)


Il Papa: "Non trovo parole per ringraziare per questa Festa di Dio, per questa comunione della Famiglia di Dio che noi siamo...E sono lieto di annunciare che il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie avrà luogo nel 2015, a Filadelfia, negli Stati Uniti d’America"  (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus nel Parco di Bresso, 3 giugno 2012)


Il Papa: "Per noi cristiani, il giorno di festa è la Domenica, giorno del Signore, Pasqua settimanale. E’ il giorno della Chiesa, assemblea convocata dal Signore attorno alla mensa della Parola e del Sacrificio Eucaristico, come stiamo facendo noi oggi, per nutrirci di Lui, entrare nel suo amore e vivere del suo amore. E’ il giorno dell’uomo e dei suoi valori: convivialità, amicizia, solidarietà, cultura, contatto con la natura, gioco, sport. E’ il giorno della famiglia, nel quale vivere assieme il senso della festa, dell’incontro, della condivisione, anche nella partecipazione alla Santa Messa. Care famiglie, pur nei ritmi serrati della nostra epoca, non perdete il senso del giorno del Signore! E’ come l’oasi in cui fermarsi per assaporare la gioia dell’incontro e dissetare la nostra sete di Dio" (Omelia del Santo Padre in occasione della Celebrazione Eucaristica nel Parco di Bresso, 3 giugno 2012)

LO STRAORDINARIO DIALOGO DEL SANTO PADRE CON LE FAMIGLIE A BRESSO: TRASCRIZIONE (Parco di Bresso, 2 giugno 2012)

Il Papa alle Autorità di Milano: "La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti"  (Discorso del Santo Padre in occasione dell'incontro con le Autorità nella Sala del Trono dell’Arcivescovado di Milano, 2 giugno 2012)


Il Papa nel Duomo di Milano: "Non c’è opposizione tra il bene della persona del sacerdote e la sua missione; anzi, la carità pastorale è elemento unificante di vita che parte da un rapporto sempre più intimo con Cristo nella preghiera per vivere il dono totale di se stessi per il gregge, in modo che il Popolo di Dio cresca nella comunione con Dio e sia manifestazione della comunione della Santissima Trinità. Ogni nostra azione, infatti, ha come scopo condurre i fedeli all’unione con il Signore e a fare così crescere la comunione ecclesiale per la salvezza del mondo" (Omelia del Santo Padre in occasione della Celebrazione dell'Ora Media nel Duomo di Milano, 2 giugno 2012)

Il Papa alla Scala: "Non abbiamo bisogno di un discorso irreale di un Dio lontano e di una fratellanza non impegnativa. Siamo in cerca del Dio vicino. Cerchiamo una fraternità che, in mezzo alle sofferenze, sostiene l’altro e così aiuta ad andare avanti"  (Discorso del Santo Padre in occasione del concerto in onore del Santo Padre e delle Delegazioni Ufficiali dell'Incontro Mondiale delle Famiglie nel Teatro alla Scala di Milano, 1° giugno 2012)


Il Papa a Milano: "La Chiesa ambrosiana, custodendo le prerogative del suo rito e le espressioni proprie dell’unica fede, è chiamata a vivere in pienezza la cattolicità della Chiesa una, a testimoniarla e a contribuire ad arricchirla. Il profondo senso ecclesiale e il sincero affetto di comunione con il Successore di Pietro, fanno parte della ricchezza e dell’identità della vostra Chiesa lungo tutto il suo cammino, e si  manifestano in modo luminoso nelle figure dei grandi Pastori che l’hanno guidata" (Discorso del Santo Padre in occasione dell'incontro con la Cittadinanza in Piazza Duomo a Milano, 1° giugno 2012)    


DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE PRIMA DELLA VISITA

Il Papa:  "Ricordo inoltre che venerdì prossimo, 1° giugno, mi recherò a Milano, dove avrà luogo il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Invito tutti a seguire questo evento e a pregare per la sua buona riuscita" (Regina Coeli, 27 maggio 2012) 

Il Papa: "Cari fratelli e sorelle! Desidero anzitutto ricordare che tra meno di un mese avrà luogo a Milano il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Ringrazio la Diocesi ambrosiana e le altre Diocesi lombarde che stanno collaborando alla preparazione di questo evento ecclesiale, promosso dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, presieduto dal Cardinale Ennio Antonelli. Anch’io, a Dio piacendo, avrò la gioia di parteciparvi e per questo mi recherò a Milano dall’1 al 3 giugno" (Regina Coeli, 6 maggio 2012)

Il Papa: "La famiglia cristiana, nella misura in cui, attraverso un cammino di conversione permanente sostenuto dalla grazia di Dio, riesce a vivere l’amore come comunione e servizio, come dono reciproco e apertura verso tutti, riflette nel mondo lo splendore di Cristo e la bellezza della Trinità divina"(Discorso del Santo Padre ai partecipanti alla XX Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia, 1° dicembre 2011)

LETTERA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AL PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA IN PREPARAZIONE AL VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE (24 settembre 2010)

mercoledì 30 maggio 2012

Il Papa: San Paolo ha sofferto terribilmente...ma in tutte queste situazioni, dove sembrava non aprirsi una ulteriore strada, ha ricevuto consolazione e conforto da Dio. Per annunziare Cristo ha subito anche persecuzioni, fino ad essere rinchiuso in carcere, ma si è sentito sempre interiormente libero, animato dalla presenza di Cristo e desideroso di annunciare la parola di speranza del Vangelo






L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo,

Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando la Sua catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, ha incentrato la Sua meditazione sul tema: "In Gesù Cristo il "sì" fedele di Dio e l’ "amen" della Chiesa" (2Cor 1,3-14.19-20).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

In Gesù Cristo il "sì" fedele di Dio e l’ "amen" della Chiesa" (2Cor 1,3-14.19-20)
  


Cari fratelli e sorelle,

in queste catechesi stiamo meditando la preghiera nelle lettere di san Paolo e cerchiamo di vedere la preghiera cristiana come un vero e personale incontro con Dio Padre, in Cristo, mediante lo Spirito Santo. Oggi in questo incontro entrano in dialogo il «sì» fedele di Dio e l’«amen» fiducioso dei credenti. E vorrei sottolineare questa dinamica, soffermandomi sulla Seconda Lettera ai Corinzi. San Paolo invia questa appassionata Lettera a una Chiesa che più volte ha messo in discussione il suo apostolato, ed egli apre il suo cuore perché i destinatari siano rassicurati sulla sua fedeltà a Cristo e al Vangelo. Questa Seconda Lettera ai Corinzi inizia con una delle preghiere di benedizione più alte del Nuovo Testamento. Suona così: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione! Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2Cor 1,3-4).
Quindi Paolo vive in grande tribolazione, sono molte le difficoltà e le afflizioni che ha dovuto attraversare, ma non ha mai ceduto allo scoraggiamento, sorretto dalla grazia e dalla vicinanza del Signore Gesù Cristo, per il quale era diventato apostolo e testimone consegnando nelle sue mani tutta la propria esistenza. 
Proprio per questo, Paolo inizia questa Lettera con una preghiera di benedizione e di ringraziamento verso Dio, perché non c’è stato alcun momento della sua vita di apostolo di Cristo in cui abbia sentito venir meno il sostegno del Padre misericordioso, del Dio di ogni consolazione. 
Ha sofferto terribilmente, lo dice proprio in questa Lettera, ma in tutte queste situazioni, dove sembrava non aprirsi una ulteriore strada, ha ricevuto consolazione e conforto da Dio. Per annunziare Cristo ha subito anche persecuzioni, fino ad essere rinchiuso in carcere, ma si è sentito sempre interiormente libero, animato dalla presenza di Cristo e desideroso di annunciare la parola di speranza del Vangelo. 
Dal carcere così scrive a Timoteo, suo fedele collaboratore. Lui in catene scrive: «la Parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, affinché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo, insieme alla gloria eterna» (2Tm 2,9b-10). Nel suo soffrire per Cristo, egli sperimenta la consolazione di Dio. Scrive: «come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo, abbonda la nostra consolazione» (2Cor 1,5).
Nella preghiera di benedizione che introduce la Seconda Lettera ai Corinzi domina quindi, accanto al tema delle afflizioni, il tema della consolazione, da non intendersi solo come semplice conforto, ma soprattutto come incoraggiamento ed esortazione a non lasciarsi vincere dalla tribolazione e dalle difficoltà. L’invito è a vivere ogni situazione uniti a Cristo, che carica su di sé tutta la sofferenza e il peccato del mondo per portare luce, speranza, e redenzione. E così Gesù ci rende capaci di consolare a nostra volta quelli che si trovano in ogni genere di afflizione. La profonda unione con Cristo nella preghiera, la fiducia nella sua presenza, conducono alla disponibilità a condividere le sofferenze e le afflizioni dei fratelli. Scrive Paolo: «Chi è debole, che anch’io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non frema?» (2Cor 11,29). Questa condivisione non nasce da una semplice benevolenza, né solo dalla generosità umana o dallo spirito di altruismo, bensì scaturisce dalla consolazione del Signore, dal sostegno incrollabile della «straordinaria potenza che viene da Dio e non da noi» (2Cor 4,7).
Cari fratelli e sorelle, la nostra vita e il nostro cammino cristiano sono segnati spesso da difficoltà, da incomprensioni, da sofferenze. Tutti lo sappiamo. Nel rapporto fedele con il Signore, nella preghiera costante, quotidiana, possiamo anche noi, concretamente, sentire la consolazione che viene da Dio. E questo rafforza la nostra fede, perché ci fa sperimentare in modo concreto il «sì» di Dio all’uomo, a noi, a me, in Cristo; fa sentire la fedeltà del suo amore, che giunge fino al dono del suo Figlio sulla Croce. Afferma san Paolo: «Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunziato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu "sì" e "no", ma in lui ci fu il "sì". Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono "sì". Per questo per mezzo di lui sale a Dio il nostro "amen", per la sua gloria» (2Cor 1,19-20). Il «sì» di Dio non è dimezzato, non va tra «sì» e «no», ma è un semplice e sicuro «sì». E a questo «sì» noi rispondiamo con il nostro «sì», con il nostro «amen» e così siamo sicuri nel «sì» di Dio.
La fede non è primariamente azione umana, ma dono gratuito di Dio, che si radica nella sua fedeltà, nel suo «sì», che ci fa comprendere come vivere la nostra esistenza amando Lui e i fratelli. Tutta la storia della salvezza è un progressivo rivelarsi di questa fedeltà di Dio, nonostante le nostre infedeltà e i nostri rinnegamenti, nella certezza che «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!», come dichiara l’Apostolo nella Lettera ai Romani (11,29).
Cari fratelli e sorelle, il modo di agire di Dio - ben diverso dal nostro - ci dà consolazione, forza e speranza perché Dio non ritira il suo «sì». Di fronte ai contrasti nelle relazioni umane, spesso anche familiari, noi siamo portati a non perseverare nell’amore gratuito, che costa impegno e sacrificio. Invece, Dio non si stanca con noi, non si stanca mai di avere pazienza con noi e con la sua immensa misericordia ci precede sempre, ci viene incontro per primo, è assolutamente affidabile questo suo «sì». Nell’evento della Croce ci offre la misura del suo amore, che non calcola, che non ha misura. San Paolo nella Lettera a Tito scrive: «È apparsa la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini» (Tt 3,4). E perché questo «sì» si rinnovi ogni giorno «ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori» (2Cor 1,21b-22).
E’ infatti lo Spirito Santo che rende continuamente presente e vivo il «sì» di Dio in Gesù Cristo e crea nel nostro cuore il desiderio di seguirlo per entrare totalmente, un giorno, nel suo amore, quando riceveremo una dimora non costruita da mani umane nei cieli. Non c’è persona che non sia raggiunta e interpellata da questo amore fedele, capace di attendere anche quanti continuano a rispondere con il «no» del rifiuto o dell’indurimento del cuore. Dio ci aspetta, ci cerca sempre, vuole accoglierci nella comunione con Sé per donare a ognuno di noi pienezza di vita, di speranza e di pace.
Sul «sì» fedele di Dio s’innesta l’«amen» della Chiesa che risuona in ogni azione della liturgia: «amen» è la risposta della fede che chiude sempre la nostra preghiera personale e comunitaria, e che esprime il nostro «sì» all’iniziativa di Dio. Spesso rispondiamo per abitudine col nostro «amen» nella preghiera, senza coglierne il significato profondo. 
Questo termine deriva da ’aman che, in ebraico e in aramaico, significa «rendere stabile», «consolidare» e, di conseguenza, «essere certo», «dire la verità». Se guardiamo alla Sacra Scrittura, vediamo che questo «amen» è detto alla fine dei Salmi di benedizione e di lode, come, ad esempio, nel Salmo 41: «Per la mia integrità tu mi sostieni e mi fai stare alla tua presenza per sempre. Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele, da sempre e per sempre. Amen, amen» (vv. 13-14). Oppure esprime adesione a Dio, nel momento in cui il popolo di Israele ritorna pieno di gioia dall’esilio babilonese e dice il suo «sì», il suo «amen» a Dio e alla sua Legge. Nel Libro di Neemia si narra che, dopo questo ritorno, «Esdra aprì il libro (della Legge) in presenza di tutto il popolo, poiché stava più in alto di tutti; come ebbe aperto il libro, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore, Dio grande, e tutto il popolo rispose: "Amen, amen", alzando le mani» (Ne 8,5-6).
Sin dagli inizi, quindi, l’«amen» della liturgia giudaica è diventato l’«amen» delle prime comunità cristiane. E il libro della liturgia cristiana per eccellenza, l’Apocalisse di San Giovanni, inizia con l’«amen» della Chiesa: «A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli. Amen» (Ap 1,5b-6). Così nel primo capitolo dell'Apocalisse. E lo stesso libro si chiude con l’invocazione «Amen, vieni, Signore Gesù» (Ap 22,21).
Cari amici, la preghiera è l’incontro con una Persona viva da ascoltare e con cui dialogare; è l’incontro con Dio che rinnova la sua fedeltà incrollabile, il suo «sì» all’uomo, a ciascuno di noi, per donarci la sua consolazione in mezzo alle tempeste della vita e farci vivere, uniti a Lui, un’esistenza piena di gioia e di bene, che troverà il suo compimento nella vita eterna.
Nella nostra preghiera siamo chiamati a dire «sì» a Dio, a rispondere con questo «amen» dell’adesione, della fedeltà a Lui di tutta la nostra vita. Questa fedeltà non la possiamo mai conquistare con le nostre forze, non è solo frutto del nostro impegno quotidiano; essa viene da Dio ed è fondata sul «sì» di Cristo, che afferma: mio cibo è fare la volontà del Padre (cfr Gv 4,34). E’ in questo «sì» che dobbiamo entrare, entrare in questo «sì» di Cristo, nell’adesione alla volontà di Dio, per giungere con san Paolo ad affermare che non siamo noi a vivere, ma è Cristo stesso che vive in noi. Allora l’«amen» della nostra preghiera personale e comunitaria avvolgerà e trasformerà tutta la nostra vita, una vita di consolazione di Dio, una vita immersa nell'Amore eterno e incrollabile. Grazie.


Saluto in lingua italiana  

Porgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino, le Suore di Nostra Signora della Mercede e le Suore Francescane dell’Immacolata, che celebrano i rispettivi Capitoli Generali. Care sorelle, il Signore vi doni di rispondere con prontezza alle sue sollecitazioni. Saluto gli esponenti del Centro Sportivo Italiano di Imola, accompagnati dal Vescovo Mons. Tommaso Ghirelli, i membri della Selezione Sacerdoti Calcio e i ministranti della Parrocchia dei Santi Antonio e Annibale Maria in Roma.

Mi è poi gradito rivolgere un saluto particolare ai giovani, agli ammalati ed agli sposi novelli. Lo Spirito Santo, dono di Cristo risuscitato, guidi voi, cari giovani, e vi renda cарасi di orientare con decisione la vita verso il bene; sostenga voi, cari ammalati, ad accogliere la sofferenza quale misterioso strumento di salvezza per voi e реr i fratelli; aiuti voi, cari sposi novelli, a riscoprire ogni giorno le esigenze dell'amore, per essere sempre pronti a comprendervi e sostenervi reciprocamente.

Gli avvenimenti successi in questi giorni, circa la Curia e i miei collaboratori, hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che, nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero, per questo, rinnovare la mia fiducia e il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che, quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio, mi aiutano nell’adempimento del mio Ministero.

E, infine, il mio pensiero va ancora una volta alle care popolazioni dell’Emilia, colpite da ulteriori forti scosse sismiche, che hanno causato vittime e ingenti danni, specialmente alle chiese. Sono vicino con la preghiera e l’affetto ai feriti, come pure a coloro che hanno subito disagi, ed esprimo il più sentito cordoglio ai familiari di quanti hanno perso la vita. Auspico che con l’aiuto di tutti e la solidarietà dell’intera Nazione possa riprendere al più presto la vita normale in quelle terre così duramente provate.

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Il Papa: Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo


CORVI E VELENI. L'ARRESTO DELL'AIUTANTE DI CAMERA DEL SANTO PADRE. ARTICOLI, NOTIZIE E COMMENTI


Il Papa al termine dell’udienza generale si è riferito agli avvenimenti di questi giorni relativi alla diffusione di documenti riservati vaticani. Ecco le sue parole:

Gli avvenimenti successi in questi giorni circa la Curia ed i miei collaboratori hanno recato tristezza nel mio cuore, ma non si è mai offuscata la ferma certezza che nonostante la debolezza dell’uomo, le difficoltà e le prove, la Chiesa è guidata dallo Spirito Santo e il Signore mai le farà mancare il suo aiuto per sostenerla nel suo cammino. Si sono moltiplicate, tuttavia, illazioni, amplificate da alcuni mezzi di comunicazione, del tutto gratuite e che sono andate ben oltre i fatti, offrendo un’immagine della Santa Sede che non risponde alla realtà. Desidero per questo rinnovare la mia fiducia, il mio incoraggiamento ai miei più stretti collaboratori e a tutti coloro che quotidianamente, con fedeltà, spirito di sacrificio e nel silenzio mi aiutano nell’adempimento del mio ministero.

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domenica 27 maggio 2012

Il Papa: Sono lieto di annunciare che il prossimo 7 ottobre, all’inizio dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, proclamerò san Giovanni d’Avila e santa Ildegarda di Bingen Dottori della Chiesa universale




REGINA COELI: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

SOLENNITA' DI PENTECOSTE: LO SPECIALE DEL BLOG


LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CAELI, 27.05.2012

Conclusa la Celebrazione Eucaristica nella Basilica Vaticana per la Solennità di Pentecoste, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare il Regina Caeli con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana del tempo pasquale:

PRIMA DEL REGINA CAELI

Cari fratelli e sorelle!



Celebriamo oggi la grande festa di Pentecoste, che porta a compimento il Tempo di Pasqua, cinquanta giorni dopo la Domenica della Risurrezione. Questa solennità ci fa ricordare e rivivere l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli e gli altri discepoli, riuniti in preghiera con la Vergine Maria nel Cenacolo (cfr At 2,1-11). Gesù, risorto e asceso al cielo, invia alla Chiesa il suo Spirito, affinché ogni cristiano possa partecipare alla sua stessa vita divina e diventare suo valido testimone nel mondo. Lo Spirito Santo, irrompendo nella storia, ne sconfigge l’aridità, apre i cuori alla speranza, stimola e favorisce in noi la maturazione interiore nel rapporto con Dio e con il prossimo.
Lo Spirito, che «ha parlato per mezzo dei profeti», con i doni della sapienza e della scienza continua ad ispirare donne e uomini che si impegnano nella ricerca della verità, proponendo vie originali di conoscenza e di approfondimento del mistero di Dio, dell’uomo e del mondo. 
In questo contesto, sono lieto di annunciare che il prossimo 7 ottobre, all’inizio dell’Assemblea Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, proclamerò san Giovanni d’Avila e santa Ildegarda di Bingen Dottori della Chiesa universale. Questi due grandi testimoni della fede vissero in periodi storici e ambienti culturali assai diversi. Ildegarda fu monaca benedettina nel cuore del Medioevo tedesco, autentica maestra di teologia e profonda studiosa delle scienze naturali e della musica. Giovanni, sacerdote diocesano negli anni del rinascimento spagnolo, partecipò al travaglio del rinnovamento culturale e religioso della Chiesa e della compagine sociale agli albori della modernità. Ma la santità della vita e la profondità della dottrina li rendono perennemente attuali: la grazia dello Spirito Santo, infatti, li proiettò in quell’esperienza di penetrante comprensione della rivelazione divina e di intelligente dialogo con il mondo che costituiscono l’orizzonte permanente della vita e dell’azione della Chiesa.
Soprattutto alla luce del progetto di una nuova evangelizzazione, alla quale sarà dedicata la menzionata Assemblea del Sinodo dei Vescovi, e alla vigilia dell’Anno della Fede, queste due figure di Santi e Dottori appaiono di rilevante importanza e attualità. Anche ai nostri giorni, attraverso il loro insegnamento, lo Spirito del Signore risorto continua a far risuonare la sua voce e ad illuminare il cammino che conduce a quella Verità che sola può renderci liberi e dare senso pieno alla nostra vita.
Pregando ora insieme il Regina Caeli, invochiamo l’intercessione della Vergine Maria affinché ottenga alla Chiesa di essere potentemente animata dallo Spirito Santo, per testimoniare Cristo con franchezza evangelica e aprirsi sempre più alla pienezza della verità.


DOPO IL REGINA CAELI


Cari fratelli e sorelle!


Stamani a Vannes, in Francia, è stata proclamata Beata Mère Saint-Louis, al secolo Louise-Élisabeth Molé, fondatrice delle Suore della Carità di San Luigi, vissuta tra il XVIII e il XIX secolo. Rendiamo grazie a Dio per questa esemplare testimone dell’amore per Dio e per il prossimo.


Ricordo inoltre che venerdì prossimo, 1° giugno, mi recherò a Milano, dove avrà luogo il VII Incontro Mondiale delle Famiglie. Invito tutti a seguire questo evento e a pregare per la sua buona riuscita.


En ce jour de la fête de la Pentecôte, je suis heureux de vous accueillir chers pèlerins francophones. Aujourd’hui, je participe aussi spirituellement à la joie des fidèles du diocèse de Vannes rassemblés pour la célébration de la Béatification de Louise-Élisabeth Molé, Mère Saint-Louis. Fondatrice des Sœurs de la Charité de Saint-Louis, elle nous apprend comment, avec l’aide de l’Esprit-Saint, nous pouvons ouvrir notre cœur avec douceur pour rejoindre les autres dans leur différence, leur fragilité et leur pauvreté. Laissons nous guider nous aussi par l’Esprit pour annoncer au monde les merveilles de Dieu ! Que la Vierge Marie nous aide à être des témoins de l’Esprit de vérité et de liberté ! Bonne fête de la Pentecôte à tous !


I offer a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors present at this Regina Caeli on the Solemnity of Pentecost. Next Friday, I will go to Milan to be with families from all over the world celebrating the Seventh World Meeting of Families. I ask you to join me in praying for the success of this important event, and that families may be filled with the Holy Spirit, rediscover the joy of their vocation in the Church and the world, and bear loving witness to the faith. Upon all of you, I invoke God’s abundant blessings!


Einen frohen Pfingstgruß richte ich an alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Die liturgischen Texte dieses Hochfestes sagen uns, wie der Heilige Geist wirkt: Der Heilige Geist schafft Gemeinschaft und Verständnis unter Menschen verschiedener Herkunft. Er macht die Jünger Jesu zu mutigen Zeugen, die das Erlösungswerk Christi in allen Sprachen verkünden. Er führt in die ganze Wahrheit ein und ist Tröster in Leid und Not. Erbitten wir sein Wirken auch in unseren Tagen, damit das Angesicht der Erde aus dem innersten Geheimnis Gottes heraus erneuert werde. Euch allen wünsche ich ein gesegnetes Pfingstfest!


Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. Hoy, día de Pentecostés, la liturgia alaba al Espíritu Santo por haber congregado a su Iglesia en la confesión de una misma fe, infundiéndole el conocimiento de Dios. Pidamos que el Espíritu de la Verdad, que procede del Padre, nos siga enseñando y dando la fuerza necesaria para ser testigos ante el mundo de Cristo Redentor, y en todo el orbe se ensalce e invoque al tres veces Santo. Feliz domingo.


Srdečně zdravím poutníky z České republiky, kteří v těchto dnech zde v Římě zahajují jubilejní rok svatého Cyrila a Metoděje. Pokoj vám!


[Saluto cordialmente i pellegrini della Repubblica Ceca, che in questi giorni inaugurano qui a Roma l’anno giubilare dei santi Cirillo e Metodio. Pace a voi!]


Lepo pozdravljam romarje iz Grosuplja in drugih krajev Slovenije! Ob današnjem prazniku binkošti se kristjani še posebej obračamo na Svetega Duha. Naj On napolnjuje vaša srca in vodi vaše misli, da se ne boste ravnali po tem svetu, ampak boste deležni sadov Kristusovega vstajenja. Naj bo z vami moj blagoslov!


[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini provenienti da Grosuplje e da altri luoghi della Slovenia! In occasione dell’odierna solennità di Pentecoste, noi cristiani ci rivolgiamo con particolare devozione allo Spirito Santo. Sia Lui a riempire i vostri cuori e a guidare le vostre menti, affinché non vi adeguiate alla mentalità di questo secolo, ma siate partecipi dei frutti della Risurrezione di Cristo. Vi accompagni la mia Benedizione!]


Pozdrawiam wszystkich Polaków. Myślą obejmuję pielgrzymów, którzy gromadzą się u stóp Maryi w Piekarach Śląskich. W uroczystość Zesłania Ducha Świętego otwieramy serca i umysły na Jego działanie i prosimy, aby nieustannie rozpalał naszą wiarę, nadzieję i miłość ogniem Bożej łaski. Niech żywe doświadczenie obecności Ducha Parakleta napełnia was pokojem.


[Saluto tutti i polacchi. Con il pensiero abbraccio i pellegrini che si radunano ai piedi di Maria a Piekary Slaskie. Nella solennità della Pentecoste apriamo i nostri cuori e le nostre menti alla Sua azione e chiediamo perché ininterrottamente infochi la nostra fede, la speranza e l’amore con la fiamma della grazia di Dio. La viva esperienza della presenza dello Spirito Paraclito vi colmi di pace.]


Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare all’Associazione Italiana Sclerosi Multipla e alla Fondazione "Gigi Ghirotti", alle quali esprimo apprezzamento per l’impegno di dare sostegno e speranza a tante persone nella sofferenza. Saluto la Misericordia di Santa Croce sull’Arno e la Federazione Italiana di Tiro con l’Arco. Un saluto speciale va alla rappresentanza della Polizia di Stato, a 160 anni dalla fondazione. A tutti auguro una buona festa, una buona domenica. Buona festa!


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Il Papa: Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l’uno all’altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografiche sembrano sparire, come tuttavia la comprensione e la comunione tra le persone è spesso superficiale e difficoltosa. Permangono squilibri che non di rado portano a conflitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposizione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi. In questa situazione, possiamo veramente trovare e vivere quell’unità di cui abbiamo tanto bisogno?




SANTA MESSA DI PENTECOSTE: VIDEO INTEGRALE


SOLENNITA' DI PENTECOSTE: LO SPECIALE DEL BLOG


CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE, 27.05.2012

Alle ore 9.30 di oggi, Domenica di Pentecoste, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la Santa Messa del giorno. Concelebrano con il Santo Padre i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi presenti in Urbe.
Nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che pubblichiamo di seguito:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di celebrare con voi questa Santa Messa, animata oggi anche dal Coro dell’Accademia di Santa Cecilia e dall’Orchestra giovanile - che ringrazio -, nella Solennità di Pentecoste. Questo mistero costituisce il battesimo della Chiesa, è un evento che le ha dato, per così dire, la forma iniziale e la spinta per la sua missione. E questa «forma» e questa «spinta» sono sempre valide, sempre attuali, e si rinnovano in modo particolare mediante le azioni liturgiche. Stamani vorrei soffermarmi su un aspetto essenziale del mistero della Pentecoste, che ai nostri giorni conserva tutta la sua importanza.
La Pentecoste è la festa dell’unione, della comprensione e della comunione umana. Tutti possiamo constatare come nel nostro mondo, anche se siamo sempre più vicini l’uno all’altro con lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, e le distanze geografiche sembrano sparire, la comprensione e la comunione tra le persone è spesso superficiale e difficoltosa. Permangono squilibri che non di rado portano a conflitti; il dialogo tra le generazioni si fa faticoso e a volte prevale la contrapposizione; assistiamo a fatti quotidiani in cui ci sembra che gli uomini stiano diventando più aggressivi e più scontrosi; comprendersi sembra troppo impegnativo e si preferisce rimanere nel proprio io, nei propri interessi. In questa situazione, possiamo veramente trovare e vivere quell’unità di cui abbiamo tanto bisogno?
La narrazione della Pentecoste negli Atti degli Apostoli, che abbiamo ascoltato nella prima lettura (cfr At 2,1-11), contiene sullo sfondo uno degli ultimi grandi affreschi che troviamo all’inizio dell’Antico Testamento: l’antica storia della costruzione della Torre di Babele (cfr Gen 11,1-9). Ma che cos’è Babele? E’ la descrizione di un regno in cui gli uomini hanno concentrato tanto potere da pensare di non dover fare più riferimento a un Dio lontano e di essere così forti da poter costruire da soli una via che porti al cielo per aprirne le porte e mettersi al posto di Dio. Ma proprio in questa situazione si verifica qualcosa di strano e di singolare.
Mentre gli uomini stavano lavorando insieme per costruire la torre, improvvisamente si resero conto che stavano costruendo l’uno contro l’altro. Mentre tentavano di essere come Dio, correvano il pericolo di non essere più neppure uomini, perché avevano perduto un elemento fondamentale dell’essere persone umane: la capacità di accordarsi, di capirsi e di operare insieme.
Questo racconto biblico contiene una sua perenne verità; lo possiamo vedere lungo la storia, ma anche nel nostro mondo. Con il progresso della scienza e della tecnica siamo arrivati al potere di dominare forze della natura, di manipolare gli elementi, di fabbricare esseri viventi, giungendo quasi fino allo stesso essere umano. In questa situazione, pregare Dio sembra qualcosa di sorpassato, di inutile, perché noi stessi possiamo costruire e realizzare tutto ciò che vogliamo. Ma non ci accorgiamo che stiamo rivivendo la stessa esperienza di Babele. E’ vero, abbiamo moltiplicato le possibilità di comunicare, di avere informazioni, di trasmettere notizie, ma possiamo dire che è cresciuta la capacità di capirci o forse, paradossalmente, ci capiamo sempre meno? Tra gli uomini non sembra forse serpeggiare un senso di diffidenza, di sospetto, di timore reciproco, fino a diventare perfino pericolosi l’uno per l’altro? Ritorniamo allora alla domanda iniziale: può esserci veramente unità, concordia? E come?
La risposta la troviamo nella Sacra Scrittura: l’unità può esserci solo con il dono dello Spirito di Dio, il quale ci darà un cuore nuovo e una lingua nuova, una capacità nuova di comunicare. Questo è ciò che si è verificato a Pentecoste. In quel mattino, cinquanta giorni dopo la Pasqua, un vento impetuoso soffiò su Gerusalemme e la fiamma dello Spirito Santo discese sui discepoli riuniti, si posò su ciascuno e accese in essi il fuoco divino, un fuoco d’amore, capace di trasformare. La paura scomparve, il cuore sentì una nuova forza, le lingue si sciolsero e iniziarono a parlare con franchezza, in modo che tutti potessero capire l’annuncio di Gesù Cristo morto e risorto. A Pentecoste dove c’era divisione ed estraneità, sono nate unità e comprensione.
Ma guardiamo al Vangelo di oggi, nel quale Gesù afferma: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16,13). Qui Gesù, parlando dello Spirito Santo, ci spiega che cos’è la Chiesa e come essa debba vivere per essere se stessa, per essere il luogo dell’unità e della comunione nella Verità; ci dice che agire da cristiani significa non essere chiusi nel proprio «io», ma orientarsi verso il tutto; significa accogliere in se stessi la Chiesa tutta intera o, ancora meglio, lasciare interiormente che essa ci accolga. Allora, quando io parlo, penso, agisco come cristiano, non lo faccio chiudendomi nel mio io, ma lo faccio sempre nel tutto e a partire dal tutto: così lo Spirito Santo, Spirito di unità e di verità, può continuare a risuonare nei cuori e nelle menti degli uomini e spingerli ad incontrarsi e ad accogliersi a vicenda. Lo Spirito, proprio per il fatto che agisce così, ci introduce in tutta la verità, che è Gesù, ci guida nell’approfondirla, nel comprenderla: noi non cresciamo nella conoscenza chiudendoci nel nostro io, ma solo diventando capaci di ascoltare e di condividere, solo nel «noi» della Chiesa, con un atteggiamento di profonda umiltà interiore. E così diventa più chiaro perché Babele è Babele e la Pentecoste è la Pentecoste. Dove gli uomini vogliono farsi Dio, possono solo mettersi l’uno contro l’altro. Dove invece si pongono nella verità del Signore, si aprono all’azione del suo Spirito che li sostiene e li unisce.
La contrapposizione tra Babele e Pentecoste riecheggia anche nella seconda lettura, dove l’Apostolo dice: "Camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne" (Gal 5,16). San Paolo ci spiega che la nostra vita personale è segnata da un conflitto interiore, da una divisione, tra gli impulsi che provengono dalla carne e quelli che provengono dallo Spirito; e noi non possiamo seguirli tutti.
Non possiamo, infatti, essere contemporaneamente egoisti e generosi, seguire la tendenza a dominare sugli altri e provare la gioia del servizio disinteressato. Dobbiamo sempre scegliere quale impulso seguire e lo possiamo fare in modo autentico solo con l’aiuto dello Spirito di Cristo. San Paolo elenca le opere della carne, sono i peccati di egoismo e di violenza, come inimicizia, discordia, gelosia, dissensi; sono pensieri e azioni che non fanno vivere in modo veramente umano e cristiano, nell’amore. E’ una direzione che porta a perdere la propria vita. Invece lo Spirito Santo ci guida verso le altezze di Dio, perché possiamo vivere già in questa terra il germe di vita divina che è in noi. Afferma, infatti, san Paolo: «Il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace» (Gal 5,22). Notiamo che l’Apostolo usa il plurale per descrivere le opere della carne, che provocano la dispersione dell’essere umano, mentre usa il singolare per definire l’azione dello Spirito, parla di «frutto», proprio come alla dispersione di Babele si contrappone l’unità di Pentecoste.
Cari amici, dobbiamo vivere secondo lo Spirito di unità e di verità, e per questo dobbiamo pregare perché lo Spirito ci illumini e ci guidi a vincere il fascino di seguire nostre verità, e ad accogliere la verità di Cristo trasmessa nella Chiesa. Il racconto lucano della Pentecoste ci dice che Gesù prima di salire al cielo chiese agli Apostoli di rimanere insieme per prepararsi a ricevere il dono dello Spirito Santo. 
Ed essi si riunirono in preghiera con Maria nel Cenacolo nell’attesa dell’evento promesso (cfr At 1,14). Raccolta con Maria, come al suo nascere, la Chiesa anche quest’oggi prega: «Veni Sancte Spiritus! - Vieni, Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore!». Amen.

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sabato 26 maggio 2012

Il Papa: Adulto, secondo il Vangelo, non è colui che non è sottoposto a nessuno e non ha bisogno di nessuno. Adulto, cioè maturo e responsabile, può essere solo colui che si fa piccolo, umile e servo davanti a Dio, e che non segue semplicemente i venti del tempo

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO, 26.05.2012


Alle ore 11.45 di questa mattina, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Benedetto XVI riceve i partecipanti all’incontro promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo, in occasione del quarantesimo anniversario della nascita del Movimento.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE 


Cari fratelli e sorelle!


Con grande gioia vi accolgo in occasione del quarantesimo anniversario della nascita del Rinnovamento nello Spirito Santo in Italia, espressione del più vasto movimento di rinnovamento carismatico che ha attraversato la Chiesa Cattolica all’indomani del Concilio Ecumenico Vaticano II. Vi saluto tutti con affetto, ad iniziare dal Presidente Nazionale, che ringrazio per le belle parole, piene di Spirito, rivoltemi a nome di tutti voi. Saluto il Consigliere Spirituale, i membri del Comitato e del Consiglio, i responsabili e gli animatori dei Gruppi e delle Comunità sparsi in Italia. In questo vostro pellegrinaggio, che vi offre l’opportunità di sostare in preghiera presso la tomba di san Pietro, possiate rinvigorire la vostra fede, crescere nella testimonianza cristiana e affrontare senza paura, guidati dallo Spirito Santo, gli impegnativi compiti della nuova evangelizzazione.
Sono lieto di incontrarvi nella vigilia di Pentecoste, festa fondamentale per la Chiesa e così significativa per il vostro Movimento, e vi esorto ad accogliere l’amore di Dio che si comunica a noi mediante il dono dello Spirito Santo, principio unificatore della Chiesa. In questi decenni - quarant'anni - vi siete sforzati di offrire il vostro specifico apporto alla diffusione del Regno di Dio e all’edificazione della comunità cristiana, alimentando la comunione con il Successore di Pietro, con i Pastori e con tutta la Chiesa. In diversi modi avete affermato il primato di Dio, al quale va sempre e sommamente la nostra adorazione. E avete cercato di proporre questa esperienza alle nuove generazioni, mostrando la gioia della vita nuova nello Spirito, attraverso un’ampia opera di formazione e molteplici attività legate alla nuova evangelizzazione e alla missio ad gentes. La vostra opera apostolica ha così contribuito alla crescita della vita spirituale nel tessuto ecclesiale e sociale italiano, mediante cammini di conversione che hanno condotto molte persone ad essere risanate in profondità dall’amore di Dio, e molte famiglie a superare momenti di crisi. Non sono mancati nei vostri gruppi giovani che hanno generosamente risposto alla vocazione di speciale consacrazione a Dio nel sacerdozio o nella vita consacrata. Di tutto questo rendo grazie a voi e al Signore!
Cari amici, continuate a testimoniare la gioia della fede in Cristo, la bellezza di essere discepoli di Cristo, la potenza d’amore che il suo Vangelo sprigiona nella storia, come pure l’incomparabile grazia che ogni credente può sperimentare nella Chiesa con la pratica santificante dei Sacramenti e l’esercizio umile e disinteressato dei carismi, che, come dice san Paolo, vanno sempre utilizzati per il bene comune. Non cedete alla tentazione della mediocrità e dell’abitudine! Coltivate nell’animo desideri alti e generosi! Fate vostri i pensieri, i sentimenti, le azioni di Gesù! Sì, il Signore chiama ciascuno di voi ad essere collaboratore infaticabile del suo disegno di salvezza, che cambia i cuori; ha bisogno anche di voi per fare delle vostre famiglie, delle vostre comunità e delle vostre città, luoghi di amore e di speranza.
Nella società attuale viviamo una situazione per certi versi precaria, caratterizzata dalla insicurezza e dalla frammentarietà delle scelte. Mancano spesso validi punti di riferimento a cui ispirare la propria esistenza. Diventa, pertanto, sempre più importante costruire l’edificio della vita e il complesso delle relazioni sociali sulla roccia stabile della Parola di Dio, lasciandosi guidare dal Magistero della Chiesa. Si comprende sempre più il valore determinante dell’affermazione di Gesù, che dice: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia» (Mt 7, 24-25).
Il Signore è con noi, agisce con la forza del suo Spirito. Ci invita a crescere nella fiducia e nell’abbandono alla sua volontà, nella fedeltà alla nostra vocazione e nell’impegno a diventare adulti nella fede, nella speranza e nella carità. 
Adulto, secondo il Vangelo, non è colui che non è sottoposto a nessuno e non ha bisogno di nessuno. Adulto, cioè maturo e responsabile, può essere solo colui che si fa piccolo, umile e servo davanti a Dio, e che non segue semplicemente i venti del tempo. 
È necessario, perciò, formare le coscienze alla luce della Parola di Dio e così dare fermezza e vera maturità; Parola di Dio da cui trae senso e spinta ogni progetto ecclesiale e umano, anche per quanto concerne l’edificazione della città terrena (cfr Sal 127,1). Occorre rinnovare l’anima delle istituzioni e fecondare la storia con semi di vita nuova.
Oggi i credenti sono chiamati ad una convinta, sincera e credibile testimonianza di fede, strettamente unita all’impegno della carità. Per mezzo della carità, infatti, anche persone lontane o indifferenti al Messaggio del Vangelo riescono ad avvicinarsi alla verità e convertirsi all’amore misericordioso del Padre celeste. 
A questo proposito, esprimo compiacimento per quanto fate per diffondere una «cultura della Pentecoste» negli ambienti sociali, proponendo un’animazione spirituale con iniziative in favore di quanti soffrono situazioni di disagio e di emarginazione. Penso in particolare alla vostra opera in favore della rinascita spirituale e materiale dei detenuti e degli ex-detenuti; penso al «Polo di Eccellenza della promozione umana e della solidarietà Mario e Luigi Sturzo», in Caltagirone; come pure al «Centro Internazionale per la Famiglia» di Nazaret, di cui ho avuto la gioia di benedire la prima pietra. Proseguite nel vostro impegno per la famiglia, imprescindibile luogo di educazione all’amore e al sacrificio di sé.
Cari amici del Rinnovamento nello Spirito Santo! Non stancatevi di rivolgervi verso il Cielo: il mondo ha bisogno della preghiera. Servono uomini e donne che sentano l’attrazione del Cielo nella loro vita, che facciano della lode al Signore uno stile di vita nuova. E siate cristiani gioiosi! Vi affido tutti a Maria Santissima, presente nel Cenacolo all’evento della Pentecoste. Perseverate con Lei nell’orazione, camminate guidati dalla luce dello Spirito Santo vivendo e proclamando l’annuncio di Cristo. Vi accompagni la Benedizione Apostolica, che con affetto vi imparto, estendendola a tutti gli aderenti e ai vostri familiari. Grazie!


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giovedì 24 maggio 2012

Il Papa ai vescovi italiani: Giovanni XXIII impegnava i Padri ad approfondire e a presentare tale perenne dottrina in continuità con la tradizione millenaria della Chiesa, «trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti», ma in modo nuovo, «secondo quanto è richiesto dai nostri tempi». Con tale chiave di lettura e di applicazione, nell’ottica non certo di un’inaccettabile ermeneutica della discontinuità e della rottura, ma di un’ermeneutica della continuità e della riforma, ascoltare il Concilio e farne nostre le autorevoli indicazioni, costituisce la strada per individuare le modalità con cui la Chiesa può offrire una risposta significativa alle grandi trasformazioni sociali e culturali del nostro tempo, che hanno conseguenze visibili anche sulla dimensione religiosa

ANNO DELLA FEDE (11 OTTOBRE 2012 - 24 NOVEMBRE 2013): LO SPECIALE DEL BLOG

Indirizzo di saluto del card. Angelo Bagnasco


Vedi anche:

C'è una risposta alla crisi dell'Occidente. Benedetto XVI la indica nel ''dono prezioso'' della fede (Sir)

Nel discorso all’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana Benedetto XVI indica la via pastorale per il nostro tempo (O.R.)

Il Papa ai vescovi: “Impegnate la vita per ciò che vale e permane” (Gagliarducci)

Il Papa: in Italia il secolarismo erode cultura e valori unificanti. In Europa Dio è marginalizzato dalla coscienza pubblica (Izzo)
Il Papa: Dio è diventato sconosciuto anche in Italia (Tornielli)

Il primo, vero e unico compito. Il discorso del Papa ai vescovi italiani (Sir)

Il Papa: L’esclusione di Dio dalla vita è “il cuore della crisi che ferisce l’Europa, che è crisi spirituale e morale” (Bandini)
 

Il Papa: Anno della Fede per rilanciare Catechismo, Concilio e Tradizione. Formare italiani adulti nella fede per il bene del Paese. "Interlocuzione fruttuosa" Cei-Istituzioni (Izzo)

L'esclusione di Dio dalla società, cuore della crisi che ferisce l'Europa. Così il Papa ai vescovi italiani


Il Papa alla Cei: Anche una terra feconda rischia cosi' di diventare deserto inospitale e il buon seme di venire soffocato, calpestato e perduto

Senza la liturgia non c'è nuova evangelizzazione. Nell'adorazione di Dio il futuro dell'uomo e il cambiamento del mondo (Antonio Cañizares Llovera)


UDIENZA ALL’ASSEMBLEA GENERALE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA (C.E.I.), 24.05.2012

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula del Sinodo, in Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i partecipanti alla 64ma Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) in corso dal 21 al 25 maggio sul tema: Gli adulti nella comunità: maturi nella fede e testimoni di umanità.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai Presuli italiani:


DISCORSO DEL SANTO PADRE



Venerati e cari Fratelli


è un momento di grazia questo vostro annuale convenire in Assemblea, in cui vivete una profonda esperienza di confronto, di condivisione e di discernimento per il comune cammino, animato dallo Spirito del Signore Risorto; è un momento di grazia che manifesta la natura della Chiesa. 
Ringrazio il Cardinale Angelo Bagnasco per le cordiali parole con cui mi ha accolto, facendosi interprete dei vostri sentimenti: a Lei, Eminenza, rivolgo i migliori auguri per la riconferma alla guida della Conferenza Episcopale Italiana. 
L’affetto collegiale che vi anima nutra sempre più la vostra collaborazione a servizio della comunione ecclesiale e del bene comune della Nazione italiana, nell’interlocuzione fruttuosa con le sue istituzioni civili. In questo nuovo quinquennio proseguite insieme il rinnovamento ecclesiale che ci è stato affidato dal Concilio Ecumenico Vaticano II; il 50° anniversario del suo inizio, che celebreremo in autunno, sia motivo per approfondirne i testi, condizione di una recezione dinamica e fedele. 
«Quel che più di tutto interessa il Concilio è che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace», affermava il Beato Giovanni XXIII nel discorso d’apertura.
Egli impegnava i Padri ad approfondire e a presentare tale perenne dottrina in continuità con la tradizione millenaria della Chiesa, «trasmettere pura ed integra la dottrina, senza attenuazioni o travisamenti», ma in modo nuovo, «secondo quanto è richiesto dai nostri tempi». (Discorso di solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962). 
Con tale chiave di lettura e di applicazione, nell’ottica non certo di un’inaccettabile ermeneutica della discontinuità e della rottura, ma di un’ermeneutica della continuità e della riforma, ascoltare il Concilio e farne nostre le autorevoli indicazioni, costituisce la strada per individuare le modalità con cui la Chiesa può offrire una risposta significativa alle grandi trasformazioni sociali e culturali del nostro tempo, che hanno conseguenze visibili anche sulla dimensione religiosa.
La razionalità scientifica e la cultura tecnica, infatti, non soltanto tendono ad uniformare il  mondo, ma spesso travalicano i rispettivi ambiti specifici, nella pretesa di delineare il perimetro  delle certezze di ragione unicamente con il criterio empirico delle proprie conquiste. Così il  potere delle capacità umane finisce per ritenersi la misura dell’agire, svincolato da ogni norma  morale. Proprio in tale contesto non manca di riemergere, a volte in maniera confusa, una  singolare e crescente domanda di spiritualità e di soprannaturale, segno di un’inquietudine che  alberga nel cuore dell’uomo che non si apre all’orizzonte trascendente di Dio. Questa situazione  di secolarismo caratterizza soprattutto le società di antica tradizione cristiana ed erode quel  tessuto culturale che, fino a un recente passato, era un riferimento unificante, capace di  abbracciare l’intera esistenza umana e di scandirne i momenti più significativi, dalla nascita al  passaggio alla vita eterna. Il patrimonio spirituale e morale in cui l’Occidente affonda le sue  radici e che costituisce la sua linfa vitale, oggi non è più compreso nel suo valore profondo, al  punto che più non se ne coglie l’istanza di verità. Anche una terra feconda rischia così di  diventare deserto inospitale e il buon seme di venire soffocato, calpestato e perduto.  Ne è un segno la diminuzione della pratica religiosa, visibile nella partecipazione alla  Liturgia eucaristica e, ancora di più, al Sacramento della Penitenza. Tanti battezzati hanno  smarrito identità e appartenenza: non conoscono i contenuti essenziali della fede o pensano di  poterla coltivare prescindendo dalla mediazione ecclesiale. E mentre molti guardano dubbiosi  alle verità insegnate dalla Chiesa, altri riducono il Regno di Dio ad alcuni grandi valori, che  hanno certamente a che vedere con il Vangelo, ma che non riguardano ancora il nucleo centrale  della fede cristiana. Il Regno di Dio è dono che ci trascende. Come affermava il beato Giovanni  Paolo II, «il regno non è un concetto, una dottrina, un programma soggetto a libera elaborazione,  ma è innanzi tutto una persona che ha il volto e il nome di Gesù di Nazareth, immagine del Dio  invisibile» (Redemptoris missio, 18). 
Purtroppo, è proprio Dio a restare escluso dall’orizzonte  di tante persone; e quando non incontra indifferenza, chiusura o rifiuto, il discorso su Dio lo si  vuole comunque relegato nell’ambito soggettivo, ridotto a un fatto intimo e privato, marginalizzato  dalla coscienza pubblica. Passa da questo abbandono, da questa mancata apertura al  Trascendente, il cuore della crisi che ferisce l’Europa, che è crisi spirituale e morale: l’uomo  pretende di avere un’identità compiuta semplicemente in se stesso.  In questo contesto, come possiamo corrispondere alla responsabilità che ci è stata affidata  dal Signore? Come possiamo seminare con fiducia la Parola di Dio, perché ognuno possa trovare  la verità di se stesso, la propria autenticità e speranza? 
Siamo consapevoli che non bastano nuovi  metodi di annuncio evangelico o di azione pastorale a far sì che la proposta cristiana possa  incontrare maggiore accoglienza e condivisione. Nella preparazione del Vaticano II,  l’interrogativo prevalente e a cui l’Assise conciliare intendeva dare risposta era: «Chiesa, che  dici di te stessa?». Approfondendo tale domanda, i Padri conciliari furono, per così dire,  ricondotti al cuore della risposta: si trattava di ripartire da Dio, celebrato, professato e  testimoniato. Non a caso, infatti, la prima Costituzione approvata fu quella sulla Sacra Liturgia:  il culto divino orienta l’uomo verso la Città futura e restituisce a Dio il suo primato, plasma la  Chiesa, incessantemente convocata dalla Parola, e mostra al mondo la fecondità dell’incontro  con Dio. A nostra volta, mentre dobbiamo coltivare uno sguardo riconoscente per la crescita del  grano buono anche in un terreno che si presenta spesso arido, avvertiamo che la nostra situazione  richiede un rinnovato impulso, che punti a ciò che è essenziale della fede e della vita cristiana.  In un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande Sconosciuto e Gesù semplicemente un  grande personaggio del passato, non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento  della qualità della nostra fede e della nostra preghiera; non saremo in grado di offrire risposte  adeguate senza una nuova accoglienza del dono della Grazia; non sapremo conquistare gli  uomini al Vangelo se non tornando noi stessi per primi a una profonda esperienza di Dio.  Cari Fratelli, il nostro primo, vero e unico compito rimane quello di impegnare la vita per  ciò che vale e permane, per ciò che è realmente affidabile, necessario e ultimo. Gli uomini  vivono di Dio, di Colui che spesso inconsapevolmente o solo a tentoni ricercano per dare pieno  significato all’esistenza: noi abbiamo il compito di annunciarlo, di mostrarlo, di guidare  all’incontro con Lui. Ma è sempre importante ricordarci che la prima condizione per parlare di  Dio è parlare con Dio, diventare sempre più uomini di Dio, nutriti da un’intensa vita di preghiera  e plasmati dalla sua Grazia. Sant’Agostino, dopo un cammino di affannosa, ma sincera ricerca  della Verità era finalmente giunto a trovarla in Dio. Allora si rese conto di un aspetto singolare  che riempì di stupore e di gioia il suo cuore: capì che lungo tutto il suo cammino era la Verità  che lo stava cercando e che l’aveva trovato. Vorrei dire a ciascuno: lasciamoci trovare e afferrare  da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità. E’ dalla  relazione con Lui che nasce la nostra comunione e viene generata la comunità ecclesiale, che  abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi per costituire l’unico Popolo di Dio.  
Per questo ho voluto indire un Anno della Fede, che inizierà l’11 ottobre prossimo, per  riscoprire e riaccogliere questo dono prezioso che è la fede, per conoscere in modo più profondo  le verità che sono la linfa della nostra vita, per condurre l’uomo d’oggi, spesso distratto, ad un  rinnovato incontro con Gesù Cristo «via, verità e vita».  In mezzo a trasformazioni che interessavano ampi strati dell’umanità, il Servo di Dio Paolo  VI indicava chiaramente quale compito della Chiesa quello di «raggiungere e quasi sconvolgere  mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le  linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con  la Parola di Dio e col disegno della salvezza» (Evangelii nuntiandi, 19). 
Vorrei qui ricordare  come, in occasione della prima visita da Pontefice nella sua terra natale, il beato Giovanni Paolo  II visitò un quartiere industriale di Cracovia concepito come una sorta di «città senza Dio». Solo  l’ostinazione degli operai aveva portato a erigervi prima una croce, poi una chiesa. In quei segni,  il Papa riconobbe l’inizio di quella che egli, per la prima volta, definì «nuova evangelizzazione»,  spiegando che «l’evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio  Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei  sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani». E concluse: «Avete costruito  la chiesa; edificate la vostra vita col Vangelo!» (Omelia nel Santuario della Santa Croce,  Mogila, 9 giugno 1979).
Cari Confratelli, la missione antica e nuova che ci sta innanzi è quella di introdurre gli  uomini e le donne del nostro tempo alla relazione con Dio, aiutarli ad aprire la mente e il cuore  a quel Dio che li cerca e vuole farsi loro vicino, guidarli a comprendere che compiere la sua  volontà non è un limite alla libertà, ma è essere veramente liberi, realizzare il vero bene della  vita. Dio è il garante, non il concorrente, della nostra felicità, e dove entra il Vangelo – e quindi  l’amicizia di Cristo – l’uomo sperimenta di essere oggetto di un amore che purifica, riscalda e  rinnova, e rende capaci di amare e di servire l’uomo con amore divino.  Come evidenzia opportunamente il tema principale di questa vostra Assemblea, la nuova  evangelizzazione necessita di adulti che siano «maturi nella fede e testimoni di umanità».  L’attenzione al mondo degli adulti manifesta la vostra consapevolezza del ruolo decisivo di  quanti sono chiamati, nei diversi ambiti di vita, ad assumere una responsabilità educativa nei  confronti delle nuove generazioni. Vegliate e operate perché la comunità cristiana sappia formare  persone adulte nella fede perché hanno incontrato Gesù Cristo, che è diventato il riferimento  fondamentale della loro vita; persone che lo conoscono perché lo amano e lo amano perché  l’hanno conosciuto; persone capaci di offrire ragioni solide e credibili di vita. In questo cammino  formativo è particolarmente importante – a vent’anni dalla sua pubblicazione – il Catechismo  della Chiesa Cattolica, sussidio prezioso per una conoscenza organica e completa dei contenuti  della fede e per guidare all’incontro con Cristo. Anche grazie a questo strumento possa l’assenso  di fede diventare criterio di intelligenza e di azione che coinvolge tutta l’esistenza.
Trovandoci nella novena di Pentecoste, vorrei concludere queste riflessioni con una preghiera allo Spirito Santo:


Spirito di Vita, che in principio aleggiavi sull’abisso,
aiuta l’umanità del nostro tempo a comprendere
che l’esclusione di Dio la porta a smarrirsi nel deserto del mondo,
e che solo dove entra la fede fioriscono la dignità e la libertà
e la società tutta si edifica nella giustizia.
Spirito della Pentecoste, che fai della Chiesa un solo Corpo,
restituisci noi battezzati a un’autentica esperienza di comunione;
rendici segno vivo della presenza del Risorto nel mondo,
comunità di santi che vive nel servizio della carità.
Spirito Santo, che abiliti alla missione,
donaci di riconoscere che, anche nel nostro tempo,
tante persone sono in ricerca della verità sulla loro esistenza e sul mondo.
Rendici collaboratori della loro gioia con l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo,
chicco del frumento di Dio, che rende buono il terreno della vita e assicura l’abbondanza del
raccolto.
Amen.


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mercoledì 23 maggio 2012

Il Papa: L'assenza del padre, il problema di un padre non presente nella vita del bambino è un grande problema del nostro tempo, perciò diventa difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi. Da Gesù stesso, dal suo rapporto filiale con Dio, possiamo imparare che cosa significhi propriamente «padre», quale sia la vera natura del Padre che è nei cieli



Vedi anche:

Il Papa: da quando esiste l’homo sapiens l’uomo cerca di parlare con Dio. Mons. Sanna: grande sintonia della Cei con il Santo Padre sul dramma dell'assenza dei padri (Izzo)

La paternità di Dio si vede nella preghiera. Il Papa all'udienza generale (Scolozzi)

Benedetto XVI, «Per sentirsi davvero figli di Dio bisogna pregare lo Spirito» (Frigerio)


Udienza generale. Il Papa: per Dio non siamo figli anonimi, lo Spirito ci insegna a chiamarlo Padre 

Padre nostro. Nell'udienza di oggi la bellezza e la grandezza di una parola quotidiana (Sir)

Il Papa: nella preghiera impariamo la bellezza di essere figli di Dio (AsiaNews)

Il Papa all'udienza generale: lo Spirito Santo c'insegna a rivolgerci a Dio come suoi figli (R.V.)

Il Papa: più di una volta la figura paterna non è sufficientemente presente e positiva nella vita quotidiana

L’UDIENZA GENERALE,  23.05.2012


L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa, continuando la sua catechesi sulla preghiera nelle Lettere di San Paolo, ha incentrato la sua meditazione sul tema: "Lo Spirito e l’ "abbà" dei credenti (cfr Gal 4,6-7; Rm 8,14-17).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA


Lo Spirito e l’ "abbà" dei credenti (cfr Gal 4,6-7; Rm 8,14-17)
 


Cari fratelli e sorelle,

mercoledì scorso ho mostrato come san Paolo dice che lo Spirito Santo è il grande maestro della preghiera e ci insegna a rivolgerci a Dio con i termini affettuosi dei figli, chiamandolo «Abbà, Padre».
Così ha fatto Gesù; anche nel momento più drammatico della sua vita terrena, Egli non ha mai perso la fiducia nel Padre e lo ha sempre invocato con l’intimità del Figlio amato. Al Getsemani, quando sente l’angoscia della morte, la sua preghiera è: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu» (Mc 14,36).
Sin dai primi passi del suo cammino, la Chiesa ha accolto questa invocazione e l’ha fatta propria, soprattutto nella preghiera del Padre nostro, in cui diciamo quotidianamente: «Padre… sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra» (Mt 6,9-10). Nelle Lettere di san Paolo la ritroviamo due volte. L’Apostolo, lo abbiamo sentito ora, si rivolge ai Galati con queste parole: «E che voi siete figli lo prova che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida in noi: Abbà! Padre!» (Gal 4,6). E al centro di quel canto allo Spirito che è il capitolo ottavo della Lettera ai Romani, san Paolo afferma: «E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: "Abbà! Padre!"» (Rm 8,15).
Il cristianesimo non è una religione della paura, ma della fiducia e dell'amore al Padre che ci ama. Queste due dense affermazioni ci parlano dell’invio e dell’accoglienza dello Spirito Santo, il dono del Risorto, che ci rende figli in Cristo, il Figlio Unigenito, e ci colloca in una relazione filiale con Dio, relazione di profonda fiducia, come quella dei bambini; una relazione filiale analoga a quella di Gesù, anche se diversa è l’origine e diverso è lo spessore: Gesù è il Figlio eterno di Dio che si è fatto carne, noi invece diventiamo figli in Lui, nel tempo, mediante la fede e i Sacramenti del Battesimo e della Cresima; grazie a questi due sacramenti siamo immersi nel Mistero pasquale di Cristo.
Lo Spirito Santo è il dono prezioso e necessario che ci rende figli di Dio, che realizza quella adozione filiale a cui sono chiamati tutti gli esseri umani perché, come precisa la benedizione divina della Lettera agli Efesini, Dio, in Cristo, «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,4).
Forse l’uomo d’oggi non percepisce la bellezza, la grandezza e la consolazione profonda contenute nella parola «padre» con cui possiamo rivolgerci a Dio nella preghiera, perché la figura paterna spesso oggi non è sufficientemente presente, anche spesso non è sufficientemente positiva nella vita quotidiana.
L'assenza del padre, il problema di un padre non presente nella vita del bambino è un grande problema del nostro tempo, perciò diventa difficile capire nella sua profondità che cosa vuol dire che Dio è Padre per noi. Da Gesù stesso, dal suo rapporto filiale con Dio, possiamo imparare che cosa significhi propriamente «padre», quale sia la vera natura del Padre che è nei cieli. 
Critici della religione hanno detto che parlare del «Padre», di Dio, sarebbe una proiezione dei nostri padri al cielo. Ma è vero il contrario: nel Vangelo, Cristo ci mostra chi è padre e come è un vero padre, così che possiamo intuire la vera paternità, imparare anche la vera paternità. Pensiamo alla parola di Gesù nel sermone della montagna dove dice: «amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). È proprio l’amore di Gesù, il Figlio Unigenito - che giunge al dono di se stesso sulla croce - che ci rivela la vera natura del Padre: Egli è l’Amore, e anche noi, nella nostra preghiera di figli, entriamo in questo circuito di amore, amore di Dio che purifica i nostri desideri, i nostri atteggiamenti segnati dalla chiusura, dall’autosufficienza, dall’egoismo tipici dell’uomo vecchio.
Vorrei fermarmi un momento sulla paternità di Dio, perché possiamo lasciarci scaldare il cuore da questa profonda realtà che Gesù ci ha fatto conoscere pienamente e perché ne sia nutrita la nostra preghiera. Potremmo quindi dire che in Dio l’essere Padre ha due dimensioni. Anzitutto, Dio è nostro Padre, perché è nostro Creatore. Ognuno di noi, ogni uomo e ogni donna è un miracolo di Dio, è voluto da Lui ed è conosciuto personalmente da Lui. Quando nel Libro della Genesi si dice che l’essere umano è creato a immagine di Dio (cfr 1,27), si vuole esprimere proprio questa realtà: Dio è il nostro padre, per Lui non siamo esseri anonimi, impersonali, ma abbiamo un nome. E una parola nei Salmi mi tocca sempre quando la prego: «Le tue mani mi hanno plasmato», dice il salmista (Sal 119,73).
Ognuno di noi può dire, in questa bella immagine, la relazione personale con Dio: «Le tue mani mi hanno plasmato. Tu mi hai pensato e creato e voluto». Ma questo non basta ancora. Lo Spirito di Cristo ci apre ad una seconda dimensione della paternità di Dio, oltre la creazione, poiché Gesù è il «Figlio» in senso pieno, «della stessa sostanza del Padre», come professiamo nel Credo. Diventando un essere umano come noi, con l’Incarnazione, la Morte e la Risurrezione, Gesù a sua volta ci accoglie nella sua umanità e nel suo stesso essere Figlio, così anche noi possiamo entrare nella sua specifica appartenenza a Dio. Certo il nostro essere figli di Dio non ha la pienezza di Gesù: noi dobbiamo diventarlo sempre di più, lungo il cammino di tutta la nostra esistenza cristiana, crescendo nella sequela di Cristo, nella comunione con Lui per entrare sempre più intimamente nella relazione di amore con Dio Padre, che sostiene la nostra vita. E’ questa realtà fondamentale che ci viene dischiusa quando ci apriamo allo Spirito Santo ed Egli ci fa rivolgere a Dio dicendogli «Abbà!», Padre! Siamo realmente entrati oltre la creazione nella adozione con Gesù; uniti siamo realmente in Dio e figli in un nuovo modo, in una dimensione nuova.
Ma vorrei adesso ritornare ai due brani di san Paolo che stiamo considerando circa questa azione dello Spirito Santo nella nostra preghiera; anche qui sono due passi che si corrispondono, ma contengono una diversa sfumatura. Nella Lettera ai Galati, infatti, l’Apostolo afferma che lo Spirito grida in noi «Abbà! Padre!»; nella Lettera ai Romani dice che siamo noi a gridare «Abbà! Padre!». E San Paolo vuole farci comprendere che la preghiera cristiana non è mai, non avviene mai in senso unico da noi a Dio, non è solo un «agire nostro», ma è espressione di una relazione reciproca in cui Dio agisce per primo: è lo Spirito Santo che grida in noi, e noi possiamo gridare perché l'impulso viene dallo Spirito Santo. Noi non potremmo pregare se non fosse iscritto nella profondità del nostro cuore il desiderio di Dio, l'essere figli di Dio. Da quando esiste, l'homo sapiens è sempre in ricerca di Dio, cerca di parlare con Dio, perché Dio ha iscritto se stesso nei nostri cuori. Quindi la prima iniziativa viene da Dio, e con il Battesimo, di nuovo Dio agisce in noi, lo Spirito Santo agisce in noi; è il primo iniziatore della preghiera perché possiamo poi realmente parlare con Dio e dire "Abbà" a Dio. Quindi la sua presenza apre la nostra preghiera e la nostra vita, apre agli orizzonti della Trinità e della Chiesa.
Inoltre comprendiamo, questo è il secondo punto, che la preghiera dello Spirito di Cristo in noi e la nostra in Lui, non è solo un atto individuale, ma un atto dell’intera Chiesa. Nel pregare si apre il nostro cuore, entriamo in comunione non solo con Dio, ma proprio con tutti i figli di Dio, perché siamo una cosa sola. Quando ci rivolgiamo al Padre nella nostra stanza interiore, nel silenzio e nel raccoglimento, non siamo mai soli. Chi parla con Dio non è solo. Siamo nella grande preghiera della Chiesa, siamo parte di una grande sinfonia che la comunità cristiana sparsa in ogni parte della terra e in ogni tempo eleva a Dio; certo i musicisti e gli strumenti sono diversi - e questo è un elemento di ricchezza -, ma la melodia di lode è unica e in armonia. Ogni volta, allora, che gridiamo e diciamo: «Abbà! Padre!» è la Chiesa, tutta la comunione degli uomini in preghiera che sostiene la nostra invocazione e la nostra invocazione è invocazione della Chiesa. Questo si riflette anche nella ricchezza dei carismi, dei ministeri, dei compiti, che svolgiamo nella comunità. San Paolo scrive ai cristiani di Corinto: «Ci sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; ci sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; ci sono diverse attività, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti» (1Cor 12,4-6). La preghiera guidata dallo Spirito Santo, che ci fa dire «Abbà! Padre!» con Cristo e in Cristo, ci inserisce nell’unico grande mosaico della famiglia di Dio in cui ognuno ha un posto e un ruolo importante, in profonda unità con il tutto.
Un’ultima annotazione: noi impariamo a gridare «Abba!, Padre!» anche con Maria, la Madre del Figlio di Dio. Il compimento della pienezza del tempo, del quale parla san Paolo nella Lettera ai Galati (cfr 4,4), avviene al momento del «sì» di Maria, della sua adesione piena alla volontà di Dio: «ecco, sono la serva del Signore» (Lc 1,38).
Cari fratelli e sorelle, impariamo a gustare nella nostra preghiera la bellezza di essere amici, anzi figli di Dio, di poterlo invocare con la confidenza e la fiducia che ha un bambino verso i genitori che lo amano. Apriamo la nostra preghiera all’azione dello Spirito Santo perché in noi gridi a Dio «Abbà! Padre!» e perché la nostra preghiera cambi, converta costantemente il nostro pensare, il nostro agire per renderlo sempre più conforme a quello del Figlio Unigenito, Gesù Cristo. Grazie.

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