venerdì 30 novembre 2012

Il Papa ai vescovi francesi: La teologia è una fonte di sapienza, di gioia, di meraviglia che non può essere riservata solo ai seminaristi, ai sacerdoti e alle persone consacrate. Proposta a numerosi giovani e adulti, essa li conforterà nella fede e farà di loro, senza alcun dubbio, apostoli audaci e convincenti. È dunque una prospettiva che potrebbe essere ampiamente proposta agli istituti superiori di teologia, come espressione della dimensione intrinsecamente missionaria della teologia e come servizio della cultura nel suo significato più profondo



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VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DI FRANCIA (3° GRUPPO), 30.11.2012

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra i Presuli della Conferenza Episcopale di Francia (3° gruppo: province ecclesiastiche di Clermont, Lyon, Marseille, Montpellier e Toulouse), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum".

Riportiamo di seguito il testo del discorso che il Papa rivolge ai Vescovi presenti nel corso dell’incontro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE



Signor cardinale, 
cari fratelli nell'episcopato,

Conservo sempre vivo il ricordo del mio viaggio apostolico in Francia in occasione delle celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario delle apparizioni a Lourdes dell'Immacolata Concezione. Siete l'ultimo dei tre gruppi di vescovi di Francia venuti in visita ad limina. La ringrazio, eminenza, per le sue cordiali parole. Rivolgendomi a quanti vi hanno preceduto, ho aperto una sorta di trittico la cui indispensabile predella potrebbe essere il discorso che vi ho rivolto a Lourdes nel 2008. L'esame di questo insieme inscindibile vi sarà certamente utile e guiderà le vostre riflessioni.
Voi siete responsabili di regioni in cui la fede cristiana si è radicata molto presto e ha recato frutti ammirevoli. Regioni legate a nomi illustri che si sono adoperati tanto per il radicamento e la crescita del Regno di Dio in questo mondo: martiri come Potino e Blandina, grandi teologi come Ireneo e Vincenzo di Lérins, maestri della spiritualità cristiana come Bruno, Bernardo, Francesco di Sales e tanti altri. La Chiesa in Francia s'iscrive in una lunga stirpe di santi, dottori, martiri e confessori della fede. Siete gli eredi di una grande esperienza umana e di un'immensa ricchezza spirituale, che, senza alcun dubbio, sono quindi per voi fonte d'ispirazione nella vostra missione di pastori.
Queste origini e questo passato glorioso, sempre presenti nel nostro pensiero e tanto cari al nostro spirito, ci permettono di nutrire una grande speranza, insieme salda e audace, al momento di raccogliere le sfide del terzo millennio e di ascoltare le aspettative degli uomini della nostra epoca, alle quali Dio solo può dare una risposta soddisfacente. La Buona Novella che abbiamo il compito di annunciare agli uomini di tutti i tempi, di tutte le lingue e di tutte le culture, si può riassumere in poche parole: Dio, creatore dell'uomo, in suo figlio Gesù ci fa conoscere il suo amore per l'umanità: «Dio è amore» (cfr. i Gv), Egli vuole la felicità delle sue creature, di tutti i suoi figli. La costituzione pastorale Gaudium et spes (cfr. n. 10) ha affrontato le questioni chiave dell'esistenza umana, sul senso della vita e della morte, del male, della malattia e della sofferenza, così presenti nel nostro mondo. Ha ricordato che, nella sua bontà paterna, Dio ha voluto dare delle risposte a tutti questi interrogativi e che Cristo ha fondato la sua Chiesa affinché tutti gli uomini potessero conoscerle. Perciò uno dei problemi più seri della nostra epoca è quello dell'ignoranza pratica religiosa in cui vivono molti uomini e donne, compresi alcuni fedeli cattolici (cfr. esortazione apostolica Christifideles laici, capitolo v).
Per questo motivo la nuova evangelizzazione, nella quale la Chiesa si è risolutamente impegnata dal concilio Vaticano II e della quale il motu proprio Ubicumque et semper ha delineato le principali modalità, si presenta con un'urgenza particolare, come hanno sottolineato i padri del Sinodo che si è da poco concluso. Essa chiede a tutti i cristiani di rendere ragione della speranza che è in loro (cfr. 1 Pt 3, 15), consapevole che uno degli ostacoli più temibili della nostra missione pastorale è l'ignoranza del contenuto della fede. Si tratta in realtà di una duplice ignoranza: un disconoscimento della persona di Gesù Cristo e un'ignoranza della sublimità dei suoi insegnamenti, del loro valore universale e permanente nella ricerca del senso della vita e della felicità. Questa ignoranza provoca inoltre nelle nuove generazioni l'incapacità di comprendere la storia e di sentirsi eredi di questa tradizione che ha modellato la vita, la società, l'arte e la cultura europee.
Nell'attuale Anno della fede, la Congregazione per la Dottrina della Fede, nella nota del 6 gennaio 2012, ha dato le indicazioni pastorali auspicabili per mobilitare tutte le energie della Chiesa, l'azione dei suoi pastori e dei suoi fedeli, al fine di animare in profondità la società. È lo Spirito Santo che, «con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova» (Lumen gentium, 4). 
Questa nota ricorda che «ogni iniziativa per l'Anno della fede vuole favorire la gioiosa riscoperta e la rinnovata testimonianza della fede. Le indicazioni qui offerte hanno lo scopo di invitare tutti i membri della Chiesa ad impegnarsi perché quest'Anno sia occasione privilegiata per condividere quello che il cristiano ha di più caro: Cristo Gesù, Redentore dell'uomo, Re dell'Universo, “autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2)». Il Sinodo dei vescovi ha proposto di recente a tutti e a ognuno i mezzi per condurre a buon fine questa missione. L'esempio del nostro divino Maestro è sempre il fondamento di tutta la nostra riflessione e della nostra azione. Preghiera e azione, questi sono i mezzi che il nostro Salvatore ci chiede ancora e sempre di utilizzare.
La nuova evangelizzazione sarà efficace se coinvolgerà a fondo le comunità e le parrocchie. I segni di vitalità e l'impegno dei fedeli laici nella società francese sono già una realtà incoraggiante. Molti sono stati in passato gli impegni dei laici; penso a Pauline-Marie Jaricot, della cui morte abbiamo celebrato il centocinquantesimo anniversario, e alla sua opera per la diffusione della fede, così determinante per le missioni cattoliche nel XIX e XX secolo. I laici, con i loro vescovi e i sacerdoti, sono protagonisti nella vita della Chiesa e nella sua missione di evangelizzazione. In diversi suoi documenti (Lumen gentium, Apostolicam actuositatem, tra gli altri), il concilio Vaticano II ha sottolineato la specificità della loro missione: permeare le realtà umane dello spirito del Vangelo. I laici sono il volto del mondo nella Chiesa e allo stesso tempo il volto della Chiesa nel mondo. Conosco il valore e la qualità del multiforme apostolato dei laici, uomini e donne. Unisco la mia voce alla vostra per esprimere loro i miei sentimenti di stima.
La Chiesa in Europa e in Francia non può restare indifferente dinanzi alla diminuzione delle vocazioni e delle ordinazioni sacerdotali, e neppure degli altri tipi di chiamate che Dio suscita nella Chiesa. È urgente mobilitare tutte le energie disponibili, affinché i giovani possano ascoltare la voce del Signore. Dio chiama chi vuole e quando vuole. Tuttavia, le famiglie cristiane e le comunità ferventi restano terreni particolarmente favorevoli. Queste famiglie, queste comunità e questi giovani sono dunque al centro di ogni iniziativa di evangelizzazione, malgrado un contesto culturale e sociale segnato dal relativismo e dall'edonismo.
Essendo i giovani la speranza e il futuro della Chiesa e del mondo, non voglio tralasciare di menzionare l'importanza dell'educazione cattolica. Questa svolge un compito ammirevole, spesso difficile, reso possibile dall'instancabile dedizione dei formatori: sacerdoti, persone consacrate o laici. Al di là del sapere trasmesso, la testimonianza di vita dei formatori deve permettere ai giovani di assimilare i valori umani e cristiani al fine di tendere alla ricerca e all'amore del vero e del bello (cfr. Gaudium et spes, 15). Continuate a incoraggiarli e ad aprire loro nuove prospettive affinché beneficino anche dell'evangelizzazione. Gli istituti cattolici sono chiaramente al primo posto nel grande dialogo tra la fede e la cultura. L'amore per la verità che irradiano è di per sé evangelizzatore. Sono ambiti d'insegnamento e di dialogo, e anche centri di ricerca, che devono essere sempre più sviluppati, più ambiziosi. 
Conosco bene il contributo che la Chiesa in Francia ha apportato alla cultura cristiana. So della vostra attenzione -- e vi incoraggio in tal senso -- a coltivare il rigore accademico e a tessere legami più intensi di comunicazione e di collaborazione con università di altri Paesi, sia perché beneficino degli ambiti in cui eccellete, sia perché impariate da loro, al fine di servire sempre meglio la Chiesa, la società, l'intero uomo. Sottolineo con gratitudine le iniziative prese in alcune vostre diocesi per favorire l'iniziazione teologica di giovani studenti di discipline profane. 
La teologia è una fonte di sapienza, di gioia, di meraviglia che non può essere riservata solo ai seminaristi, ai sacerdoti e alle persone consacrate. Proposta a numerosi giovani e adulti, essa li conforterà nella fede e farà di loro, senza alcun dubbio, apostoli audaci e convincenti. È dunque una prospettiva che potrebbe essere ampiamente proposta agli istituti superiori di teologia, come espressione della dimensione intrinsecamente missionaria della teologia e come servizio della cultura nel suo significato più profondo.
Quanto alle scuole cattoliche che hanno modellato la vita cristiana e culturale del vostro Paese, esse hanno oggi una responsabilità storica. Ambito di trasmissione del sapere e di formazione della persona, di accoglienza incondizionata e di apprendimento della vita in comune, godono spesso di un meritato prestigio. È necessario trovare i percorsi affinché la trasmissione della fede resti al centro del loro progetto educativo. La nuova evangelizzazione passa per queste scuole e per la multiforme opera dell'educazione cattolica che sottende numerose iniziative e movimenti, per la qual cosa la Chiesa è riconoscente. L'educazione ai valori cristiani è la chiave della cultura del vostro Paese. Aprendo alla speranza e alla libertà autentica, essa continuerà ad apportarle dinamismo e creatività. L'ardore conferito alla nuova evangelizzazione sarà il nostro contributo migliore allo sviluppo della società umana e la risposta migliore alle sfide di ogni tipo che tutti devono affrontare in questo inizio del terzo millennio. Cari fratelli nell'episcopato, affido voi, come pure il vostro lavoro pastorale e l'insieme delle comunità che vi sono state affidate, alla sollecitudine materna della Vergine Maria che vi accompagnerà nella vostra missione nel corso degli anni a venire! E come ho affermato prima di lasciare la Francia nel 2008: «Da Roma vi resterò vicino e quando sosterò davanti alla riproduzione della Grotta di Lourdes, che da oltre un secolo si trova nei Giardini Vaticani, penserò a voi. Che Dio vi benedica!».

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Il Papa a Bartolomeo I: La sfida più urgente, sulla quale ci siamo sempre trovati in totale accordo con Vostra Santità, è oggi quella di come far giungere l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio all’uomo del nostro tempo, così spesso distratto, più o meno incapace di una riflessione profonda sul senso stesso della sua esistenza, preso come tale a partire da progetti e da utopie che non possono che deluderlo


IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I, PATRIARCA ECUMENICO, PER LA FESTA DI S. ANDREA, 30.11.2012

Nel quadro del tradizionale scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi apostoli Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea apostolo, il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, guida quest’anno la Delegazione della Santa Sede per la Festa del Patriarcato Ecumenico. Il cardinale Koch è accompagnato dal vescovo Brian Farrell, segretario del Dicastero, e da Monsignor Andrea Palmieri, sottosegretario. Ad Istanbul, si è unito alla delegazione il nunzio apostolico in Turchia, l’arcivescovo Antonio Lucibello. La Delegazione della Santa Sede ha preso parte alla solenne Divina Liturgia presieduta da Sua Santità Bartolomeo I nella chiesa patriarcale del Fanar, ed ha avuto un incontro con il Patriarca e conversazioni con la Commissione sinodale incaricata delle relazioni con la Chiesa cattolica. Il cardinale Koch ha consegnato al Patriarca Ecumenico un messaggio autografo del Santo Padre, di cui ha dato pubblica lettura alla conclusione della Divina Liturgia, accompagnato da un dono. Il cardinale ha inoltre incontrato i rappresentanti della comunità cattolica locale e si è intrattenuto in una conversazione con il Comitato ecumenico del Vicariato apostolico della Chiesa cattolica d’Istanbul.
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al Patriarca Ecumenico:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE


A Sua Santità Bartolomeo I 
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca Ecumenico

«Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori» (Ef 3, 17)

Animato da sentimenti di gioia profonda e di vicinanza fraterna, vorrei oggi fare mio questo auspicio, che san Paolo rivolge alla comunità cristiana di Efeso, per formularlo a lei, Santità, ai membri del Santo Sinodo, al clero e a tutti i fedeli, riuniti in questo giorno di festa per celebrare la grande solennità di sant’Andrea. Seguendo l’esempio dell’Apostolo, anche io, in quanto vostro fratello nella fede, «piego le ginocchia davanti al Padre» (Ef 3, 14), per chiedere che vi conceda «di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito» (Ef 3, 16) e di «conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3, 19).
Lo scambio di Delegazioni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, che si rinnova ogni anno in occasione delle rispettive feste patronali di sant’Andrea al Fanar e dei santi Pietro e Paolo a Roma, testimonia in modo concreto il legame di vicinanza fraterna che ci unisce. È una comunione profonda e reale, sebbene ancora imperfetta, che si fonda non su ragioni umane di cortesia e di convenienza, ma sulla fede comune nel Signore Gesù Cristo, il cui Vangelo di salvezza ci è pervenuto grazie alla predicazione e alla testimonianza degli apostoli, suggellato dal sangue del martirio. Potendo contare su questo solido fondamento, possiamo procedere insieme con fiducia nel cammino che conduce verso il ripristino della piena comunione. In questo cammino, grazie anche al sostegno assiduo e attivo di Vostra Santità, abbiamo compiuto tanti progressi, per i quali le sono molto riconoscente. Anche se la strada da percorrere può sembrare ancora lunga e difficile, la nostra intenzione di proseguire in questa direzione resta immutata, confortati dalla preghiera che nostro Signore Gesù Cristo ha rivolto al Padre: «siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda» (Gv 17, 21).
Santità, in questo momento desidero rinnovarle l’espressione della mia viva riconoscenza per le parole pronunciate al termine della celebrazione per il cinquantesimo anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II e per l’apertura dell’Anno della fede, che si è tenuta a Roma a ottobre, parole mediante le quali lei ha saputo farsi interprete dei sentimenti di tutti i presenti. Conservo vivi ricordi della sua visita a Roma in quella circostanza, durante la quale abbiamo avuto l’opportunità di rinnovare i vincoli della nostra sincera e autentica amicizia. Questa amicizia sincera che è nata tra di noi, con una grande visione comune delle responsabilità alle quali siamo chiamati come cristiani e come pastori del gregge che Dio ci ha affidato, è motivo di grande speranza affinché si sviluppi una collaborazione sempre più intensa, nel compito urgente di rendere, con rinnovato vigore, testimonianza del messaggio evangelico al mondo contemporaneo. Ringrazio inoltre di tutto cuore lei, Santità, e il Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico per aver voluto inviare un delegato fraterno affinché partecipasse all’Assemblea ordinaria generale del Sinodo de vescovi sul tema: «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana».
La sfida più urgente, sulla quale ci siamo sempre trovati in totale accordo con Vostra Santità, è oggi quella di come far giungere l’annuncio dell’amore misericordioso di Dio all’uomo del nostro tempo, così spesso distratto, più o meno incapace di una riflessione profonda sul senso stesso della sua esistenza, preso come tale a partire da progetti e da utopie che non possono che deluderlo.
La Chiesa non ha altro messaggio oltre al «Vangelo di Dio» (Rm 1, 1) e non ha altro metodo oltre all’annuncio apostolico, sostenuto e garantito dalla testimonianza di santità della vita dei pastori e del popolo di Dio. Il Signore Gesù ci ha detto che «la messe è molta» (Lc 10, 2), e non possiamo accettare che vada perduta a causa delle nostre debolezze e delle nostre divisioni.
Santità, nella Divina liturgia odierna che avete celebrato in onore di sant’Andrea, patrono del Patriarcato ecumenico, avete pregato «per la pace nel mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l’unione di tutti». Con tutti i fratelli e le sorelle cattolici, mi unisco alla vostra preghiera. La piena comunione alla quale aspiriamo, è un dono che viene da Dio. A Lui, «che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che già opera in noi» (Ef 3, 20), rivolgiamo con fiducia la nostra supplica, per intercessione di sant’Andrea e di san Pietro, suo fratello.
Con questi sentimenti di sincero affetto in Cristo Signore, rinnovo i miei cordiali auguri e scambio con lei, Santità, un abbraccio fraterno.
Dal Vaticano, 23 novembre 2012


BENEDICTUS PP.  XVI

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(Traduzione Osservatore Romano)


mercoledì 28 novembre 2012

Il Papa: Parlare di Dio, quindi, vuol dire far comprendere con la parola e con la vita che Dio non è il concorrente della nostra esistenza, ma piuttosto ne è il vero garante, il garante della grandezza della persona umana. Così ritorniamo all’inizio: parlare di Dio è comunicare, con forza e semplicità, con la parola e con la vita, ciò che è essenziale: il Dio di Gesù Cristo, quel Dio che ci ha mostrato un amore così grande da incarnarsi, morire e risorgere per noi

CICLO DI CATECHESI IN OCCASIONE DELL'ANNO DELLA FEDE

ANNO DELLA FEDE (11 OTTOBRE 2012 - 24 NOVEMBRE 2013): LO SPECIALE DEL BLOG 

DISCORSI, MESSAGGI ED OMELIE DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELL'ANNO DELLA FEDE


UDIENZA GENERALE: VIDEO INTEGRALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE


Vedi anche:












Lotta all'Aids. Il Papa: le terapie ci sono, ma sono negate ai bambini dei Paesi poveri (Radio Vaticana)

Il Papa: tutti i malati di Aids possano avere i farmaci efficaci, che ci sono (AsiaNews)

Il Papa: le terapie impediscono il contagio AIDS ai neonati (Tg1)

Il Papa: Parlare di Dio vuol dire anzitutto avere ben chiaro ciò che dobbiamo portare agli uomini e alle donne del nostro tempo: il Dio di Gesù Cristo (Sir)


 

L’UDIENZA GENERALE,  28.11.2012

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana il Papa ha continuato il ciclo di catechesi dedicato all’Anno della fede.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi ha rivolto un appello per richiamare l’attenzione sul flagello dell’AIDS, in prossimità della Giornata Mondiale contro l’AIDS che ricorre il 1° dicembre.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA 

L'Anno della fede. Come parlare di Dio?

Cari fratelli e sorelle, 



La domanda centrale che oggi ci poniamo è la seguente: come parlare di Dio nel nostro tempo? Come comunicare il Vangelo, per aprire strade alla sua verità salvifica nei cuori spesso chiusi dei nostri contemporanei e nelle loro menti talvolta distratte dai tanti bagliori della società? Gesù stesso, ci dicono gli Evangelisti, nell’annunciare il Regno di Dio si è interrogato su questo: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?» (Mc 4,30). 
Come parlare di Dio oggi? La prima risposta è che noi possiamo parlare di Dio, perché Egli ha parlato con noi. La prima condizione del parlare di Dio è quindi l’ascolto di quanto ha detto Dio stesso. Dio ha parlato con noi! Dio non è quindi una ipotesi lontana sull’origine del mondo; non è una intelligenza matematica molto lontana da noi. Dio si interessa a noi, ci ama, è entrato personalmente nella realtà della nostra storia, si è autocomunicato fino ad incarnarsi. Quindi, Dio è una realtà della nostra vita, è così grande che ha anche tempo per noi, si occupa di noi. In Gesù di Nazaret noi incontriamo il volto di Dio, che è sceso dal suo Cielo per immergersi nel mondo degli uomini, nel nostro mondo, ed insegnare l’«arte di vivere», la strada della felicità; per liberarci dal peccato e renderci figli di Dio (cfrEf 1,5; Rm 8,14). Gesù è venuto per salvarci e mostrarci la vita buona del Vangelo.
Parlare di Dio vuol dire anzitutto avere ben chiaro ciò che dobbiamo portare agli uomini e alle donne del nostro tempo: non un Dio astratto, una ipotesi, ma un Dio concreto, un Dio che esiste, che è entrato nella storia ed è presente nella storia; il Dio di Gesù Cristo come risposta alla domanda fondamentale del perché e del come vivere. Per questo, parlare di Dio richiede una familiarità con Gesù e il suo Vangelo, suppone una nostra personale e reale conoscenza di Dio e una forte passione per il suo progetto di salvezza, senza cedere alla tentazione del successo, ma seguendo il metodo di Dio stesso. Il metodo di Dio è quello dell’umiltà – Dio si fa uno di noi – è il metodo realizzato nell’Incarnazione nella semplice casa di Nazaret e nella grotta di Betlemme, quello della parabola del granellino di senape. Occorre non temere l’umiltà dei piccoli passi e confidare nel lievito che penetra nella pasta e lentamente la fa crescere (cfr Mt 13,33). Nel parlare di Dio, nell’opera di evangelizzazione, sotto la guida dello Spirito Santo, è necessario un recupero di semplicità, un ritornare all’essenziale dell’annuncio: la Buona Notizia di un Dio che è reale e concreto, un Dio che si interessa di noi, un Dio-Amore che si fa vicino a noi in Gesù Cristo fino alla Croce e che nella Risurrezione ci dona la speranza e ci apre ad una vita che non ha fine, la vita eterna, la vita vera. Quell’eccezionale comunicatore che fu l’apostolo Paolo ci offre una lezione che va proprio al centro della fede del problema “come parlare di Dio” con grande semplicità. Nella Prima Lettera ai Corinzi scrive: «Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso» (2,1-2). Quindi la prima realtà è che Paolo non parla di una filosofia che lui ha sviluppato, non parla di idee che ha trovato altrove o inventato, ma parla di una realtà della sua vita, parla del Dio che è entrato nella sua vita, parla di un Dio reale che vive, ha parlato con lui e parlerà con noi, parla del Cristo crocifisso e risorto. La seconda realtà è che Paolo non cerca se stesso, non vuole crearsi una squadra di ammiratori, non vuole entrare nella storia come capo di una scuola di grandi conoscenze, non cerca se stesso, ma San Paolo annuncia Cristo e vuole guadagnare le persone per il Dio vero e reale. Paolo parla solo con il desiderio di voler predicare quello che è entrato nella sua vita e che è la vera vita, che lo ha conquistato sulla via di Damasco. Quindi, parlare di Dio vuol dire dare spazio a Colui che ce lo fa conoscere, che ci rivela il suo volto di amore; vuol dire espropriare il proprio io offrendolo a Cristo, nella consapevolezza che non siamo noi a poter guadagnare gli altri a Dio, ma dobbiamo attenderli da Dio stesso, invocarli da Lui. Il parlare di Dio nasce quindi dall’ascolto, dalla nostra conoscenza di Dio che si realizza nella familiarità con Lui, nella vita della preghiera e secondo i Comandamenti.
Comunicare la fede, per san Paolo, non significa portare se stesso, ma dire apertamente e pubblicamente quello che ha visto e sentito nell’incontro con Cristo, quanto ha sperimentato nella sua esistenza ormai trasformata da quell’incontro: è portare quel Gesù che sente presente in sé ed è diventato il vero orientamento della sua vita, per far capire a tutti che Egli è necessario per il mondo ed è decisivo per la libertà di ogni uomo. 
L’Apostolo non si accontenta di proclamare delle parole, ma coinvolge tutta la propria esistenza nella grande opera della fede. Per parlare di Dio, bisogna fargli spazio, nella fiducia che è Lui che agisce nella nostra debolezza: fargli spazio senza paura, con semplicità e gioia, nella convinzione profonda che quanto più mettiamo al centro Lui e non noi, tanto più la nostra comunicazione sarà fruttuosa. E questo vale anche per le comunità cristiane: esse sono chiamate a mostrare l’azione trasformante della grazia di Dio, superando individualismi, chiusure, egoismi, indifferenza e vivendo nei rapporti quotidiani l’amore di Dio. Domandiamoci se sono veramente così le nostre comunità. Dobbiamo metterci in moto per divenire sempre e realmente così, annunciatori di Cristo e non di noi stessi.
A questo punto dobbiamo domandarci come comunicava Gesù stesso. Gesù nella sua unicità parla del suo Padre - Abbà - e del Regno di Dio, con lo sguardo pieno di compassione per i disagi e le difficoltà dell’esistenza umana. Parla con grande realismo e, direi, l’essenziale dell’annuncio di Gesù è che rende trasparente il mondo e la nostra vita vale per Dio. Gesù mostra che nel mondo e nella creazione traspare il volto di Dio e ci mostra come nelle storie quotidiane della nostra vita Dio è presente. Sia nelle parabole della natura, il grano di senapa, il campo con diversi semi, o nella vita nostra, pensiamo alla parabola del figlio prodigo, di Lazzaro e ad altre parabole di Gesù. Dai Vangeli noi vediamo come Gesù si interessa di ogni situazione umana che incontra, si immerge nella realtà degli uomini e delle donne del suo tempo, con una fiducia piena nell’aiuto del Padre. E che realmente in questa storia, nascostamente, Dio è presente e se siamo attenti possiamo incontrarlo. E i discepoli, che vivono con Gesù, le folle che lo incontrano, vedono la sua reazione ai problemi più disparati, vedono come parla, come si comporta; vedono in Lui l’azione dello Spirito Santo, l’azione di Dio. In Lui annuncio e vita si intrecciano: Gesù agisce e insegna, partendo sempre da un intimo rapporto con Dio Padre. Questo stile diventa un’indicazione essenziale per noi cristiani: il nostro modo di vivere nella fede e nella carità diventa un parlare di Dio nell’oggi, perché mostra con un’esistenza vissuta in Cristo la credibilità, il realismo di quello che diciamo con le parole, che non sono solo parole, ma mostrano la realtà, la vera realtà. 
E in questo dobbiamo essere attenti a cogliere i segni dei tempi nella nostra epoca, ad individuare cioè le potenzialità, i desideri, gli ostacoli che si incontrano nella cultura attuale, in particolare il desiderio di autenticità, l’anelito alla trascendenza, la sensibilità per la salvaguardia del creato, e comunicare senza timore la risposta che offre la fede in Dio. L’Anno della fede è occasione per scoprire, con la fantasia animata dallo Spirito Santo, nuovi percorsi a livello personale e comunitario, affinché in ogni luogo la forza del Vangelo sia sapienza di vita e orientamento dell’esistenza.
Anche nel nostro tempo, un luogo privilegiato per parlare di Dio è la famiglia, la prima scuola per comunicare la fede alle nuove generazioni. Il Concilio Vaticano II parla dei genitori come dei primi messaggeri di Dio (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 11; Decr. Apostolicam actuositatem, 11), chiamati a riscoprire questa loro missione, assumendosi la responsabilità nell’educare, nell’aprire le coscienze dei piccoli all’amore di Dio come un servizio fondamentale alla loro vita, nell’essere i primi catechisti e maestri della fede per i loro figli. E in questo compito è importante anzitutto la vigilanza, che significa saper cogliere le occasioni favorevoli per introdurre in famiglia il discorso di fede e per far maturare una riflessione critica rispetto ai numerosi condizionamenti a cui sono sottoposti i figli. Questa attenzione dei genitori è anche sensibilità nel recepire le possibili domande religiose presenti nell’animo dei figli, a volte evidenti, a volte nascoste. 
Poi, la gioia: la comunicazione della fede deve sempre avere una tonalità di gioia. E’ la gioia pasquale, che non tace o nasconde le realtà del dolore, della sofferenza, della fatica, della difficoltà, dell’incomprensione e della stessa morte, ma sa offrire i criteri per interpretare tutto nella prospettiva della speranza cristiana. La vita buona del Vangelo è proprio questo sguardo nuovo, questa capacità di vedere con gli occhi stessi di Dio ogni situazione. È importante aiutare tutti i membri della famiglia a comprendere che la fede non è un peso, ma una fonte di gioia profonda, è percepire l’azione di Dio, riconoscere la presenza del bene, che non fa rumore; ed offre orientamenti preziosi per vivere bene la propria esistenza. Infine, la capacità di ascolto e di dialogo: la famiglia deve essere un ambiente in cui si impara a stare insieme, a ricomporre i contrasti nel dialogo reciproco, che è fatto di ascolto e di parola, a comprendersi e ad amarsi, per essere un segno, l’uno per l’altro, dell’amore misericordioso di Dio.
Parlare di Dio, quindi, vuol dire far comprendere con la parola e con la vita che Dio non è il concorrente della nostra esistenza, ma piuttosto ne è il vero garante, il garante della grandezza della persona umana. Così ritorniamo all’inizio: parlare di Dio è comunicare, con forza e semplicità, con la parola e con la vita, ciò che è essenziale: il Dio di Gesù Cristo, quel Dio che ci ha mostrato un amore così grande da incarnarsi, morire e risorgere per noi; quel Dio che chiede di seguirlo e lasciarsi trasformare dal suo immenso amore per rinnovare la nostra vita e le nostre relazioni; quel Dio che ci ha donato la Chiesa, per camminare insieme e, attraverso la Parola e i Sacramenti, rinnovare l’intera Città degli uomini, affinché possa diventare Città di Dio.


APPELLO

Il prossimo 1° dicembre ricorre la Giornata Mondiale contro l’AIDS, iniziativa delle Nazioni Unite per richiamare l’attenzione su una malattia che ha causato milioni di morti e tragiche sofferenze umane, accentuate nelle regioni più povere del mondo, che con grande difficoltà possono accedere a farmaci efficaci. In particolare, il mio pensiero va al grande numero di bambini che ogni anno contraggono il virus dalle proprie madri, nonostante vi siano terapie per impedirlo. Incoraggio le numerose iniziative che, nell’ambito della missione ecclesiale, sono promosse per debellare questo flagello.

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i sacerdoti, religiosi e seminaristi della Diocesi di Macerata - grazie! - accompagnati dal Vescovo, Mons. Claudio Giuliodori e i Frati Minori della Provincia Siciliana: la visita alle Tombe degli Apostoli sia occasione per un nuovo slancio di fede nelle iniziative pastorali. Sono lieto di accogliere i membri della Corte dei Conti della Repubblica Italiana, nel 150° anniversario di fondazione, e auguro a questa Istituzione un proficuo servizio per il bene comune. Saluto inoltre la delegazione di Cervia per la tradizionale consegna del sale e gli appartenenti all’Associazione Civicrazia.

Rivolgo infine un affettuoso pensiero ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il tempo di Avvento che sta per iniziare sia di stimolo per voi, cari giovani, a riscoprire l’importanza della fede in Cristo; aiuti voi, cari ammalati, ad affrontare le vostre sofferenze con lo sguardo rivolto al Bambino Gesù; accresca in voi, cari sposi novelli, il senso della presenza di Dio nella vostra nuova famiglia.


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lunedì 26 novembre 2012

Il Papa ai nuovi cardinali: Il vostro ministero si arricchisce di un nuovo impegno nel sostenere il Successore di Pietro, nel suo universale servizio alla Chiesa. Pertanto, mentre rinnovo a ciascuno di voi il mio augurio più cordiale, confido nel sostegno della vostra preghiera e nel vostro prezioso aiuto



CONCISTORI PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI: LO SPECIALE DEL BLOG

UDIENZA AI NUOVI CARDINALI: VIDEO INTEGRALE


Vedi anche:

Nigeria, attentati. Il card. Onaiyekan: atti contrari ai principi fondamentali dell'umanità (Radio Vaticana)

Nel regno dell’amore che serve. Benedetto XVI celebra la messa con i nuovi cardinali (O.R.)

Il Papa: i cardinali hanno il dovere di sostenere il Successore di Pietro. Pace in Medio Oriente possibile nel rispetto di tutti (Izzo)


Dal Papa un appello pressante alla pace in Medio Oriente

Il Papa: i cardinali a fianco del Vicario di Cristo nell'amore alla Chiesa

Il Papa: I cardinali hanno il dovere di sostenere successore di Pietro (Tg1)

Il Papa ai nuovi cardinali: la Chiesa impegnata per la pace nel Medio Oriente e nel mondo (Radio Vaticana)



UDIENZA AI NUOVI CARDINALI, CON I FAMILIARI E I FEDELI CONVENUTI PER IL CONCISTORO, 26.11.2012

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Em.mi Cardinali creati sabato 24 novembre, accompagnati dai familiari e dai fedeli delle loro diocesi convenuti a Roma per il Concistoro, e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE 


Signori Cardinali,

Cari Fratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato,
Cari amici!

Con animo grato al Signore, vogliamo oggi prolungare i sentimenti e le emozioni, che abbiamo vissuto ieri e l'altro ieri, in occasione della creazione di 6 nuovi Cardinali. Sono stati momenti di intensa preghiera e di profonda comunione, vissuti nella consapevolezza di un evento che riguarda la Chiesa universale, chiamata ad essere segno di speranza per tutti i popoli. Sono pertanto lieto di accogliervi anche quest'oggi, in quest'incontro semplice e familiare e di rivolgere il mio cordiale saluto ai neo-Porporati, come pure ai loro parenti, amici e a quanti li accompagnano in questa circostanza così solenne e importante.

I extend a cordial greeting to the English-speaking Prelates whom I had the joy of raising to the dignity of Cardinal in last Saturday's Consistory: Cardinal James Michael Harvey, Archpriest of the Papal Basilica of Saint Paul's Outside the Walls; Cardinal Baselios Cleemis Thottunkal, Major Archbishop of Trivandrum of the Syro-Malankaras (India); Cardinal John Olorunfemi Onaiyekan, Archbishop of Abuja (Nigeria); and Cardinal Luis Antonio Tagle, Archbishop of Manila (Philippines).

I also welcome their family members and friends, and all the faithful who accompany them here today.
The College of Cardinals, whose origin is linked to the ancient clergy of the Roman Church, is charged with electing the Successor of Peter and advising him in matters of greater importance. Whether in the offices of the Roman Curia or in their ministry in the local Churches throughout the world, the Cardinals are called to share in a special way in the Pope's solicitude for the universal Church. The vivid colour of their robes has traditionally been seen as a sign of their commitment to defending Christ's flock even to the shedding of their blood. As the new Cardinals assume the burden of office, I am confident that they will be supported by your prayers and assistance as they strive with the Roman Pontiff to promote throughout the world the holiness, communion and peace of the Church.

[Porgo un cordiale saluto ai prelati anglofoni che ho avuto la gioia di elevare alla dignità di Cardinali nel Concistoro di sabato scorso: il Cardinale James Michael Harvey, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura; il Cardinale Baselios Cleemis Thottunkal, Arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankaresi (India); il Cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, Arcivescovo di Abuja (Nigeria); e il Cardinale Luis Antonio Tagle, Arcivescovo di Manila (Filippine).
Do anche il benvenuto ai loro familiari e ai loro amici, e a tutti i fedeli che li accompagnano oggi qui.
Il Collegio dei Cardinali, la cui origine è legata all'antico clero della Chiesa di Roma, ha il compito di eleggere il Successore di Pietro e di consigliarlo nelle questioni di maggiore importanza. Sia negli uffici della Curia Romana sia nel loro ministero nelle Chiese locali in tutto il mondo, i Cardinali sono chiamati a condividere in modo particolare la sollecitudine del Papa per la Chiesa universale. Il vivido colore delle loro vesti è stato tradizionalmente visto come un segno del loro impegno nel difendere il gregge di Cristo, fino allo spargimento del sangue. Mentre i nuovi Cardinali assumono l'onere dell'ufficio, confido che saranno sostenuti dalle vostre preghiere e dal vostro aiuto quando, con il Romano Pontefice, si sforzeranno di promuovere in tutto il mondo la santità, la comunione e la pace della Chiesa.].

Je salue cordialement les pèlerins francophones, et surtout les Libanais, dans l'heureux souvenir de ma toute récente Visite apostolique dans leur pays, motivée avant tout par la signature de l'Exhortation apostolique post-synodale Ecclesia in Medio Oriente. Par le cardinalat du patriarche Boutros Raï, je désire encourager particulièrement la vie et la présence des chrétiens au Moyen-Orient où ils doivent pouvoir vivre librement leur foi, et lancer une nouvelle fois un appel pressant à la paix dans la Région. L'Église encourage tout effort en vue de la paix dans le monde et au Moyen-Orient, paix qui ne sera effective que si elle se base sur un authentique respect de l'autre. Puisse le temps de l'Avent qui est à notre porte, nous faire redécouvrir la grandeur du Christ, vrai homme et vrai Dieu, venu dans le monde pour sauver tous les hommes et apporter la paix et la réconciliation! Bon pèlerinage à tous!

[Saluto cordialmente i pellegrini francofoni, e soprattutto i libanesi, nel lieto ricordo della mia recente visita apostolica nel loro Paese, motivata in primo luogo dalla firma dell'Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Medio Oriente. Attraverso il cardinalato del Patriarca Boutros Raï, desidero incoraggiare in modo particolare la vita e la presenza dei cristiani in Medio Oriente, dove devono poter vivere liberamente la propria fede e lanciare ancora una volta un pressante appello alla pace nella Regione. La Chiesa incoraggia ogni sforzo in vista della pace nel mondo e in Medio Oriente, pace che sarà effettiva solo se si baserà su un autentico rispetto dell'altro. Possa il tempo dell'Avvento che è alle porte farci riscoprire la grandezza di Cristo, vero uomo e vero Dio, venuto nel mondo per salvare tutti gli uomini e per portare la pace e la riconciliazione! Buon pellegrinaggio a tutti!].

Saludo con vivo afecto al cardenal Rubén Salazar Gómez, arzobispo metropolitano de Bogotá y presidente de la Conferencia Episcopal de Colombia, y a los familiares, obispos, sacerdotes, religiosos y laicos que le acompañan y participan de su gozo íntimo y espiritual al ser incorporado al Colegio Cardenalicio. Invito a todos a elevar fervientes oraciones por el nuevo purpurado, para que esté cada vez más unido al Sucesor de Pedro y colabore infatigablemente con la Sede Apostólica. Pidamos a Dios igualmente que le asista con sus dones, para que siga siendo testigo de la verdad del Evangelio de la salvación, exponiendo con rectitud y fidelidad su contenido y llevando a todos la fuerza redentora de Cristo. Que María Santísima, que en aquellas nobles tierras se invoca bajo el dulce Nombre de Nuestra Señora del Rosario de Chiquinquirá, le sostenga siempre con su amor de Madre, así como a todos los queridos hijos e hijas de Colombia, a quienes tengo muy presentes en mi corazón y plegaria, para que avancen en paz y concordia por los caminos de la justicia, la reconciliación y la solidaridad.

[Saluto con vivo affetto il Cardinale Rubén Salazar Gómez, Arcivescovo metropolita di Bogotá e Presidente della Conferenza episcopale di Colombia, e i familiari, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici che lo accompagnano e partecipano alla sua gioia intima e spirituale nell'essere incorporato nel Collegio Cardinalizio. Invito tutti a levare ferventi preghiere per il nuovo porporato, affinché sia sempre più unito al Successore di Pietro e collabori instancabilmente con la Sede Apostolica. Chiediamo altresì a Dio che lo assista con i suoi doni, affinché continui a essere testimone della verità del Vangelo della salvezza, esponendo con rettitudine e fedeltà il suo contenuto e portando a tutti la forza redentrice di Cristo. Che Maria Santissima, che in quella nobile terra viene invocata con il dolce nome di Nuestra Señora del Rosario de Chiquinquirá, lo sostenga sempre con il suo amore di Madre, e sostenga tutti gli amati figli e figlie della Colombia, che ho molto presenti nel mio cuore e nella mia preghiera, cosicché avanzino in pace e concordia lungo le vie della giustizia, della riconciliazione e della solidarietà.].

Cari e venerati Fratelli che siete entrati a far parte del Collegio cardinalizio! Il vostro ministero si arricchisce di un nuovo impegno nel sostenere il Successore di Pietro, nel suo universale servizio alla Chiesa. Pertanto, mentre rinnovo a ciascuno di voi il mio augurio più cordiale, confido nel sostegno della vostra preghiera e nel vostro prezioso aiuto. Proseguite fiduciosi e forti nella vostra missione spirituale e apostolica, mantenendo fisso lo sguardo su Cristo e rafforzando il vostro amore per la sua Chiesa. Questo amore lo possiamo imparare anche dai Santi, che sono la realizzazione più compiuta della Chiesa: essi l'hanno amata e, lasciandosi plasmare da Cristo, hanno speso totalmente la loro vita perché tutti gli uomini siano illuminati dalla luce di Cristo che splende sul volto della Chiesa (Conc. Ecum. Vat. ii, Cost. dogm. Lumen gentium, 1). Invoco su di voi e sui presenti la materna protezione della Vergine Maria, Madre della Chiesa, e di cuore imparto a voi e a tutti i presenti una speciale Benedizione Apostolica.

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domenica 25 novembre 2012

Il Papa: Tutta la missione di Gesù e il contenuto del suo messaggio consistono nell’annunciare il Regno di Dio e attuarlo in mezzo agli uomini con segni e prodigi



ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 25.11.2012

Al termine della Concelebrazione eucaristica con i nuovi Cardinali creati nel Concistoro di ieri, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale. 
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS


Cari fratelli e sorelle!

Oggi la Chiesa celebra Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo.
Questa solennità è posta al termine dell’anno liturgico e riassume il mistero di Gesù «primogenito dei morti e dominatore di tutti i potenti della terra» (Orazione Colletta Anno B), allargando il nostro sguardo verso la piena realizzazione del Regno di Dio, quando Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28).
San Cirillo di Gerusalemme afferma: «Noi annunciamo non solo la prima venuta di Cristo, ma anche una seconda molto più bella della prima. La prima, infatti, fu una manifestazione di patimento, la seconda porta il diadema della regalità divina; … nella prima fu sottoposto all’umiliazione della croce, nella seconda è attorniato e glorificato da una schiera di angeli» (Catechesis XV,1 Illuminandorum, De secundo Christi adventu: PG 33, 869 A). Tutta la missione di Gesù e il contenuto del suo messaggio consistono nell’annunciare il Regno di Dio e attuarlo in mezzo agli uomini con segni e prodigi. «Ma – come ricorda il Concilio Vaticano II – innanzitutto il Regno si manifesta nella stessa persona di Cristo» (Cost. dogm. Lumen gentium, 5), che lo ha instaurato mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione, con cui si è manifestato quale Signore e Messia e Sacerdote in eterno.
Questo Regno di Cristo è stato affidato alla Chiesa, che ne è «germe» ed «inizio» e ha il compito di annunciarlo e diffonderlo tra tutte le genti, con la forza dello Spirito Santo (cfr ibid.). Al termine del tempo stabilito, il Signore consegnerà a Dio Padre il Regno e gli presenterà tutti coloro che hanno vissuto secondo il comandamento dell’amore.
Cari amici, tutti noi siamo chiamati a prolungare l’opera salvifica di Dio convertendoci al Vangelo, ponendoci con decisione al seguito di quel Re che non è venuto per essere servito ma per servire e per dare testimonianza alla verità (cfr Mc 10,45; Gv 18,37).
In questa prospettiva invito tutti a pregare per i sei nuovi Cardinali che ieri ho creato, affinché lo Spirito Santo li rafforzi nella fede e nella carità e li ricolmi dei suoi doni, così che vivano la loro nuova responsabilità come un’ulteriore dedizione a Cristo e al suo Regno. Questi nuovi membri del Collegio Cardinalizio ben rappresentano la dimensione universale della Chiesa: sono Pastori di Chiese nel Libano, in India, in Nigeria, in Colombia, nelle Filippine, e uno di essi è da lungo tempo al servizio della Santa Sede.
Invochiamo la protezione di Maria Santissima su ciascuno di essi e sui fedeli affidati al loro servizio. La Vergine ci aiuti tutti a vivere il tempo presente in attesa del ritorno del Signore, chiedendo con forza a Dio: «Venga il tuo Regno», e compiendo quelle opere di luce che ci avvicinano sempre più al Cielo, consapevoli che, nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore.

DOPO L’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Ieri, a Macas, in Eucador, è stata proclamata Beata Maria Troncatti, Suora delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nata in Val Camonica. Infermiera durante la prima Guerra Mondiale, partì poi per l’Ecuador, dove si spese interamente al servizio delle popolazioni della selva, nell’evangelizzazione e nella promozione umana. Rendiamo grazie a Dio per questa sua generosa testimone!

Sabato prossimo, 1° dicembre, avrà luogo il pellegrinaggio degli universitari di Roma alla Tomba di San Pietro, in occasione dell’Anno della fede. Per loro presiederò la celebrazione dei Primi Vespri della Prima Domenica di Avvento.

Je salue cordialement les pèlerins francophones, particulièrement les Libanais venus nombreux accompagner leur nouveau Cardinal. Nous célébrons aujourd’hui la Solennité du Christ Roi de l’univers. Sa royauté ne réside pas dans le pouvoir, l’honneur, la richesse, mais dans la faiblesse et l’anéantissement de la croix par amour pour nous sauver. Laissons le Christ convertir nos cœurs et nos mentalités, pour reconnaître que la véritable grandeur de l’homme et sa plénitude sont uniquement dans l’être avec Dieu, et dans l’amour reçu et donné. Puisse sa bénédiction descendre sur toute l’humanité et la conduire vers la paix ! Bonne fête à tous !

I offer a warm welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors gathered for this Angelus prayer, especially those who have accompanied the new Cardinals created in yesterday’s Consistory. Today, on the Solemnity of Christ the King, the Church invites us to contemplate the Lordship of the Risen Saviour and to pray for the coming of his Kingdom. May Christ’s peace always reign in your hearts!

Mit Freude heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Der heutige Christkönigssonntag bildet den Abschluß des Kirchenjahres. Wir schauen auf Christus, dessen Königtum nicht irdische Macht oder Herrschaft bedeutet; es besteht darin, für die Wahrheit Zeugnis abzulegen und sein Leben hinzugeben für die Rettung der Welt. Beten wir heute auch für die neuen Kardinäle, die dem Nachfolger des heiligen Petrus in seinem Dienst für die ganze Kirche in besonderer Weise zur Seite stehen. Der Herr lasse sie stets auf seine Stimme hören und mache sie zu Zeugen für seine Wahrheit und Liebe. Der Heilige Geist führe und leite uns alle auf allen unseren Wegen.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias de Granada, Málaga, Torremolinos y Baza, así como a los Obispos, sacerdotes, religiosos y laicos de Colombia, que han venido acompañando al Arzobispo de Bogotá, que ha sido agregado al Colegio cardenalicio. Por intercesión de la Virgen María, Madre de la Iglesia, y de la nueva beata Maria Troncatti, que ayer en Ecuador fue elevada a la gloria de los altares, pidamos a Jesucristo, Rey del Universo, que ilumine y fortalezca con su gracia al nuevo Purpurado, y que a todos nosotros nos aumente la fe y nos conceda perseverar en su amor hasta el final de nuestra vida. Que Dios os bendiga.

Witam serdecznie Polaków, uczestników dzisiejszej Mszy świętej ku czci Chrystusa Króla i modlitwy Anioł Pański. Módlmy się za nowych kardynałów. Prośmy, by Kościół był królestwem prawdy, sprawiedliwości, miłości i pokoju. Niech Chrystus króluje w naszych sercach i nam wszystkim błogosławi.

[Saluto cordialmente i Polacchi partecipanti alla santa Messa di oggi in onore di Cristo Re e alla preghiera dell’Angelus. Preghiamo per i nuovi Cardinali. Chiediamo che la Chiesa cresca come regno di verità, di giustizia, di amore e di pace. Che Cristo regni nei nostri cuori e ci benedica tutti.]

E, infine, rivolgo un saluto molto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo della Polizia Municipale di Agropoli e ai ragazzi dell’Unità di Pastorale Giovanile «San Filippo Neri» della Diocesi di Milano. Saluto i fedeli di Genzano di Lucania, accompagnati dall’Arcivescovo di Acerenza, come pure quelli di Tivoli Terme. A tutti auguro una buona domenica, una buona settimana. Buona festa. Auguri!

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Il Papa: A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate

CONCISTORI PER LA CREAZIONE DI NUOVI CARDINALI: LO SPECIALE DEL BLOG

SANTA MESSA: VIDEO INTEGRALE


Il testo del saluto del card. James Michael Harvey al Santo Padre

Vedi anche:

Il Papa: i nuovi cardinali testimoniano l'universalità della Chiesa. Siamo chiamati a prolungare l'opera salvifica di Dio (Izzo)


La fragilità e il potere. Questa mattina la Messa del Papa con i nuovi cardinali nella solennità di Cristo Re (Sir)

Il Papa: “Chiamati a prolungare l’opera salvifica di Dio”


Il Papa: far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze


Il Papa ricorda "Madrecita", la salesiana degli Indios beatificata ieri. Poi annuncia: sabato pregherò con gli universitari in San Pietro (Izzo)

La Chiesa può salvare l'Africa? (Gagliarducci)

Santa Messa del Papa con i nuovi cardinali: il servizio di Lucio Brunelli

Il Papa ai nuovi cardinali: fate emergere la volontà di Dio di fronte agli interessi del mondo (Ambrogetti)

Il Papa ai cardinali: non lasciarsi affascinare dalla logica del potere. Gesù non volle essere difeso con le armi (Izzo)

Papa Ratzinger ai cardinali: “Non lasciatevi affascinare dal potere”

E il cardinale Tagle scoppiò in lacrime (Marchese Ragona)

Il Papa all'Angelus: nelle tormentate vicende della storia, Dio continua a costruire il suo Regno di amore (Radio Vaticana)


Il Papa ai nuovi cardinali: Testimoniare il regno di Dio di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze (AsiaNews)

Benedetto XVI: Gesù non vuole essere difeso con le armi

Il neocardinale filippino Luis Antonio Tagle: portare al mondo l'ottimismo che viene dalla fede in Dio 

Solennità di Cristo Re. Il Papa: il potere di Gesù è quello della verità e dell’amore e non sarà mai distrutto (Radio Vaticana)



SANTA MESSA CON I NUOVI CARDINALI NELLA SOLENNITÀ DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO , 25.11.2012

Alle ore 9.30 di oggi, Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica Vaticana la concelebrazione eucaristica con i 6 nuovi Cardinali creati nel Concistoro di ieri.
All’inizio della Santa Messa l’Em.mo Card. James Michael Harvey, Arciprete della Basilica Papale di San Paolo fuori le mura, primo tra i nuovi Cardinali, rivolge al Papa un indirizzo di saluto e gratitudine, a nome di tutti i Porporati.

OMELIA DEL SANTO PADRE



Signori Cardinali, 
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio, 
cari fratelli e sorelle!

La solennità odierna di Cristo Re dell’universo, coronamento dell’anno liturgico, si arricchisce dell’accoglienza nel Collegio Cardinalizio di sei nuovi Membri che, secondo la tradizione, ho invitato questa mattina a concelebrare con me l’Eucaristia. A ciascuno di essi rivolgo il mio più cordiale saluto, ringraziando il Cardinale James Michael Harvey per le cortesi parole rivoltemi a nome di tutti. Saluto gli altri Porporati e tutti i Presuli presenti, come pure le distinte Autorità, i Signori Ambasciatori, i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli, specialmente quelli provenienti dalle Diocesi affidate alla guida pastorale dei nuovi Cardinali.
In quest’ultima domenica dell’anno liturgico la Chiesa ci invita a celebrare il Signore Gesù quale Re dell’universo. 
Ci chiama a rivolgere lo sguardo al futuro, o meglio in profondità, verso la meta ultima della storia, che sarà il regno definitivo ed eterno di Cristo. Egli era all’inizio con il Padre quando è stato creato il mondo, e manifesterà pienamente la sua signoria alla fine dei tempi, quando giudicherà tutti gli uomini. Le tre Letture di oggi ci parlano di questo regno. Nel brano evangelico che abbiamo ascoltato, tratto dal racconto di San Giovanni, Gesù si trova in una situazione umiliante - quella di accusato -, davanti al potere romano. E’ stato arrestato, insultato, schernito, e ora i suoi nemici sperano di ottenerne la condanna al supplizio della croce. L’hanno presentato a Pilato come uno che aspira al potere politico, come il sedicente re dei Giudei. Il procuratore romano compie la sua indagine e interroga Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?» (Gv 18,33). Rispondendo a questa domanda, Gesù chiarisce la natura del suo regno e della sua stessa messianicità, che non è potere mondano, ma amore che serve; Egli afferma che il suo regno non va assolutamente confuso con un qualsiasi regno politico: «Il mio regno non è di questo mondo … non è di quaggiù» (v. 36).
E’ chiaro che Gesù non ha nessuna ambizione politica. Dopo la moltiplicazione dei pani, la gente, entusiasmata dal miracolo, lo voleva prendere per farlo re, per rovesciare il potere romano e stabilire così un nuovo regno politico, che sarebbe stato considerato come il regno di Dio tanto atteso. Ma Gesù sa che il regno di Dio è di tutt’altro genere, non si basa sulle armi e sulla violenza. 
Ed è proprio la moltiplicazione dei pani che diventa, da un lato, segno della sua messianicità, ma, dall’altro, uno spartiacque nella sua attività: da quel momento il cammino verso la Croce si fa sempre più chiaro; lì, nel supremo atto di amore, risplenderà il regno promesso, il regno di Dio. Ma la folla non comprende, è delusa, e Gesù si ritira sul monte da solo a pregare (cfr Gv 6,1-15). A parlare col Padre. Nel racconto della Passione vediamo come anche i discepoli, pur avendo condiviso la vita con Gesù e ascoltato le sue parole, pensavano ad un regno politico, instaurato anche con l’aiuto della forza. Nel Getsemani, Pietro aveva sfoderato la sua spada e iniziato a combattere, ma Gesù lo aveva fermato (cfr Gv 18,10-11). Egli non vuole essere difeso con le armi, ma vuole compiere la volontà del Padre fino in fondo e stabilire il suo regno non con le armi e la violenza, ma con l’apparente debolezza dell’amore che dona la vita. Il regno di Dio è un regno completamente diverso da quelli terreni.
Ed è per questo che davanti ad un uomo indifeso, fragile, umiliato, come è Gesù, un uomo di potere come Pilato rimane sorpreso; sorpreso perché sente parlare di un regno, di servitori. E pone una domanda che gli sarà sembrata paradossale: «Dunque tu sei re?». Che tipo di re può essere un uomo in quelle condizioni? Ma Gesù risponde in modo affermativo: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce» (18,37). Gesù parla di re, di regno, ma il riferimento non è al dominio, bensì alla verità. Pilato non comprende: ci può essere un potere che non si ottiene con mezzi umani? Un potere che non risponda alla logica del dominio e della forza? Gesù è venuto per rivelare e portare una nuova regalità, quella di Dio; è venuto per rendere testimonianza alla verità di un Dio che è amore (cfr 1 Gv 4,8.16) e che vuole stabilire un regno di giustizia, di amore e di pace (cfr Prefazio). Chi è aperto all’amore, ascolta questa testimonianza e l’accoglie con fede, per entrare nel regno di Dio
Questa prospettiva la ritroviamo nella prima Lettura che abbiamo ascoltato. Il profeta Daniele predice il potere di un misterioso personaggio collocato tra cielo e terra: «Ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d’uomo; giunse fino al vegliardo e fu presentato a lui. Gli furono dati potere, gloria e regno: tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto» (7,13-14). Sono parole che prospettano un re che domina da mare a mare fino ai confini della terra, con un potere assoluto che non sarà mai distrutto. Questa visione del Profeta, una visione messianica, viene illuminata e trova la sua realizzazione in Cristo: il potere del vero Messia, potere che non tramonta mai e che non sarà mai distrutto, non è quello dei regni della terra che sorgono e cadono, ma è quello della verità e dell’amore. Con ciò comprendiamo come la regalità annunciata da Gesù nelle parabole e rivelata in modo aperto ed esplicito davanti al Procuratore romano, è la regalità della verità, l’unica che dà a tutte le cose la loro luce e la loro grandezza. Nella seconda Lettura l’autore dell’Apocalisse afferma che anche noi partecipiamo alla regalità di Cristo. Nell’acclamazione rivolta a «Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue» dichiara che Cristo «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (1,5-6).
Anche qui è chiaro che si tratta di un regno fondato sulla relazione con Dio, con la verità, e non di un regno politico. Con il suo sacrificio, Gesù ci ha aperto la strada per un rapporto profondo con Dio: in Lui siamo diventati veri figli adottivi, siamo resi così partecipi della sua regalità sul mondo. 
Essere discepoli di Gesù significa, allora, non lasciarsi affascinare dalla logica mondana del potere, ma portare nel mondo la luce della verità e dell’amore di Dio. L’autore dell’Apocalisse allarga poi lo sguardo alla seconda venuta di Gesù per giudicare gli uomini e stabilire per sempre il regno divino, e ci ricorda che la conversione, come risposta alla grazia divina, è la condizione per l’instaurazione di questo regno (cfr 1,7). 
E’ un forte invito rivolto a tutti e a ciascuno: convertirsi sempre di nuovo al regno di Dio, alla signoria di Dio, della Verità, nella nostra vita. Lo invochiamo quotidianamente nella preghiera del “Padre nostro” con le parole “Venga il tuo regno”, che è dire a Gesù: Signore facci essere tuoi, vivi in noi, raccogli l’umanità dispersa e sofferente, perché in Te tutto sia sottomesso al Padre della misericordia e dell’amore.
A voi, cari e venerati Fratelli Cardinali – penso in particolare a quelli creati ieri – viene affidata questa impegnativa responsabilità: dare testimonianza al regno di Dio, alla verità. Ciò significa far emergere sempre la priorità di Dio e della sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Fatevi imitatori di Gesù, il quale, davanti a Pilato, nella situazione umiliante descritta dal Vangelo, ha manifestato la sua gloria: quella di amare sino all’estremo, donando la propria vita per le persone amate. 
Questa è la rivelazione del regno di Gesù. E per questo, con un cuore solo ed un’anima sola, preghiamo: «Adveniat regnum tuum». Amen.

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