lunedì 18 ottobre 2010

Giuseppe Verdi, che, in una famosa lettera all’editore Ricordi, si definiva "un po’ ateo", scrive la Messa da Requiem, che ci appare come un grande appello all’Eterno Padre, nel tentativo di superare il grido della disperazione davanti alla morte, per ritrovare l’anelito di vita

CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI OFFERTO DAL MAESTRO ENOCH ZU GUTTENBERG, 16.10.2010

Alle ore 18 di oggi, nell’Aula Paolo VI, ha luogo un Concerto in onore del Santo Padre Benedetto XVI e alla presenza dei Padri Sinodali dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi, offerto dal Direttore d’Orchestra e compositore Enoch zu Guttenberg.
La Messa da Requiem di Giuseppe Verdi (1813-1901), diretta dal Maestro Enoch zu Guttenberg, è eseguita dal Coro di Neubeuern, dall’Orchestra "KlangVerwaltung" e da alcuni solisti.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge agli artisti e ai presenti al termine dell’esecuzione musicale:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli,
illustri Signori e Signore!


Al termine di un ascolto così intenso, l’animo vorrebbe sostare in raccoglimento, ma al tempo stesso sente il bisogno di manifestare la riconoscenza.

Sehr herzlich danke ich Maestro Enoch zu Guttenberg für seine freundlichen Worte und für die Darbietung dieses Konzertes, das er mir gemeinsam mit dem wunderbaren Orchester „Die KlangVerwaltung", mit der Chorgemeinschaft Neubeuern und mit der Familie der Freiherren von und zu Guttenberg zum Geschenk gemacht hat. Ihnen, dem Dirigenten dieser Aufführung, wie auch den Solisten und jedem einzelnen Mitglied des Orchesters und des Chors gilt meine Anerkennung. Vielen Dank!

Sono lieto di salutare i Signori Cardinali, i Presuli, specialmente i Padri sinodali, le distinte Autorità, e tutti voi - tra i quali i poveri assistiti dalla Caritas diocesana di Roma - che avete potuto godere di questa eccellente esecuzione della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi.
Egli la compose nel 1873, per la morte di Alessandro Manzoni, che ammirava e quasi venerava. In una lettera si chiede: "Cosa potrei dirvi di Manzoni? Come spiegarvi la sensazione dolcissima, indefinibile, nuova, prodotta in me alla presenza di quel Santo, come voi lo chiamate?". Nella mente del grande Compositore, quest’opera doveva essere il culmine e il momento finale della sua produzione musicale; non era solo l’omaggio al grande scrittore, ma anche la risposta ad un’esigenza artistica, interiore e spirituale, che il confronto con la statura umana e cristiana del Manzoni aveva in lui suscitato.

Giuseppe Verdi ha speso l’esistenza a scrutare il cuore dell’uomo; nelle sue opere ha messo in luce il dramma della condizione umana: con la musica, le storie rappresentate, i vari personaggi.

Il suo teatro è popolato di infelici, di perseguitati, di vittime. In tante pagine della Messa da Requiem riecheggia questa visione tragica dei destini umani: qui tocchiamo la realtà ineluttabile della morte e la questione fondamentale del mondo trascendente, e Verdi, libero dagli elementi della scena, rappresenta, con le sole parole della Liturgia cattolica e con la musica, la gamma dei sentimenti umani davanti al termine della vita: l’angoscia dell’uomo nel confronto con la propria fragile natura, il senso di ribellione davanti alla morte, lo sgomento alle soglie dell’eternità. Questa musica invita a riflettere sulle realtà ultime, con tutti gli stati d’animo del cuore umano, in una serie di contrasti di forme, toni, coloriti, in cui si alternano momenti drammatici a momenti melodici, segnati da speranza.

Giuseppe Verdi, che, in una famosa lettera all’editore Ricordi, si definiva "un po’ ateo", scrive questa Messa, che ci appare come un grande appello all’Eterno Padre, nel tentativo di superare il grido della disperazione davanti alla morte, per ritrovare l’anelito di vita che diventa silenziosa e accorata preghiera: "Libera me, Domine". Il Requiem verdiano si apre, infatti, con una frase in la minore, che sembra quasi scendere verso il silenzio – poche battute dei violoncelli, pianissimo, con sordina – e si conclude con la sommessa invocazione al Signore "Libera me". Questa cattedrale musicale si rivela come descrizione del dramma spirituale dell’uomo al cospetto di Dio Onnipotente, dell’uomo che non può eludere l’eterno interrogativo sulla propria esistenza.

Dopo la Messa da Requiem, Verdi vivrà una sorta di seconda "stagione compositiva", che si concluderà nuovamente con musica religiosa, i Pezzi Sacri: un segno della sua inquietudine spirituale, un segno che l’anelito verso Dio è iscritto nel cuore dell’essere umano, perché la nostra speranza riposa nel Signore. "Qui Mariam absolvisti, et latronem exaudisti, mihi quoque spem dedisti", abbiamo ascoltato: "Tu che perdonasti Maria (Maddalena) ed esaudisti il buon ladrone, anche a me hai dato speranza". Il grande affresco musicale di stasera rinnova in noi la certezza delle parole di sant’Agostino: "Inquietum est cor nostrum, donec requiescat in te - Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te" (Confessioni, I, 1).

Liebe Freunde, ein weiteres Mal dürfen wir dem Herrn Dank sagen, daß er uns diesen Augenblick wahrer Schönheit gewährt hat, die unseren Geist zu erheben vermag. Zugleich danken wir all jenen, die sich zu Instrumenten der göttlichen Vorsehung gemacht haben! Herzlichen Dank Ihnen, Herr Professor zu Guttenberg, vielen Dank Ihnen, den Solisten und allen Mitgliedern des Orchesters und des Chors, sowie auch allen, die auf verschiedene Weise zum Gelingen dieses schönen Abends beigetragen haben. Ein herzliches Vergelt’s Gott Ihnen allen. Grazie e buona serata!

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

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