DISCORSO DEL SANTO PADRE AGLI AMBASCIATORI IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE COLLETTIVA DELLE LETTERE CREDENZIALI, 16.12.2010
Al termine dello scambio delle Lettere Credenziali con ciascun Ambasciatore, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto questa mattina agli Ecc.mi nuovi Ambasciatori presso la Santa Sede il discorso che pubblichiamo di seguito:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Signora e Signori Ambasciatori,
È per me una gioia ricevervi questa mattina nel Palazzo Apostolico per la presentazione delle Lettere che vi accreditano come Ambasciatori straordinari e plenipotenziari dei vostri rispettivi Paesi presso la Santa Sede: il Nepal, lo Zambia, il Principato di Andorra, la Repubblica delle Seychelles e il Mali. Mi avete appena rivolto cordiali parole da parte dei vostri rispettivi Capi di Stato e vi ringrazio per questo. Vi sarei grato se in cambio poteste trasmettere loro i miei deferenti saluti e i miei voti rispettosi per la loro persona e per l'alta missione che svolgono al servizio del loro Paese e del loro popolo. Attraverso di voi desidero salutare anche tutte le autorità civili e religiose delle vostre nazioni, come pure tutti i vostri concittadini. Le mie preghiere e i miei pensieri vanno naturalmente anche alle comunità cattoliche presenti nei vostri Paesi. Vivendo il Vangelo, si preoccupano di testimoniare uno spirito di collaborazione fraterna.
Vorrei, Eccellenze, parlarvi della fratellanza umana. Si è fatto appello a essa in modo accorato durante tutto l'anno per assistere Haiti, martoriata prima da un terremoto e poi dal colera. Altre tragedie, purtroppo, hanno colpito altri Paesi nel corso dell'anno. I vostri Paesi, la comunità internazionale e il mondo associativo hanno risposto a richieste d'aiuto particolarmente urgenti, aiuto che naturalmente sarebbe bene proseguire e intensificare. Da parte sua, e attraverso le sue diverse istituzioni, la Chiesa dà un contributo multiforme che prolungherà nel tempo.
Il bell'ideale della fratellanza, che si ritrova nel motto nazionale di molti Paesi, ha trovato una risonanza minore nello sviluppo del pensiero filosofico rispetto ad altri ideali quali la libertà, l'uguaglianza, il progresso o l'unità. Si tratta di un principio che in gran parte è rimasto lettera morta nelle società politiche moderne e contemporanee, soprattutto a causa dell'influenza esercitata dalle ideologie individualistiche e collettivistiche (cfr. Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 390). La fratellanza ha, come sapete, un significato particolare per i cristiani a causa del disegno di amore fraterno di Dio, di fratellanza quindi, rivelato da Cristo. D'altronde, nella mia ultima Enciclica Caritas in veritate, ho abbondantemente affrontato questo tema indispensabile per una coabitazione umana armoniosa.
Per vivere degnamente, ogni essere umano ha bisogno di rispetto; ha anche bisogno che gli sia resa giustizia e che i suoi diritti vengano riconosciuti in modo concreto. Tuttavia, ciò non basta per condurre una vita pienamente umana: di fatto, la persona ha bisogno anche di fratellanza. Ciò è vero non solo nelle relazioni di prossimità, ma anche su scala planetaria. Ora, se il processo di globalizzazione in atto avvicina gli esseri umani gli uni agli altri, non ne fa per questo dei fratelli. Si tratta qui di una problematica più ampia, poiché, come osservava il mio predecessore Papa Paolo vi, il sottosviluppo ha come causa profonda la mancanza di fraternità (cfr. Populorum progressio, n. 66).
La ragione umana è in grado di riconoscere l'uguaglianza di tutti gli uomini e la necessità di limitare le disparità eccessive tra loro, ma si dimostra incapace di istituire la fratellanza. Questa è un dono soprannaturale. Da parte sua, la Chiesa vede la realizzazione della fratellanza umana in terra come una vocazione contenuta nel disegno creatore di Dio, del quale vuole diventare, sempre più fedelmente, operaia sul piano sia universale sia locale, così come lo è nei Paesi che voi rappresentate presso la Santa Sede.
Se la Chiesa, svolgendo la missione specificamente spirituale che Cristo le ha affidato, suscita tra i suoi discepoli una vicinanza particolare, ella nondimeno desidera dare il suo contributo, sincero e forte, alla formazione di una comunità più fraterna tra tutti gli esseri umani. È per questo che impedisce a sé stessa d'agire come una lobby, preoccupata solo dei propri interessi, ma opera, sotto lo sguardo di Colui che è il Creatore di tutti gli uomini, volendo onorare la dignità di tutti. Si sforza quindi di porre l'amore e la pace alla base dei molteplici legami umani che uniscono le persone le une alle altre, come ha voluto Dio nella sua sapienza creatrice.
Nella vita quotidiana, la fratellanza trova un'espressione concreta nella gratuità e nel rispetto. Questi sono chiamati a manifestarsi in tutti gli ambiti dell'attività umana, compresa quella economica. L'identità profonda dell'uomo, il suo essere in relazione, si esprime anche nella sua attività economica, che è uno dei campi di maggiore cooperazione tra gli uomini. Attraverso la mia ultima Enciclica ho voluto mettere in evidenza il fatto che l'economia è un luogo in cui anche il dono è possibile e perfino necessario (cfr. Caritas in veritate, n. 34-39)
Ogni forma di dono è, in definitiva, un segno della presenza di Dio, poiché conduce alla scoperta fondamentale che in origine tutto è donato. Una tale presa di coscienza non rende le conquiste dell'uomo meno belle, ma le libera dalla prima di tutte le schiavitù, quella di volersi creare da soli. Al contrario, riconoscendo ciò che gli viene donato, l'uomo può aprirsi all'azione della grazia e comprendere che è chiamato a svilupparsi, non contro o accanto agli altri, ma con e in comunione con loro.
Nondimeno, se la fratellanza vissuta tra gli uomini può trovare un'eco positiva sul piano della «efficacia sociale», non bisogna dimenticare che essa non costituisce un mezzo, ma che è un fine in se stessa (cfr. Caritas in veritate, n. 20). La Chiesa crede in Cristo che ci rivela che Dio è amore (cfr. Gv 4, 8). È inoltre convinta che, a tutti coloro che credono nella carità divina, Dio dà la certezza che «la strada della carità è aperta a tutti gli uomini e che gli sforzi intesi a realizzare la fraternità universale non sono vani» (Gaudium et spes, n. 38).
Come diplomatici, senza alcun dubbio vi interessate in modo particolare ai differenti aspetti della vita politico-sociale che ho appena trattato. Durante la vostra missione presso la Sede Apostolica avrete la possibilità, Eccellenze, di scoprire più direttamente le azioni e le preoccupazioni della Chiesa in tutti i continenti. Troverete presso i miei collaboratori una cortese attenzione. Su di voi, sulle vostre famiglie, sui membri delle vostre Missioni diplomatiche e su tutte le nazioni che rappresentate invoco l'abbondanza delle Benedizioni divine.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
LE LETTERE CREDENZIALI DEGLI AMBASCIATORI DI: NEPAL, ZAMBIA, ANDORRA, SEYCHELLES, MALI, 16.12.2010
Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI ha ricevuto in Udienza, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, le Loro Eccellenze i Signori Ambasciatori di: Nepal, Zambia, Andorra, Seychelles e Mali.
Di seguito pubblichiamo i discorsi consegnati dal Papa agli Ambasciatori degli Stati sopra elencati, nonché i cenni biografici essenziali di ciascuno:
DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL NEPAL PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIG. SURESH PRASAD PRADHAN
Signor Ambasciatore,
nell'accoglierla in Vaticano e nell'accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Federale Democratica del Nepal presso la Santa Sede, desidero esprimere la mia soddisfazione per le relazioni cordiali che continuiamo a intrattenere. Le sono grato per avermi trasmesso il saluto cortese del suo Presidente, il signor Ram Baran Yadav, e a mia volta le chiedo cortesemente di trasmettere i miei buoni auspici a lui e a tutto il popolo della Repubblica Federale Democratica. Gli ultimi anni hanno assistito a molti cambiamenti nella vostra nazione in quanto i responsabili del Nepal hanno cercato di tracciare una nuova rotta politica a beneficio del popolo di questa nazione. A questo proposito, fra i compiti più importanti c'è la stesura di una nuova Costituzione. Assicurare le garanzie legali dei diritti civili e politici nonché di quelli di natura economica, sociale e culturale, è di certo una delle imprese più difficili e delicate nella vita politica di ogni nazione. Per questo motivo, la Santa Sede spera che, una volta superate le attuali difficoltà, l'Assemblea Costituente riuscirà a completare la sua opera e a contribuire in questo modo a garantire un futuro stabile, armonioso e prospero.
La Santa Sede è lieta di osservare le espressioni di impegno verso gli ideali democratici e le norme contenuti negli accordi ad interim attualmente in vigore nel suo Paese. Questi includono il desiderio di promuovere una democrazia multipartitica competitiva, libertà civili e diritti umani fondamentali, concessione del diritto di voto agli adulti, elezioni periodiche, libertà di stampa, potere giudiziario indipendente e Stato di diritto. Si sa che bisogna ancora fare molto per consolidare queste buone intenzioni, ma l'espressione pubblica di questo impegno da parte dei responsabili del Nepal promette già bene.
Come sa, Eccellenza, i cristiani nel suo Paese sono più di un milione, ma i cattolici sono molto pochi. Ciononostante, la Chiesa cattolica attraverso le sue istituzioni, ha cercato di rendere un contributo significativo al benessere di tutti i cittadini. L'agenzia caritativa della Chiesa Caritas gestisce vari progetti nelle aree più povere e si prende cura dei rifugiati.
Spinta dall'amore di Gesù Cristo (cfr. 2 Cor 5, 14-15), la Chiesa è sempre pronta e desiderosa di fare tutto quanto può per aiutare i bisognosi, indipendentemente dalla loro razza, dal loro colore o credo.
Sebbene la Chiesa cattolica possa far risalire i suoi primi contatti con il Nepal ai secoli diciassettesimo e diciottesimo, negli scorsi settanta anni è stata particolarmente attiva al servizio delle persone attraverso i suoi ospedali, le organizzazioni assistenziali e le scuole. Sono lieto di osservare la libertà con cui queste istituzioni operano e il rispetto in cui vengono tenute. È auspicabile che il suo Governo continui a sostenere la presenza della Chiesa nella sanità e nell'educazione e a garantire che i diritti umani in generale e la libertà religiosa in particolare vengano debitamente rispettati.
In contrasto con la lunga tradizione di tolleranza del popolo nepalese, in anni recenti si sono verificati alcuni deplorevoli casi di violenza contro la vita di cattolici nonché danni alle proprietà della Chiesa. Desidero esprimere la speranza che prevalga uno spirito di tolleranza e che la cooperazione per il bene generale e la riconciliazione attraverso il dialogo venga rafforzata e continui a caratterizzare le relazioni fraterne fra cattolici nepalesi e loro concittadini di altre religioni.
Infine, signor Ambasciatore, confido nel fatto che le relazioni cordiali già esistenti fra la Santa Sede e il Nepal facciano molto per promuovere questa fraternità, tale rispetto e tale dialogo. Offrendo i miei buoni auspici per l'inizio della sua missione di Ambasciatore presso la Santa Sede, la assicuro della disponibilità della Curia Romana ad assisterla nel suo alto ufficio. Su di lei e su tutto il popolo del Nepal invoco abbondanti benedizioni divine.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI ZAMBIA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR ROYSON MABUKU MUKWENA
Eccellenza,
sono lieto di accoglierla in Vaticano e di accettare le Lettere che la accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica dello Zambia presso la Santa Sede. La ringrazio per i saluti che mi ha trasmesso da parte del Presidente Rupiah Bwezani Banda e volentieri li ricambio con i miei buoni auspici e l'assicurazione delle mie preghiere per Sua Eccellenza e per tutto l'amato popolo dello Zambia.
La Santa Sede considera le proprie relazioni diplomatiche con il suo Paese come uno strumento importante per raggiungere una cooperazione reciproca per il bene materiale, morale e spirituale di tutti gli zambiani. Infatti, con la cooperazione di uomini e di donne di buona volontà in Africa, la Chiesa opera per la promozione di un equilibrio sociale, legale e morale fra i membri della famiglia umana. Grazie alle sue varie opere caritative, di sviluppo e sociali promuove un esercizio equilibrato dei diritti e dei doveri degli individui e della società nel suo insieme. La Chiesa cerca di attrarre l'attenzione sulla necessità di giustizia, solidarietà e armonia, sempre con una sollecitudine particolare per i membri più poveri e deboli della società. La Chiesa è dunque orgogliosa dell'esempio di donne e di uomini cristiani che rendono onore al proprio Paese e alle sue istituzioni ricercando in modo altruistico il bene comune e insegnando agli altri a fare lo stesso, al di là degli interessi locali, regionali o etnici.
È fonte di particolare soddisfazione il fatto che le leggi dello Zambia continuino a rispettare e difendere la dignità di ogni vita umana fin dal concepimento. Influenze potenti, molte delle quali esterne all'Africa, cercano di porre limiti al diritto alla vita, considerandolo come ostacolo alla libertà di altri. Tuttavia, da parte sua, la Chiesa afferma che il diritto alla vita degli innocenti è inviolabile e deve avere la precedenza su tutti gli altri presunti diritti. Nel fare questo richiama l'attenzione su un principio morale oggettivo, radicato nella legge naturale, il cui contenuto è accessibile alla ragione umana e non dipende da scelte politiche o dal consenso sociale (cfr. Discorso ai Rappresentanti della Società Britannica, Londra, 17 settembre 2010). È molto auspicabile, signor Ambasciatore, che lo Zambia continui a promuovere il debito rispetto per i diritti di ogni essere umano senza eccezioni, in armonia con il dovere di tutelare la vita dal concepimento fino alla morte naturale alla maniera di un Paese autenticamente cristiano.
Per quanto riguarda la questione dello sviluppo economico, nel suo Paese, appaiono ora segni incoraggianti di miglioramento, in particolare nel settore agricolo. Con la crescita economica, sono divenuti disponibili fondi per importanti progetti agricoli, in particolare in relazione all'estensione di adeguate condizioni sanitarie. La nazione sta compiendo progressi significativi in quest'area, come dimostrato dai più bassi tassi di mortalità infantile e materna e da altre aree relative alla sanità. Per il progresso culturale, sociale ed economico del suo Paese sono indispensabili anche miglioramenti nelle infrastrutture, nella disponibilità di abitazioni adeguate, nella lotta alla corruzione e nell'estensione di opportunità educative. Nello stesso modo, bisogna prestare sempre la dovuta attenzione alle necessità dei meno fortunati. È auspicabile incoraggiare una struttura economica diversificata nonché l'aumento del numero di piccole imprese perché «accanto ai macroprogetti servono i microprogetti e, soprattutto, serve la mobilitazione fattiva di tutti i soggetti della società civile» (cfr. Caritas in veritate, n. 47).
Sono lieto di osservare che la Chiesa nel suo Paese contribuisce positivamente nei campi dell'educazione, dello sviluppo e dell'assistenza sanitaria, in particolare nella lotta alla malaria e all'Hiv/Aids. Sia certo del fatto che la Chiesa continuerà a impegnarsi in modo attivo nella promozione della salute della popolazione, ponendo una forte enfasi sulla prevenzione attraverso l'educazione. Miglioramenti sanitari di lungo periodo si otterranno grazie alla formazione nella responsabilità morale e nella solidarietà, e in particolare attraverso la fedeltà nel matrimonio. In questo modo, la Chiesa opera per incoraggiare un senso maggiore di integrità individuale e l'edificazione di una società che abbia veramente a cuore la vita, la famiglia e la più ampia comunità.
Mi permetta di concludere queste osservazioni di benvenuto reiterando i miei buoni auspici e le mie preghiere per lo Zambia e per il suo popolo. All'inizio della sua missione, signor Ambasciatore, la assicuro che i vari dicasteri della Curia Romana saranno lieti di assisterla. Su di Lei, sulla sua famiglia e su tutti i cittadini dello Zambia invoco di tutto cuore le abbondanti benedizioni di Dio Onnipotente.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DI ANDORRA PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR MIQUEL ÀNGEL CANTURRI MONTANYA
Signor Ambasciatore,
Sono lieto di riceverla e di accreditarla, Eccellenza, come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Principato d'Andorra presso la Santa Sede. La ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto e in cambio desidero trasmettere, per mezzo di lei, i miei cordiali saluti ai due Co-principi, l'Arcivescovo di Urgell e il Presidente della Repubblica francese. Attraverso di lei, saluto anche il Governo, le Autorità e la popolazione di Andorra.
Il Principato, che risale ai tempi di Carlo Magno, è retto dal pareage. La Co-signoria approvata a suo tempo dalla Santa Sede, divenuta poi Co-sovranità, come lei ha ricordato nel suo discorso, è il felice risultato di un'evoluzione storica che ha tenuto conto degli interessi legittimi del popolo andorrano e gli ha garantito la sovranità. Questo sistema originale e unico nel suo genere permette alla popolazione di vivere in pace, evitando i conflitti. Indubbiamente la soluzione istituzionale trovata dal suo Paese non può essere trasferita altrove, ciononostante è opportuno trarne una lezione. L'armonia è possibile all'interno delle nazioni e fra i popoli. L'inventiva giuridica e la buona volontà permettono molto spesso di risolvere i numerosi problemi che purtroppo nascono fra i popoli, e favoriscono la concordia internazionale tanto desiderata.
In questo contesto, desidero sottolineare le eccellenti relazioni esistenti fra il Principato e la Santa Sede. Tali relazioni, che s'inseriscono in una continuità storica d'intesa e di sostegno — lei stesso d'altro canto ha sottolineato che la Santa Sede ha sempre sostenuto Andorra quando la sua sovranità si è trovata in pericolo — si sono consolidate prima con l'instaurazione di relazioni diplomatiche, poi, due anni fa, con la firma di un accordo bilaterale. Questo accordo è il risultato e l'espressione di una collaborazione sana e leale fra la Chiesa e lo Stato, che, pur se a diverso titolo, sono entrambi al servizio della vocazione personale e sociale delle persone umane. Oggi come ieri, le cordiali relazioni esistenti fra la Chiesa e Andorra sono al servizio di queste stesse persone in modo più efficace, a vantaggio di tutti. Un simile accordo è una pietra supplementare per il consolidamento delle relazioni fra il Principato e la Chiesa.
Nelle parole che mi ha rivolto, ha menzionato, Signor Ambasciatore, la recente evoluzione demografica del suo Paese. Essa dimostra l'attrazione che quest'ultimo esercita sulle giovani generazioni. Riguarda soprattutto giovani andorrani che ritornano nel loro Paese. D'altro canto la sua nazione accoglie anche nuove popolazioni. Questa apertura comporta una necessaria presa di coscienza e una responsabilizzazione da parte delle istituzioni e di ognuno. In effetti, l'armonia sociale, che potrebbe perdere il suo equilibrio, è legata non solo a un quadro legislativo giusto e adeguato, ma anche alla qualità morale di ogni cittadino poiché «la solidarietà si presenta sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale e quello di virtù morale» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 193).
La solidarietà s'innalza al rango di virtù sociale quando può fondarsi non solo su strutture di solidarietà, ma anche sulla determinazione ferma e perseverante di ogni persona di lavorare per il bene comune, poiché tutti siamo responsabili di tutti. La virtù morale, da parte sua, si esprime attraverso decisioni e leggi conformi ai principi etici. Questi ultimi consolidano la democrazia e permettono agli andorrani di vivere secondo i valori positivi millenari, intrisi di cristianesimo, e di coltivare e preservare la loro identità così marcata.
Per suscitare il senso duraturo della solidarietà, che ho appena ricordato, l'educazione dei giovani è sicuramente la via migliore. Qualunque sia il livello di responsabilità, incoraggio ognuno a dare prova di creatività in questo ambito, ad adottare i mezzi necessari e a seminare generosamente per il futuro, preoccupandosi di fornirgli le basi etiche necessarie. Accanto all'educazione, è opportuno dare alla famiglia il sostegno che merita. Cellula primaria della società, la famiglia svolge la sua missione quando viene incoraggiata e promossa dai poteri pubblici come primo ambito di apprendimento della vita in società. Se si offrirà a tutti i suoi componenti l'aiuto necessario, essa favorirà efficacemente l'armonia e la coesione sociale. La Chiesa può apportare un contributo positivo al consolidamento della famiglia, resa fragile dalla cultura contemporanea.
Durante il mio recente viaggio apostolico a Barcellona, sono stato lieto di constatare la presenza di una bella delegazione del suo Paese. Quei fedeli di ogni età, ma soprattutto giovani, erano lì per esprimere il loro attaccamento al Successore di Pietro. Vorrei ringraziarli per quella presenza calorosa e dare loro appuntamento, se non approfitto troppo della sua mediazione, per la ormai prossima Giornata Mondiale della Gioventù.
Colgo l'occasione di questo incontro, Signor Ambasciatore, per salutare calorosamente, per mezzo di lei, l'Arcivescovo e i suoi collaboratori, e anche tutti i fedeli cattolici che vivono nel suo Paese. Che si preoccupino sempre di testimoniare Cristo e, insieme a tutti gli andorrani, di costruire una vita sociale in cui ognuno possa trovare le vie di uno sviluppo personale e collettivo! Renderanno così testimonianza della fecondità sempre attuale della Parola di Dio.
Mentre lei inaugura la sua nobile funzione di rappresentanza presso la Santa Sede, le formulo, Signor Ambasciatore, i miei voti migliori per il buon svolgimento della sua missione. Sia certo che troverà sempre presso i miei collaboratori l'accoglienza e la comprensione di cui potrà aver bisogno. Il popolo d'Andorra nutre una venerazione particolare per la Vergine Maria, la Virgen de Meritxell, Patrona del Co-Principato la cui festa nazionale si celebra l'8 settembre, solennità mariana. Affido le Autorità del suo Paese e tutta la popolazione alla sua protezione materna. Su di lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, come pure sul popolo andorrano e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DELLE SEYCHELLES PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. LA SIGNORINA VIVIANNE FOCK TAVE
Signora Ambasciatore,
È con piacere che l'accolgo questa mattina mentre presenta le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica delle Seychelles presso la Santa Sede. La ringrazio per avermi trasmesso i saluti di Sua Eccellenza il signor James Alix Michel, Presidente della Repubblica, che ho avuto l'onore di ricevere nel corso della sua recente visita alla Santa Sede. Le sarei molto riconoscente se potesse esprimergli la mia gratitudine per la cordialità dimostrata durante il nostro incontro. Attraverso di lei, saluto anche le autorità, i diversi responsabili politici e tutto il popolo delle Seychelles.
Il suo Paese continua a progredire e a consolidarsi nella via della pace, della prosperità e della stabilità. Senza dubbio, ciò è il risultato degli sforzi persistenti e del contributo generoso di tutte le sfere politiche e sociali e dei settori pubblici e privati. Sono lieto di congratularmi con il Governo e con il popolo delle Seychelles per avere superato la sfida della crisi economica mondiale, come dimostrano la ripresa del turismo, gli investimenti stranieri diretti e il rilancio dell'economia nazionale, fornendo uno spazio budgetario favorevole per la riduzione del debito e le spese prioritarie.
Tuttavia, la liberalizzazione dell'economia, pur preservando le conquiste sociali, è un mutamento che comporta uno sconvolgimento delle mentalità: si tratta dunque di accompagnare questa evoluzione per anticiparne gli effetti non sempre controllabili nel tempo, fornendo una necessaria base etica e giocando la carta della responsabilità. «Tutti hanno il diritto di partecipare alla vita economica e il dovere di contribuire, secondo le proprie capacità, al progresso del proprio Paese e dell'intera famiglia umana» (Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, n. 333).
La programmazione dello sviluppo economico deve considerare attentamente la necessità di rispettare l'integrità e i ritmi della natura poiché le risorse naturali sono limitate e alcune non sono rinnovabili. La soluzione del problema ecologico esige che l'attività economica rispetti maggiormente l'ambiente, conciliando le esigenze dello sviluppo economico con quelle della tutela ambientale, «con l'obiettivo di rafforzare quell'alleanza tra essere umano e ambiente» (Caritas in veritate, n. 50). Apprezzo in particolare, in questo ambito, l'iniziativa del Governo per ripristinare e preservare la barriera corallina. Essa è la prima linea di difesa, contro l'innalzamento del livello dell'oceano, ed è un habitat importante per l'allevamento ittico, che costituisce l'apporto proteico principale del Paese. È dunque necessario che, nei loro comportamenti, i consumatori e gli agenti di attività industriali sviluppino un maggiore senso di responsabilità.
Far crescere questo senso di responsabilità di tutti implica anche una cooperazione attiva ed efficace per il rispetto e la tutela della dignità umana di fronte a qualsiasi tentativo di proporne immagini riduttive e deformate o di strumentalizzare la persona. Il turismo internazionale, fattore importante di sviluppo economico e di crescita culturale, può diventare occasione di sfruttamento e di decadenza morale (cfr. Caritas in veritate, n. 61). Solo il riconoscimento della dignità umana rende possibile la crescita comune e personale di tutti (Gc 2, 1-9).
Per favorire un simile sviluppo umano integrale e rafforzare così la solidarietà intergenerazionale, è necessario tutelare la famiglia. Protetta e sostenuta dallo Stato e dalla società, la famiglia ha un ruolo del tutto originale e insostituibile nell'educazione dei figli. Con la famiglia, la vostra Nazione continuerà a costruire il suo futuro dando una formazione adeguata alle sue giovani generazioni, che sia in grado di trascendere i limiti nei quali le si vorrebbe a volte rinchiudere e di dare loro i mezzi concreti per lottare contro i mali sociali, in particolare la disoccupazione e la droga. Da questo punto di vista, evidenzio e incoraggio ancora una volta gli sforzi che da lungo tempo si stanno compiendo per mettere in atto un sistema educativo di qualità. È anche opportuno sostenere i più bisognosi e lottare contro la corruzione, garantendo un'uguaglianza obiettiva di fronte alla legge fra le diverse classi sociali.
Da parte sua, la Chiesa locale desidera continuare a offrire alla sua Nazione un contributo specifico, sia per sostenere la famiglia, l'educazione e la formazione dei giovani sia per lo sviluppo umano integrale di ogni persona. Un simile sviluppo comprende una crescita spirituale e non solo materiale, il cui criterio di orientamento si trova nella forza attiva della carità nella verità (cfr. Caritas in veritate, nn. 74 e 75). La ricerca spirituale che dimora nei cuori degli abitanti delle Seychelles trova in Cristo il suo senso e la sua pienezza; essa rende dinamica l'intera società, con la capacità di trasmettere la forza della riconciliazione per promuovere la giustizia, la fratellanza e per costruire la prosperità e la pace. In questa ottica, incoraggio a proseguire tale collaborazione e desidero salutare calorosamente, per mezzo di lei, il Vescovo di Port-Victoria e i suoi collaboratori, come pure tutti i fedeli cattolici presenti nel suo Paese.
Mentre lei inaugura la sua nobile missione di rappresentanza presso la Santa Sede, desidero rinnovarle l'espressione della mia soddisfazione per le eccellenti relazioni esistenti fra la Repubblica delle Seychelles e la Santa Sede. Le formulo, Signora Ambasciatore, i miei voti migliori per il buon svolgimento della sua missione. Sia certa che troverà sempre presso i miei collaboratori l'accoglienza e la comprensione di cui potrà aver bisogno.
Su di Lei, Eccellenza, sulla sua famiglia e sui suoi collaboratori, come pure sull'amatissimo popolo delle Isole Seychelles e sui suoi dirigenti, invoco di tutto cuore l'abbondanza delle Benedizioni divine.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
DISCORSO DEL SANTO PADRE ALL’AMBASCIATORE DEL MALI PRESSO LA SANTA SEDE, S.E. IL SIGNOR BOUBACAR SIDIKI TOURÉ
Signor Ambasciatore,
Ricevo molto volentieri le Lettere che l'accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Mali presso la Santa Sede. In questa felice circostanza sono lieto di darle il benvenuto in Vaticano e la ringrazio per le sue cordiali parole, mediante le quali mi ha espresso l'omaggio rispettoso del Presidente della Repubblica e di tutto il popolo maliano. Le sarei grato se potesse trasmettere in cambio a Sua Eccellenza il Signor Amadou Toumani Touré, Capo di Stato, i miei sentimenti di gratitudine e di rispetto, e la certezza delle mie preghiere per la sua persona e per tutti i maliani.
Come molti altri Paesi africani, il Mali ha celebrato quest'anno il cinquantesimo anniversario della sua indipendenza. Vorrei congratularmi con tutti i maliani per i considerevoli progressi compiuti in questo mezzo secolo. Come lei sa, Signor Ambasciatore, i progressi realizzati sono sempre accompagnati da sfide da accogliere. Cito fra le altre la pace sociale, l'educazione e il diritto all'alimentazione. Per edificare una società pacifica e stabile, il Mali può attingere al suo patrimonio culturale che racchiude valori umani, intellettuali e religiosi. Vi incoraggio a conservarli e a trasmetterli alle nuove generazioni, poiché una società servita da persone dotate di una profonda perspicacia morale promuove sempre la giustizia e la pace. I responsabili di una simile società sanno superare i propri interessi per essere governanti virtuosi e totalmente dediti al bene comune. Sanno anche coltivare rapporti umani animati dalla fiducia e dalla solidarietà, dal rispetto reciproco e dal dialogo sincero. Incoraggio dunque i diversi responsabili maliani ad aiutare i loro concittadini a riconciliarsi fra di essi dopo i confitti che hanno costellato la storia recente del Mali. Li invito anche a lottare contro ogni discriminazione basata sull'etnia e sulla religione. È in effetti legittimo che l'identità propria di ogni comunità etnica o religiosa possa esprimersi visibilmente, nel rispetto reciproco, favorendo una coesistenza pacifica a tutti i livelli della comunità nazionale (cfr. Discorso ai Vescovi del Mali, 18 maggio 2007).
Guardando al futuro, il Governo maliano ha inserito fra le sue priorità la formazione di dirigenti capaci di assicurare lo sviluppo del Paese. In un mondo caratterizzato dall'interdipendenza dei popoli e dalla rapida diffusione di un mimetismo dei comportamenti umani accompagnato da un crescente individualismo, l'educazione costituisce una necessità vitale ed esistenziale. Essa non può però ridursi a un'accumulazione di conoscenze intellettuali o di competenze tecniche. Il saper-fare dovrebbe andare di pari passo con il saper-vivere e il saper-essere che, fondati sulla saggezza umana e sulle risorse spirituali, riflettono maggiormente la verità essenziale dell'esistenza umana. È per questo che, nell'educazione dei figli, le famiglie maliane non si accontentano dei risultati scolastici da conseguire, ignorando le virtù umane, culturali e religiose. Che esse offrano ai loro figli quei punti di riferimento che li condurranno alla verità sulla vita, sul dovere di solidarietà e di dialogo che sono connaturati alla natura umana! Spetta altresì allo Stato sostenere le famiglie nel loro compito educativo e vegliare sulla qualità intellettuale e umana del personale docente. Che i giovani maliani non si lascino sedurre dal guadagno facile che potrebbe indurli a venire a patti con reti che spingono alla criminalità e al traffico della droga!
Il suo Paese si è impegnato, Signor Ambasciatore, sul cammino di uno sviluppo armonioso, elaborando progetti fra i quali il nuovo Codice delle persone e della famiglia. Nutro grande speranza nel fatto che possa aiutare a colmare le disuguaglianze fra le persone e i gruppi sociali. Questo nuovo Codice contribuirà alla pace sociale se i responsabili del suo Paese si adopereranno anche per assicurare il diritto all'alimentazione. Plaudendo agli sforzi compiuti per accrescere la produzione del cotone e del riso, incoraggio il suo Governo ad affrontare il problema dell'insicurezza alimentare «eliminando le cause strutturali che lo provocano e promuovendo lo sviluppo agricolo ... mediante investimenti... capaci di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio-economiche maggiormente accessibili a livello locale... Tutto ciò va realizzato coinvolgendo le comunità locali nelle scelte e nelle decisioni relative all'uso della terra coltivabile» (Caritas in veritate, n. 27).
Come lei ha potuto constatare, Eccellenza, molti dirigenti del suo Paese sono stati formati in scuole cattoliche. L'impegno della Chiesa nella formazione e nell'educazione, come pure nei campi caritativo, sanitario e sociale, dimostra la sua volontà di collaborare con lo Stato, pur conservando la natura particolare delle sue strutture. Colgo l'occasione per plaudire alla Convenzione sulle cure sanitarie, firmata fra la Conferenza episcopale e il ministero della Sanità del Mali, come pure all'impegno assunto da tale ministero a concedere sovvenzioni alle strutture sanitarie ecclesiali.
Per concludere, saluto calorosamente, per mezzo di lei, la comunità cattolica del Mali con i suoi pastori, e l'invito a proseguire nella sua testimonianza coraggiosa e gioiosa della fede e dell'amore fraterno insegnato da Cristo. Desidero incoraggiare anche gli sforzi compiti dalla Conferenza episcopale e dal Governo per consolidare le relazioni di stima reciproca tra il Mali e la Santa Sede.
Mentre lei inaugura la sua missione, le formulo, Signor Ambasciatore, i miei voti migliori, assicurandola del sostegno dei diversi servizi della Curia romana per lo svolgimento della sua funzione. A tal fine, invoco volentieri su di lei e sulla sua famiglia, come pure sui suoi collaboratori, l'abbondanza delle Benedizioni divine.
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(Traduzione a cura dell'Osservatore Romano)
7 mesi fa
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