mercoledì 9 febbraio 2011

Il Papa: San Pietro Canisio insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone personale di Gesù e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore

CICLO DI CATECHESI SUI DOTTORI DELLA CHIESA

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Il Papa: Il catechismo di mio padre (O.R.)

Il Papa: San Pietro Canisio sapeva comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto ad ogni persona

Il Papa: il Cristiano abbia una "vita moralmente coerente" (Sir)

L’UDIENZA GENERALE, 09.02.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI, dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha incentrato la sua meditazione sulla figura di San Pietro Canisio, Dottore della Chiesa (1521-1597).
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

San Pietro Canisio

Cari fratelli e sorelle,

Oggi vorrei parlarvi di san Pietro Kanis, Canisio nella forma latinizzata del suo cognome, una figura molto importante nel Cinquecento cattolico. Era nato l’8 maggio 1521 a Nimega, in Olanda. Suo padre era borgomastro della città.
Mentre era studente all’Università di Colonia, frequentò i monaci Certosini di santa Barbara, un centro propulsivo di vita cattolica, e altri pii uomini che coltivavano la spiritualità della cosiddetta devotio moderna. Entrò nella Compagnia di Gesù l’8 maggio 1543 a Magonza (Renania – Palatinato), dopo aver seguito un corso di esercizi spirituali sotto la guida del beato Pierre Favre, Petrus Faber, uno dei primi compagni di sant’Ignazio di Loyola. Ordinato sacerdote nel giugno 1546 a Colonia, già l’anno seguente, come teologo del Vescovo di Augusta, il cardinale Otto Truchsess von Waldburg, fu presente al Concilio di Trento, dove collaborò con due confratelli, Diego Laínez e Alfonso Salmerón.

Nel 1548, sant’Ignazio gli fece completare a Roma la formazione spirituale e lo inviò poi nel Collegio di Messina a esercitarsi in umili servizi domestici. Conseguito a Bologna il dottorato in teologia il 4 ottobre 1549, fu destinato da sant'Ignazio all'apostolato in Germania. Il 2 settembre di quell'anno, il '49, visitò Papa Paolo III in Castel Gandolfo e poi si recò nella Basilica di San Pietro per pregare. Qui implorò l'aiuto dei grandi Santi Apostoli Pietro e Paolo, che dessero efficacia permanente alla Benedizione Apostolica per il suo grande destino, per la sua nuova missione. Nel suo diario annotò alcune parole di questa preghiera. Dice: "Là io ho sentito che una grande consolazione e la presenza della grazia mi erano concesse per mezzo di tali intercessori [Pietro e Paolo]. Essi confermavano la mia missione in Germania e sembravano trasmettermi, come ad apostolo della Germania, l’appoggio della loro benevolenza. Tu conosci, Signore, in quanti modi e quante volte in quello stesso giorno mi hai affidato la Germania per la quale in seguito avrei continuato ad essere sollecito, per la quale avrei desiderato vivere e morire".

Dobbiamo tenere presente che ci troviamo nel tempo della Riforma luterana, nel momento in cui la fede cattolica nei Paesi di lingua germanica, davanti al fascino della Riforma, sembrava spegnersi. Era un compito quasi impossibile quello di Canisio, incaricato di rivitalizzare, di rinnovare la fede cattolica nei Paesi germanici. Era possibile solo in forza della preghiera. Era possibile solo dal centro, cioè da una profonda amicizia personale con Gesù Cristo; amicizia con Cristo nel suo Corpo, la Chiesa, che va nutrita nell'Eucaristia, Sua presenza reale.

Seguendo la missione ricevuta da Ignazio e da Papa Paolo III, Canisio partì per la Germania e partì innanzitutto per il Ducato di Baviera, che per parecchi anni fu il luogo del suo ministero. Come decano, rettore e vicecancelliere dell’Università di Ingolstadt, curò la vita accademica dell’Istituto e la riforma religiosa e morale del popolo. A Vienna, dove per breve tempo fu amministratore della Diocesi, svolse il ministero pastorale negli ospedali e nelle carceri, sia nella città sia nelle campagne, e preparò la pubblicazione del suo Catechismo. Nel 1556 fondò il Collegio di Praga e, fino al 1569, fu il primo superiore della provincia gesuita della Germania superiore.

In questo ufficio, stabilì nei Paesi germanici una fitta rete di comunità del suo Ordine, specialmente di Collegi, che furono punti di partenza per la riforma cattolica, per il rinnovamento della fede cattolica. In quel tempo partecipò anche al colloquio di Worms con i dirigenti protestanti, tra i quali Filippo Melantone (1557); svolse la funzione di Nunzio pontificio in Polonia (1558); partecipò alle due Diete di Augusta (1559 e 1565); accompagnò il Cardinale Stanislao Hozjusz, legato del Papa Pio IV presso l’Imperatore Ferdinando (1560); intervenne alla Sessione finale del Concilio di Trento dove parlò sulla questione della Comunione sotto le due specie e dell’Indice dei libri proibiti (1562).

Nel 1580 si ritirò a Friburgo in Svizzera, tutto dedito alla predicazione e alla composizione delle sue opere, e là morì il 21 dicembre 1597. Beatificato dal beato Pio IX nel 1864, fu proclamato nel 1897 secondo Apostolo della Germania dal Papa Leone XIII, e dal Papa Pio XI canonizzato e proclamato Dottore della Chiesa nel 1925.

San Pietro Canisio trascorse buona parte della sua vita a contatto con le persone socialmente più importanti del suo tempo ed esercitò un influsso speciale con i suoi scritti. Fu editore delle opere complete di san Cirillo d’Alessandria e di san Leone Magno, delle Lettere di san Girolamo e delle Orazioni di san Nicola della Fluë. Pubblicò libri di devozione in varie lingue, le biografie di alcuni Santi svizzeri e molti testi di omiletica.

Ma i suoi scritti più diffusi furono i tre Catechismi composti tra il 1555 e il 1558.

Il primo Catechismo era destinato agli studenti in grado di comprendere nozioni elementari di teologia; il secondo ai ragazzi del popolo per una prima istruzione religiosa; il terzo ai ragazzi con una formazione scolastica a livello di scuole medie e superiori. La dottrina cattolica era esposta con domande e risposte, brevemente, in termini biblici, con molta chiarezza e senza accenni polemici. Solo nel tempo della sua vita sono state ben 200 le edizioni di questo Catechismo! E centinaia di edizioni si sono succedute fino al Novecento.

Così in Germania, ancora nella generazione di mio padre, la gente chiamava il Catechismo semplicemente il Canisio: è realmente il catechista per secoli, ha formato la fede di persone per secoli.

È, questa, una caratteristica di san Pietro Canisio: saper comporre armoniosamente la fedeltà ai principi dogmatici con il rispetto dovuto ad ogni persona. San Canisio ha distinto l'apostasia consapevole, colpevole, dalla fede, dalla perdita della fede incolpevole, nelle circostanze. E ha dichiarato, nei confronti di Roma, che la maggior parte dei tedeschi passata al Protestantesimo era senza colpa.

In un momento storico di forti contrasti confessionali, evitava - questa è una cosa straordinaria - l’asprezza e la retorica dell’ira - cosa rara come ho detto a quei tempi nelle discussioni tra cristiani, - e mirava soltanto alla presentazione delle radici spirituali e alla rivitalizzazione della fede nella Chiesa. A ciò servì la conoscenza vasta e penetrante che ebbe della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa: la stessa conoscenza che sorresse la sua personale relazione con Dio e l’austera spiritualità che gli derivava dalla devotio moderna e dalla mistica renana.

È caratteristica per la spiritualità di san Canisio una profonda amicizia personale con Gesù. Scrive, per esempio, il 4 settembre 1549 nel suo diario, parlando con il Signore: "Tu, alla fine, come se mi aprissi il cuore del Sacratissimo Corpo, che mi sembrava di vedere davanti a me, mi hai comandato di bere a quella sorgente, invitandomi per così dire ad attingere le acque della mia salvezza dalle tue fonti, o mio Salvatore".

E poi vede che il Salvatore gli dà un vestito con tre parti che si chiamano pace, amore e perseveranza. E con questo vestito composto da pace, amore e perseveranza, il Canisio ha svolto la sua opera di rinnovamento del cattolicesimo. Questa sua amicizia con Gesù - che è il centro della sua personalità - nutrita dall'amore della Bibbia, dall'amore del Sacramento, dall'amore dei Padri, questa amicizia era chiaramente unita con la consapevolezza di essere nella Chiesa un continuatore della missione degli Apostoli. E questo ci ricorda che ogni autentico evangelizzatore è sempre uno strumento unito, e perciò stesso fecondo, con Gesù e con la sua Chiesa.

All’amicizia con Gesù san Pietro Canisio si era formato nell’ambiente spirituale della Certosa di Colonia, nella quale era stato a stretto contatto con due mistici certosini: Johann Lansperger, latinizzato in Lanspergius, e Nicolas van Hesche, latinizzato in Eschius. Successivamente approfondì l’esperienza di quell’amicizia, familiaritas stupenda nimis, con la contemplazione dei misteri della vita di Gesù, che occupano larga parte negli Esercizi spirituali di sant’Ignazio. La sua intensa devozione al Cuore del Signore, che culminò nella consacrazione al ministero apostolico nella Basilica Vaticana, trova qui il suo fondamento.

Nella spiritualità cristocentrica di san Pietro Canisio si radica un profondo convincimento: non si dà anima sollecita della propria perfezione che non pratichi ogni giorno la preghiera, l’orazione mentale, mezzo ordinario che permette al discepolo di Gesù di vivere l’intimità con il Maestro divino.

Perciò, negli scritti destinati all’educazione spirituale del popolo, il nostro Santo insiste sull’importanza della Liturgia con i suoi commenti ai Vangeli, alle feste, al rito della santa Messa e degli altri Sacramenti, ma, nello stesso tempo, ha cura di mostrare ai fedeli la necessità e la bellezza che la preghiera personale quotidiana affianchi e permei la partecipazione al culto pubblico della Chiesa.

Si tratta di un’esortazione e di un metodo che conservano intatto il loro valore, specialmente dopo che sono stati riproposti autorevolmente dal Concilio Vaticano II nella Costituzione Sacrosanctum Concilium: la vita cristiana non cresce se non è alimentata dalla partecipazione alla Liturgia, in modo particolare alla santa Messa domenicale, e dalla preghiera personale quotidiana, dal contatto personale con Dio. In mezzo alle mille attività e ai molteplici stimoli che ci circondano, è necessario trovare ogni giorno dei momenti di raccoglimento davanti al Signore per ascoltarlo e parlare con Lui.

Allo stesso tempo, è sempre attuale e di permanente valore l’esempio che san Pietro Canisio ci ha lasciato, non solo nelle sue opere, ma soprattutto con la sua vita. Egli insegna con chiarezza che il ministero apostolico è incisivo e produce frutti di salvezza nei cuori solo se il predicatore è testimone personale di Gesù e sa essere strumento a sua disposizione, a Lui strettamente unito dalla fede nel suo Vangelo e nella sua Chiesa, da una vita moralmente coerente e da un’orazione incessante come l’amore. E questo vale per ogni cristiano che voglia vivere con impegno e fedeltà la sua adesione a Cristo.

Grazie.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

Nessun commento: