VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE IN GERMANIA (22 - 25 SETTEMBRE 2011): LO SPECIALE DEL BLOG
DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL PAPA IN GERMANIA
VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN GERMANIA (22-25 SETTEMBRE 2011), 22.09.2011
SANTA MESSA NELLA DOMPLATZ DI ERFURT
Questa mattina, lasciato il Seminario, il Santo Padre Benedetto XVI si trasferisce in auto alla Domplatz di Erfurt dove, alle ore 9, presiede la Celebrazione della Santa Messa.
La Celebrazione Eucaristica, in onore della Patrona della diocesi Santa Elisabetta di Turingia, è introdotta dal saluto del Vescovo di Erfurt, S.E. Mons. Joachim Wanke. Dopo la proclamazione del Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
"Lodate il Signore in ogni tempo, perché è buono": così abbiamo appena cantato prima del Vangelo. Sì, abbiamo veramente motivo per ringraziare Dio con tutto il cuore. Se in questa città torniamo indietro col pensiero al 1981, l’anno giubilare di sant’Elisabetta, trent’anni fa, ai tempi della DDR – chi avrebbe immaginato che il muro e il filo spinato alle frontiere sarebbero caduti pochi anni dopo? E se andiamo ancora più indietro, di circa settant’anni fino al 1941, ai tempi del nazionalsocialismo, nella Grande Guerra – chi avrebbe potuto predire che il "Reich millenario" sarebbe stato ridotto in cenere già quattro anni dopo?
Cari fratelli e sorelle, qui in Turingia e nell’allora DDR avete dovuto sopportare una dittatura "bruna" [nazista] e una "rossa" [comunista], che per la fede cristiana avevano l’effetto che ha la pioggia acida. Tante conseguenze tardive di quel tempo sono ancora da smaltire, soprattutto nell’ambito intellettuale e in quello religioso. La maggioranza della gente in questa terra vive ormai lontana dalla fede in Cristo e dalla comunione della Chiesa. Gli ultimi due decenni, però, presentano anche esperienze positive: un orizzonte più ampio, uno scambio al di là delle frontiere, una fiduciosa certezza che Dio non ci abbandona e ci conduce per vie nuove. "Dove c’è Dio, là c’è futuro".
Noi tutti siamo convinti che la nuova libertà abbia aiutato a conferire all’uomo una dignità più grande e ad aprire molteplici nuove possibilità. Dal punto di vista della Chiesa possiamo sottolineare con gratitudine molte facilitazioni: nuove possibilità per le attività parrocchiali, la ristrutturazione e l’ampiamento di chiese e di centri parrocchiali, iniziative diocesane di carattere pastorale o culturale. Ma davanti a noi, naturalmente, si presenta la domanda: queste possibilità ci hanno portato anche a crescita nella fede? Non bisogna forse cercare il fondamento della fede e della vita cristiana a un livello più profondo di quello della libertà sociale? Molti cattolici risoluti sono rimasti fedeli a Cristo e alla Chiesa proprio nella difficile situazione di un’oppressione esteriore. E noi oggi dove stiamo? Quelle persone hanno accettato svantaggi personali pur di vivere la propria fede. Vorrei qui ringraziare i sacerdoti e i loro collaboratori e collaboratrici di quei tempi. In particolare, vorrei ricordare la pastorale dei rifugiati immediatamente dopo la seconda guerra mondiale: allora molti ecclesiastici e laici hanno compiuto grandi cose per attenuare la situazione penosa dei profughi e donare loro una nuova Patria. Non da ultimo, un ringraziamento sincero va ai genitori che, in mezzo alla diaspora e in un ambiente politico ostile alla Chiesa, hanno educato i loro figli nella fede cattolica. Con gratitudine vorrei ricordare le Settimane Religiose per i bambini durante le vacanze, come anche il lavoro fruttuoso delle Case per la gioventù cattolica "Sankt Sebastian" a Erfurt e "Marcel Callo" a Heiligenstadt. Specialmente nell’Eichsfeld molti cristiani cattolici hanno resistito all’ideologia comunista. Voglia Dio ricompensare tutti abbondantemente per la perseveranza nella fede. La testimonianza coraggiosa e il paziente vivere con Lui, la paziente fiducia nella provvidenza di Dio sono come un seme prezioso che promette un abbondante frutto per il futuro.
La presenza di Dio si manifesta sempre in modo particolarmente chiaro nei Santi. La loro testimonianza di fede può darci anche oggi il coraggio per un nuovo risveglio. Pensiamo qui soprattutto ai santi Patroni della Diocesi di Erfurt: Elisabetta di Turingia, Bonifacio e Kilian. Elisabetta venne da un Paese estero, dall’Ungheria, a Wartburg in Turingia. Condusse una vita intensa di preghiera, unita alla penitenza e alla povertà evangelica. Scendeva regolarmente dal suo castello nella città di Eisenach per curarvi di persona i poveri e i malati. La sua vita su questa terra durò poco – raggiunse soltanto l’età di ventiquattro anni –, ma il frutto della sua santità si estende per i secoli. Sant’Elisabetta gode grande stima anche da parte dei cristiani evangelici; può aiutare tutti noi a scoprire la pienezza della fede, la sua bellezza e la sua profondità e la sua forza trasformante e purificante, e a tradurla nella nostra vita quotidiana.
Alle radici cristiane del nostro Paese rimanda anche la fondazione della Diocesi di Erfurt nell’anno 742 da parte di san Bonifacio. Questo evento costituisce, al contempo, la prima menzione documentata della città di Erfurt. Il Vescovo missionario Bonifacio era venuto dall’Inghilterra e faceva parte del suo stile di lavoro di operare in unità essenziale e in stretto collegamento con il Vescovo di Roma, il Successore di san Pietro. Sapeva che la Chiesa deve essere unita attorno a Pietro. Lo veneriamo come "Apostolo della Germania"; morì martire. Due dei suoi compagni che condivisero con lui la testimonianza del sangue per la fede cristiana sono seppelliti qui, nel Duomo di Erfurt: sono i santi Eoban ed Adelar.
Già prima dei missionari anglosassoni ha operato in Turingia san Kilian, un missionario itinerante che proveniva dall’Irlanda. Insieme con due compagni egli morì martire a Würzburg, perché criticava il comportamento moralmente sbagliato del duca di Turingia lì residente. E, infine, non vogliamo dimenticare san Severo, il Patrono della Severikirche qui nella Piazza del Duomo: nel quarto secolo, egli era Vescovo di Ravenna; nell’anno 836, le sue spoglie vennero portate a Erfurt, per radicare più profondamente la fede cristiana in questa regione. Da questi morti, infatti, partiva la testimonianza viva della Chiesa che perdura nel tempo, della fede, che feconda ogni epoca e ci indica il cammino della vita.
Chiediamoci: che cosa hanno in comune questi santi? Come possiamo descrivere l’aspetto particolare della loro vita e comprendere che ci riguarda e che può operare nella nostra vita? I Santi ci mostrano anzitutto che è possibile e che è bene vivere in rapporto con Dio e vivere questo rapporto in modo radicale, metterlo al primo posto e non riservare ad esso soltanto qualche angolo. I santi ci rendono evidente il fatto che Dio, da parte sua, si è rivolto per primo verso di noi. Noi non potremmo giungere fino a Lui e protenderci in qualche modo verso ciò che è ignoto, se non ci avesse amato per primo, se non ci fosse venuto incontro per primo. Dopo essere già venuto incontro ai Padri con le parole della chiamata, Egli stesso si è mostrato a noi in Gesù Cristo e in Lui continua a mostrarsi a noi. Cristo ci viene incontro anche oggi, parla ad ognuno, come ha appena fatto nel Vangelo, e invita ciascuno di noi ad ascoltarlo, ad imparare a comprenderLo e a seguirLo. Questo invito e questa possibilità, i Santi l’hanno valorizzata, hanno riconosciuto il Dio concreto, lo hanno visto e ascoltato, Gli sono andato incontro e hanno camminato con Lui; si sono, per così dire, fatti contagiare da Lui, e si sono protesi dal loro intimo verso di Lui – nel continuo dialogo della preghiera – e da Lui hanno ricevuto la luce che dischiuse loro la vita vera.
La fede è sempre anche essenzialmente un credere insieme con gli altri. Nessuno può credere da solo. Riceviamo la fede, ci dice Paolo, attraverso l’ascolto. E l’ascolto è un processo dell’essere insieme in modo spirituale e fisico. Soltanto nella grande comunione dei fedeli di ogni tempo che hanno trovato Cristo e che sono stati trovati da Lui posso credere. Il fatto di poter credere lo devo innanzitutto a Dio che si rivolge a me e, per così dire, "accende" la mia fede. Ma molto concretamente devo la mia fede a coloro che mi sono vicini e che hanno creduto prima di me e credono insieme con me. Questo grande "con", senza il quale non può esserci alcuna fede personale, è la Chiesa. E questa Chiesa non si ferma davanti alle frontiere dei Paesi, lo dimostrano le nazionalità dei santi da me menzionati: Ungheria, Inghilterra, Irlanda e Italia. Qui si evidenzia quanto sia importante lo scambio spirituale che si espande attraverso l’intera Chiesa universale. Sì, è stato fondamentale per lo sviluppo della Chiesa nel nostro Paese e continua ad essere fondamentale per ogni tempo: che crediamo insieme in tutti i Continenti e che impariamo gli uni dagli altri a credere. Se noi ci apriamo a tutta la fede in tutta la storia e nelle sue testimonianze in tutta la Chiesa, allora la fede cattolica ha futuro anche come forza pubblica in Germania. Al tempo stesso le figure dei Santi di cui ho parlato ci mostrano la grande fecondità di una vita con Dio, la fecondità di questo amore radicale per Dio e per il prossimo. I Santi, anche dove sono soltanto pochi, cambiano il mondo. E i grandi Santi continuano a essere forze trasformatrici in ogni tempo.
Così i cambiamenti politici dell’anno 1989 nel nostro Paese non erano motivati soltanto dal desiderio di benessere e di libertà di movimento, ma, in modo decisivo, dal desiderio di veracità. Questo desiderio venne tenuto desto, fra l’altro, da persone che stavano totalmente al servizio di Dio e del prossimo ed erano disposte a sacrificare la propria vita. Essi e i santi ricordati ci danno il coraggio di trarre profitto dalla nuova situazione. Non vogliamo nasconderci in una fede solamente privata, ma vogliamo gestire in modo responsabile la libertà raggiunta. Come i santi Kilian, Bonifacio, Adelar, Eoban ed Elisabetta di Turingia vogliamo andare incontro ai nostri concittadini da cristiani ed invitarli a scoprire con noi la pienezza della Buona Novella, la sua presenza e la sua forza vitale e bellezza. Allora assomiglieremo alla famosa campana del Duomo di Erfurt che porta il nome di "Gloriosa". Essa è ritenuta la più grande campana medioevale del mondo ad oscillazione libera. È un segno vivo del nostro profondo radicamento nella tradizione cristiana, ma anche un richiamo a metterci in cammino ed impegnarci nella missione. Suonerà anche oggi alla fine della Messa solenne. Possa stimolarci a rendere visibile ed udibile nel mondo – secondo l’esempio dei Santi - la testimonianza di Cristo, a rendere udibile e visibile la gloria di Dio e, in tal modo, a vivere in un mondo in cui Dio è presente e rende la vita bella e ricca di significato.
Amen.
© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana
7 mesi fa
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