venerdì 16 novembre 2007

Il Papa ai vescovi portoghesi: la Chiesa non deve parlare primariamente di se stessa, ma di Dio


DISCORSO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI AI MEMBRI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL PORTOGALLO IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"

Sala del Concistoro
Sabato, 10 novembre 2007


Signor Cardinale Patriarca,
Amati vescovi portoghesi
!

Provo grande gioia nel ricevervi oggi nella Casa di Pietro, con la forza di Dio, saldo pilastro di quel ponte che siete chiamati a essere e a creare fra l'umanità e il suo supremo destino, la Santissima Trinità.
Otto anni dopo la vostra ultima visita ad Limina, trovate cambiato il volto di Pietro ma non il cuore e neppure le braccia che vi accolgono e vi confermano nella forza di Dio che ci sostiene e ci rende fratelli in Cristo Signore: "grazia e pace a voi in abbondanza" (1 Pt 1, 2). Con queste parole di benvenuto, saluto tutti, ringraziando il presidente della Conferenza Episcopale, monsignor Jorge Ortiga, per il quadro presentato della vita e della situazione delle vostre diocesi e per i devoti sentimenti che ha espresso a nome di tutti e che contraccambio con vivo affetto e con la certezza delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale.

Amati vescovi del Portogallo, avete varcato la Porta Santa del Giubileo dell'anno 2000 a capo del pellegrinaggio dei vostri diocesani, invitandoli a entrare e a restare in Cristo come nella Casa dei loro desideri più profondi e autentici, ossia, la Casa di Dio, e a misurare fino a dove tali desideri erano già divenuti realtà, ossia, fino a dove la vita e l'essere di ognuno incarna il verbo di Dio, sull'esempio di San Paolo che diceva: "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Segno concreto di questa incarnazione è il far traboccare per gli altri la vita di Cristo che irrompe in me. Poiché "io non posso avere Cristo solo per me; posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi... Diventiamo un "solo corpo", fusi insieme in un'unica esistenza" (Deus caritas est, n. 14). Questo "corpo" di Cristo che abbraccia l'umanità di tutti i tempi e i luoghi è la Chiesa. Sant'Ambrogio vide la sua prefigurazione in quella "terra santa" indicata da Dio a Mosè: "Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è la terra santa!" (Es 3, 5); e lì, in seguito, gli fu ordinato: "Ma tu resta qui con me" (Dt 5, 30), ordine che il santo vescovo di Milano rende attuale per i fedeli in questi termini: "Tu resti con me (con Dio) se resti nella Chiesa (...) Resta, quindi, nella Chiesa; resta dove ti sono apparso; lì io sono con te. Dove è la Chiesa lì trovi il punto di appoggio più fermo per la tua mente; dove ti sono apparso nel roveto ardente, lì è il fondamento della tua anima. Di fatto, Io ti sono apparso nella Chiesa, come in passato nel roveto ardente. Tu sei il roveto, Io sono il fuoco; fuoco nel roveto, sono Io nella tua carne. Per questo, Io sono il fuoco; per illuminarti, per distruggere le tue spine, i tuoi peccati, e mostrarti la mia benevolenza" (Epistolae extra collectionem: Ep. 14, 41-42). Queste parole traducono bene il modo di vita e l'appello lasciati da Dio ai pellegrini del Grande Giubileo.

In questo momento, desidero rendere grazie insieme a voi a Cristo Signore per la grande misericordia che ha usato verso la sua Chiesa pellegrina in Portogallo nei giorni dell'Anno Santo e negli anni successivi permeati dello stesso spirito giubilare, che vi ha fatto vedere, senza paura, i limiti e le mancanze che vi hanno lasciato senza pane, e convinti a prendere il cammino del ritorno alla Casa del Padre, dove vi è pane in abbondanza. Di fatto, si sente lo stesso clima del Giubileo perdurare in numerose iniziative da voi intraprese in questi recenti anni: il censimento generale della pratica domenicale, la ripresa del cammino sinodale fatto o da fare, la convocazione in diverse diocesi della statio eucaristica o della missione generale secondo modalità nuove e antiche, la realizzazione nazionale dell'incontro di movimenti e nuove comunità ecclesiali e del congresso della famiglia, la volontà di servire l'uomo espressa dalla Chiesa e dalla Stato in un nuovo Concordato, l'acclamazione della santità esemplare nella persona dei nuovi Beati...
In questo lungo pellegrinare, la confessione più frequente sulle labbra dei cristiani è stata la mancanza di partecipazione alla vita comunitaria, riproponendosi di trovare nuove forme di integrazione nella comunità. La parola d'ordine è stata, ed è, costruire cammini di comunione.

È necessario cambiare lo stile di organizzazione della comunità ecclesiale portoghese e la mentalità dei suoi membri per avere una Chiesa in sintonia con il Concilio Vaticano II, nella quale sia ben definita la funzione del clero e del laicato, tenendo conto del fatto che tutti siamo uno, fin da quando siamo stati battezzati e integrati nella famiglia dei figli di Dio, e tutti siamo corresponsabili della crescita della Chiesa.

Questa ecclesiologia della comunione nel cammino aperto dal Concilio, dalla quale la Chiesa portoghese si sente particolarmente interpellata sulla scia del Grande Giubileo, è, miei amati Fratelli, la rotta certa da seguire, senza perdere di vista eventuali scogli, come l'orizzontalismo nella sua fonte, la democratizzazione nell'attribuzione dei ministeri sacramentali, l'equiparazione fra l'Ordine conferito e i servizi emergenti, il dibattito su quale dei membri della comunità sia il primo (dibattito inutile in quanto il Signore Gesù ha già deciso che è l'ultimo).

Con ciò non voglio dire che non si debba discutere sul retto ordinamento nella Chiesa e sull'attribuzione delle responsabilità: sempre vi saranno squilibri, che esigono correzioni. Simili questioni non possono però distrarci dalla vera missione della Chiesa: questa non deve parlare primariamente di se stessa, ma di Dio.

Gli elementi essenziali del concetto cristiano di "comunione" si trovano nel testo della prima Lettera di San Giovanni: "quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi" (1, 3). Risalta qui il punto di partenza della comunione: è nell'unione di Dio con l'uomo, che è Cristo in persona; l'incontro con Cristo crea la comunione con Lui e, in Lui, con il Padre nello Spirito Santo. Vediamo così - come ho scritto nella prima Enciclica - che "all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (Deus caritas est, n. 1). L'evangelizzazione della persona e delle comunità umane dipende, in assoluto, dall'esistenza o meno di questo incontro con Gesù Cristo.

Sappiamo che il primo incontro si può rivestire di una pluralità di forme, come dimostrano innumerevoli vite di Santi (la loro presentazione fa parte dell'evangelizzazione, che deve essere accompagnata da modelli di pensiero e di condotta), ma l'iniziazione cristiana della persona passa, normalmente, per la Chiesa: l'economia divina della salvezza richiede la Chiesa.

Vista la marea crescente di cristiani non praticanti nelle vostre diocesi, forse vale la pena verificare: "l'efficacia degli attuali percorsi di iniziazione, affinché il cristiano dall'azione educativa nelle nostre comunità sia aiutato a maturare sempre di più, giungendo ad assumere nella sua vita un'impostazione autenticamente eucaristica, così da essere in grado di dare ragione della propria speranza in modo adeguato per il nostro tempo" (Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, n. 18).

Amati vescovi del Portogallo, quattro settimane fa vi siete riuniti nel Santuario di Fatima con il Cardinale Segretario di Stato che ho inviato lì come mio Legato Speciale per la chiusura delle celebrazioni per i 90 anni delle Apparizioni di Nostra Signora. Mi è grato pensare a Fatima come scuola di fede con la Vergine Maria come Maestra; lì Lei ha eretto la sua cattedra per insegnare ai piccoli Veggenti, e poi alle moltitudini, le verità eterne e l'arte di pregare, credere e amare. Con l'atteggiamento umile di alunni che hanno bisogno di imparare la lezione, affidate ogni giorno alla Maestra tanto insigne e Madre del Cristo totale, ognuno di voi e i sacerdoti vostri diretti collaboratori nella guida del gregge, i consacrati e le consacrate, che anticipano il Cielo in terra, e i fedeli laici che modellano la terra a immagine del Cielo. Implorando su tutti, con la protezione di Nossa Senhora de Fátima, la luce e la forza dello Spirito, vi imparto la mia Benedizione Apostolica.

© Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana

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