giovedì 15 luglio 2010

MODIFICHE INTRODOTTE NELLE NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS: LE NUOVE NORME E LA LETTERA DELLA CDF AI VESCOVI ED AGLI ALTRI ORDINARI E GERARCHI


MODIFICHE INTRODOTTE NELLE NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS (2010): LO SPECIALE DEL BLOG

CHIESA E PEDOFILIA: LA TOLLERANZA ZERO DI PAPA BENEDETTO XVI

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GUIDA PROCEDIMENTI CDF NEI CASI DI ABUSO SESSUALE (2003)

LE NORME DEL MOTU PROPRIO “SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA” (2001): INTRODUZIONE STORICA A CURA DELLA CDF

Breve relazione circa le modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede

Pubblicate le modifiche alle "Norme sui delitti più gravi": nota di padre Lombardi (Radio Vaticana)

TRADUZIONE UFFICIALE IN ITALIANO DEL MOTU PROPRIO "SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA" DI GIOVANNI PAOLO II

TRADUZIONE UFFICIALE IN ITALIANO DELL'EPISTOLA "DE DELICTIS GRAVIORIBUS" DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

Preti pedofili, già nel 1988 il cardinale Ratzinger chiese più severità. Pubblicate tre lettere inedite dell'allora Prefetto della CDF (Agi)

Il cardinale Ratzinger e la revisione del sistema penale canonico in tre lettere inedite del 1988: Un ruolo determinante (Juan Ignacio Arrieta)

Modifiche introdotte nelle Normae de gravioribus delictis

NORMAE DE GRAVIORIBUS DELICTIS , 15.07.2010

Parte Prima

NORME SOSTANZIALI

Art. 1

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede, a norma dell’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi contro i costumi o nella celebrazione dei sacramenti e, se del caso, procede a dichiarare o irrogare le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune sia proprio, fatta salva la competenza della Penitenzieria Apostolica e ferma restando la Agendi ratio in doctrinarum examine.

§ 2. Nei delitti di cui al § 1, per mandato del Romano Pontefice, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche di cui al can. 1405 § 3 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1061 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 3. La Congregazione per la Dottrina della Fede giudica i delitti riservati di cui al § 1 a norma degli articoli seguenti.

Art. 2

§ 1. I delitti contro la fede, di cui all’art. 1, sono l’eresia, l’apostasia e lo scisma, a norma dei cann. 751 e 1364 del Codice di Diritto Canonico e dei cann. 1436 e 1437 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Nei casi di cui al § 1, a norma del diritto spetta all’Ordinario o al Gerarca rimettere, se del caso, la scomunica latae sententiae e svolgere il processo giudiziale in prima istanza o extragiudiziale per decreto, fatto salvo il diritto di appello o di ricorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Art. 3

§ 1. I delitti più gravi contro la santità dell’augustissimo Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’asportazione o la conservazione a scopo sacrilego, o la profanazione delle specie consacrate, di cui al can. 1367 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1442 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1378 § 2 n. 1 del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’azione liturgica del Sacrificio eucaristico di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la concelebrazione del Sacrificio eucaristico vietata dal can. 908 del Codice di Diritto Canonico e dal can. 702 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, di cui al can. 1365 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1440 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, insieme ai ministri delle comunità ecclesiali che non hanno la successione apostolica e non riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale.

§ 2. Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto che consiste nella consacrazione a fine sacrilego di una sola materia o di entrambe, nella celebrazione eucaristica o fuori di essa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

Art. 4

§ 1. I delitti più gravi contro la santità del sacramento della Penitenza riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede sono:

1° l’assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, di cui al can. 1378 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1457 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

2° l’attentata assoluzione sacramentale o l’ascolto vietato della confessione di cui al can. 1378 § 2, 2° del Codice di Diritto Canonico;

3° la simulazione dell’assoluzione sacramentale di cui al can. 1379 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1443 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali;

4° la sollecitazione al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo nell’atto o in occasione o con il pretesto della confessione, di cui al can. 1387 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1458 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, se diretta al peccato con lo stesso confessore;

5° la violazione diretta e indiretta del sigillo sacramentale, di cui al can. 1388 § 1 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1456 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

§ 2. Fermo restando il disposto del § 1 n. 5, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave consistente nella registrazione, fatta con qualunque mezzo tecnico, o nella divulgazione con i mezzi di comunicazione sociale svolta con malizia, delle cose che vengono dette dal confessore o dal penitente nella confessione sacramentale, vera o falsa. Colui che commette questo delitto, sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione, se è un chierico.

Art. 5

Alla Congregazione per la Dottrina della Fede è riservato anche il delitto più grave di attentata sacra ordinazione di una donna:

1° fermo restando il disposto del can. 1378 del Codice di Diritto Canonico, sia colui che attenta il conferimento del sacro ordine, sia la donna che attenta la recezione del sacro ordine, incorrono nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede Apostolica;

2° se poi colui che attenta il conferimento del sacro ordine o la donna che attenta la recezione del sacro ordine è un cristiano soggetto al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, fermo restando il disposto del can. 1443 del medesimo Codice, sia punito con la scomunica maggiore, la cui remissione è pure riservata alla Sede Apostolica;

3° se poi il reo è un chierico, può essere punito con la dimissione o la deposizione.

Art. 6

§ 1. I delitti più gravi contro i costumi, riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono:

1° il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni; in questo numero, viene equiparata al minore la persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione;

2° l’acquisizione o la detenzione o la divulgazione, a fine di libidine, di immagini pornografiche di minori sotto i quattordici anni da parte di un chierico, in qualunque modo e con qualunque strumento.

§ 2. Il chierico che compie i delitti di cui al § 1 sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione.

Art. 7

§ 1. Fatto salvo il diritto della Congregazione per la Dottrina della Fede di derogare alla prescrizione per i singoli casi, l’azione criminale relativa ai delitti riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede si estingue per prescrizione in vent’anni.

§ 2. La prescrizione decorre a norma del can. 1362 § 2 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1152 § 3 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. Ma nel delitto di cui all’art. 6 § 1 n. 1, la prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il minore ha compiuto diciotto anni.

Seconda Parte

NORME PROCEDURALI

TITOLO I
Costituzione e competenza del Tribunale

Art. 8

§ 1. La Congregazione per la Dottrina della Fede è il Supremo Tribunale Apostolico per la Chiesa Latina, nonché per le Chiese Orientali Cattoliche, nel giudicare i delitti definiti negli articoli precedenti.

§ 2. Questo Supremo Tribunale giudica anche gli altri delitti, per i quali il reo viene accusato dal Promotore di Giustizia, in ragione della connessione della persona e della complicità.

§ 3. Le sentenze di questo Supremo Tribunale, emesse nei limiti della propria competenza, non sono soggette all’approvazione del Sommo Pontefice.

Art. 9

§ 1. I giudici di questo Supremo Tribunale sono, per lo stesso diritto, i Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede.

§ 2. Presiede il collegio dei Padri, quale primo fra pari, il Prefetto della Congregazione e, in caso di vacanza o di impedimento del Prefetto, ne adempie l’ufficio il Segretario della Congregazione.

§ 3. Spetta al Prefetto della Congregazione nominare anche altri giudici stabili o incaricati.

Art. 10

È necessario che siano nominati giudici sacerdoti di età matura, provvisti di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinti per prudenza ed esperienza giuridica, anche se esercitano contemporaneamente l’ufficio di giudice o di consultore in un altro Dicastero della Curia Romana.

Art. 11

Per presentare e sostenere l’accusa, è costituito un Promotore di Giustizia, che sia sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, di buoni costumi, particolarmente distinto per prudenza ed esperienza giuridica, che adempia il suo ufficio in tutti i gradi di giudizio.

Art. 12

Per i compiti di Notaio e di Cancelliere sono designati sacerdoti, sia Officiali di questa Congregazione, sia esterni.

Art. 13

Funge da Avvocato e Procuratore un sacerdote, provvisto di dottorato in diritto canonico, che viene approvato dal Presidente del collegio.

Art. 14

Negli altri Tribunali, poi, per le cause di cui nelle presenti norme, possono adempiere validamente gli uffici di Giudice, Promotore di Giustizia, Notaio e Patrono soltanto sacerdoti.

Art. 15

Fermo restando il prescritto del can. 1421 del Codice di Diritto Canonico e del can. 1087 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito concedere le dispense dai requisiti del sacerdozio, nonché del dottorato in diritto canonico.

Art. 16

Ogni volta che l’Ordinario o il Gerarca ha la notizia, almeno verisimile, di un delitto più grave, svolta l’indagine previa, la renda nota alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale, se non avoca a sé la causa per circostanze particolari, ordina all’Ordinario o al Gerarca di procedere ulteriormente, fermo restando tuttavia, se del caso, il diritto di appello contro la sentenza di primo grado soltanto al Supremo Tribunale della medesima Congregazione.

Art. 17

Se il caso viene deferito direttamente alla Congregazione, senza condurre l’indagine previa, i preliminari del processo, che per diritto comune spettano all’Ordinario o al Gerarca, possono essere adempiuti dalla Congregazione stessa.

Art. 18

La Congregazione per la Dottrina della Fede, nelle cause ad essa legittimamente deferite, può sanare gli atti, fatto salvo il diritto alla difesa, se sono state violate leggi meramente processuali da parte dei Tribunali inferiori che agiscono per mandato della medesima Congregazione o secondo l’art. 16.

Art. 19

Fermo restando il diritto dell’Ordinario o del Gerarca, fin dall’inizio dell’indagine previa, di imporre quanto è stabilito nel can. 1722 del Codice di Diritto Canonico o nel can. 1473 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, anche il Presidente di turno del Tribunale, su istanza del Promotore di Giustizia, ha la stessa potestà alle stesse condizioni determinate nei detti canoni.

Art. 20

Il Supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede giudica in seconda istanza:

1° le cause giudicate in prima istanza dai Tribunali inferiori;

2° le cause definite in prima istanza dal medesimo Supremo Tribunale Apostolico.

TITOLO II

L’ordine giudiziario

Art. 21

§ 1. I delitti più gravi riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede vanno perseguiti in processo giudiziale.

§ 2. Tuttavia, alla Congregazione per la Dottrina della Fede è lecito:

1° nei singoli casi, d’ufficio o su istanza dell’Ordinario o del Gerarca, decidere di procedere per decreto extragiudiziale, di cui al can. 1720 del Codice di Diritto Canonico e al can. 1486 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali; tuttavia, con l’intendimento che le pene espiatorie perpetue siano irrogate soltanto dietro mandato della Congregazione per la Dottrina della Fede;

2° deferire direttamente alla decisione del Sommo Pontefice in merito alla dimissione dallo stato clericale o alla deposizione, insieme alla dispensa dalla legge del celibato, i casi più gravi, quando consta manifestamente il compimento del delitto, dopo che sia stata data al reo la facoltà di difendersi.

Art. 22

Per giudicare una causa, il Prefetto costituisca un Turno di tre o di cinque giudici.

Art. 23

Se, in grado di appello, il Promotore di Giustizia porta un’accusa specificamente diversa, questo Supremo Tribunale può ammetterla e giudicarla, come se fosse in prima istanza.

Art. 24

§ 1. Nelle cause per i delitti di cui all’art. 4 § 1, il Tribunale non può rendere noto il nome del denunciante, né all’accusato, e neppure al suo Patrono, se il denunciante non ha dato espresso consenso.

§ 2. Lo stesso Tribunale deve valutare con particolare attenzione la credibilità del denunciante.

§ 3. Tuttavia, bisogna provvedere a che si eviti assolutamente qualunque pericolo di violazione del sigillo sacramentale.

Art. 25

Se emerge una questione incidentale, il Collegio definisca la cosa per decreto con la massima celerità.

Art. 26

§ 1. Fatto salvo il diritto di appello a questo Supremo Tribunale, terminata in qualunque modo l’istanza in un altro Tribunale, tutti gli atti della causa siano trasmessi d’ufficio quanto prima alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

§ 2. Il diritto del Promotore di Giustizia della Congregazione di impugnare la sentenza decorre dal giorno in cui la sentenza di prima istanza è stata notificata al medesimo Procuratore.

Art. 27

Contro gli atti amministrativi singolari emessi o approvati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nei casi dei delitti riservati, si ammette il ricorso, presentato entro il termine perentorio di sessanta giorni utili, alla Congregazione Ordinaria (ossia, Feria IV) del medesimo Dicastero, la quale giudica il merito e la legittimità, eliminato qualsiasi ulteriore ricorso di cui all’art. 123 della Costituzione Apostolica Pastor bonus.

Art. 28

La cosa passa in giudicato:

1° se la sentenza è stata emessa in seconda istanza;

2° se l’appello contro la sentenza non è stato interposto entro un mese;

3° se, in grado di appello, l’istanza andò perenta o si rinunciò ad essa;

4° se fu emessa una sentenza a norma dell’art. 20.

Art. 29

§ 1. Le spese giudiziarie si paghino secondo quanto stabilito dalla sentenza.

§ 2. Se il reo non può pagare le spese, esse siano pagate dall’Ordinario o dal Gerarca della causa.

Art. 30

§ 1. Le cause di questo genere sono soggette al segreto pontificio.

§ 2. Chiunque viola il segreto o, per dolo o negligenza grave, reca altro danno all’accusato o ai testimoni, su istanza della parte lesa o anche d’ufficio sia punito dal Turno superiore con congrue pene.

Art. 31

In queste cause, insieme alle prescrizioni di questo norme, a cui sono tenuti tutti i Tribunali della Chiesa Latina e delle Chiese Orientali Cattoliche, si debbono applicare anche i canoni sui delitti e le pene e sul processo penale dell’uno e dell’altro Codice.

Sito Santa Sede

* Note al testo latino

CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE

LETTERA AI VESCOVI DELLA CHIESA CATTOLICA E AGLI ALTRI ORDINARI E GERARCHI INTERESSATI CIRCA LE MODIFICHE INTRODOTTE NELLA LETTERA APOSTOLICA MOTU PROPRIO DATA SACRAMENTORUM SANCTITATIS TUTELA

A distanza di nove anni dalla promulgazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data «Sacramentorum sanctitatis tutela», concernente le Normae de gravioribus delictis riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, questo Dicastero ha ritenuto necessario procedere ad una riforma del testo normativo citato, emendandolo non nella sua interezza, bensì solamente in alcune sue parti, al fine di migliorarne l’operatività concreta.

Dopo un attento e accurato studio delle riforme proposte, i Padri della Congregazione per la Dottrina della Fede sottoponevano al Romano Pontefice il risultato delle proprie determinazioni che, con decisione del 21 maggio 2010, lo stesso Sommo Pontefice approvava, ordinandone la promulgazione.

Alla presente Lettera è allegata una breve Relazione in cui vengono esposti gli emendamenti apportati al testo della normativa sopra indicata, ciò al fine di rendere più immediatamente individuabili gli stessi.

Dal Palazzo del Sant’Uffizio, 21 maggio 2010

Gulielmus Cardinalis Levada
Praefectus

Aloisius Franciscus Ladaria Ferrer
a Secretis

Sito Santa Sede

* Note al testo latino

1) Ioannes Paulus pp. ii, Constitutio apostolica Pastor bonus, De Romana Curia, 28 iunii 1988, art. 52, in AAS 80 (1988) 874: «Delicta contra fidem necnon graviora delicta, tum contra mores tum in sacramentorum celebratione commissa, quae ipsi delata fuerint, cognoscit atque, ubi opus fuerit, ad canonicas sanctiones declarandas aut irrogandas ad normam iuris, sive communis sive proprii, procedit».

2) Ioannes Paulus pp. ii, Constitutio apostolica Pastor bonus, De Romana Curia, 28 iunii 1988, art. 118, in AAS 80 (1988) 890: «Pro foro interno, tum sacramentali tum non sacramentali, absolutiones, dispensationes, commutationes, sanationes, condonationes aliasque gratias eadem largitur».

3) Congregatio pro Doctrina Fidei, Agendi ratio in doctrinarum examine, 29 iunii 1997, in AAS 89 (1997) 830-835.

4) Codex Iuris Canonici, can. 1405 — § 3. Rotae Romanae reservatur iudicare:

1° Episcopos in contentiosis, firmo praescripto can. 1419 § 2;

2° Abbatem primatem, vel Abbatem superiorem congregationis monasticae, et supremum Moderatorem institutorum religiosorum iuris pontificii;

3° dioeceses aliasve personas ecclesiasticas, sive physicas sive iuridicas, quae Superiorem infra Romanum Pontificem non habent.

5) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1061 — Coram tribunalibus Sedis Apostolicae conveniri debent personae, quae auctoritatem superiorem infra Romanum Pontificem non habent, sive sunt personae physicae in ordine episcopatus non constitutae sive sunt personae iuridicae salvo can. 1063 § 4 nn. 3 et 4.

6) Codex Iuris Canonici, can. 751 — Dicitur haeresis, pertinax, post receptum baptismum, alicuius veritatis fide divina et catholica credendae denegatio, aut de eadem pertinax dubitatio; apostasia, fidei christianae ex toto repudiatio; schisma, subiectionis Summo Pontifici aut communionis cum Ecclesiae membris eidem subditis detrectatio.

7) Codex Iuris Canonici, can. 1364 — § 1. Apostata a fide, haereticus vel schismaticus in excommunicationem latae sententiae incurrit, firmo praescripto can. 194, § 1, n. 2; clericus praeterea potest poenis, de quibus in can. 1336, § 1, nn. 1, 2 et 3, puniri. — § 2. Si diuturna contumacia vel scandali gravitas postulet, aliae poenae addi possunt, non excepta dimissione e statu clericali.

8) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1436 — § 1. Qui aliquam veritatem fide divina et catholica credendam denegat vel eam in dubium ponit aut fidem christianam ex toto repudiat et legitime monitus non resipiscit, ut haereticus aut apostata excommunicatione maiore puniatur, clericus praeterea aliis poenis puniri potest non exclusa depositione.

9) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1437 — Qui subiectionem supremae Ecclesiae auctoritati aut communionem cum christifidelibus eidem subiectis detrectat et legitime monitus oboedientiam non praestat, ut schismaticus excommunicatione maiore puniatur.

10) Pontificium Consilium de Legum Textibus Interpretandis, Responsio ad propositum dubium, 4 iunii 1999 in AAS 91 (1999) 918.

D. Utrum in can. 1367 cic et 1442 cceo verbum «abicere» intellegatur tantum ut actus proiciendi necne.

R. Negative et ad mentem.

Mens est quamlibet actionem Sacras Species voluntarie et graviter despicientem censendam esse inclusam in verbo «abicere».

11) Codex Iuris Canonici, can. 1367 — Qui species consecratas abicit aut in sacrilegum finem abducit vel retinet, in excommunicationem latae sententiae Sedi Apostolicae reservatam incurrit; clericus praeterea alia poena, non exclusa dimissione e statu clericali, puniri potest.

12) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1442 — Qui Divinam Eucharistiam abiecit aut in sacrilegum finem abduxit vel retinuit, excommunicatione maiore puniatur et, si clericus est, etiam aliis poenis non exclusa depositione.

13) Codex Iuris Canonici, can. 1378 — § 2. In poenam latae sententiae interdicti vel, si sit clericus, suspensionis incurrit:

1° qui ad ordinem sacerdotalem non promotus liturgicam eucharistici Sacrificii actionem attentat...

14) Codex Iuris Canonici, can. 1379 — Qui, praeter casus de quibus in can. 1378, sacramentum se administrare simulat, iusta poena puniatur.

15) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1443 — Qui Divinae Liturgiae vel aliorum sacramentorum celebrationem simulavit, congrua poena puniatur non exclusa excommunicatione maiore.

16) Codex Iuris Canonici, can. 908 — Sacerdotibus catholicis vetitum est una cum sacerdotibus vel ministris Ecclesiarum communitatumve ecclesialium plenam communionem cum Ecclesia catholica non habentium, Eucharistiam concelebrare.

17) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 702 — Sacerdotes catholici vetiti sunt una cum sacerdotibus vel ministris acatholicis Divinam Liturgiam concelebrare.

18) Codex Iuris Canonici, can. 1365 — Reus vetitae communicationis in sacris iusta poena puniatur.

19) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1440 — Qui normas iuris de communicatione in sacris violat, congrua poena puniri potest.

20) Codex Iuris Canonici, can. 927 — Nefas est, urgente etiam extrema necessitate, alteram materiam sine altera, aut etiam utramque extra eucharisticam celebrationem, consecrare.

21) Codex Iuris Canonici, can. 1378 — § 1. Sacerdos qui contra praescriptum can. 977 agit, in excommunicationem latae sententiae Sedi Apostolicae reservatam incurrit.

22) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1457 — Sacerdos, qui complicem in peccato contra castitatem absolvit, excommunicatione maiore puniatur firmo can. 728 § 1, n. 2.

23) Codex Iuris Canonici, can. 1378 — § 2. In poenam latae sententiae interdicti vel, si sit clericus, suspensionis incurrit: ... 2° qui, praeter casum de quo in § 1, cum sacramentalem absolutionem dare valide nequeat, eam impertire attentat, vel sacramentalem confessionem audit.

24) Codex Iuris Canonici, can. 1379 — Qui, praeter casus de quibus in can. 1378, sacramentum se administrare simulat, iusta poena puniatur.

25) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1443 — Qui Divinae Liturgiae vel aliorum sacramentorum celebrationem simulavit, congrua poena puniatur non exclusa excommunicatione maiore.

26) Codex Iuris Canonici, can. 1387 — Sacerdos, qui in actu vel occasione vel praetextu confessionis paenitentem ad peccatum contra sextum Decalogi praeceptum sollicitat, pro delicti gravitate, suspensione, prohibitionibus, privationibus puniatur, et in casibus gravioribus dimittatur e statu clericali.

27) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1458 — Sacerdos, qui in actu vel occasione vel praetextu confessionis paenitentem ad peccatum contra castitatem sollicitavit, congrua poena puniatur non exclusa depositione.

28) Codex Iuris Canonici, can. 1388 — § 1. Confessarius, qui sacramentale sigillum directe violat, in excommunicationem latae sententiae Sedi Apostolicae reservatam incurrit; qui vero indirecte tantum, pro delicti gravitate puniatur.

29) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1456 — § 1. Confessarius, qui sacramentale sigillum directe violavit, excommunicatione maiore puniatur firmo can. 728, § 1, n. 1; si vero alio modo hoc sigillum fregit, congrua poena puniatur.

30) Congregatio pro Doctrina Fidei, Decretum de sacramenti Paenitentiae dignitate tuenda, 23 septembris 1988, in AAS 80 (1988) 1367.

31) Congregatio pro Doctrina Fidei, Decretum generale de delicto attentatae sacrae ordinationis mulieris, 19 decembris 2007, in AAS 100 (2008) 403.

32) Codex Iuris Canonici, can. 1362 — § 2. Praescriptio decurrit ex die quo delictum patratum est, vel, si delictum sit permanens vel habituale, ex die quo cessavit.

33) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1152 — § 3. Praescriptio decurrit ex die, quo delictum patratum est, vel, si delictum est permanens vel habituale, ex die, quo cessavit.

34) Codex Iuris Canonici, can. 1421 — § 1. In dioecesi constituantur ab Episcopo iudices dioecesani, qui sint clerici.

§ 2. Episcoporum conferentia permittere potest ut etiam laici iudices constituantur, e quibus, suadente necessitate, unus assumi potest ad collegium efformandum.

§ 3. Iudices sint integrae famae et in iure canonico doctores vel saltem licentiati.

35) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1087 — § 1. In eparchia nominentur ab Episcopo eparchiali iudices eparchiales, qui sint clerici.

§ 2. Patriarcha consulta Synodo permanenti vel Metropolita, qui Ecclesiae metropolitanae sui iuris praeest, consultis duobus Episcopis eparchialibus ordinatione episcopali senioribus permittere potest, ut etiam alii christifideles iudices nominentur, ex quibus suadente necessitate unus assumi potest ad collegium efformandum; in ceteris casibus hac in re adeatur Sedes Apostolica.

§ 3. Iudices sint integrae famae, in iure canonico doctores vel saltem licentiati, prudentia et iustitiae zelo probati.

36) Codex Iuris Canonici, can. 1722 — Ad scandala praevenienda, ad testium libertatem protegendam et ad iustitiae cursum tutandum, potest Ordinarius, audito promotore iustitiae et citato ipso accusato, in quolibet processus stadio accusatum a sacro ministerio vel ab aliquo officio et munere ecclesiastico arcere, ei imponere vel interdicere commorationem in aliquo loco vel territorio, vel etiam publicam sanctissimae Eucharistiae participationem prohibere; quae omnia, causa cessante, sunt revocanda, eaque ipso iure finem habent, cessante processu poenali.

37) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1473 — Ad scandala praevenienda, ad testium libertatem protegendam et ad iustitiae cursum tuendum potest Hierarcha audito promotore iustitiae et citato ipso accusato in quolibet statu et grado iudicii poenalis accusatum ab exercitio ordinis sacri, officii, ministerii vel alterius muneris arcere, ei imponere vel prohibere commorationem in aliquo loco vel territorio, vel etiam publicam Divinae Eucharistiae susceptione prohibere; quae omnia causa cessante sunt revocanda et ipso iure finem habent cessante iudicio poenali.

38) Codex Iuris Canonici, can. 1720 — Si Ordinarius censuerit per decretum extra iudicium esse procedendum:

1° reo accusationem atque probationes, data facultate sese defendendi, significet, nisi reus, rite vocatus, comparere neglexerit;

2° probationes et argumenta omnia cum duobus assessoribus accurate perpendat;

3° si de delicto certo constet neque actio criminalis sit extincta, decretum ferat ad normam cann. 1342-1350, expositis, breviter saltem, rationibus in iure et in facto.

39) Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium, can. 1486 — § 1. Ad validitatem decreti, quo poena irrogatur, requiritur, ut:

1° accusatus de accusatione atque probationibus certior fiat data sibi opportunitate ius ad sui defensionem plene exercendi, nisi ad normam iuris citatus comparere neglexit;

2° discussio oralis inter Hierarcham vel eius delegatum et accusatum habeatur praesentibus promotore iustitiae et notario;

3° in ipso decreto exponatur, quibus rationibus in facto et in iure punitio innitatur.

§ 2. Poenae autem, de quibus in can. 1426, § 1, sine hac procedura imponi possunt, dummodo de earum acceptatione ex parte rei scripto constet.

40) Ioannes Paulus pp. ii, Constitutio apostolica Pastor bonus, De Romana Curia, 28 iunii 1988, art. 123, in AAS 80 (1988) 891: «§ 1. Praeterea [Supremum Tribunal Signaturae Apostolicae] cognoscit de recursibus, intra terminum peremptorium triginta dierum utilium interpositis, adversus actus administrativos singulares sive a Dicasteriis Curiae Romanae latos sive ab ipsis probatos, quoties contendatur num actus impugnatus legem aliquam in decernendo vel in procedendo violaverit. § 2. In his casibus, praeter iudicium de illegitimitate, cognoscere etiam potest, si recurrens id postulet, de reparatione damnorum actu illegitimo illatorum. § 3. Cognoscit etiam de aliis controversiis administrativis, quae a Romano Pontifice vel a Romanae Curiae Dicasteriis ipsi deferantur necnon de conflictibus competentiae inter eadem Dicasteria».

41) Secretaria Status, Rescriptum ex Audientia SS.mi Il 4 febbraio, quo Ordinatio generalis Romanae Curiae foras datur, 30 aprilis 1999, Regolamento generale della Curia Romana, 30 aprile 1999, art. 36 § 2, in AAS 91 (1999) 646: «Con particolare cura sarà osservato il segreto pontificio, a norma dell'Istruzione Secreta continere del 4 febbraio 1974».

Secretaria Status seu Papalis, Rescriptum ex Audientia, instructio Secreta continere, De secreto pontificio, 4 februarii 1974, in AAS 66 (1974) 89-92:

«Art. 1.- Secreto pontificio comprehenduntur: ...

4) Denuntiationes extra iudicium acceptae circa delicta contra fidem et contra mores, et circa delicta contra Paenitentiae sacramentum patrata, nec non processus et decisio, quae ad hasce denuntiationes pertinent, salvo semper iure eius, qui ad auctoritatem delatus est, cognoscendae denuntiationis, si id necessarium ad propriam defensionem fuerit. Denuntiantis autem nomen tunc tantum patefieri licebit, cum auctoritati opportunum videatur ut denuntiatus et is, qui eum denuntiaverit, simul compareant; ...» (p. 90).

(©L'Osservatore Romano - 16 luglio 2010)

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