7 mesi fa
domenica 24 maggio 2009
"La preghiera, a cui ogni mattina la campana di san Benedetto invita i monaci, è il sentiero silenzioso che ci conduce direttamente nel cuore di Dio"
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A CASSINO E MONTECASSINO (24 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
JOSEPH RATZINGER E SAN BENEDETTO DA NORCIA: LO SPECIALE DEL BLOG
DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE A CASSINO E MONTECASSINO
VISITA PASTORALE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A CASSINO E A MONTECASSINO (24 MAGGIO 2009), 24.05.2009
CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA IN PIAZZA MIRANDA A CASSINO
Alle ore 9 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI parte in elicottero dall’eliporto del Vaticano per la Visita Pastorale a Cassino e Montecassino.
All’atterraggio nel Campo sportivo "Salveti" di Cassino il Papa è accolto dalle Autorità politiche, civili ed ecclesiastiche. Quindi il Santo Padre raggiunge in auto Piazza Miranda, che da oggi, per decisione del Consiglio Comunale, prende il nome di Piazza Benedetto XVI. Qui riceve il saluto del Sindaco di Cassino, Dr. Bruno Scittarelli, che offre in dono, a nome della cittadinanza, una Croce astile romana del 1633.
Alle ore 10.15, in Piazza Miranda a Cassino, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Concelebrazione Eucaristica nella Solennità dell’Ascensione.
Nel corso della Santa Messa, introdotta dall’indirizzo di omaggio di Dom Pietro Vittorelli, Abate Ordinario di Montecassino, il Papa tiene la seguente omelia:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
“Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” (At 1,8).
Con queste parole, Gesù si congeda dagli Apostoli, come abbiamo ascoltato nella prima Lettura. Subito dopo l’autore sacro aggiunge che “mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi” (At 1,9).
E’ il mistero dell’Ascensione, che quest’oggi solennemente celebriamo. Ma cosa intendono comunicarci la Bibbia e la liturgia dicendo che Gesù “fu elevato in alto”? Si comprende il senso di questa espressione non a partire da un unico testo, neppure da un unico libro del Nuovo Testamento, ma nell'attento ascolto di tutta la Sacra Scrittura.
L’uso del verbo “elevare” è in effetti di origine veterotestamentaria, ed è riferito all'insediamento nella regalità. L’Ascensione di Cristo significa dunque, in primo luogo, l'insediamento del Figlio dell'uomo crocifisso e risorto nella regalità di Dio sul mondo.
C’è però un senso più profondo non percepibile immediatamente. Nella pagina degli Atti degli Apostoli si dice dapprima che Gesù fu “elevato in alto” (v. 9), e dopo si aggiunge che “è stato assunto” (v. 11). L'evento è descritto non come un viaggio verso l'alto, bensì come un’azione della potenza di Dio, che introduce Gesù nello spazio della prossimità divina. La presenza della nuvola che “lo sottrasse ai loro occhi” (v. 9), richiama un'antichissima immagine della teologia veterotestamentaria, ed inserisce il racconto dell'Ascensione nella storia di Dio con Israele, dalla nube del Sinai e sopra la tenda dell'alleanza del deserto, fino alla nube luminosa sul monte della Trasfigurazione. Presentare il Signore avvolto nella nube evoca in definitiva il medesimo mistero espresso dal simbolismo del “sedere alla destra di Dio”.
Nel Cristo asceso al cielo, l’essere umano è entrato in modo inaudito e nuovo nell'intimità di Dio; l'uomo trova ormai per sempre spazio in Dio. Il “cielo” non indica un luogo sopra le stelle, ma qualcosa di molto più ardito e sublime: indica Cristo stesso, la Persona divina che accoglie pienamente e per sempre l’umanità, Colui nel quale Dio e uomo sono per sempre inseparabilmente uniti.
E noi ci avviciniamo al cielo, anzi, entriamo nel cielo, nella misura in cui ci avviciniamo a Gesù ed entriamo in comunione con Lui. Pertanto, 1'odierna solennità dell’Ascensione ci invita a una comunione profonda con Gesù morto e risorto, invisibilmente presente nella vita di ognuno di noi.
In questa prospettiva comprendiamo perché l’evangelista Luca affermi che, dopo l'Ascensione, i discepoli tornarono a Gerusalemme “pieni di gioia” (24,52). La causa della loro gioia sta nel fatto che quanto era accaduto non era stato in verità un distacco: anzi essi avevano ormai la certezza che il Crocifisso- Risorto era vivo, ed in Lui erano state per sempre aperte all’umanità le porte della vita eterna. In altri termini, la sua Ascensione non ne comportava la temporanea assenza dal mondo, ma piuttosto inaugurava la nuova, definitiva ed insopprimibile forma della sua presenza, in virtù della sua partecipazione alla potenza regale di Dio. Toccherà proprio a loro, ai discepoli, resi arditi dalla potenza dello Spirito Santo, renderne percepibile la presenza con la testimonianza, la predicazione e l’impegno missionario. La solennità dell'Ascensione del Signore dovrebbe colmare anche noi di serenità e di entusiasmo, proprio come avvenne per gli Apostoli che dal Monte degli Ulivi ripartirono “pieni di gioia”. Come loro, anche noi, accogliendo l’invito dei “due uomini in bianche vesti”, non dobbiamo rimanere a fissare il cielo, ma, sotto la guida dello Spirito Santo, dobbiamo andare dappertutto e proclamare l’annuncio salvifico della morte e risurrezione del Cristo. Ci accompagnano e ci sono di conforto le sue stesse parole, con le quali si chiude il Vangelo secondo san Matteo: “Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19).
Cari fratelli e sorelle, il carattere storico del mistero della risurrezione e dell’ascensione del Cristo ci aiuta a riconoscere e a comprendere la condizione trascendente ed escatologica della Chiesa, la quale non è nata e non vive per supplire all’assenza del suo Signore “scomparso”, ma piuttosto trova la ragione del suo essere e della sua missione nell’invisibile presenza di Gesù operante con la potenza del suo Spirito.
In altri termini, potremmo dire che la Chiesa non svolge la funzione di preparare il ritorno di un Gesù “assente”, ma, al contrario, vive ed opera per proclamarne la “presenza gloriosa” in maniera storica ed esistenziale. Dal giorno dell’Ascensione, ogni comunità cristiana avanza nel suo itinerario terreno verso il compimento delle promesse messianiche, alimentata dalla Parola di Dio e nutrita dal Corpo e Sangue del suo Signore. Questa è la condizione della Chiesa – ricorda il Concilio Vaticano II - mentre “prosegue il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, annunziando la passione e morte del Signore fino a che Egli venga” (Lumen gentium, 8).
Fratelli e sorelle di questa cara Comunità diocesana, l’odierna solennità ci esorta a rinsaldare la nostra fede nella reale presenza di Gesù; senza di Lui nulla possiamo compiere di efficace nella nostra vita e nel nostro apostolato. E’ Lui, come ricorda l’apostolo Paolo nella seconda lettura, che “ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri per compiere il ministero allo scopo di edificare il corpo di Cristo” cioè la Chiesa. E ciò per giungere “all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio”, essendo la comune vocazione di tutti formare “un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza a cui siamo chiamati” (Ef 4,11-13.14). In quest’ottica si colloca l’odierna mia visita che, come ha ricordato il vostro Pastore, ha l’obbiettivo di incoraggiarvi a “costruire, fondare e riedificare” costantemente la vostra Comunità diocesana su Cristo. Come? Ce lo indica lo stesso san Benedetto, che raccomanda nella sua Regola di niente anteporre a Cristo: “Christo nihil omnino praeponere” (LXII,11).
Rendo pertanto grazie a Dio per il bene che sta realizzando la vostra Comunità sotto la guida del suo Pastore, il Padre Abate Dom Pietro Vittorelli, che saluto con affetto e ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Con lui saluto la Comunità monastica, i Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose presenti. Saluto le Autorità civili e militari, in primo luogo il Sindaco a cui sono grato per l’indirizzo di benvenuto, con cui mi ha accolto all’arrivo in questa Piazza Miranda, che da oggi, anche se non è degno, porterà il mio nome.
Saluto i catechisti, gli operatori pastorali, i giovani e quanti in vario modo si prendono cura della diffusione del Vangelo in questa terra carica di storia, che ha conosciuto durante la seconda guerra mondiale momenti di grande sofferenza. Ne sono silenziosi testimoni i tanti cimiteri che circondano la vostra risorta città, tra i quali ricordo in particolare quello polacco, quello tedesco e quello del Commonwealth. Il mio saluto si estende infine a tutti gli abitanti di Cassino e dei centri vicini: a ciascuno, specialmente agli ammalati e ai sofferenti, giunga l’assicurazione del mio affetto e della mia preghiera.
Cari fratelli e sorelle, sentiamo echeggiare in questa nostra celebrazione l’appello di san Benedetto a mantenere il cuore fisso sul Cristo, a nulla anteporre a Lui.
Questo non ci distrae, al contrario ci spinge ancor più ad impegnarci nel costruire una società dove la solidarietà sia espressa da segni concreti.
Ma come? La spiritualità benedettina, a voi ben nota, propone un programma evangelico sintetizzato nel motto: ora et labora et lege, la preghiera, il lavoro, la cultura.
Innanzitutto la preghiera, che è la più bella eredità lasciata da san Benedetto ai monaci, ma anche alla vostra Chiesa particolare: al vostro Clero, in gran parte formato nel Seminario diocesano, per secoli ospitato nella stessa Abbazia di Montecassino, ai seminaristi, ai tanti educati nelle scuole e nei “ricreatori” benedettini e nelle vostre parrocchie, a tutti voi che vivete in questa terra. Elevando lo sguardo da ogni paese e contrada della diocesi, potete ammirare quel richiamo costante al cielo che è il monastero di Montecassino, al quale salite ogni anno in processione alla vigilia di Pentecoste.
La preghiera, a cui ogni mattina la campana di san Benedetto con i suoi gravi rintocchi invita i monaci, è il sentiero silenzioso che ci conduce direttamente nel cuore di Dio; è il respiro dell’anima che ci ridona pace nelle tempeste della vita.
Inoltre, alla scuola di san Benedetto, i monaci hanno sempre coltivato un amore speciale per la Parola di Dio nella lectio divina, diventata oggi patrimonio comune di molti. So che la vostra Chiesa diocesana, facendo proprie le indicazioni della Conferenza Episcopale Italiana, dedica grande cura all’approfondimento biblico, ed anzi ha inaugurato un itinerario di studio delle Sacre Scritture, consacrato quest’anno all’evangelista Marco e che proseguirà nel prossimo quadriennio per concludersi, a Dio piacendo, con un pellegrinaggio diocesano in Terra Santa. Possa l’attento ascolto della Parola divina nutrire la vostra preghiera e rendervi profeti di verità e di amore in un corale impegno di evangelizzazione e di promozione umana.
Altro cardine della spiritualità benedettina è il lavoro. Umanizzare il mondo lavorativo è tipico dell’anima del monachesimo, e questo è anche lo sforzo della vostra Comunità che cerca di stare a fianco dei numerosi lavoratori della grande industria presente a Cassino e delle imprese ad essa collegate. So quanto sia critica la situazione di tanti operai.
Esprimo la mia solidarietà a quanti vivono in una precarietà preoccupante, ai lavoratori in cassa-integrazione o addirittura licenziati. La ferita della disoccupazione che affligge questo territorio induca i responsabili della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità a ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle famiglie. A questo proposito, come non ricordare che la famiglia ha oggi urgente bisogno di essere meglio tutelata, poiché è fortemente insidiata nelle radici stesse della sua istituzione? Penso poi ai giovani che fanno fatica a trovare una degna attività lavorativa che permetta loro di costruirsi una famiglia. Ad essi vorrei dire: non scoraggiatevi, cari amici, la Chiesa non vi abbandona!
So che ben 25 giovani della vostra Diocesi hanno partecipato alla scorsa Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney: facendo tesoro di quella straordinaria esperienza spirituale, siate lievito evangelico tra i vostri amici e coetanei; con la forza dello Spirito Santo, siate i nuovi missionari in questa terra di san Benedetto!
Appartiene infine alla vostra tradizione anche l’attenzione al mondo della cultura e dell’educazione. Il celebre Archivio e la Biblioteca di Montecassino raccolgono innumerevoli testimonianze dell’impegno di uomini e donne che hanno meditato e ricercato come migliorare la vita spirituale e materiale dell’uomo.
Nella vostra Abbazia si tocca con mano il “quaerere Deum”, il fatto cioè che la cultura europea è stata la ricerca di Dio e la disponibilità al suo ascolto. E questo vale anche nel nostro tempo. So che voi state operando con questo stesso spirito nell’Università e nelle scuole, perché diventino laboratori di conoscenza, di ricerca, di passione per il futuro delle nuove generazioni.
So pure che, in preparazione a questa mia visita, avete tenuto un recente convegno sul tema dell’educazione per sollecitare in tutti la viva determinazione a trasmettere ai giovani i valori irrinunciabili del nostro patrimonio umano e cristiano. Nell’odierno sforzo culturale teso a creare un nuovo umanesimo, fedeli alla tradizione benedettina voi intendete giustamente sottolineare anche l’attenzione all’uomo fragile, debole, alle persone disabili e agli immigrati. E vi sono grato che mi diate la possibilità di inaugurare quest’oggi la “Casa della Carità”, dove si costruisce con i fatti una cultura attenta alla vita.
Cari fratelli e sorelle! Non è difficile percepire che la vostra Comunità, questa porzione di Chiesa che vive attorno a Montecassino, è erede e depositaria della missione, impregnata dello spirito di san Benedetto, di proclamare che nella nostra vita nessuno e nulla devono togliere a Gesù il primo posto; la missione di costruire, nel nome di Cristo, una nuova umanità all’insegna dell’accoglienza e dell’aiuto ai più deboli. Vi aiuti e vi accompagni il vostro santo Patriarca, con santa Scolastica sua sorella; vi proteggano i santi Patroni e soprattutto Maria, Madre della Chiesa e Stella della nostra speranza. Amen!
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
Le parole di benvenuto rivolte al Papa
Il saluto dell'abate di Montecassino dom Pietro Vittorelli
Dom Pietro Vittorelli, Abate Ordinario di Montecassino, all'inizio della celebrazione della messa ha rivolto al Papa il saluto della Chiesa diocesana.
Ricordata la ricorrenza liturgica dell'ascensione del Signore, l'abate ha sottolineato l'eccezionalità dell'evento che era dato di vivere all'intera famiglia benedettina della diocesi di Montecassino: "Un Papa - ha detto - di nome Benedetto che visita la terra di san Benedetto è una parola fin troppo eloquente della misericordia di Dio che ancora una volta benedice questa nostra terra, una terra che ha visto distruzioni e riedificazioni, ma che ha fatto della pace il suo orgoglio.
Tutto ciò è rispecchiato, come in una icona, nell'abbazia di Montecassino della quale la stessa Chiesa diocesana ha sempre seguito le sorti. Quattro volte distrutta, quattro volte ricostruita. Succisa virescit. E non mancò mai, Padre Santo, la presenza dei suoi predecessori che vennero ogni volta a consolare, a rianimare, ad asciugare lacrime e a confermare la speranza di una vita che tornava a pulsare, fino all'ultima venuta, ventinove anni fa, di Giovanni Paolo II di cui molti tra noi conservano la memoria".
Quindi l'abate ha riproposto "il progetto di san Benedetto riassunto nei verbi: costruire, fondare, riedificare, in un'epoca di decadenza, di disordine e di anarchia ri-creò allora realtà comunitarie che vissero valori nuovi e vitali costruiti sulla parola di Cristo: questa è la più grande eredità per questa Chiesa diocesana, che cerca di ricalcarne le orme.
Tanti giovani hanno tentato linguaggi nuovi: drammatizzazione, poesia, canto... per veicolare meglio il messaggio di Gesù. Molto resta da fare, ma insieme ai sacerdoti, miei primi collaboratori, il cammino intrapreso è buono e certamente porterà frutti. Oggi finalmente la visita tanto attesa e desiderata della Santità vostra, per la prima volta a celebrare l'eucaristia nel cuore della città martire di Cassino".
"L'aver voluto celebrare la santa messa in questa città - ha proseguito dom Vittorelli - ci onora e ci impegna a coglierne il senso più profondo.
La nostra Chiesa diocesana non ha mai perso di vista i fratelli in difficoltà, di qualunque nazione, razza e religione fossero. La carità è il tratto distintivo più forte della nostra cristianità. È con gioia infinita che tra poco vostra Santità ci concederà l'onore di inaugurare la Casa della carità come risposta concreta ai bisogni dell'uomo contemporaneo, come affermazione del rispetto della vita, di ogni vita sin dal suo concepimento".
Una preoccupazione che si è concretizzata con la realizzazione di un'opera assistenziale. "È con viva soddisfazione - ha detto con orgoglio al Papa - che posso annunciarle che nei giorni scorsi, grazie all'impegno del nostro Centro di aiuto alla vita, si è potuto allestire presso il convento delle Suore di carità una culla termica per la vita che eviti abbandoni irresponsabili e pericolosi di innocenti neonati".
"Ancora un Papa, il Papa è in questa diocesi per aiutarci a costruire, a fondare, a riedificare. Usando i solidi mattoni delle virtù dei nostri padri sopravvissuti ai crolli, per costruire un mondo nel quale ci sia ancora posto per l'accoglienza, il perdono, la carità. Padre Santo, oggi la sua presenza ci incoraggia e ci sorregge a costruire insieme ai sacerdoti, alle religiose e ai religiosi, ai catechisti, insegnanti di religione, animatori pastorali, a tutto il popolo dei credenti e agli uomini di buona volontà, un domani che sia il domani di Dio alternativo alle logiche di profitto che uccidono ogni possibile relazione". Oggi dinanzi al Papa c'è "una città ricostruita - ha detto avviandosi alla conclusione -, un'abbazia riedificata, come pure le tante chiese parrocchiali della nostra diocesi, tutte ricostruite e riparate in questi sessantacinque anni. Ci rimane ora da ricostruire, rafforzare, solidificare quel tessuto spirituale fatto di valori cristiani che rafforzino la speranza, alimentino la fede, ratifichino la carità. Ci aiuti la sua parola a ritrovare la forza, lo slancio, che devono sostenere il futuro delle generazioni nuove con le quali sarà possibile ridisegnare un'Europa e un mondo dove lo spazio della bellezza sia il giardino delle più attraenti virtù cristiane".
(©L'Osservatore Romano - 25-26 maggio 2009)
L'accoglienza del sindaco di Cassino
Il saluto di benvenuto al Papa nella "Terra Sancti Benedicti" è stato rivolto dal sindaco di Cassino Bruno Scittarelli, in Piazza della Miranda. Dopo aver espresso la gioia per una visita che "come è già avvenuto con i suoi predecessori, Papa Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1980", rafforza il "forte legame che nel corso degli anni si è andato consolidando con la nostra terra", il sindaco ha voluto ringraziare "il Padre Abate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli, che ha fortemente desiderato questa visita facendone dono grande a questa Città e al suo territorio".
"È un grande privilegio per Cassino, per i suoi abitanti e per l'intera diocesi - ha aggiunto - sentirsi figli di san Benedetto e vivere quotidianamente illuminati dalla sua vigile guida e protezione". Un motivo di orgoglio e di impegno costante per la città al quale si aggiunge, ha ricordato, la visita del Papa che porta il suo nome. Anzi a perpetuare il ricordo l'Amministrazione comunale, "in segno di riconoscenza e a futura memoria, ha deliberato - ha annunciato il sindaco - di dedicare a vostra Santità questa piazza, che si chiamerà "Piazza Benedetto XVI". Siamo sicuri così di interpretare il sentimento unanime della città, una città che ha saputo costruire quella dimensione umana, grazie anche alla forte collaborazione intrapresa con l'università degli studi e con la nostra Chiesa locale, l'amata diocesi di Montecassino".
Il primo cittadino ha poi ricordato le "origini vetuste di Cassino, città martire, testimoniate anche dalle vestigia romane, che fanno parte del nostro patrimonio storico e archeologico", città che "porta ancora le ferite inferte dalla seconda guerra mondiale; ma i figli di questa città, con forte slancio, grande coraggio, determinazione e generosità, hanno saputo reagire negli anni e rinascere dalle ceneri".
Anche oggi la popolazione è chiamata ad affrontare con coraggio un momento di grande difficoltà, conseguenza della crisi che investe il Paese e che qui, in queste terre, costituisce un grave elemento di sofferenza soprattutto per le famiglie e per i giovani. Tuttavia, ha assicurato il sindaco, autorità civili ed ecclesiali sono "pronte a venire incontro alle necessità" dei più bisognosi. "I principi della dottrina sociale della Chiesa - ha detto ancora -, infatti, sono oggetto di particolare attenzione e riflessione da parte di quest'Amministrazione che guarda con apprensione alla crisi in atto anche nel nostro territorio, che si protrae già da diverso tempo, dando luogo a fenomeni sociali, che investono soprattutto il mondo giovanile e le fasce più a rischio".
Tali fenomeni sono costantemente monitorati con la collaborazione di gruppi ecclesiali che operano sul territorio nel campo della prevenzione e della formazione. A questo proposito ha ricordato l'istituzione della casa della carità voluta dall'abate e che il Papa avrebbe di lì a poco inaugurato.
"Ritornano alla mente - ha detto concludendo - le parole che Ella, Padre Santo, ha detto all'inizio del Suo Pontificato: "Sono un umile lavoratore nella vigna di Dio". Anche questo è un messaggio forte, che ha il suo fondamento nella speranza, e che ci esorta a essere umili lavoratori per il bene della collettività e per la costruzione di una società più giusta.
"Questa, infatti, è l'eredità che noi adulti impegnati nella politica e nella pubblica amministrazione dobbiamo lasciare ai giovani: la testimonianza di ciò che abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto, l'attenzione ai valori della pace, della vita, della famiglia, del senso di appartenenza, della solidarietà, che sono valori dai quali non si può prescindere.
"Potremo così rispondere anche noi all'esortazione di sant'Agostino: "Siamo posti a capo e siamo servi: siamo capi, ma se serviamo al bene di qualcuno".
È questa la nostra idea, questo il nostro obiettivo, questo il nostro impegno, questa la nostra Fede.
L'Amministrazione Comunale, a nome della Città di Cassino, a ricordo di questa Sua storica visita, con immensa gratitudine, Le fa dono di un pregevole, artistico crocifisso".
(©L'Osservatore Romano - 25-26 maggio 2009)
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