domenica 22 giugno 2008

Lettera di Benedetto XVI al cardinale Ruini "pastore dalla fede semplice e schietta e dall'intelligente creatività pastorale"


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CARD. CAMILLO RUINI - Vescovo da 25 anni

Lettera di Benedetto XVI

Pubblichiamo il testo integrale della lettera inviata da Benedetto XVI al Card. Camillo Ruini per il XXV del suo episcopato (Basilica di San Giovanni in Laterano, 21 giugno 2008).

Venerato Fratello
Cardinale CAMILLO RUINI
Vicario Generale per la Diocesi di Roma


Sono trascorsi venticinque anni da quel 29 giugno 1983, solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in cui Ella, nella Cattedrale di Reggio Emilia, per l’imposizione delle mani del compianto Vescovo Mons. Gilberto Baroni, ricevette l’Ordinazione episcopale. Lei ha lodevolmente scelto di celebrare questo giubileo insieme con i presbiteri della Diocesi di Roma che pure festeggiano quest’anno significativi anniversari. Pertanto, in questa felice circostanza, desidero unirmi spiritualmente a Lei, caro e venerato Fratello, nel rendimento di grazie a Dio ricordando le tappe del Suo fruttuoso ministero episcopale.
Innanzitutto i primi tre anni nella Sua Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, quale Vescovo Ausiliare, con il titolo dell’antica Chiesa di Nepte. Essendo Ella un sacerdote già ben noto e stimato, i fedeli reggiani e guastallesi furono lieti di vederLa quale primo collaboratore di Mons. Baroni nella guida pastorale di quella Chiesa, con il particolare compito di seguire la formazione e la promozione del laicato e la celebrazione del Sinodo diocesano, il cui tema era “L’annuncio del Vangelo oggi in terra reggiana e guastallese”. In quegli anni fu intenso anche il Suo impegno come Vice Presidente del Comitato promotore del Convegno nazionale della Chiesa italiana a Loreto. Vedendo in Lei un Vescovo fedele e saggio, intelligente e lungimirante, il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II, nel giugno 1986, La nominò Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana. Da allora e fino al 7 marzo dello scorso anno Ella ha servito ininterrottamente l’Episcopato italiano, in modo particolare a partire dal 1991, quando divenne Presidente della CEI. Come ho avuto modo di osservare nella mia Lettera indirizzataLe il 23 marzo 2007, Ella ha trasmesso con coraggio e tenacia le indicazioni magisteriali e pastorali del Successore di Pietro, mostrando grande sollecitudine nell’aiutare i Confratelli a recepirle e a renderle operative.
Il motivo per il quale ora mi preme soprattutto ringraziarLa, Signor Cardinale, è però il Suo impegno al servizio della Chiesa di Roma.
Era il 17 gennaio 1991 quando il Servo di Dio Giovanni Paolo II La chiamò a succedere al compianto Cardinale Ugo Poletti affidandoLe – così scriveva l’amato Pontefice – “ciò che ho di più mio e di più caro: Roma apostolica, coi suoi incomparabili tesori di spiritualità cristiana e di tradizione cattolica; con le sue forze vive di sacerdoti, di comunità religiose, di laici impegnati; ma anche con le sue innumerevoli esperienze umane, con i suoi mille fermenti e con i suoi problemi, con le sue certezze e le sue inquietudini, con le sue realizzazioni e le sue attese”. Egli sapeva di trovare in Lei “un collaboratore esperto, fidato, generoso” (ibid.), che ha saputo posporre ogni altro interesse alla cura assidua e affettuosa della Diocesi. E la medesima collaborazione Ella ha poi offerto a me in questi anni.

Nella Chiesa di Roma tutti hanno potuto constatare la Sua grande capacità di lavoro, la Sua fede semplice e schietta, la Sua intelligente creatività pastorale, la Sua fedeltà all’identità viva dell’Istituzione attraverso l’unione con il Papa anche in mezzo alle difficoltà, il Suo fiducioso e sorridente ottimismo. Un fervido ringraziamento giunga dunque a Lei, venerato Fratello, per quanto ha operato fino ad oggi in questa amata Diocesi.

Innanzitutto per aver portato a termine, nel 1993, il Sinodo diocesano. Dopo la prima fase guidata dal Suo predecessore, Ella condusse la seconda promuovendo il più ampio coinvolgimento delle parrocchie e di tutte le altre realtà ecclesiali presenti nell’Urbe, particolarmente attraverso le Assemblee presinodali di prefettura, ed intessendo, attraverso l’iniziativa denominata “Confronto con la Città”, un dialogo aperto all’intera cittadinanza sui problemi più importanti e complessi della Roma di oggi. Guidò, infine, la celebrazione della medesima assise fino alla redazione del Libro del Sinodo. Quel Libro, che tanto deve a Lei, anche oggi rimane attuale per individuare le vie atte a favorire un incontro reale con Cristo negli ambiti di azione pastorale privilegiati già allora dalla Chiesa di Roma: la famiglia, i giovani, la responsabilità sociale, economica e politica, la cultura. Per attuare quelle indicazioni, molti momenti di riflessione e dialogo sui principali temi di fede e di programmazione pastorale si svolgono tuttora nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Penso ai “Dialoghi in Cattedrale” e agli annuali Convegni ecclesiali, ai quali ho voluto personalmente intervenire da quando sono stato chiamato alla Cattedra di Pietro.
Tra gli impegni di questi anni di episcopato a diretto servizio del Vescovo di Roma, come non menzionare la preparazione e la celebrazione della Missione cittadina in preparazione al Grande Giubileo del 2000? Missione che ha visto il popolo di Dio non solo destinatario ma attivo protagonista. Poi lo stesso Giubileo, che ha avuto il suo momento di maggiore evidenza nella XX Giornata Mondiale della Gioventù: indimenticabile esperienza di Chiesa per la quale molto si deve alla Diocesi di Roma. Ma una speciale parola di apprezzamento si deve al Suo ordinario ministero episcopale. Nel corso degli anni, Ella ha accompagnato all’Ordinazione 484 presbiteri diocesani e ha favorito con varie iniziative la realizzazione di ben 57 nuove chiese parrocchiali, di due luoghi sussidiari di culto e della chiesa del Collegio dei Santi Martiri Coreani. A Lei, Signor Cardinale, è dovuta pure la possibilità che numerose comunità cattoliche provenienti da altre nazioni del mondo hanno avuto di poter disporre in Roma di una chiesa per le loro celebrazioni e per mantenere vivi i rapporti con i connazionali e le terre di origine. Desidero ancora ringraziarLa per quanto ha fatto per i sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, i seminaristi, le aggregazioni laicali e tutto il popolo di Dio della Diocesi di Roma: in questi anni essa è cresciuta nella comunione e nella consapevolezza dell’urgenza della missione.

Al riguardo, debbo esprimerLe personale riconoscenza per la dedizione con cui, in questi anni, mi ha introdotto nella complessa realtà di questa amata Chiesa, accompagnandomi nelle visite alle parrocchie, negli incontri col clero, con i poveri, con gli ammalati, con i giovani. Grazie per aver sostenuto il mio invito ad un serio impegno per l’educazione e per aver convocato più volte in Piazza San Pietro tanti fedeli per ascoltare, sostenere e incoraggiare il ministero del Romano Pontefice.

In tutte queste circostanze, Ella è stata esemplarmente fedele al Suo motto episcopale: “Veritas liberabit nos”. In nome di questa Verità, che è Cristo stesso, Lei si è continuamente speso per il popolo di Dio che è in Roma. Anche per molti altri servizi resi alla Chiesa e alla società in questi venticinque anni di episcopato occorrerebbe ringraziarLa, venerato Fratello. Il Signore, che conosce i cuori degli uomini, in particolare le gioie e le sofferenze dei Pastori, La ricompensi come solo Lui sa fare e continui a colmarLa dei suoi doni. Affido la Sua cara persona alla Vergine Maria, Salus Populi Romani, a san Giuseppe, ai santi Apostoli Pietro e Paolo, e alla vergine e martire Agnese, che ha vegliato sugli anni della Sua formazione nell’Almo Collegio Capranica e della cui Basilica sulla via Nomentana Ella è titolare, mentre con grande affetto, invocando una rinnovata effusione dello Spirito Santo, Le imparto una speciale Benedizione Apostolica, che volentieri estendo ai familiari, ai collaboratori e a tutte le persone care.

Dal Vaticano, 19 giugno 2008

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