giovedì 17 luglio 2008

Il Papa ai giovani: "La vita non è governata dalla sorte, ma una ricerca del vero, del bene e del bello. Dio non può essere lasciato in panchina"


VIAGGIO APOSTOLICO A SYDNEY IN OCCASIONE DELLA XXIII GMG (12-21 LUGLIO 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE A SYDNEY

DISCORSO DEL PAPA AI GIOVANI: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

FESTA DI ACCOGLIENZA DEI GIOVANI

Questo pomeriggio, alle ore 14.35, il Santo Padre raggiunge in auto il Molo di Rose Bay dove viene accolto con danze e canti tradizionali da parte dei capi anziani della popolazione aborigena dell’Australia. Vengono eseguiti canti di benvenuto nel dialetto aborigeno locale e nelle varie lingue delle popolazioni indigene dell’Oceania.
Quindi il Papa si imbarca sulla nave "Sydney 2000" e si trasferisce al molo di Barangaroo per la festa di accoglienza dei giovani. Durante la navigazione il Santo Padre prende posto a prua sulla terrazza del secondo ponte di bordo insieme agli Em.mi Cardinali Tarcisio Bertone, George Pell e Stanisław Ryłko, mentre sul primo e sul terzo ponte si trovano i giovani con le bandiere della GMG. Una flottiglia di piccole imbarcazioni con i giovani a bordo accompagna la nave su cui viaggia il Papa nel corso della navigazione fino al molo di Barangaroo. L’arrivo al molo è previsto per le ore 15.30.

Alle ore 15.30, la nave con a bordo il Santo Padre Benedetto XVI arriva sul molo di Barangaroo dove sono radunati i giovani per la festa di accoglienza. Il Papa è accolto da un gruppo di giovani aborigeni australiani e da un gruppo di giovani dell’area del Pacifico che intonano alcuni canti indigeni e il canto "Tu es Petrus".
Dopo gli indirizzi di omaggio dell’Arcivescovo di Sydney, Em.mo Card. George Pell, e del Presidente della Conferenza Episcopale australiana, S.E. Mons. Philip Edward Wilson, il Santo Padre pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Molo di Barangaroo di Sydney
Giovedì, 17 luglio 2008


Cari giovani,

quale gioia è potervi salutare qui a Barangaroo, sulle sponde della magnifica baia di Sydney, con il famoso ponte e l’Opera House. Molti di voi sono di questo Paese, dall’interno o dalle dinamiche comunità multiculturali delle città australiane. Altri di voi sono giunti dalle isole sparse dell’Oceania, altri ancora dall’Asia, dal Medio Oriente, dall’Africa e dalle Americhe.

Un certo numero di voi, in verità, è arrivato da così lontano quanto me, dall’Europa! Qualunque sia il Paese da cui proveniamo, finalmente siamo qui, a Sydney! E insieme siamo presenti in questo nostro mondo come famiglia di Dio, quali discepoli di Cristo, confermati dal suo Spirito per essere testimoni del suo amore e della sua verità davanti a tutti.

Desidero anzitutto ringraziare gli Anziani degli Aborigeni che mi hanno dato il benvenuto prima che io salissi sul battello nella Rose Bay. Sono profondamente commosso di trovarmi nella vostra terra, sapendo delle sofferenze e delle ingiustizie che essa ha sopportato, ma cosciente anche del risanamento e della speranza ora in atto, di cui giustamente tutti i cittadini australiani possono essere fieri. Ai giovani indigeni – aborigeni e abitanti delle Isole dello Stretto di Torres – e Tokelauani esprimo il mio grazie per il toccante benvenuto. Attraverso di voi, invio cordiali saluti ai vostri popoli.

Signor Cardinale Pell e Mons. Arcivescovo Wilson: vi ringrazio per le vostre calde espressioni di benvenuto. So che i vostri sentimenti riecheggiano nel cuore dei giovani qui radunati questa sera, e perciò vi ringrazio tutti. Di fronte a me vedo un’immagine vibrante della Chiesa universale. La varietà di Nazioni e di culture dalle quali voi provenite dimostra che davvero la Buona Novella di Cristo è per tutti e per ciascuno; essa ha raggiunto i confini della terra. E tuttavia so anche che un buon numero fra voi è tuttora alla ricerca di una patria spirituale. Alcuni fra voi, assolutamente benvenuti tra noi, non sono cattolici o cristiani. Altri tra voi, forse, si muovono ai confini della vita della parrocchia e della Chiesa.

A voi desidero offrire il mio incoraggiamento: avvicinatevi all’amorevole abbraccio di Cristo; riconoscete la Chiesa come vostra casa. Nessuno è obbligato a rimanere all’esterno, poiché dal giorno di Pentecoste la Chiesa è una e universale.

Questa sera desidero includere anche quanti non sono presenti fra di noi. Penso specialmente ai malati o ai disabili psichici, ai giovani in prigione, a quanti faticano ai margini delle nostre società ed a coloro che per una qualche ragione si sentono alienati dalla Chiesa. A loro dico: Gesù ti è vicino! Sperimenta il suo abbraccio che guarisce, la sua compassione, la sua misericordia!

Quasi duemila anni orsono gli Apostoli, radunati nella sala superiore della casa insieme con Maria (cfr At 1,14) e con alcune donne fedeli, furono riempiti di Spirito Santo (cfr At 2,4). In quello straordinario momento, che segnò la nascita della Chiesa, la confusione e la paura che avevano afferrato i discepoli di Cristo si trasformarono in una vigorosa convinzione e in consapevolezza di uno scopo. Si sentirono spinti a parlare del loro incontro con Gesù risorto, che oramai chiamavano affettuosamente il Signore. In molti modi gli Apostoli erano persone ordinarie. Nessuno poteva affermare di essere il discepolo perfetto. Avevano mancato di riconoscere Cristo (cfr Lc 24,13-32), avevano dovuto vergognarsi della loro ambizione (cfr Lc 22,24-27), lo avevano anche rinnegato (cfr Lc 22,54-62). E tuttavia, quando furono ripieni di Spirito Santo, furono trafitti dalla verità del Vangelo di Cristo e ispirati a proclamarlo senza timore. Rinfrancati, gridarono: pentitevi, fatevi battezzare, ricevete lo Spirito Santo (cfr At 2,37-38)! Fondata sull’insegnamento degli Apostoli, sull’adesione a loro, sullo spezzare il pane e sulla preghiera (cfr At 2,42), la giovane comunità cristiana si fece avanti per opporsi alla perversità della cultura che la circondava (cfr At 2,40), per prendersi cura dei propri membri (cfr At 2,44-47), per difendere la propria fede in Gesù di fronte alle ostilità (cfr At 4,33) e per guarire i malati (cfr At 5,12-16). E in adempimento del comando di Cristo stesso, partirono, testimoniando la storia più grande di tutti i tempi: quella che Dio si è fatto uno di noi, che il divino è entrato nella storia umana per poterla trasformare, e che siamo chiamati ad immergerci nell’amore salvifico di Cristo che trionfa sul male e sulla morte. Nel suo famoso discorso all’areopago, san Paolo introdusse il messaggio così: Dio dona ogni cosa, compresa la vita e il respiro, a ciascuno, così che tutte le Nazioni possano ricercare Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni. Infatti egli non è lontano da ciascuno di noi, poiché in lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo (cfr At 17, 25-28).

Da quel momento, uomini e donne sono usciti fuori per raccontare la stessa vicenda, testimoniando l’amore e la verità di Cristo, e contribuendo alla missione della Chiesa. Oggi pensiamo a quei pionieri – sacerdoti, suore e frati - che giunsero a questi lidi e in altre parti del Pacifico, dall’Irlanda, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e da altre parti d’Europa. La maggior parte di loro erano giovani, alcuni persino non ancora ventenni, e quando salutarono per sempre i genitori, i fratelli, le sorelle, gli amici, ben sapevano che sarebbe stato improbabile per loro ritornare a casa. Le loro vite furono una testimonianza cristiana priva di interessi egoistici. Divennero umili ma tenaci costruttori di così gran parte dell’eredità sociale e spirituale che ancora oggi reca bontà, compassione e scopo a queste Nazioni. E furono capaci di ispirare un’altra generazione. Viene alla mente immediatamente la fede che sostenne la beata Mary MacKillop nella sua decisa determinazione di educare specialmente i poveri, e il beato Peter To Rot nella sua ferma convinzione che la guida di una comunità deve sempre rifarsi al Vangelo. Pensate anche ai vostri nonni e ai vostri genitori, i vostri primi maestri nella fede. Anch’essi hanno fatto innumerevoli sacrifici di tempo e di energia, mossi dall’amore per voi. Con il sostegno dei sacerdoti e degli insegnanti della vostra parrocchia, essi hanno il compito, non sempre facile ma altamente gratificante, di guidarvi verso tutto ciò che è buono e vero, mediante il loro esempio personale, il loro modo di insegnare e di vivere la fede cristiana.

Oggi è il mio turno. Ad alcuni di noi può sembrare di essere giunti alla fine del mondo! Per le persone della vostra età, comunque, ogni volo è una prospettiva eccitante. Ma per me, questo volo è stato in qualche misura causa di apprensione. E tuttavia la vista del nostro pianeta dall’alto è stata davvero magnifica.

Il luccichio del Mediterraneo, la magnificenza del deserto nordafricano, la lussureggiante foresta dell’Asia, la vastità dell’Oceano Pacifico, l’orizzonte sul quale il sole sorge e cala, il maestoso splendore della bellezza naturale dell’Australia, di cui ho potuto godere nei trascorsi due giorni; tutto ciò suscita un profondo senso di reverente timore. È come se uno catturasse rapide immagini della storia della creazione raccontata nella Genesi: la luce e le tenebre, il sole e la luna, le acque, la terra e le creature viventi. Tutto ciò è “buono” agli occhi di Dio (cfr Gn 1,1–2,4). Immersi in simile bellezza, come si potrebbe non far eco alle parole del Salmista nel lodare il Creatore: “Quanto è grande il tuo nome su tutta la terra” (Sal 8,2)?

Ma vi è di più, qualcosa di difficile percezione dall’alto dei cieli: uomini e donne creati niente di meno che ad immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,26). Al cuore della meraviglia della creazione ci siamo voi ed io, la famiglia umana “coronata di gloria e di onore” (cfr Sal 8,6). Quale meraviglia! Con il Salmista sussurriamo: “Che cosa è l’uomo perché te ne curi?” (cfr Sal 8,5). Introdotti nel silenzio, in uno spirito di gratitudine, nella potenza della santità, noi riflettiamo.

Che cosa scopriamo? Forse con riluttanza giungiamo ad ammettere che vi sono anche delle ferite che segnano la superficie della terra: l’erosione, la deforestazione, lo sperpero delle risorse minerali e marine per alimentare un insaziabile consumismo.
Alcuni di voi giungono da isole-Stato, la cui esistenza stessa è minacciata dall’aumento dei livelli delle acque; altri da Nazioni che soffrono gli effetti di siccità devastanti. La meravigliosa creazione di Dio viene talvolta sperimentata come una realtà quasi ostile per i suoi custodi, persino come qualcosa di pericoloso. Come può ciò che è “buono” apparire così minaccioso?

E c’è di più. Che dire dell’uomo, del vertice della creazione di Dio? Ogni giorno incontriamo il genio delle conquiste umane. Dai progressi nelle scienze mediche e dalla sapiente applicazione della tecnologia fino alla creatività riflessa nelle arti, in molti modi cresce costantemente la qualità e la soddisfazione della vita della gente. Anche tra voi vi è una pronta disponibilità ad accogliere le abbondanti opportunità che vi vengono offerte.

Alcuni di voi eccellono negli studi, nello sport, nella musica, o nella danza e nel teatro, altri tra voi hanno un acuto senso della giustizia sociale e dell’etica e molti di voi si assumono impegni di servizio e di volontariato. Tutti noi, giovani e vecchi, abbiamo momenti nei quali la bontà innata della persona umana - percepibile forse nel gesto di un piccolo bambino o nella disponibilità di un adulto a perdonare - ci riempie di profonda gioia e gratitudine.

E tuttavia tali momenti non durano a lungo. Perciò, ancora, riflettiamo. E scopriamo che non soltanto l’ambiente naturale, ma anche quello sociale - l’habitat che ci creiamo noi stessi - ha le sue cicatrici; ferite che stanno ad indicare che qualcosa non è a posto. Anche qui nelle nostre vite personali e nelle nostre comunità possiamo incontrare ostilità a volte pericolose; un veleno che minaccia di corrodere ciò che è buono, riplasmare ciò che siamo e distorcere lo scopo per il quale siamo stati creati. Gli esempi abbondano, come voi ben sapete. Fra i più in evidenza vi sono l’abuso di alcool e di droghe, l’esaltazione della violenza e il degrado sessuale, presentati spesso dalla televisione e da internet come divertimento. Mi domando come potrebbe uno che fosse posto faccia a faccia con persone che soffrono realmente violenza e sfruttamento sessuale spiegare che queste tragedie, riprodotte in forma virtuale, sono da considerare semplicemente come “divertimento”.

Vi è anche qualcosa di sinistro che sgorga dal fatto che libertà e tolleranza sono così spesso separate dalla verità. Questo è alimentato dall’idea, oggi ampiamente diffusa, che non vi sia una verità assoluta a guidare le nostre vite. Il relativismo, dando valore in pratica indiscriminatamente a tutto, ha reso l’“esperienza” importante più di tutto. In realtà, le esperienze, staccate da ogni considerazione di ciò che è buono o vero, possono condurre non ad una genuina libertà, bensì ad una confusione morale o intellettuale, ad un indebolimento dei principi, alla perdita dell’autostima e persino alla disperazione.

Cari amici, la vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La vostra personale esistenza è stata voluta da Dio, benedetta da lui e ad essa è stato dato uno scopo (cfr Gn 1,28)! La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità.

Cristo offre di più! Anzi, offre tutto! Solo lui, che è la Verità, può essere la Via e pertanto anche la Vita. Così la “via” che gli Apostoli recarono sino ai confini della terra è la vita in Cristo. È la vita della Chiesa. E l’ingresso in questa vita, nella via cristiana, è il Battesimo.

Questa sera desidero pertanto ricordare brevemente qualcosa della nostra comprensione del Battesimo, prima di considerare domani lo Spirito Santo. Nel giorno del Battesimo Dio vi ha introdotto nella sua santità (cfr 2 Pt 1,4). Siete stati adottati quali figli e figlie del Padre e siete stati incorporati in Cristo. Siete divenuti abitazione del suo Spirito (cfr 1 Cor 6,19). Il Battesimo non è un compimento né una ricompensa: è una grazia, è opera di Dio. Perciò, verso la fine del rito del Battesimo, il sacerdote si è rivolto ai vostri genitori e ai partecipanti, e chiamandovi per nome ha detto: “Sei diventato nuova creatura” (Rito del Battesimo, 99).

Cari amici, a casa, a scuola, all’università, nei luoghi di lavoro e di svago, ricordatevi che siete creature nuove. Non state soltanto di fronte al Creatore pieni di stupore, rallegrandovi per le sue opere, ma tenete presente che il fondamento sicuro dell’umana solidarietà sta nell’origine comune di ogni persona, il vertice del disegno creativo di Dio per il mondo.

Come cristiani, voi siete in questo mondo sapendo che Dio ha un volto umano – Gesù Cristo – la “via” che soddisfa ogni anelito umano, e la “vita” della quale siamo chiamati a dare testimonianza, camminando sempre nella sua luce (cfr ibid., 100).

Il compito di testimone non è facile. Vi sono molti, oggi, i quali pretendono che Dio debba essere lasciato “in panchina” e che la religione e la fede, per quanto accettabili sul piano individuale, debbano essere o escluse dalla vita pubblica o utilizzate solo per perseguire limitati scopi pragmatici. Questa visione secolarizzata tenta di spiegare la vita umana e di plasmare la società con pochi riferimenti o con nessun riferimento al Creatore. Si presenta come una forza neutrale, imparziale e rispettosa di ciascuno. In realtà, come ogni ideologia, il secolarismo impone una visione globale. Se Dio è irrilevante nella vita pubblica, allora la società potrà essere plasmata secondo un’immagine priva di Dio, e il dibattito e la politica riguardanti il bene comune saranno condotti più alla luce delle conseguenze che dei principi radicati nella verità.

Tuttavia l’esperienza mostra che il discostarsi dal disegno di Dio creatore provoca un disordine che ha inevitabili ripercussioni sul resto del creato (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1990, 5). Quando Dio viene eclissato, la nostra capacità di riconoscere l’ordine naturale, lo scopo e il “bene” comincia a svanire. Ciò che ostentatamente è stato promosso come umana ingegnosità si è ben presto manifestato come follia, avidità e sfruttamento egoistico. E così ci siamo resi sempre più conto del bisogno di umiltà di fronte alla delicata complessità del mondo di Dio.

E che dire del nostro ambiente sociale? Siamo ugualmente vigili quanto ai segni del nostro volgere le spalle alla struttura morale di cui Dio ha dotato l’umanità (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2007, 8)? Sappiamo riconoscere che l’innata dignità di ogni individuo poggia sulla sua più profonda identità, quale immagine del Creatore, e che perciò i diritti umani sono universali, basati sulla legge naturale, e non qualcosa dipendente da negoziati o da condiscendenza, men che meno da compromesso? E così siamo condotti a riflettere su quale posto hanno nelle nostre società i poveri, i vecchi, gli immigranti, i privi di voce. Come può essere che la violenza domestica tormenti tante madri e bambini? Come può essere che lo spazio umano più mirabile e sacro, il grembo materno, sia diventato luogo di violenza indicibile?

Cari amici, la creazione di Dio è unica ed è buona. Le preoccupazioni per la non violenza, lo sviluppo sostenibile, la giustizia e la pace, la cura del nostro ambiente sono di vitale importanza per l’umanità. Tutto ciò non può però essere compreso a prescindere da una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, una dignità che è conferita da Dio stesso e perciò inviolabile. Il nostro mondo si è stancato dell’avidità, dello sfruttamento e della divisione, del tedio di falsi idoli e di risposte parziali, e della pena di false promesse. Il nostro cuore e la nostra mente anelano ad una visione della vita dove regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità, e dove l’identità sia trovata in una comunione rispettosa. Questa è opera dello Spirito Santo! Questa è la speranza offerta dal Vangelo di Gesù Cristo! È per rendere testimonianza a questa realtà che siete stati ricreati nel Battesimo e rafforzati mediante i doni dello Spirito nella Cresima. Sia questo il messaggio che voi portate da Sydney al mondo!

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

Il benvenuto del cardinale George Pell

Tra di noi per rafforzare la fede

Pubblichiamo in una nostra traduzione dall'inglese l'indirizzo d'omaggio pronunciato dal cardinale George Pell, arcivescovo di Sydney, nel pomeriggio di giovedì 17 luglio, nel corso della festa di accoglienza dei giovani sul molo di Barangaroo Sydney:

Santità,

era da quando il primo arcivescovo cattolico di Sydney, Patrick Francis Moran, sbarcò qui l'8 settembre 1884 che la comunità cattolica della città di Sydney non vedeva un benvenuto come quello ricevuto da lei arrivando nella baia di Sydney. In una città che a quel tempo contava soltanto 270.000 abitanti, 20 vaporetti addobbati con bandiere, striscioni e fiori con a bordo migliaia di cattolici salparono da Circular Quay per accompagnare la sua nave "Liguria" arrivata dall'Europa. Decine di migliaia accorsero alla baia. Nella sua prima omelia l'arcivescovo Moran spiegò che in Australia aveva trovato "la stessa pietà, lo stesso amore per la religione, la stessa generosità e lo stesso spirito di sacrificio" tipici della Chiesa tradizionale europea.
Santità, ci auguriamo che anche lei la pensi come noi al termine della sua permanenza qui.
Nella nostra breve storia generalmente i cattolici australiani hanno sostenuto il Papa, anche se non sempre e ovunque. Questo ci allieta.
La accogliamo tra di noi come uomo di fede e di preghiera, avido di cultura e insegnante illustre, che per decine di anni ha saputo comunicare con altri rappresentanti delle nostre democrazie pluraliste. La accogliamo come sacerdote e vescovo. Ma ancor di più la accogliamo come successore di San Pietro, la pietra su cui Gesù fondò la Chiesa. Nella lealtà e nella preghiera le diamo il benvenuto come Papa e vescovo di Roma.
Il papato risale ai tempi antichi. Non così antichi come la civiltà aborigena, presente in questo aspro continente per decine di migliaia di anni, fin da prima della nascita di nostro Signore Gesù Cristo. I no- stri concittadini aborigeni le hanno già dato il benvenuto nella nostra terra.
Più di 900 anni prima dell'esistenza del re d'Inghilterra, a Roma regnava il Papa, e più di 1700 anni prima dello sbarco degli europei sulla costa orientale del nostro continente, sempre a Roma San Pietro guidava la piccola e perseguitata comunità cristiana.
In quanto Papa lei segue le orme del suo beneamato predecessore Papa Giovanni Paolo il Grande, il quale indisse la Giornata Mondiale della Gioventù e venne a trovarci due volte qui in Australia. Lo ricordiamo con grande amore e ammirazione.
Santità, lei è tra amici. E non solo tra figli, fratelli e sorelle di fede cattolica, ma anche tra amici provenienti da tutti gli angoli del Paese e soprattutto da altre comunità cristiane.
È il benvenuto tra noi, e preghiamo che la sua visita ci dia forza, così come Gesù Cristo pregò per Pietro, che non venisse meno la sua fede; e che lui, una volta ravveduto, confermasse i suoi fratelli (Lc 22, 32).

(©L'Osservatore Romano - 18 luglio 2008)

Il saluto dell'arcivescovo Philip Edward Wilson

Una rinnovata speranza per guardare al futuro

Pubblichiamo in una nostra traduzione dall'inglese l'indirizzo d'omaggio pronunciato dall'arcivescovo di Adelaide Philip Edward Wilson, presidente della Conferenza episcopale australiana:

Santo Padre,

è per me un grande onore darle il benvenuto in Australia a nome di tutti coloro che sono riuniti qui in sua presenza e dei molti altri che sono uniti a noi attraverso i mezzi di comunicazione e nello spirito. La saluto nell'amore e nella pace di nostro Signore Gesù Cristo. Sullo splendido sfondo del porto di Sydney, la ringraziamo per aver fatto questo lungo viaggio fino all'Australia, per guidarci nelle belle celebrazioni della Giornata Mondiale della Gioventù. È un'occasione molto importante per noi.
È la quarta volta nella storia della nostra nazione che abbiamo avuto la presenza del Santo Padre fra noi. Le due visite del suo amato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, così come la visita di Papa Paolo VI nel 1970, rimangono scolpite nei nostri cuori e nelle nostre menti, e consideriamo una vera benedizione questa opportunità di accoglierla nella Grande Terra del Sud dello Spirito Santo, come questo continente venne chiamato all'inizio, la terra sotto la Croce del Sud. Santo Padre, riuniti alla sua presenza, rinnoviamo la nostra fede e il nostro impegno nei confronti di Cristo e della sua Chiesa. Volgendo lo sguardo a questa vista magnifica della gioventù del mondo, radunati nella fede e nell'amore, siamo pieni di speranza, la vera speranza cristiana della quale ha parlato così splendidamente nella sua enciclica Spe salvi.
La sua presenza fra noi nei prossimi giorni rafforza la nostra speranza, mentre tutti noi ci sforziamo di incontrare personalmente Gesù Cristo in modi sempre più profondi e autentici. Nello scegliere il tema della Giornata Mondiale della Gioventù: "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni" (At 1, 8), ci ricorda che non siamo soli nei nostri sforzi di vivere una vita centrata su Cristo e piena di speranza. Abbiamo la guida sicura dello Spirito Santo, che ci darà potere e forza anche quando ci sentiamo particolarmente deboli. Rafforzati dallo Spirito, siamo quindi chiamati ad alzarci e vivere la nostra vita secondo uno stile che ci caratterizza come testimoni di Cristo.
Santo Padre, ci impegniamo a vivere l'intensa esperienza spirituale della Giornata Mondiale della Gioventù e ad immergerci, con lei e con ciascuno, nella preghiera, nella riflessione e nell'azione durante questi giorni, aperti allo Spirito Santo, il Signore, il datore della vita, affinché ci rinnovi e ci guidi. Siamo una nazione giovane, abitiamo una terra in cui l'antica cultura del nostro popolo aborigeno ha dato una dimensione spirituale a tutti gli aspetti che vediamo. Il suo arrivo qui oggi è il segno di una giornata speciale nella storia della nostra nazione, e preghiamo affinché gli eventi dei prossimi giorni portino abbondanti benedizioni su tutti noi, specialmente sui nostri giovani qui riuniti e su tutti i giovani del mondo, su tutta la Chiesa e sulla nostra amata nazione australiana.
Santo Padre, le diamo un caloroso benvenuto.

(©L'Osservatore Romano - 18 luglio 2008)

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