venerdì 18 luglio 2008

Il Papa: "Ogni elemento della struttura della Chiesa è importante; ma tutti vacillerebbero e crollerebbero senza la pietra angolare che è Cristo"


VIAGGIO APOSTOLICO A SYDNEY IN OCCASIONE DELLA XXIII GMG (12-21 LUGLIO 2008): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE A SYDNEY

INCONTRO ECUMENICO NELLA CRIPTA DELLA ST. MARY’S CATHEDRAL DI SYDNEY

Questa mattina, dopo aver celebrato la Santa Messa in privato nella Cappella della Cathedral House di Sydney, alle ore 9.30 il Santo Padre Benedetto XVI riceve nella Reception Hall della Cathedral House, in separate udienze private, il Governatore del New South Wales, Prof.ssa Marie Bashir, il Premier del New South Wales, Sig. Morris Iemma, e il Sindaco di Sydney, Sig.ra Clover More, con le rispettive famiglie.

Alle ore 10.30, nella Cripta della St. Mary’s Cathedral di Sydney, ha luogo l’incontro ecumenico. Il Papa raggiunge a piedi la Cripta, accolto all’ingresso est dal Vescovo della Conferenza Episcopale Australiana incaricato per il Dialogo ecumenico ed interreligioso. Partecipano all’incontro alcuni leader di altre Chiese e Confessioni cristiane ed i membri del New South Wales Ecumenical Council.
Dopo i saluti dell’Arcivescovo di Sydney, Em.mo Card. George Pell, e del Vescovo anglicano di Sydney, Rev.do Robert Forsyth, il Santo Padre pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Cripta della St. Mary’s Cathedral di Sydney
Venerdì, 18 luglio 2008


Cari fratelli e sorelle in Cristo,

elevo fervide grazie a Dio per l’opportunità di incontrarvi e di pregare insieme con voi, che siete giunti qui in rappresentanza di varie comunità cristiane in Australia. Riconoscente per le cordiali parole di benvenuto del Vescovo Forsyth e del Cardinale Pell, con sentimenti di gioia vi saluto nel nome del Signore Gesù, "la pietra angolare" della "casa di Dio" (cfr Ef 2,19-20). Desidero inviare un particolare saluto al Cardinale Edward Cassidy, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, il quale, a motivo della salute cagionevole, non ha potuto essere oggi con noi. Ricordo con gratitudine il suo deciso impegno nel promuovere la reciproca comprensione fra tutti i cristiani, e vorrei invitare tutti voi ad unirvi a me nella preghiera per il suo pronto ristabilimento.

L’Australia è un Paese contrassegnato da grande diversità etnica e religiosa. Gli immigranti giungono ai lidi di questa maestosa terra con la speranza di trovarvi felicità e buone opportunità di occupazione. Anche la vostra è una Nazione che riconosce l’importanza della libertà religiosa.

Questo è un diritto fondamentale che, se rispettato, consente ai cittadini di agire sulla base di valori radicati nelle loro più profonde convinzioni, contribuendo così al benessere dell’intera società. In questo modo i cristiani contribuiscono, insieme con i membri delle altre religioni, alla promozione della dignità umana e all’amicizia fra le nazioni.

Gli australiani amano la discussione franca e cordiale. Ciò ha reso un buon servizio al movimento ecumenico. Un esempio può essere l’Accordo siglato nel 2004 dai membri del Consiglio Nazionale delle Chiese in Australia. Questo documento riconosce un comune impegno, indica degli obiettivi, dichiara punti di convergenza, senza passare frettolosamente sopra alle differenze. Un simile approccio dimostra non solo che è possibile trovare risoluzioni concrete per una collaborazione fruttuosa nel presente, ma anche che abbiamo bisogno di continuare pazienti discussioni sui punti teologici di divergenza. Possano le deliberazioni, che intraprenderete nel Consiglio delle Chiese ed in altri forum locali, essere sostenute dai risultati che avete già raggiunti.

Quest’anno celebriamo il bimillenario della nascita di san Paolo, lavoratore instancabile a favore dell’unità nella Chiesa primitiva. Nel brano della Scrittura che abbiamo appena udito, Paolo ci ricorda l’enorme grazia che abbiamo ricevuto nel divenire membra del Corpo di Cristo mediante il Battesimo. Questo Sacramento, che è la porta d’ingresso nella Chiesa e il "vincolo di unità" per quanti grazie ad esso sono rinati (cfr Unitatis redintegratio, 22), è conseguentemente il punto di partenza dell’intero movimento ecumenico. E tuttavia non è la destinazione finale. Il cammino dell’Ecumenismo mira in definitiva ad una comune celebrazione dell’Eucaristia (cfr Ut unum sint, 23-24; 45), che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli come il Sacramento per eccellenza dell’unità della Chiesa. Anche se vi sono ancora ostacoli da superare, noi possiamo essere sicuri che un giorno una comune Eucaristia non farà che sottolineare la nostra decisione di amarci e servirci gli uni gli altri a imitazione del nostro Signore: il comandamento di Gesù di "fare questo in memoria di me" (Lc 22,19) è, infatti, intrinsecamente ordinato al suo monito di "lavarci i piedi gli uni gli altri" (Gv 13,14). Per questa ragione un sincero dialogo concernente il posto dell’Eucaristia – stimolato da un rinnovato ed attento studio della Scrittura, degli scritti patristici e dei documenti dei due millenni della storia cristiana (cfr Ut unum sint, 69-70) – gioverà indubbiamente a far avanzare il movimento ecumenico e ad unificare la nostra testimonianza davanti al mondo.

Cari amici in Cristo, penso sarete d’accordo nel ritenere che il movimento ecumenico sia giunto ad un punto critico. Per andare avanti, dobbiamo continuamente chiedere a Dio di rinnovare le nostre menti con la grazia dello Spirito Santo (cfr Rm 12,2), che ci parla attraverso le Scritture e ci guida alla verità tutta intera (cfr 2 Pt 1,20-21; Gv 16,13).

Dobbiamo stare in guardia contro ogni tentazione di considerare la dottrina come fonte di divisione e perciò come impedimento a quello che sembra essere il più urgente ed immediato compito per migliorare il mondo nel quale viviamo. In realtà, la storia della Chiesa dimostra che la praxis non solo è inseparabile dalla didaché, dall’insegnamento, ma anzi ne promana. Quanto più assiduamente ci dedichiamo a raggiungere una comune comprensione dei divini misteri, tanto più eloquentemente le nostre opere di carità parleranno dell’immensa bontà di Dio e del suo amore verso tutti.

Sant’Agostino espresse l’interconnessione tra il dono della conoscenza e la virtù della carità quando scrisse che la mente ritorna a Dio attraverso l’amore (cfr De moribus Ecclesiae catholicae, XII, 21), e che dovunque si vede la carità, si vede la Trinità (cfr De Trinitate, 8, 8, 12).

Per questa ragione, il dialogo ecumenico avanza non soltanto mediante uno scambio di idee, ma condividendo doni che ci arricchiscono mutuamente (cfr Ut unum sint, 28; 57). Un’‘idea’ è finalizzata al raggiungimento della verità; un ‘dono’ esprime l’amore. Ambedue sono essenziali al dialogo. L’aprire noi stessi ad accettare doni spirituali da altri cristiani stimola la nostra capacità di percepire la luce della verità che viene dallo Spirito Santo. San Paolo insegna che è nella koinonia della Chiesa che noi abbiamo l’accesso alla verità del Vangelo e i mezzi per difenderla, perché la Chiesa è edificata "sopra il fondamento degli Apostoli e dei Profeti", avendo lo stesso Gesù quale pietra angolare (Ef 2,20).

In questa luce, possiamo forse prendere in considerazione le immagini bibliche complementari di "corpo" e di "tempio" usate per descrivere la Chiesa. Nell’adoperare l’immagine del corpo (cfr 1 Cor 12,12-31), Paolo attira l’attenzione sull’unità organica e sulla diversità che permette alla Chiesa di respirare e di crescere. Ugualmente significativa, tuttavia, è l’immagine di un tempio solido e ben strutturato, composto di pietre vive, poggianti su un fondamento sicuro. Gesù stesso raccoglie in sé in perfetta unità queste immagini di "corpo" e di "tempio" (cfr Gv 2,21-22; Lc 23,45; Ap 21,22).

Ogni elemento della struttura della Chiesa è importante; ma tutti vacillerebbero e crollerebbero senza la pietra angolare che è Cristo. Quali "concittadini" di questa "casa di Dio", i cristiani devono operare insieme per far sì che l’edificio rimanga saldo così che altre persone siano attratte ad entrarvi e a scoprire gli abbondanti tesori di grazia che si trovano al suo interno.

Nel promuovere i valori cristiani, non dobbiamo trascurare di proclamarne la fonte dando comune testimonianza a Gesù Cristo Signore. È Lui che ha affidato la missione agli apostoli, è Lui del quale i profeti hanno parlato, ed è Lui che noi offriamo al mondo.

Cari amici, la vostra presenza qui oggi mi riempie di ardente speranza che, come proseguiamo insieme sulla via verso la piena unità, avremo il coraggio di offrire una comune testimonianza a Cristo.

Paolo parla dell’importanza dei profeti nella Chiesa degli inizi; anche noi abbiamo ricevuto una chiamata profetica mediante il Battesimo. Confido che lo Spirito apra i nostri occhi per vedere i doni spirituali degli altri, apra il nostri cuori per ricevere la sua potenza e spalanchi le nostre menti per accogliere la luce della verità di Cristo.

Esprimo la mia fervida gratitudine a ciascuno di voi per l’impegno di tempo, d’insegnamento e di talento che avete profuso a servizio dell’"unico corpo e dell’unico spirito" (Ef 4,4; cfr 1 Cor 12,13), che il Signore ha voluto per il suo popolo e per il quale ha dato la sua stessa vita. Gloria e potenza siano a Lui nei secoli dei secoli. Amen!

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

I saluti del cardinale Pell e del vescovo anglicano

"Sin dai primi giorni del suo pontificato, ha desiderato incontrare i suoi fratelli cristiani nella ricerca di una maggiore unità, quell'unità voluta dallo stesso Signore Gesù. Le siamo grati per la sua guida, che è una continuazione del lungo servizio da lei prestato come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede". Con queste parole il cardinale George Pell ha salutato Benedetto XVI all'inizio dell'incontro ecumenico. Ricordando le divisioni - anche fra cristiani - che hanno caratterizzato la storia dell'Australia, il porporato ha sottolineato come "la mia generazione ricorda l'antagonismo fra cattolici e protestanti, e tanto i miei genitori quanto i miei nonni venivano da entrambi i versanti della divisione. I giovani pellegrini presenti in questa città, grazie a Dio, conoscono poco di questa storia e hanno sperimentato delle amicizie autentiche che vanno oltre le divisioni ecclesiali". Evidenziando gli sforzi e il cammino compiuto nel campo ecumenico, il cardinale si è augurato che "i giovani della Giornata Mondiale della Gioventù, costruendo legami di amicizia e di fratellanza in modo trasversale rispetto alle nazionalità e alle razze, ci ispireranno ad approfondire la nostra ricerca per una maggiore cooperazione e una più efficace testimonianza della nostra fede nel Signore Gesù". Infatti, "il fine della nostra ricerca dell'unità è che possiamo essere testimoni affinché il mondo creda. L'unità cristiana non è soltanto un dono per la Chiesa, ma per il mondo. L'Australia ha bisogno della testimonianza dei suoi cittadini cristiani. Questa testimonianza è più debole quando è divisa. La nostra testimonianza comune, insieme come collaboratori nella verità - cooperatores veritatis, secondo il motto scelto da Sua Santità - è essenziale per i giovani australiani, che sono alla ricerca della verità su se stessi, sul mondo intorno a loro e, forse provvisoriamente, cercando la verità su Dio".
Successivamente, il vescovo anglicano del settore sud di Sydney, Robert Forsyth, ha rivolto un breve saluto al Papa, sottolineando che "nell'affrontare questo incontro, sono perfettamente consapevole che esistono e permangono grandi e importanti differenze fra noi, che ancora contano oggi, compreso il suo stesso ministero. Ciononostante, sono stato aiutato da una recente autorevole interpretazione del suo pensiero teologico - pubblicata qui in Australia - che riassumeva il suo approccio all'ecumenismo in questo modo (cito le sue parole): "Non significa nascondere la verità con il risultato di recare dispiacere ad altri; la verità piena fa parte dell'amore pieno; deve piuttosto significare che i cristiani cessano di vedere gli altri cristiani come meri avversari contro i quali si devono difendere, devono riconoscere gli altri fedeli cristiani come fratelli". Seguendo il suo stesso esempio, con gioia la saluto come fratello cristiano". Per questo, ha aggiunto il vescovo anglicano, "mi piacerebbe andare molto oltre, e dire quanta importanza attribuiamo, in molte aree, alla leadership della Chiesa cattolica romana. Su molte questioni ho descritto la sua Chiesa come uno scoglio fra le rapide, come una lastra di vetro che protegge dal vento di questo mondo, che di fatto ha aiutato tutti noi. Se non fosse stato per la sua forte insistenza su Cristo come unico Salvatore del mondo, sulla fede cattolica, sulla natura del Dio trino, la divinità di Cristo, la centralità e la supremazia della Sacra Scrittura e il carattere oggettivo della moralità cristiana, la vita delle altre Chiese cristiane sarebbe stata molto più difficile, specialmente qui in Occidente".

(©L'Osservatore Romano - 19 luglio 2008)

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