giovedì 30 aprile 2009

Il Papa al concerto nel IV anniversario di Pontificato: Un omaggio che, oltre a gratificare il senso estetico, nutre il nostro spirito


Concerto per il quarto anno di Pontificato del Santo Padre: il saluto del Presidente Napolitano

Colloquio privato fra il Santo Padre ed il Presidente Napolitano: comunicato della Presidenza della Repubblica

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

SALUTO DEL PRESIDENTE NAPOLITANO: IL VIDEO

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SERVIZIO DI SKYTG24

Il Papa e Mozart: un discorso da appassionato di musica classica (Sassi)

Il Papa e Napolitano, sintonia per l’Abruzzo (Giansoldati)

Il concerto offerto al Papa dal presidente Napolitano: Haydn e Mozart in versione ottimista (Osservatore Romano)

CONCERTO OFFERTO DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA GIORGIO NAPOLITANO IN ONORE DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DEL IV ANNIVERSARIO DI PONTIFICATO, 30.04.2009

Questo pomeriggio, alle ore 17.30, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, ha avuto luogo un Concerto offerto dal Presidente della Repubblica Italiana, S.E. il Sig. Giorgio Napolitano, in onore del Santo Padre Benedetto XVI, in occasione del quarto anniversario di Pontificato.
L’Orchestra Sinfonica e il Coro Sinfonico di Milano "Giuseppe Verdi", diretti rispettivamente dal Maestro Xian Zhang e dal Maestro Erina Gambarini, hanno eseguito musiche di Franz Joseph Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Antonio Vivaldi.
Prima del Concerto, il Presidente della Repubblica ha indirizzato al Santo Padre voti augurali per il felice anniversario.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti al termine dell’esecuzione musicale:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Presidente della Repubblica,
Signori Cardinali,
Onorevoli Ministri,
venerati Fratelli,
gentili Signori e Signore
!

Nel rivolgere a tutti il mio cordiale saluto, esprimo la più viva gratitudine al Presidente della Repubblica Italiana, Onorevole Giorgio Napolitano, che, in occasione del quarto anniversario dell’inizio del mio Pontificato, ha voluto offrirmi questo eccellente omaggio musicale.
Grazie, Signor Presidente, anche per le cortesi parole che mi ha indirizzato poc’anzi, e un caro saluto alla Sua gentile Signora. Sono lieto di salutare i Ministri e le altre Autorità dello Stato italiano, come pure i Signori Ambasciatori e le diverse Personalità che ci onorano della loro presenza.

Ho molto gradito il ritorno dell’Orchestra e del Coro "Giuseppe Verdi" di Milano, che abbiamo già molto apprezzato un anno fa. Mentre dunque ringrazio l’omonima Fondazione e quanti in diversi modi hanno collaborato all’organizzazione, rinnovo le mie congratulazioni a tutti gli Orchestrali e Coristi, in particolare al Direttore, Signorina Zhang Xian, al Maestro del Coro, Signora Erina Gambarini, e alle tre Soliste. La maestria e l’entusiasmo di ciascuno ha contribuito ad un’esecuzione che ha dato veramente nuova vita ai brani proposti, opera di tre Autori di prima grandezza: Vivaldi, Haydn e Mozart. Ho trovato la scelta delle composizioni molto adatta al tempo liturgico che stiamo vivendo: il tempo di Pasqua. La Sinfonia 95 di Haydn – che abbiamo ascoltata per prima – sembra contenere in sé un itinerario che potremmo dire "pasquale". Comincia infatti in tonalità minore di Do, e attraverso un percorso sempre perfettamente equilibrato, ma non privo di drammaticità, giunge alla conclusione in Do maggiore. Questo fa pensare all’itinerario dell’anima – rappresentata in modo particolare dal violoncello – verso la pace e la serenità. Subito dopo, la Sinfonia 35 di Mozart è giunta quasi ad amplificare e coronare l’affermazione della vita sulla morte, della gioia sulla mestizia. In essa, infatti, prevale decisamente il senso della festa. L’andamento è molto dinamico, nel finale addirittura travolgente – e qui i nostri virtuosi orchestrali ci hanno fatto sentire come la forza può armonizzarsi con la grazia. E’ ciò che avviene al massimo grado – se mi si consente questo accostamento - nell’amore di Dio, in cui potenza e grazia coincidono.
Poi sono entrate, per così dire, in scena le voci umane – il coro –, quasi per dare parola a quanto la musica aveva già voluto esprimere. E non a caso la prima parola è stata "Magnificat". Uscita dal cuore di Maria – prediletta da Dio per la sua umiltà –, questa parola è diventata il canto quotidiano della Chiesa, proprio in quest’ora del vespro, l’ora che invita alla meditazione sul senso della vita e della storia.

Chiaramente il Magnificat presuppone la Risurrezione, cioè la vittoria di Cristo: in Lui Dio ha realizzato le sue promesse, e la sua misericordia si è rivelata in tutta la sua paradossale potenza. Fin qui la "parola".

E la musica di Vivaldi? Prima di tutto è degno di nota il fatto che le arie solistiche egli le abbia composte espressamente per alcune cantanti sue allieve nell’Ospedale veneziano della Pietà: cinque orfane dotate di straordinarie qualità canore. Come non pensare all’umiltà della giovane Maria, da cui Dio trasse "grandi cose"? Così, questi cinque "assoli" stanno quasi a rappresentare la voce della Vergine, mentre le parti corali esprimono la Chiesa-Comunità. Entrambe, Maria e la Chiesa, sono unite nell’unico cantico di lode al "Santo", al Dio che, con la potenza dell’amore, realizza nella storia il suo disegno di giustizia. E infine, il Coro ha dato voce a quel sublime capolavoro che è l’Ave verum Corpus di Mozart. Qui la meditazione cede il passo alla contemplazione: lo sguardo dell’anima si posa sul Santissimo Sacramento, per riconoscervi il Corpus Domini, quel Corpo che veramente è stato immolato sulla croce e da cui è scaturita la sorgente della salvezza universale. Mozart compose questo mottetto poco prima della morte, e in esso si può dire che la musica diventa veramente preghiera, abbandono del cuore a Dio, con un senso profondo di pace.
Signor Presidente, il Suo cortese e generoso omaggio è riuscito ampiamente non solo a gratificare il senso estetico, ma al tempo stesso a nutrire il nostro spirito, e dunque Le sono doppiamente grato.
Formulo i migliori auspici per il proseguimento della Sua alta missione, e li estendo volentieri a tutte le Autorità presenti. Cari amici, grazie di essere venuti! Ricordatemi nelle vostre preghiere, perché possa compiere sempre il mio Ministero come vuole il Signore. Egli, che è la nostra pace e la nostra vita, benedica tutti voi e le vostre famiglie. Buona serata a tutti!

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mercoledì 29 aprile 2009

Il Papa: Nella Chiesa Dio parla con noi, nella Chiesa "Dio passeggia con noi", come dice San Germano


CICLO DI CATECHESI SUI GRANDI SCRITTORI DELLA CHIESA DI ORIENTE ED OCCIDENTE NEL MEDIOEVO

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

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Il Papa: "San Germano ebbe un ruolo significativo nella storia complessa della lotta per le immagini" (Sir)

PAPA: 40 MILA FEDELI LO ACCOLGONO IN PIAZZA SAN PIETRO

L’UDIENZA GENERALE, 29.04.2009

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sui grandi Scrittori della Chiesa di Oriente e di Occidente del Medioevo, si è soffermato su San Germano, Patriarca di Costantinopoli.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Germano di Costantinopoli

Cari fratelli e sorelle,

il Patriarca Germano di Costantinopoli, del quale vorrei parlare oggi, non appartiene alle figure più rappresentative del mondo cristiano orientale di lingua greca e tuttavia il suo nome compare con una certa solennità nella lista dei grandi difensori delle immagini sacre, stesa nel Secondo Concilio di Nicea, settimo ecumenico (787). La Chiesa Greca celebra la sua festa nella liturgia del 12 maggio. Egli ebbe un ruolo significativo nella storia complessa della lotta per le immagini, durante la cosiddetta crisi iconoclastica: seppe resistere validamente alle pressioni di un Imperatore iconoclasta, cioè avversario delle icone, quale fu Leone III.

Durante il patriarcato di Germano (715-730) la capitale dell’impero bizantino, Costantinopoli, subì un pericolosissimo assedio da parte dei Saraceni. In quell’occasione (717-718) venne organizzata una solenne processione in città con l’ostensione dell’immagine della Madre di Dio, la Theotokos, e della reliquia della Santa Croce, per invocare dall’Alto la difesa della città. Di fatto, Costantinopoli fu liberata dall’assedio. Gli avversari decisero di desistere per sempre dall’idea di stabilire la loro capitale nella città simbolo dell’Impero cristiano e la riconoscenza per l’aiuto divino fu estremamente grande nel popolo.

Il Patriarca Germano, dopo quell’evento, si convinse che l’intervento di Dio doveva essere ritenuto un’approvazione evidente della pietà mostrata dal popolo verso le sante icone. Di parere completamente diverso fu invece l’imperatore Leone III, che proprio da quell’anno (717) si insediò quale Imperatore indiscusso nella capitale, su cui regnò fino al 741. Dopo la liberazione di Costantinopoli e dopo una serie di altre vittorie, l’Imperatore cristiano cominciò a manifestare sempre più apertamente la convinzione che il consolidamento dell’Impero dovesse cominciare proprio da un riordinamento delle manifestazioni della fede, con particolare riferimento al rischio di idolatria a cui, a suo parere, il popolo era esposto a motivo dell’eccessivo culto delle icone.

A nulla valsero i richiami del patriarca Germano alla tradizione della Chiesa e all’effettiva efficacia di alcune immagini, che venivano unanimemente riconosciute come ‘miracolose’.

L’imperatore divenne sempre più irremovibile nell’applicazione del suo progetto restauratore, che prevedeva l’eliminazione delle icone. E quando il 7 gennaio del 730 egli prese posizione aperta in una riunione pubblica contro il culto delle immagini, Germano non volle in nessun modo piegarsi al volere dell’Imperatore su questioni ritenute da lui determinanti per la fede ortodossa, alla quale secondo lui apparteneva proprio il culto, l’amore per le immagini. In conseguenza di ciò, Germano si vide costretto a rassegnare le dimissioni da Patriarca, auto-condannandosi all’esilio in un monastero dove morì dimenticato pressoché da tutti. Il suo nome riemerse in occasione appunto del Secondo Concilio di Nicea (787), quando i Padri ortodossi decisero in favore delle icone, riconoscendo i meriti di Germano.

Il Patriarca Germano curava molto le celebrazioni liturgiche e, per un certo tempo, fu ritenuto anche l’instauratore della festa dell’Akatistos. Come è noto, l’Akatistos è un antico e famoso inno sorto in ambito bizantino e dedicato alla Theotokos, la Madre di Dio.

Nonostante dal punto di vista teologico non si possa qualificare Germano come un grande pensatore, alcune sue opere ebbero una certa risonanza soprattutto per certe sue intuizioni sulla mariologia. Di lui sono state conservate, in effetti, diverse omelie di argomento mariano e alcune di esse hanno segnato profondamente la pietà di intere generazioni di fedeli sia in Oriente che in Occidente. Le sue splendide Omelie sulla Presentazione di Maria al Tempio sono testimonianze tuttora vive della tradizione non scritta delle Chiese cristiane. Generazioni di monache, di monaci e di membri di numerosissimi Istituti di Vita Consacrata, continuano ancora oggi a trovare in quei testi tesori preziosissimi di spiritualità.

Creano ancora adesso stupore anche alcuni testi mariologici di Germano che fanno parte delle omelie tenute In SS. Deiparae dormitionem, festività corrispondente alla nostra festa dell’Assunzione.

Fra questi testi il Papa Pio XII ne prelevò uno che incastonò come una perla nella Costituzione apostolica Munificentissimus Deus (1950), con la quale dichiarò dogma di fede l’Assunzione di Maria. Questo testo il Papa Pio XII citò nella menzionata Costituzione, presentandolo come uno degli argomenti in favore della fede permanente della Chiesa circa l’Assunzione corporale di Maria in cielo. Germano scrive: "Poteva mai succedere, santissima Madre di Dio, che il cielo e la terra si sentissero onorati dalla tua presenza, e tu, con la tua partenza, lasciassi gli uomini privi della tua protezione? No. E’ impossibile pensare queste cose. Infatti come quando eri nel mondo non ti sentivi estranea alle realtà del cielo, così anche dopo che sei emigrata da questo mondo non ti sei affatto estraniata dalla possibilità di comunicare in spirito con gli uomini… Non hai affatto abbandonato coloro ai quali hai garantito la salvezza… infatti il tuo spirito vive in eterno né la tua carne subì la corruzione del sepolcro. Tu, o Madre, sei vicina a tutti e tutti proteggi e, benché i nostri occhi siano impediti dal vederti, tuttavia sappiamo, o Santissima, che tu abiti in mezzo a tutti noi e ti rendi presente nei modi più diversi…Tu (Maria) ti riveli tutta, come sta scritto, nella tua bellezza. Il tuo corpo verginale è totalmente santo, tutto casto, tutto casa di Dio così che, anche per questo, è assolutamente refrattario ad ogni riduzione in polvere. Esso è immutabile, dal momento che ciò che in esso era umano è stato assunto nella incorruttibilità, restando vivo e assolutamente glorioso, incolume e partecipe della vita perfetta. Infatti era impossibile che fosse tenuta chiusa nel sepolcro dei morti colei che era divenuta vaso di Dio e tempio vivo della santissima divinità dell’Unigenito. D’altra parte noi crediamo con certezza che tu continui a camminare con noi" (PG 98, coll. 344B-346B, passim).

E’ stato detto che per i Bizantini il decoro della forma retorica nella predicazione, e ancora di più negli inni o composizioni poetiche che essi chiamano tropari, è altrettanto importante nella celebrazione liturgica quanto la bellezza dell’edificio sacro nel quale essa si svolge.
Il Patriarca Germano è stato riconosciuto, in quella tradizione, come uno di coloro che hanno contribuito molto nel tener viva questa convinzione, cioè che bellezza della parola, del linguaggio e bellezza dell’edificio e della musica devono coincidere.

Cito, per concludere, le parole ispirate con cui Germano qualifica la Chiesa all’inizio di questo suo piccolo capolavoro: "La Chiesa è tempio di Dio, spazio sacro, casa di preghiera, convocazione di popolo, corpo di Cristo… E’ il cielo sulla terra, dove Dio trascendente abita come a casa sua e vi passeggia, ma è anche impronta realizzata (antitypos) della crocifissione, della tomba e della risurrezione... La Chiesa è la casa di Dio in cui si celebra il sacrificio mistico vivificante, nello stesso tempo parte più intima del santuario e grotta santa. Dentro di essa si trovano infatti il sepolcro e la mensa, nutrimenti per l’anima e garanzie di vita. In essa infine si trovano quelle vere e proprie perle preziose che sono i dogmi divini dell’insegnamento offerto direttamente dal Signore ai suoi discepoli" (PG 98, coll. 384B-385A).

Alla fine rimane la domanda: che cosa ha da dirci oggi questo Santo, cronologicamente e anche culturalmente abbastanza distante da noi.

Penso sostanzialmente tre cose. La prima: c’è una certa visibilità di Dio nel mondo, nella Chiesa, che dobbiamo imparare a percepire. Dio ha creato l’uomo a sua immagine, ma questa immagine è stata coperta dalla tanta sporcizia del peccato, in conseguenza della quale quasi Dio non traspariva più.

Così il Figlio di Dio si è fatto vero uomo, perfetta immagine di Dio: in Cristo possiamo così contemplare anche il volto di Dio e imparare ad essere noi stessi veri uomini, vere immagini di Dio. Cristo ci invita ad imitarLo, a divenire simili a Lui, così che in ogni uomo traspaia di nuovo il volto di Dio, l’immagine di Dio. Per la verità, Dio aveva vietato nel Decalogo di fare delle immagini di Dio, ma questo era a motivo delle tentazioni di idolatria a cui il credente poteva essere esposto in un contesto di paganesimo. Quando però Dio si è fatto visibile in Cristo mediante l’incarnazione, è diventato legittimo riprodurre il volto di Cristo. Le sante immagini ci insegnano a vedere Dio nella raffigurazione del volto di Cristo. Dopo l’incarnazione del Figlio di Dio, è diventato quindi possibile vedere Dio nelle immagini di Cristo ed anche nel volto dei Santi, nel volto di tutti gli uomini in cui risplende la santità di Dio.

La seconda cosa è la bellezza e la dignità della liturgia. Celebrare la liturgia nella consapevolezza della presenza di Dio, con quella dignità e bellezza che ne faccia vedere un poco lo splendore, è l’impegno di ogni cristiano formato nella sua fede. La terza cosa è amare la Chiesa.

Proprio a proposito della Chiesa, noi uomini siamo portati a vedere soprattutto i peccati, il negativo; ma con l’aiuto della fede, che ci rende capaci di vedere in modo autentico, possiamo anche, oggi e sempre, riscoprire in essa la bellezza divina. E’ nella Chiesa che Dio si fa presente, si offre a noi nella Santa Eucaristia e rimane presente per l’adorazione. Nella Chiesa Dio parla con noi, nella Chiesa "Dio passeggia con noi", come dice San Germano. Nella Chiesa riceviamo il perdono di Dio e impariamo a perdonare.

Preghiamo Dio perché ci insegni a vedere nella Chiesa la sua presenza, la sua bellezza, a vedere la sua presenza nel mondo, e ci aiuti ad essere anche noi trasparenti alla sua luce.

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Saluto in lingua italiana

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli della diocesi di Lucera-Troia, con il Vescovo Mons. Domenico Cornacchia; della diocesi di Forlì-Bertinoro, con il Vescovo Mons. Lino Pizzi; e della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, con il Vescovo Mons. Giuseppe Petrocchi. Cari amici, l’Apostolo Paolo sia per voi esempio di totale dedizione al Signore e alla sua Chiesa, oltre che di apertura all’umanità e alle sue culture. Saluto i fedeli di Cava dei Tirreni, con l’Ordinario diocesano il Rev.mo P. Abate Dom Benedetto Chianetta, augurando a ciascuno di vivere con fervore spirituale l’importante ricorrenza del millennio di fondazione della loro Abbazia territoriale. Saluto i fedeli provenienti dalla Sardegna, accompagnati dal Vescovo Mons. Giuseppe Mani, Presidente della Conferenza Episcopale Sarda, qui convenuti per ricambiare la visita che ho avuto la gioia di compiere in quella Regione. Cari amici, vi ringrazio per la vostra presenza e vi auguro di testimoniare con rinnovato ardore missionario Cristo e il suo Vangelo.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Liturgia celebra oggi santa Caterina da Siena, Vergine domenicana e Dottore della Chiesa, nonché Compatrona d'Italia insieme con san Francesco d'Assisi. Cari giovani, specialmente voi, ministranti della "Parrocchia dei Santi Antonio e Annibale Maria", di Roma, siate innamorati di Cristo, come lo fu Caterina, per seguirlo con slancio e fedeltà. Voi, cari ammalati, immergete le vostre sofferenze nel mistero d'amore del Sangue del Redentore, contemplato con speciale devozione dalla grande Santa senese. E voi, cari sposi novelli, col vostro reciproco e fedele amore siate segno eloquente dell'amore di Cristo per la Chiesa.

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martedì 28 aprile 2009

Preghiera del Santo Padre alla Vergine Maria (Coppito, 28 aprile 2009)


VISITA DEL SANTO PADRE ALLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO IN ABRUZZO (28 APRILE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

VISITA DEL PAPA AD ONNA E L'AQUILA: VIDEO E FOTO

Dopo il discorso alla Scuola della Guardia di Finanza a Coppito il Papa ha recitato la seguente preghiera:

Ed ora preghiamo:

O Maria, Madre nostra amatissima!
Tu, che stai vicino alle nostre croci,
come rimanesti accanto a quella di Gesù,
sostieni la nostra fede, perché pur affranti dal dolore,
conserviamo lo sguardo fisso sul volto di Cristo
in cui, nell’estrema sofferenza della croce,
si è mostrato l’amore immenso e puro di Dio.
Madre della nostra speranza, donaci i tuoi occhi per vedere,
oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione;
donaci il tuo cuore per continuare,
anche nella prova, ad amare e a servire.
O Maria, Madonna di Roio,
Nostra Signora della Croce, prega per noi!


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La preghiera del Santo Padre per le vittime del terremoto (Onna, 28 aprile 2009)


VISITA DEL SANTO PADRE ALLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO IN ABRUZZO (28 APRILE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO

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VISITA DEL PAPA AD ONNA E L'AQUILA: VIDEO E FOTO

Dopo il discorso presso la tendopoli di Onna, il Papa ha recitato la seguente preghiera per le vittime del terremoto.

Vorrei concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore, sapendo
che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi,
e nel momento stesso in cui viene distrutta
la dimora di questo nostro esilio sulla terra,
Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso.
Padre Santo, Signore del cielo e della terra,
ascolta il grido di dolore e di speranza,
che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto!
E’ il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani
e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra.
Sono stati strappati all’affetto dei loro cari,
accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi,
l’Amore capace di donare la vita senza fine.
Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza,
perché ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte;
Ti preghiamo, aiutaci, perché soltanto il Tuo sostegno
può farci rialzare e indurci a riprendere insieme,
tenendoci fiduciosi l’un l’altro per mano, il cammino della vita.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore,
in cui rifulge la speranza della beata risurrezione. Amen!


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Il Papa: "L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare"


VISITA DEL SANTO PADRE ALLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO IN ABRUZZO (28 APRILE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO

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VISITA DEL PAPA AD ONNA E L'AQUILA: VIDEO E FOTO

VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO, 28.04.2009

INCONTRO CON LA POPOLAZIONE ED IL PERSONALE IMPEGNATO NEI SOCCORSI A COPPITO

Alle ore 12 il Santo Padre Benedetto XVI è arrivato alla Scuola della Guardia di Finanza di Coppito dove ha incontrato, per un breve saluto, i Sindaci e i Parroci dei Comuni più colpiti dal sisma.
Quindi, nel Piazzale della Scuola, il Papa ha incontrato la popolazione ed il personale impegnato nei soccorsi (Volontari, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Militari,...).
Dopo gli indirizzi di saluto dell’Arcivescovo de L’Aquila, S.E. Mons. Giuseppe Molinari, del Presidente della Regione Abruzzo, On. Gianni Chiodi, e del Sindaco della Città, On. Massimo Cialente, il Papa ha rivolto ai presenti un discorso e ha guidato la recita del Regina Coeli davanti alla statua della Madonna di Roio, Nostra Signora della Croce, davanti alla quale ha deposto una rosa d’oro.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Grazie per la vostra accoglienza, che mi commuove profondamente. Vi abbraccio tutti con affetto nel nome di Cristo, nostra salda Speranza.
Saluto il vostro Arcivescovo, il caro Mons. Giuseppe Molinari, che come Pastore ha condiviso e sta condividendo con voi questa dura prova; a lui va il mio ringraziamento per le toccanti parole piene di fede e di fiducia evangelica con cui si è fatto interprete dei vostri sentimenti. Saluto il Sindaco dell’Aquila, Onorevole Massimo Cialente, che con grande impegno sta operando per la rinascita di questa città; come pure il Presidente della Regione, Onorevole Gianni Chiodi. Ringrazio entrambi per le loro cortesi parole. Saluto la Guardia di Finanza, che ci ospita in questo luogo. Saluto i Parroci, gli altri sacerdoti e le religiose. Saluto i Sindaci dei paesi colpiti da questa sciagura, e tutte le Autorità civili e militari presenti: la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, la Croce Rossa, le Squadre di Soccorso, e i tanti volontari di molte e diverse associazioni.
Nominarle tutte mi sarebbe difficile, ma a ciascuno vorrei far giungere una speciale parola di apprezzamento. Grazie di ciò che avete fatto e soprattutto dell’amore con cui l’avete fatto. Grazie dell’esempio che avete dato. Andate avanti uniti e ben coordinati, così che si possano attuare quanto prima soluzioni efficaci per chi oggi vive nelle tendopoli. Lo auguro di cuore, e prego per questo.Ho iniziato questa mia visita da Onna, tanto fortemente colpita dal sisma, pensando alle altre comunità terremotate, che ho visto dall’alto sorvolando la zona in elicottero.

Ho nel cuore tutte le vittime di questa catastrofe: bambini, giovani, adulti, anziani, sia abruzzesi che di altre regioni d’Italia o anche di nazioni diverse. La sosta nella Basilica di Collemaggio, per venerare le spoglie del santo Papa Celestino V, mi ha dato modo di toccare con mano il cuore ferito di questa città.

Il mio ha voluto essere un omaggio alla storia e alla fede della vostra terra, e a tutti voi, che vi identificate con questo Santo. Sulla sua urna, come Ella Signor Sindaco ha ricordato, ho lasciato quale segno della mia partecipazione spirituale il Pallio che mi è stato imposto nel giorno dell’inizio del mio Pontificato.

Inoltre, assai toccante è stato per me pregare davanti alla Casa dello studente, dove non poche giovani vite sono state stroncate dalla violenza del sisma. Attraversando la città, mi sono reso ancor più conto di quanto gravi siano state le conseguenze del terremoto. Eccomi ora qui, in questa Piazza su cui s’affaccia la Scuola della Guardia di Finanza, che praticamente sin dal primo momento funziona come quartiere generale di tutta l’opera di soccorso. Questo luogo, consacrato dalla preghiera e dal pianto per le vittime, costituisce come il simbolo della vostra volontà tenace di non cedere allo scoraggiamento. "Nec recisa recedit": il motto del Corpo della Guardia di Finanza, che possiamo ammirare sulla facciata della struttura, sembra bene esprimere quella che il Sindaco ha definito la ferma intenzione di ricostruire la città con la costanza caratteristica di voi abruzzesi.

Questo ampio piazzale, che ha ospitato le salme delle tante vittime per la celebrazione delle esequie presiedute dal Cardinale Tarcisio Bertone, mio Segretario di Stato, raccoglie quest’oggi le forze impegnate ad aiutare L’Aquila e l’Abruzzo a risorgere presto dalle macerie del terremoto. Come ha ricordato l’Arcivescovo, la mia visita in mezzo a voi, da me desiderata sin dal primo momento, vuole essere un segno della mia vicinanza a ciascuno di voi e della fraterna solidarietà di tutta la Chiesa. In effetti, come comunità cristiana, costituiamo un solo corpo spirituale, e se una parte soffre, tutte le altre parti soffrono con lei; e se una parte si sforza di risollevarsi, tutte partecipano al suo sforzo.

Devo dirvi che manifestazioni di solidarietà mi sono giunte per voi da tante parti. Numerose alte personalità delle Chiese Ortodosse mi hanno scritto per assicurare la loro preghiera e vicinanza spirituale, inviando anche aiuti economici.

Desidero sottolineare il valore e l’importanza della solidarietà, che, sebbene si manifesti particolarmente in momenti di crisi, è come un fuoco nascosto sotto la cenere. La solidarietà è un sentimento altamente civico e cristiano e misura la maturità di una società. Essa in pratica si manifesta nell’opera di soccorso, ma non è solo una efficiente macchina organizzativa: c’è un’anima, c’è una passione, che deriva proprio dalla grande storia civile e cristiana del nostro popolo, sia che avvenga nelle forme istituzionali, sia nel volontariato. Ed anche a questo, oggi, voglio rendere omaggio.

Il tragico evento del terremoto invita la Comunità civile e la Chiesa ad una profonda riflessione. Come cristiani dobbiamo chiederci: "Che cosa vuole dirci il Signore attraverso questo triste evento?".

Abbiamo vissuto la Pasqua confrontandoci con questo trauma, interrogando la Parola di Dio e ricevendone nuova luce. Abbiamo celebrato la morte e la risurrezione di Cristo portando nella mente e nel cuore il vostro dolore, pregando perché non venisse meno nelle persone colpite la fiducia in Dio e la speranza. Ma anche come Comunità civile occorre fare un serio esame di coscienza, affinché il livello delle responsabilità, in ogni momento, mai venga meno. A questa condizione, L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare.

Vi invito ora, cari fratelli e sorelle, a volgere lo sguardo verso la statua della Madonna di Roio, venerata in un Santuario a voi molto caro, per affidare a Lei, Nostra Signora della Croce, la città e tutti gli altri paesi toccati dal terremoto. A Lei lascio una Rosa d’oro, quale segno della mia preghiera per voi, mentre raccomando alla sua materna e celeste protezione tutte le località colpite.

Ed ora preghiamo:
O Maria, Madre nostra amatissima!
Tu, che stai vicino alle nostre croci,
come rimanesti accanto a quella di Gesù,
sostieni la nostra fede, perché pur affranti dal dolore,
conserviamo lo sguardo fisso sul volto di Cristo
in cui, nell’estrema sofferenza della croce,
si è mostrato l’amore immenso e puro di Dio.
Madre della nostra speranza, donaci i tuoi occhi per vedere,
oltre la sofferenza e la morte, la luce della risurrezione;
donaci il tuo cuore per continuare,
anche nella prova, ad amare e a servire.
O Maria, Madonna di Roio,
Nostra Signora della Croce, prega per noi!


Regina Caeli…

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Al termine, il Santo Padre Benedetto XVI ha salutato i Rappresentanti delle diverse categorie presenti all’incontro.

IL SALUTO DELL'ARCIVESCOVO DELL'AQUILA, MONS. GIUSEPPE MOLINARI

Pubblichiamo il testo integrale del sa­luto rivolto ieri mattina al Papa dal­l’arcivescovo dell’Aquila, Giuseppe Molinari

Beatissimo Padre,

pensando in questi giorni a questa sua visita, tanto attesa e per noi tutti fonte di immensa gioia e di grande speranza, mi tornano al­la mente le pagine degli Atti degli A­postoli, dove si racconta di Pietro, il primo Papa, in visita alla comunità di Lidda, dove guarì un paralitico (At­ti 9,32-35) e poi a Giaffa, dove ridie­de la vita a Tabità, una discepola che 'abbondava di opere buone e face­va molte elemosine' (Atti 9,36-43). Ma, soprattutto, mi tornava alla mente, quella pagina degli Atti dove si racconta dei molti miracoli e pro­digi che avvenivano a Gerusalemme per opera degli Apostoli. ' Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Sa­lomone; degli altri, nes­suno osava associarsi a loro, ma il popolo li esal­tava. Intanto aumentava il numero degli uomini e delle donne che credeva- no nel Signore, fino al punto che por­tavano gli ammalati nelle piazze, po­nendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di lo­ro'. (Atti 5, 12-16). E il Libro Sacro conclude questo racconto assicu­rando che molte di queste persone venivano guarite, dalla sola ombra di Pietro che passava. Il merito era, naturalmente, tutto del Signore che si serviva del suo servo Pietro, il pri­mo Papa. Beatissimo Padre, noi crediamo con tutto il cuore che la sua venuta tra noi, questo suo sostare in mezzo al­le nostre ferite e al nostro dolore, sia un passaggio benedetto dal Signore e del quale il Signore si serve per por­tare conforto, speranza, aiuto. Ed an­che la guarigione. Soprattutto la gua­rigione da ogni tentazione contro la fede e da ogni crisi della nostra spe­ranza. Possa veramente il Signore, attraverso la sua visita, farci sentire la sua carezza di Padre, la sua pre­senza apportatrice di speranza e di tanta voglia di rinascere dalla nostra tragedia.
Beatissimo Padre, noi le siamo già immensamente grati per la vicinan­za che ci ha mostrata, con le sue pa­role, con il suo messaggio letto dal suo segretario particolare e con la presenza del suo segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, al do­lorosissimo rito funebre delle vitti­me del terremoto. La ringraziamo anche per l’offerta inviata per le pri­me necessità in questa immensa tra­gedia. Un grazie vivissimo anche da parte di tutti i bambini che hanno ri­cevuto il suo dono per il giorno di Pa­squa. Ma noi sappiamo che lei, Bea­tissimo Padre, è venuto per pregare insieme a noi.
Per pregare per i nostri morti, per­ché il Signore li accolga nella vita ve­ra. Per pregare per i parenti di tutte queste vittime. Perché il Signore do­ni loro il conforto e la speranza che solo Lui può dare. Per pregare per tutta la nostra gente che ha ancora paura, che atten­de di poter vedere risolti i problemi più immediati.
Beatissimo Padre, le chiediamo di pregare insieme a noi, oggi, soprat­tutto perché la nostra città possa risorgere presto da queste macerie del terremoto.
Sono venuti tanti fratelli e sorelle tra noi, in questi giorni. E non li ringra­zieremo mai abbastanza per la loro incredibile e commuovente solida­rietà. Sono venuti anche rappresen­tanti delle istituzioni e della politica. E ci hanno mostrato tanta solidarietà e ci hanno fatto tante promesse sin­cere.
Beatissimo Padre, noi vorremmo che Lei pregasse insieme a noi, oggi, per­ché questa solidarietà delle istitu­zioni continui nel tempo e le pro­messe vengano mantenute.
Vorremmo pregare insieme a Lei, og­gi, perché questa solidarietà delle i­stituzioni non si infranga in poveri interessi di parte, che rischiano di ri­tardare o vanificare l’opera della ri­costruzione.
In questi momenti la nostra città non ha bisogno solo di ricercare le re­sponsabilità del passato. Ha bisogno, soprattutto, di suscitare tanta re­sponsabilità per il presente.
La ricostruzione dell’Aquila o ci sarà subito o non ci sarà. E sarebbe la no­stra morte, più brutta di quella, già tanto tragica, causata dal terremoto. Beatissimo Padre, preghi per noi og­gi perchè la nostra città risorga pre­sto, con il contributo di tutti, cer­cando sinceramente il bene di tutti, rispettando le competenze di tutti. Ma senza cedere neppure alla più piccola forma di ostruzionismo. O­gni ostacolo alla rinascita del mon­do del lavoro, alla costruzione di nuove case, alla rinascita della no­stra università sarebbe un delitto in­fame, che gli aquilani non perdone­ranno mai. Beatissimo Padre, chieda al Signore per noi questo miracolo di una pron­ta e coraggiosa ricostruzione.
E ci dia la sua apostolica benedizio­ne anche perché si realizzi questo grande sogno che sta a cuore a tutti gli Aquilani.

Giuseppe Molinari arcivescovo dell’Aquila

© Copyright Avvenire, 29 aprile 2009

Il Papa ad Onna: "Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno"


VISITA DEL SANTO PADRE ALLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO IN ABRUZZO (28 APRILE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

VISITA DEL PAPA AD ONNA E L'AQUILA: VIDEO E FOTO

VISITA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO, 28.04.2009

Alle ore 9 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI ha lasciato il Vaticano per recarsi nelle zone terremotate dell’Abruzzo. A causa delle avverse condizioni meteorologiche, il Papa ha raggiunto l’Abruzzo in auto anziché in elicottero, arrivando alla tendopoli di Onna alle ore 10.30. Dopo aver visitato la tendopoli, il Santo Padre ha rivolto ai presenti alcune parole di saluto, quindi ha guidato la recita della preghiera per i defunti.
Pubblichiamo di seguito le parole che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:

PAROLE DI SALUTO DEL SANTO PADRE

Cari amici!

Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso, ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre case.

Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno.

La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma.

Ho ammirato il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi siete persi d’animo. C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza. Molto significativo, al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: "Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso".

Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane, ho sorvolato in elicottero questa valle e mi sono reso ancor più conto dell’entità dei danni causati dal terremoto.

Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati delle loro abitudini.

Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate, in un certo modo, nello stato d’animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l’evangelista Luca. Dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la "fine" di Gesù; ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò nei loro cuori: le parole di quello "Sconosciuto" riaccesero in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento.

Ecco, cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive, che è con noi, che è realmente risorto, non ci dimentica, e non vi abbandona; non lascia inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano.

Il Papa è qui, oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto: l’amore. L’amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l’Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato.

Vorrei concludere queste mie parole rivolgendo al Signore una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

Affidiamo questi nostri cari a Te, Signore, sapendo
che ai tuoi fedeli Tu non togli la vita ma la trasformi,
e nel momento stesso in cui viene distrutta
la dimora di questo nostro esilio sulla terra,
Ti preoccupi di prepararne una eterna ed immortale in Paradiso.
Padre Santo, Signore del cielo e della terra,
ascolta il grido di dolore e di speranza,
che si leva da questa comunità duramente provata dal terremoto!
E’ il grido silenzioso del sangue di madri, di padri, di giovani
e anche di piccoli innocenti che sale da questa terra.
Sono stati strappati all’affetto dei loro cari,
accoglili tutti nella tua pace, Signore, che sei il Dio-con-noi,
l’Amore capace di donare la vita senza fine.
Abbiamo bisogno di Te e della Tua forza,
perché ci sentiamo piccoli e fragili di fronte alla morte;
Ti preghiamo, aiutaci, perché soltanto il Tuo sostegno
può farci rialzare e indurci a riprendere insieme,
tenendoci fiduciosi l’un l’altro per mano, il cammino della vita.
Te lo chiediamo per Gesù Cristo, nostro Salvatore,
in cui rifulge la speranza della beata risurrezione. Amen
!

Preghiamo adesso con la preghiera che il Signore ci ha insegnato: "Padre Nostro...".

Quindi il Santo Padre ha impartito la benedizione, poi ha aggiunto:

La mia preghiera è con voi; siamo insieme e il Signore ci aiuterà. Grazie per il vostro coraggio, la vostra fede e la vostra speranza.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 26 aprile 2009

Al Regina Coeli il Papa ricorda i nuovi Santi e la Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

VIDEO INTEGRALE:

Il Papa: "Celebrando l’Eucaristia comunichiamo con Cristo, vittima di espiazione, e da Lui attingiamo perdono e vita...L’Eucaristia è la perpetua e vivente eredità lasciataci dal Signore nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue" (Omelia per la Canonizzazione di cinque Beati, 26 aprile 2009)

REGINA COELI: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DEL REGINA CÆLI, 26.04.2009

Al termine della Santa Messa celebrata in Piazza San Pietro per la proclamazione di 5 nuovi Santi, prima di recitare il Regina Cæli il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai presenti le seguenti parole:

PRIMA DEL REGINA CÆLI

Mentre ci avviamo a concludere questa solenne celebrazione, desidero rivolgere un cordiale saluto a tutti voi, che avete voluto venire di persona a rendere omaggio ai nuovi Santi. Esprimo anzitutto riconoscenza alla Delegazione del Governo italiano e alle altre autorità civili, in particolare ai Sindaci e ai Prefetti delle città dei ben quattro concittadini elevati oggi all’onore degli altari. Saluto la Delegazione dell’Ordine di Malta. Con grande affetto ringrazio i numerosi pellegrini provenienti da molte parti d’Italia. Auspico che questo pellegrinaggio, vissuto nel segno della santità e avvalorato dalla grazia dell’Anno Paolino, possa aiutare ciascuno a "correre" con più gioia e più slancio verso "la mèta" finale, verso il "premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (cfr Fil 3,13-14).

In questo contesto mi piace menzionare anche la Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che si celebra oggi. A 50 anni dalla morte del fondatore, Padre Agostino Gemelli, auguro che l’Università Cattolica sia sempre fedele ai suoi principi ispiratori, per continuare ad offrire una valida formazione alle giovani generazioni.

Dirijo a minha saudação grata e deferente à Delegação oficial de Portugal e aos Bispos vindos para a canonização de Frei Nuno de Santa Maria, com todos os seus compatriotas que guardam no coração o testemunho do «Santo Condestável»: deste modo lhe chamavam já os pobres do seu tempo, vendo o sentido de compaixão e o despojamento de quem deu os seus bens aos mais desfavorecidos. Deixou-nos assim uma nobre lição de renúncia e partilha, sem as quais será impossível chegar àquela igualdade fraterna característica duma sociedade moderna, que reconhece e trata a todos como membros da mesma e única família humana. Em particular saúdo os Carmelitas, a quem um dia se prendeu o olhar e o coração deste militar crente, vendo neles o hábito da Santíssima Virgem e no qual depois ele próprio se amortalhou. Ao desejar a abundância dos dons do Céu para todos os peregrinos e devotos de São Nuno, deixo-lhes este apelo: «Considerai o êxito da sua carreira e imitai a sua fé» (Heb 13, 7).

I greet the English-speaking pilgrims who are here with us today, especially those who have travelled to Rome to be present at the canonization of today’s new saints. Through their intercession, may all of you be filled with joy in the Risen Lord, and bear witness to him courageously in your daily lives. I invoke God’s abundant blessings upon all of you, and upon your families and loved ones at home.

Je suis heureux de vous accueillir chers pèlerins francophones. La Résurrection du Seigneur a rempli nos cœurs de lumière. Que l’exemple des nouveaux saints canonisés en ce jour, nous donne de ne pas avoir peur d’aller vers nos frères et sœurs pour transmettre la Parole de Vie dans le monde entier. Que ces Saints soient, avec la Vierge Marie, des guides et des soutiens dans votre existence quotidienne ! A la suite des disciples d’Emmaüs, soyez à votre tour des témoins du Christ Ressuscité. Que Dieu vous bénisse !

Ein herzliches Grüß Gott sage ich den Pilgern deutscher Sprache; besonders heiße heute die Studentenverbindung Capitolina willkommen. Die neuen Heiligen helfen uns bei der Betrachtung des Heilswirkens Christi: Nuno Álvares Pereira zeigt uns das göttliche Kind im Arm seiner jungfräulichen Mutter; Arcangelo Tadini führt uns zur Heiligen Familie in Nazareth, Bernhard Tolemei vergegenwärtigt uns das Geschehen am Ölberg, vor dem Geheimnis der Eucharistie hält Gertrud Comensoli inne und Caterina Volpicelli weist auf das heiligste Herz Jesu hin, in dem Gottes unergründliche Liebe sichtbar ist. Wie diese Heiligen wollen wir uns aufmachen, um Gott näher zu kommen und so auch den Menschen nahe zu sein. Der Herr segne euch und begleite euch auf allen Wegen!

Saludo con afecto a los fieles de lengua española presentes en esta celebración. Que Cristo, Buen Pastor, afiance en nosotros la alegría por haber recobrado, a través de su Resurrección, nuestra adopción filial y nos llene de esperanza en nuestro caminar hacia la Vida Eterna. Confiamos esta intención a la protección maternal de la Santísima Virgen María y a la intercesión de los cinco nuevos santos, que hoy he propuesto a la veneración de la Iglesia Universal. Feliz Pascua y Feliz Domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Pod patronatem Dzieła Biblijnego imienia Jana Pawła II Kościół w Polsce obchodzi po raz pierwszy Niedzielę i Tydzień Biblijny. Tym, którzy zgłębiają tajemnicę Bożego Słowa z serca błogosławię. Za wstawiennictwem nowych świętych upraszam dla wszystkich dar Bożej Mądrości. Życzę dobrej niedzieli i obfitych owoców tego tygodnia.

[Saluto cordialmente i polacchi. Sotto il patronato dell’Opera Biblica intitolata a Giovanni Paolo II, la Chiesa in Polonia celebra oggi per la prima volta la Domenica e la Settimana Biblica. Benedico di cuore tutti coloro che approfondiscono la Parola di Dio. Per intercessione dei nuovi Santi, imploro per tutti il dono della Sapienza Divina. Auguro buona domenica e abbondanti frutti di questa speciale settimana.]

Alla Vergine Maria, che ha osservato pienamente la parola di Dio, così che il suo amore in lei è stato veramente perfetto (cfr 1 Gv 2,5a), eleviamo ora la nostra filiale preghiera.

Regina Caeli…

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Il Papa: "Celebrando l’Eucaristia comunichiamo con Cristo, vittima di espiazione, e da Lui attingiamo perdono e vita"


Al Regina Coeli il Papa ricorda i nuovi Santi e la Giornata dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Parole del Santo Padre alla recita del Regina Coeli, 26 aprile 2009)

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

Vedi anche:

SERVIZIO THE VATICAN

Il Papa proclama cinque nuovi Santi: La visibilità della testimonianza cristiana (Zavattaro)

Il Papa: La Risurrezione rinnova il cuore dell'uomo (Sir)

Il Papa: nella crisi seguire l'esempio dei Santi della solidarietà (Izzo)

Il Papa: nell’Eucaristia la risposta alla crisi e allo smarrimento del nostro tempo (AsiaNews)

Il Papa proclama cinque nuovi santi: esempio in tempo di crisi economica

Il Papa: "Questi nuovi Santi ci mostrano il rinnovamento profondo che nel cuore dell’uomo opera il mistero della risurrezione di Cristo" (R.V.)

Il Papa proclama santi quattro italiani e un eroe nazionale portoghese

A colloquio con Mons. Amato in occasione della canonizzazione di quattro italiani e un portoghese (Osservatore Romano)

Domani, in Piazza San Pietro, le canonizzazioni di cinque nuovi Santi presiedute da Benedetto XVI. Le loro storie (Radio Vaticana)

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 5 BEATI, 26.04.2009

Alle ore 10 di questa mattina, III Domenica di Pasqua, il Santo Padre Benedetto XVI celebra l’Eucaristia sul sagrato della Basilica Vaticana e procede alla Canonizzazione dei Beati: ARCANGELO TADINI, (1846-1912), presbitero, fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth; BERNARDO TOLOMEI (1272-1348), abate, fondatore della Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto dell’Ordine di San Benedetto; NUNO DE SANTA MARIA ÁLVARES PEREIRA (1360-1431), religioso, dell’Ordine dei Carmelitani; GELTRUDE COMENSOLI (1847-1903), vergine, fondatrice dell’Istituto delle Suore Sacramentine; CATERINA VOLPICELLI (1839-1894), vergine, fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’Omelia che il Papa pronuncia nel corso del solenne rito di canonizzazione:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

in questa terza domenica del tempo pasquale, al centro della nostra attenzione la liturgia pone ancora una volta il mistero di Cristo risorto.
Vittorioso sul male e sulla morte, l’Autore della vita, che si è immolato quale vittima di espiazione per i nostri peccati, "continua ad offrirsi per noi ed intercede come nostro avvocato; sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale" (cfr Prefazio pasquale 3). Lasciamoci interiormente inondare dal fulgore pasquale che promana da questo grande mistero, e con il Salmo responsoriale preghiamo: "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto".

La luce del volto di Cristo risorto risplende oggi su di noi particolarmente attraverso i tratti evangelici dei cinque Beati che in questa celebrazione vengono iscritti nell’albo dei Santi: Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Mi unisco volentieri all’omaggio che a loro rendono i pellegrini, qui convenuti da varie nazioni, ai quali con grande affetto rivolgo un cordiale saluto. Le diverse vicende umane e spirituali di questi nuovi Santi stanno a mostrarci il rinnovamento profondo che nel cuore dell’uomo opera il mistero della risurrezione di Cristo; mistero fondamentale che orienta e guida tutta la storia della salvezza.

Giustamente pertanto la Chiesa sempre, ed ancor più in questo tempo pasquale, ci invita a dirigere i nostri sguardi verso Cristo risorto, realmente presente nel Sacramento dell’Eucaristia.

Nella pagina evangelica, san Luca riferisce una delle apparizioni di Gesù risorto (24,35-48). Proprio all’inizio del brano, l’evangelista annota che i due discepoli di Emmaus, tornati in fretta a Gerusalemme, raccontarono agli Undici come lo avevano riconosciuto "nello spezzare il pane" (v. 35). E mentre essi stavano narrando la straordinaria esperienza del loro incontro con il Signore, Egli "in persona stette in mezzo a loro" (v. 36). A causa di questa sua improvvisa apparizione gli Apostoli restarono intimoriti e spaventati, al punto che Gesù, per rassicurarli e vincere ogni titubanza e dubbio, chiese loro di toccarlo – non era un fantasma, ma un uomo in carne ed ossa - e domandò poi qualcosa da mangiare. Ancora una volta, come era avvenuto per i due di Emmaus, è a tavola, mentre mangia con i suoi, che il Cristo risorto si manifesta ai discepoli, aiutandoli a comprendere le Scritture e a rileggere gli eventi della salvezza alla luce della Pasqua. "Bisogna che si compiano – egli dice – tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi" (v. 44). E li invita a guardare al futuro: "nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati" (v. 47).

Questa stessa esperienza, ogni comunità la rivive nella celebrazione eucaristica, specialmente in quella domenicale. L’Eucaristia, il luogo privilegiato in cui la Chiesa riconosce "l’autore della vita" (cfr At 3,15), è "la frazione del pane", come viene chiamata negli Atti degli Apostoli.

In essa, mediante la fede, entriamo in comunione con Cristo, che è "altare, vittima e sacerdote" (cfr Prefazio pasquale 5). Ci raduniamo intorno a Lui per far memoria delle sue parole e degli eventi contenuti nella Scrittura; riviviamo la sua passione, morte e risurrezione. Celebrando l’Eucaristia comunichiamo con Cristo, vittima di espiazione, e da Lui attingiamo perdono e vita. Cosa sarebbe la nostra vita di cristiani senza l’Eucaristia?

L’Eucaristia è la perpetua e vivente eredità lasciataci dal Signore nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, che dobbiamo costantemente ripensare ed approfondire perché, come affermava il venerato Papa Paolo VI, possa "imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale" (Insegnamenti, V [1967], p. 779).

Nutriti del Pane eucaristico, i santi che oggi veneriamo, hanno portato a compimento la loro missione di amore evangelico nei diversi campi, in cui hanno operato con i loro peculiari carismi.

Lunghe ore trascorreva in preghiera davanti all’Eucaristia sant’Arcangelo Tadini, che, avendo sempre di vista nel suo ministero pastorale la persona umana nella sua totalità, aiutava i suoi parrocchiani a crescere umanamente e spiritualmente. Questo santo sacerdote, uomo tutto di Dio, pronto in ogni circostanza a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, era allo stesso tempo disponibile a cogliere le urgenze del momento e a trovarvi rimedio. Assunse per questo non poche iniziative concrete e coraggiose, come l’organizzazione della "Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso", la costruzione della filanda e del convitto per le operaie e la fondazione, nel 1900, della "Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth", allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth. Quanto profetica fu l’intuizione carismatica di Don Tadini e quanto attuale resta il suo esempio anche oggi, in un’epoca di grave crisi economica! Egli ci ricorda che solo coltivando un costante e profondo rapporto con il Signore, specialmente nel Sacramento dell’Eucaristia, possiamo poi essere in grado di recare il fermento del Vangelo nelle varie attività lavorative e in ogni ambito della nostra società.

Anche in san Bernardo Tolomei, iniziatore di un singolare movimento monastico benedettino, spicca l’amore per la preghiera e per il lavoro manuale. La sua fu un’esistenza eucaristica, tutta dedita alla contemplazione, che si traduceva in umile servizio del prossimo. Per il suo singolare spirito di umiltà e di accoglienza fraterna, fu dai monaci rieletto abate per ventisette anni consecutivi, fino alla morte. Inoltre, per assicurare l’avvenire della sua opera, egli ottenne da Clemente VI, il 21 gennaio 1344, l’approvazione pontificia della nuova Congregazione benedettina, detta di "S. Maria di Monte Oliveto". In occasione della grande peste del 1348, lasciò la solitudine di Monte Oliveto per recarsi nel monastero di S. Benedetto a Porta Tufi, in Siena, ad assistere i suoi monaci colpiti dal male, e morì egli stesso vittima del morbo come autentico martire della carità. Dall’esempio di questo Santo viene a noi l’invito a tradurre la nostra fede in una vita dedicata a Dio nella preghiera e spesa al servizio del prossimo sotto la spinta di una carità pronta anche al sacrificio supremo.

«Sabei que o Senhor me fez maravilhas. Ele me ouve, quando eu o chamo» (Sal 4,4). Estas palavras do Salmo Responsorial exprimem o segredo da vida do bem-aventurado Nuno de Santa Maria, herói e santo de Portugal. Os setenta anos da sua vida situam-se na segunda metade do século XIV e primeira do século XV, que viram aquela nação consolidar a sua independência de Castela e estender-se depois pelos Oceanos – não sem um desígnio particular de Deus –, abrindo novas rotas que haviam de propiciar a chegada do Evangelho de Cristo até aos confins da terra. São Nuno sente-se instrumento deste desígnio superior e alistado na militia Christi, ou seja, no serviço de testemunho que cada cristão é chamado a dar no mundo. Características dele são uma intensa vida de oração e absoluta confiança no auxílio divino. Embora fosse um óptimo militar e um grande chefe, nunca deixou os dotes pessoais sobreporem-se à acção suprema que vem de Deus. São Nuno esforçava-se por não pôr obstáculos à acção de Deus na sua vida, imitando Nossa Senhora, de Quem era devotíssimo e a Quem atribuía publicamente as suas vitórias. No ocaso da sua vida, retirou-se para o convento do Carmo por ele mandado construir. Sinto-me feliz por apontar à Igreja inteira esta figura exemplar nomeadamente pela presença duma vida de fé e oração em contextos aparentemente pouco favoráveis à mesma, sendo a prova de que em qualquer situação, mesmo de carácter militar e bélica, é possível actuar e realizar os valores e princípios da vida cristã, sobretudo se esta é colocada ao serviço do bem comum e da glória de Deus.

Una particolare attrazione per Gesù presente nell’Eucaristia avvertì sin da bambina santa Gertrude Comensoli. L’adorazione del Cristo eucaristico diventò lo scopo principale della sua vita, potremmo quasi dire la condizione abituale della sua esistenza. Fu infatti davanti all’Eucarestia che santa Gertrude comprese la sua vocazione e missione nella Chiesa: quella di dedicarsi senza riserve all’azione apostolica e missionaria, specialmente a favore della gioventù. Nacque così, in obbedienza a Papa Leone XIII, il suo Istituto che mirava a tradurre la "carità contemplata" nel Cristo eucaristico, in "carità vissuta" nel dedicarsi al prossimo bisognoso. In una società smarrita e spesso ferita, come è la nostra, ad una gioventù, come quella dei nostri tempi, in cerca di valori e di un senso da dare al proprio esistere, santa Gertrude indica come saldo punto di riferimento il Dio che nell’Eucaristia si è fatto nostro compagno di viaggio. Ci ricorda che "l’adorazione deve prevalere sopra tutte le opere di carità" perché è dall’amore per Cristo morto e risorto, realmente presente nel Sacramento eucaristico, che scaturisce quella carità evangelica che ci spinge a considerare fratelli tutti gli uomini.

Testimone dell’amore divino fu anche santa Caterina Volpicelli, che si sforzò di " essere di Cristo, per portare a Cristo" quanti ebbe ad incontrare nella Napoli di fine Ottocento, in un tempo di crisi spirituale e sociale. Anche per lei il segreto fu l’Eucaristia. Alle sue prime collaboratrici raccomandava di coltivare una intensa vita spirituale nella preghiera e, soprattutto, il contatto vitale con Gesù eucaristico. E’ questa anche oggi la condizione per proseguire l’opera e la missione da lei iniziate e lasciate in eredità alle "Ancelle del Sacro Cuore". Per essere autentiche educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come amava ripetere, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può trovare la sua ‘stabile dimora". Santa Caterina mostra alle sue figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo. E’ possibile così porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest’oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza in Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Álvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli.

Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, perché anche la nostra esistenza diventi un cantico di lode a Dio, sulle orme di Gesù, adorato con fede nel mistero eucaristico e servito con generosità nel nostro prossimo. Ci ottenga di realizzare questa missione evangelica la materna intercessione di Maria, Regina dei Santi, e di questi nuovi cinque luminosi esempi di santità, che oggi con gioia veneriamo. Amen!

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sabato 25 aprile 2009

DISCORSI DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLE ZONE TERREMOTATE DELL’ABRUZZO


VISITA DEL SANTO PADRE ALLE ZONE COLPITE DAL TERREMOTO IN ABRUZZO (28 APRILE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

DISCORSI, OMELIE E MESSAGGI DEL SANTO PADRE PRECEDENTI LA VISITA AD ONNA E L'AQUILA

VISITA DEL PAPA IN ABRUZZO: TUTTI I VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

VISITA DEL PAPA AD ONNA E L'AQUILA: VIDEO

L'AQUILA

Il Papa: "L’Aquila, anche se ferita, potrà tornare a volare" (Discorso alla Scuola della Guardia di Finanza a Coppito, 28 aprile 2009)

Preghiera del Santo Padre alla Vergine Maria (Coppito, 28 aprile 2009)

ONNA

Il Papa: "Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno" (Discorso alla tendopoli di Onna, 28 aprile 2009)

La preghiera del Santo Padre per le vittime del terremoto (Onna, 28 aprile 2009)

"La dimensione religiosa non è una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia...rende l’uomo più uomo"


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Il Papa: l'ora di religione è valido esempio di laicità positiva

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA, 25.04.2009

Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre riceve in Udienza i partecipanti all’Incontro degli Insegnanti di Religione Cattolica e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

è un vero piacere per me incontrarvi quest’oggi e condividere con voi alcune riflessioni sulla vostra importante presenza nel panorama scolastico e culturale italiano, nonché in seno alla comunità cristiana.
Saluto tutti con affetto, a cominciare dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto, presentandomi questa numerosa e vivace Assemblea. Ugualmente rivolgo un saluto cordiale a tutte le autorità presenti.

L’insegnamento della religione cattolica è parte integrante della storia della scuola in Italia, e l’insegnante di religione costituisce una figura molto importante nel collegio dei docenti.

È significativo che con lui tanti ragazzi si tengano in contatto anche dopo i corsi. L’altissimo numero di coloro che scelgono di avvalersi di questa disciplina è inoltre il segno del valore insostituibile che essa riveste nel percorso formativo e un indice degli elevati livelli di qualità che ha raggiunto. In un suo recente messaggio la Presidenza della CEI ha affermato che "l’insegnamento della religione cattolica favorisce la riflessione sul senso profondo dell’esistenza, aiutando a ritrovare, al di là delle singole conoscenze, un senso unitario e un’intuizione globale. Ciò è possibile perché tale insegnamento pone al centro la persona umana e la sua insopprimibile dignità, lasciandosi illuminare dalla vicenda unica di Gesù di Nazaret, di cui si ha cura di investigare l’identità, che non cessa da duemila anni di interrogare gli uomini".
Porre al centro l’uomo creato ad immagine di Dio (cfr Gn 1,27) è, in effetti, ciò che contraddistingue quotidianamente il vostro lavoro, in unità d’intenti con altri educatori ed insegnanti.
In occasione del Convegno ecclesiale di Verona, nell’ottobre 2006, io stesso ebbi modo di toccare la "questione fondamentale e decisiva" dell’educazione, indicando l’esigenza di "allargare gli spazi della nostra razionalità, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dell’intrinseca unità che le tiene insieme" (Discorso del 19 ottobre 2006: Insegnamenti di Benedetto XVI, II, 2 [2006], 473; 471).

La dimensione religiosa, infatti, è intrinseca al fatto culturale, concorre alla formazione globale della persona e permette di trasformare la conoscenza in sapienza di vita.

Il vostro servizio, cari amici, si colloca proprio in questo fondamentale crocevia, nel quale – senza improprie invasioni o confusione di ruoli – si incontrano l’universale tensione verso la verità e la bimillenaria testimonianza offerta dai credenti nella luce della fede, le straordinarie vette di conoscenza e di arte guadagnate dallo spirito umano e la fecondità del messaggio cristiano che così profondamente innerva la cultura e la vita del popolo italiano.
Con la piena e riconosciuta dignità scolastica del vostro insegnamento, voi contribuite, da una parte, a dare un’anima alla scuola e, dall’altra, ad assicurare alla fede cristiana piena cittadinanza nei luoghi dell’educazione e della cultura in generale. Grazie all’insegnamento della religione cattolica, dunque, la scuola e la società si arricchiscono di veri laboratori di cultura e di umanità, nei quali, decifrando l’apporto significativo del cristianesimo, si abilita la persona a scoprire il bene e a crescere nella responsabilità, a ricercare il confronto ed a raffinare il senso critico, ad attingere dai doni del passato per meglio comprendere il presente e proiettarsi consapevolmente verso il futuro.
L’appuntamento odierno si colloca anche nel contesto dell’Anno Paolino.
Grande è il fascino che l’Apostolo delle genti continua ad esercitare su tutti noi: in lui riconosciamo il discepolo umile e fedele, il coraggioso annunciatore, il geniale mediatore della Rivelazione.
Caratteristiche, queste, a cui vi invito a guardare per alimentare la vostra stessa identità di educatori e di testimoni nel mondo della scuola.
È Paolo, nella prima Lettera ai Tessalonicesi (4,9), a definire i credenti con la bella espressione di theodidaktoi, ossia "ammaestrati da Dio", che hanno Dio per maestro.
In questa parola troviamo il segreto stesso dell’educazione, come anche ricorda sant’Agostino: "Noi che parliamo e voi che ascoltate riconosciamoci come fedeli discepoli di un unico Maestro" (Serm. 23, 2).
Inoltre, nell’insegnamento paolino la formazione religiosa non è separata dalla formazione umana.
Le ultime Lettere del suo epistolario, quelle dette "pastorali", sono piene di significativi rimandi alla vita sociale e civile che i discepoli di Cristo devono ben tenere a mente.
San Paolo è un vero "maestro" che ha a cuore sia la salvezza della persona educata in una mentalità di fede, sia la sua formazione umana e civile, perché il discepolo di Cristo possa esprimere in pieno una personalità libera, un vivere umano "completo e ben preparato", che si manifesta anche in un’attenzione per la cultura, la professionalità e la competenza nei vari campi del sapere a beneficio di tutti.

La dimensione religiosa non è dunque una sovrastruttura; essa è parte integrante della persona, sin dalla primissima infanzia; è apertura fondamentale all’alterità e al mistero che presiede ogni relazione ed ogni incontro tra gli esseri umani. La dimensione religiosa rende l’uomo più uomo.

Possa il vostro insegnamento essere sempre capace, come lo fu quello di Paolo, di aprire i vostri studenti a questa dimensione di libertà e di pieno apprezzamento dell’uomo redento da Cristo così come è nel progetto di Dio, esprimendo così, nei confronti di tanti ragazzi e delle loro famiglie, una vera carità intellettuale.
Certamente uno degli aspetti principali del vostro insegnamento è la comunicazione della verità e della bellezza della Parola di Dio, e la conoscenza della Bibbia è un elemento essenziale del programma di insegnamento della religione cattolica.

Esiste un nesso che lega l’insegnamento scolastico della religione e l’approfondimento esistenziale della fede, quale avviene nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Tale legame è costituito dalla persona stessa dell’insegnante di religione cattolica: a voi, infatti, oltre al dovere della competenza umana, culturale e didattica propria di ogni docente, appartiene la vocazione a lasciar trasparire che quel Dio di cui parlate nelle aule scolastiche costituisce il riferimento essenziale della vostra vita.

Lungi dal costituire un’interferenza o una limitazione della libertà, la vostra presenza è anzi un valido esempio di quello spirito positivo di laicità che permette di promuovere una convivenza civile costruttiva, fondata sul rispetto reciproco e sul dialogo leale, valori di cui un Paese ha sempre bisogno.

Come suggeriscono le parole dell’apostolo Paolo che fanno da titolo a questo vostro appuntamento, auguro a tutti voi che il Signore vi doni la gioia di non vergognarvi mai del suo Vangelo, la grazia di viverlo, la passione di condividere e coltivare la novità che da esso promana per la vita del mondo. Con questi sentimenti benedico voi e le vostre famiglie, insieme a tutti coloro – studenti e insegnanti – che ogni giorno incontrate in quella comunità di persone e di vita che è la scuola.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

Durante l'udienza nell'aula Paolo VI agli insegnanti di religione

Il saluto rivolto al Papa dal cardinale Angelo Bagnasco

Il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha rivolto a Benedetto XVI queste parole di saluto, all'inizio dell'udienza agli ottomila partecipanti all'incontro degli insegnanti di religione cattolica, sabato mattina 25 aprile nell'aula Paolo VI.

Beatissimo Padre,

con viva commozione mi faccio interprete della profonda gioia e gratitudine dei numerosissimi insegnanti di religione cattolica giunti qui oggi da tutta Italia per incontrarla e per ascoltare la sua parola. Essi rappresentano i circa venticinquemila docenti specialistici di religione cattolica della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria che, insieme agli insegnanti di sezione idonei a tale insegnamento, portano ogni giorno nelle aule scolastiche con passione e competenza la ricchezza storica, dottrinale, etica e culturale del cristianesimo. L'elevata professionalità, unita alla forte appartenenza ecclesiale e alla passione educativa, fanno di loro una risorsa insostituibile per la scuola, per l'intera società e per la Chiesa in Italia.
A venticinque anni dalla revisione del Concordato Lateranense e dall'Intesa, che hanno prodotto un marcato rinnovamento dell'insegnamento della religione cattolica nella scuola pubblica, possiamo oggi affermare che tale realtà è una presenza quanto mai viva, qualificata e culturalmente feconda nel nostro Paese. Davanti a quella "emergenza educativa" di cui lei stesso, Padre Santo, ha più volte evidenziato la rilevanza e l'urgenza, l'insegnamento scolastico della religione costituisce una preziosa risposta: un'esperienza, offerta a tutti, di approfondimento della dimensione religiosa, di confronto interpersonale e di incontro con il fatto cristiano, così radicato e fruttuoso nella nostra storia.
Dei diversi aspetti che compongono oggi l'identità e la missione dell'insegnante di religione si è parlato nei giorni scorsi, all'interno del congresso promosso dal servizio nazionale per l'insegnamento della religione cattolica e dal servizio nazionale per il progetto culturale della Conferenza episcopale italiana, dal titolo: "Io non mi vergogno del Vangelo (Lettera ai Romani, 1, 16). L'insegnamento della religione cattolica per una cultura al servizio dell'uomo". È stata un'occasione di intenso approfondimento e di spiritualità, culminata nel pellegrinaggio alla tomba dell'apostolo Paolo e arricchita, anche questa mattina, da numerose testimonianze.
Santità, questa vivace assemblea vuole manifestare, davanti a lei, la gioia e la bellezza dell'insegnare religione, nonostante le grandi responsabilità e il quotidiano mettersi in gioco che questo comporta. Stimolati e orientati dal suo luminoso insegnamento ognuno tornerà fra i propri alunni e colleghi rinfrancato e spronato a diventare testimone sempre più credibile di una fede amica dell'amore, della libertà, dell'intelligenza. Amica dell'uomo.
Grazie ancora, Padre Santo. Ci benedica!

(©L'Osservatore Romano - 26 aprile 2009)

giovedì 23 aprile 2009

"Nell'Eucaristia Cristo è realmente presente: è il pane che scende dall'alto per farci riprendere le forze e per affrontare la fatica del cammino"


CELEBRAZIONE EUCARISTICA CON I MEMBRI DEL COMITATO ORGANIZZATORE DELL’INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE IN MESSICO, 23.04.2009

Alle 7.30 di questa mattina, nella Cappella Redemptoris Mater, il Santo Padre Benedetto XVI ha celebrato la Santa Messa con la partecipazione della Commissione Centrale Organizzatrice del VI Incontro Mondiale delle Famiglie.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa ha pronunciato nel corso della Celebrazione eucaristica:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari amici,

Poco fa abbiamo detto nel salmo responsoriale: "Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode" (33,1).
Lo lodiamo oggi per il VI incontro mondiale delle famiglie, felicemente celebrato a Città del Messico lo scorso mese di gennaio, e alla cui organizzazione e al cui svolgimento voi avete partecipato in diversi modi. Vi ringrazio di cuore. Saluto anche cordialmente i signori cardinali Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e l'arcivescovo primate del Messico, Norberto Rivera Carrera, che presiede questo pellegrinaggio a Roma.
Nella lettura degli Atti degli Apostoli abbiamo ascoltato dalle labbra di Pietro: "Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini" (5, 29).
Ciò concorda pienamente con quanto ci dice il Vangelo di Giovanni: "Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita" (3, 36).
Così la Parola di Dio ci parla quindi di un'obbedienza che non è semplice soggezione, né un mero adempimento di mandati, ma nasce da un'intima comunione con Dio e consiste in uno sguardo interiore che sa discernere ciò che "viene dall'alto" ed "è al di sopra di tutti". È frutto dello Spirito Santo che Dio concede "senza misura".

Cari amici, i nostri contemporanei hanno bisogno di scoprire questa obbedienza, che non è teorica bensì vitale, che è un optare per alcune condotte concrete, basate sull'obbedienza al volere di Dio, che ci rendono pienamente liberi.

Le famiglie cristiane con la loro vita domestica, semplice e gioiosa, condividendo ogni giorno le gioie, le speranze e le preoccupazioni, vissute alla luce della fede, sono scuole di obbedienza e ambiti di vera libertà. Lo sanno bene quanti hanno vissuto il proprio matrimonio secondo i piani di Dio per lunghi anni, come alcuni dei presenti, sperimentando la bontà del Signore che ci aiuta e ci incoraggia.

Nell'eucaristia Cristo è realmente presente: è il pane che scende dall'alto per farci riprendere le forze e per affrontare lo sforzo e la fatica del cammino. Egli è sempre al nostro fianco. Che Cristo sia il migliore amico anche di chi oggi riceve la prima comunione, trasformandolo interiormente affinché sia un suo testimone entusiasta dinanzi agli altri!

Proseguiamo ora la nostra celebrazione eucaristica invocando l'amorevole intercessione della nostra Madre del cielo, Nuestra Señora de Guadalupe, affinché riceviamo Gesù e abbiamo la vita e, rafforzati con il pane eucaristico, siamo servitori della vera gioia per il mondo.

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 24 aprile 2009)

Il Papa: "L'interpretazione delle Sacre Scritture deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa"


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Sacre Scritture rettamente comprese solo nel contesto ecclesiale: così il Papa alla plenaria della Pontificia Commissione Biblica (Radio Vaticana)

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI MEMBRI DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE BIBLICA

Signor Cardinale, Eccellenza,
cari Membri della Pontificia Commissione Biblica
,

sono lieto di accogliervi ancora una volta al termine della vostra annuale Assemblea plenaria. Ringrazio il Signor Cardinale William Levada per il suo indirizzo di saluto e per la concisa esposizione del tema che è stato oggetto di attenta riflessione nel corso della vostra riunione.
Vi siete nuovamente radunati per approfondire un argomento molto importante: l'ispirazione e la verità della Bibbia. Si tratta di un tema che riguarda non soltanto la teologia, ma la stessa Chiesa, poiché la vita e la missione della Chiesa si fondano necessariamente sulla Parola di Dio, la quale è anima della teologia e, insieme, ispiratrice di tutta l'esistenza cristiana.

Il tema che avete affrontato risponde, inoltre, a una preoccupazione che mi sta particolarmente a cuore, poiché l'interpretazione della Sacra Scrittura è di importanza capitale per la fede cristiana e per la vita della Chiesa.

Come Ella ha già ricordato, Signor Presidente, nell'Enciclica Providentissimus Deus Papa Leone XIII offriva agli esegeti cattolici nuovi incoraggiamenti e nuove direttive in tema di ispirazione, verità ed ermeneutica biblica. Più tardi Pio XII nella sua Enciclica Divino afflante Spiritu raccoglieva e completava il precedente insegnamento, esortando gli esegeti cattolici a giungere a soluzioni in pieno accordo con la dottrina della Chiesa, tenendo debitamente conto dei positivi apporti dei nuovi metodi di interpretazione nel frattempo sviluppati.
Il vivo impulso dato da questi due Pontefici agli studi biblici, come Lei ha anche detto, ha trovato piena conferma ed è stato ulteriormente sviluppato nel Concilio Vaticano II, cosicché tutta la Chiesa ne ha tratto e ne trae beneficio.

In particolare, la Costituzione conciliare Dei Verbum illumina ancora oggi l'opera degli esegeti cattolici e invita i Pastori e i fedeli ad alimentarsi più assiduamente alla mensa della Parola di Dio.
Il Concilio ricorda, al riguardo, innanzitutto che Dio è l'Autore della Sacra Scrittura: «Le cose divinamente rivelate che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e presentate, furono consegnate sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. La Santa Madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto ispirazione dello Spirito Santo, hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa» (Dei Verbum, 11).

Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo, invisibile e trascendente Autore, si deve dichiarare, per conseguenza, che «i libri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere» (ibid., 11).

Dalla corretta impostazione del concetto di divina ispirazione e verità della Sacra Scrittura derivano alcune norme che riguardano direttamente la sua interpretazione.

La stessa Costituzione Dei Verbum, dopo aver affermato che Dio è l'autore della Bibbia, ci ricorda che nella Sacra Scrittura Dio parla all'uomo alla maniera umana.

E questa sinergia divino-umana è molto importante: Dio parla realmente per gli uomini in modo umano. Per una retta interpretazione della Sacra Scrittura bisogna dunque ricercare con attenzione che cosa gli agiografi hanno veramente voluto affermare e che cosa è piaciuto a Dio manifestare tramite parole umane.

«Le parole di Dio infatti, espresse con lingue umane, si sono fatte simili al linguaggio degli uomini, come già il Verbo dell'eterno Padre, avendo assunto le debolezze dell'umana natura, si fece simile agli uomini» (Dei Verbum, 13).

Queste indicazioni, molto necessarie per una corretta interpretazione di carattere storico-letterario come prima dimensione di ogni esegesi, richiedono poi un collegamento con le premesse della dottrina sull'ispirazione e verità della Sacra Scrittura.
Infatti, essendo la Scrittura ispirata, c'è un sommo principio di retta interpretazione senza il quale gli scritti sacri resterebbero lettera morta, solo del passato: la Sacra Scrittura deve «essere letta e interpretata con l'aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta» (Dei Verbum, 12).

Al riguardo, il Concilio Vaticano II indica tre criteri sempre validi per una interpretazione della Sacra Scrittura conforme allo Spirito che l'ha ispirata.

Anzitutto occorre prestare grande attenzione al contenuto e all'unità di tutta la Scrittura: solo nella sua unità è Scrittura. Infatti, per quanto siano differenti i libri che la compongono, la Sacra Scrittura è una in forza dell'unità del disegno di Dio, del quale Cristo Gesù è il centro e il cuore (cfr Lc 24,25-27; Lc 24,44-46).

In secondo luogo occorre leggere la Scrittura nel contesto della tradizione vivente di tutta la Chiesa.

Secondo un detto di Origene, «Sacra Scriptura principalius est in corde Ecclesiae quam in materialibus instrumentis scripta» ossia «la Sacra Scrittura è scritta nel cuore della Chiesa prima che su strumenti materiali».

Infatti la Chiesa porta nella sua Tradizione la memoria viva della Parola di Dio ed è lo Spirito Santo che le dona l'interpretazione di essa secondo il senso spirituale (cfr Origene, Homiliae in Leviticum, 5,5).

Come terzo criterio è necessario prestare attenzione all'analogia della fede, ossia alla coesione delle singole verità di fede tra di loro e con il piano complessivo della Rivelazione e la pienezza della divina economia in esso racchiusa.

Il compito dei ricercatori che studiano con diversi metodi la Sacra Scrittura è quello di contribuire secondo i suddetti principi alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura.

Lo studio scientifico dei testi sacri è importante, ma non è da solo sufficiente perché rispetterebbe solo la dimensione umana. Per rispettare la coerenza della fede della Chiesa l'esegeta cattolico deve essere attento a percepire la Parola di Dio in questi testi, all'interno della stessa fede della Chiesa.

In mancanza di questo imprescindibile punto di riferimento la ricerca esegetica resterebbe incompleta, perdendo di vista la sua finalità principale, con il pericolo di essere ridotta ad una lettura puramente letteraria, nella quale il vero Autore – Dio – non appare più.

Inoltre, l'interpretazione delle Sacre Scritture non può essere soltanto uno sforzo scientifico individuale, ma deve essere sempre confrontata, inserita e autenticata dalla tradizione vivente della Chiesa. Questa norma è decisiva per precisare il corretto e reciproco rapporto tra l'esegesi e il Magistero della Chiesa.

L'esegeta cattolico non si sente soltanto membro della comunità scientifica, ma anche e soprattutto membro della comunità dei credenti di tutti i tempi. In realtà questi testi non sono stati dati ai singoli ricercatori o alla comunità scientifica «per soddisfare la loro curiosità o per fornire loro degli argomenti di studio e di ricerca» (Divino afflante Spiritu, EB 566). I testi ispirati da Dio sono stati affidati in primo luogo alla comunità dei credenti, alla Chiesa di Cristo, per alimentare la vita di fede e guidare la vita di carità. Il rispetto di questa finalità condiziona la validità e l'efficacia dell'ermeneutica biblica. L'Enciclica Providentissimus Deus ha ricordato questa verità fondamentale e ha osservato che, lungi dall'ostacolare la ricerca biblica, il rispetto di questo dato ne favorisce l'autentico progresso. Direi, un’ermeneutica della fede corrisponde più alla realtà di questo testo che non una ermeneutica razionalista, che non conosce Dio.

Essere fedeli alla Chiesa significa, infatti, collocarsi nella corrente della grande Tradizione che, sotto la guida del Magistero, ha riconosciuto gli scritti canonici come parola rivolta da Dio al suo popolo e non ha mai cessato di meditarli e di scoprirne le inesauribili ricchezze.

Il Concilio Vaticano II lo ha ribadito con grande chiarezza: «Tutto quello che concerne il modo di interpretare la Scrittura è sottoposto in ultima istanza al giudizio della Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e interpretare la Parola di Dio» (Dei Verbum, 12).

Come ci ricorda la summenzionata Costituzione dogmatica esiste una inscindibile unità tra Sacra Scrittura e Tradizione, poiché entrambe provengono da una stessa fonte: «La sacra Tradizione e la Sacra Scrittura sono strettamente congiunte e comunicanti tra loro. Ambedue infatti, scaturendo dalla stessa divina sorgente, formano, in un certo qual modo, una cosa sola e tendono allo stesso fine. Infatti la Sacra Scrittura è parola di Dio in quanto è messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo; invece la sacra Tradizione trasmette integralmente la parola di Dio, affidata da Cristo Signore e dallo Spirito Santo agli apostoli, ai loro successori, affinché questi, illuminati dallo Spirito di verità, con la loro predicazione fedelmente la conservino, la espongano e la diffondano. In questo modo la Chiesa attinge la sua certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Sacra Scrittura. Perciò l'una e l'altra devono esser accettate e venerate con pari sentimento di pietà e di riverenza» (Dei Verbum, 9).

Come sappiamo, questa parola “pari pietatis affectu ac reverentia” è stata creata da San Basilio, è poi stata recepita nel Decreto di Graziano, da cui è entrata nel Concilio di Trento e poi nel Vaticano II. Essa esprime proprio questa inter-penetrazione tra Scrittura e Tradizione. Soltanto il contesto ecclesiale permette alla Sacra Scrittura di essere compresa come autentica Parola di Dio che si fa guida, norma e regola per la vita della Chiesa e la crescita spirituale dei credenti.

Ciò, come ho già detto, non impedisce in nessun modo un’interpretazione seria, scientifica, ma apre inoltre l’accesso alle dimensioni ulteriori del Cristo, inaccessibili ad un’analisi solo letteraria, che rimane incapace di accogliere in sé il senso globale che nel corso dei secoli ha guidato la Tradizione dell'intero Popolo di Dio.

Cari Membri della Pontificia Commissione Biblica, desidero concludere il mio intervento formulando a tutti voi i miei personali ringraziamenti e incoraggiamenti. Vi ringrazio cordialmente per l'impegnativo lavoro che compite al servizio della Parola di Dio e della Chiesa mediante la ricerca, l'insegnamen­to e la pubblicazione dei vostri studi. A ciò aggiungo i miei incoraggiamenti per il cammino che resta ancora da percorrere. In un mondo dove la ricerca scientifica assume una sempre maggiore importanza in numerosi campi è indispensabile che la scienza esegetica si situi a un livello adeguato. E' uno degli aspetti dell'inculturazione della fede che fa parte della missione della Chiesa, in sintonia con l'accoglienza del mistero dell'Incarnazione. Cari fratelli e sorelle, il Signore Gesù Cristo, Verbo di Dio incarnato e divino Maestro che ha aperto lo spirito dei suoi discepoli all'intelligenza delle Scritture (cfr Lc 24,45), vi guidi e vi sostenga nelle vostre riflessioni. La Vergine Maria, modello di docilità e di obbedienza alla Parola di Dio, vi insegni ad accogliere sempre meglio la ricchezza inesauribile della Sacra Scrittura, non soltanto attraverso la ricerca intellettuale, ma anche nella vostra vita di credenti, affinché il vostro lavoro e la vostra azione possano contribuire a fare sempre più risplendere davanti ai fedeli la luce della Sacra Scrittura. Nell’assicurarvi il sostegno della mia preghiera nella vostra fatica, vi imparto di cuore, quale pegno dei divini favori, l’Apostolica Benedizione.

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