domenica 31 agosto 2008

Il Papa: "Come per Cristo, così pure per i cristiani portare la croce non è dunque facoltativo, ma è una missione da abbracciare per amore"


ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO E VIDEO

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All’Angelus, appello del Papa sull’immigrazione (Radio Vaticana)

Auguri dal Papa a studenti e professori per il nuovo anno scolastico. Benedizione speciale per Cuba

Immigrazione, l'appello del Papa: «Basta stragi. La politica dia risposte efficaci»

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 31.08.2008

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Anche oggi, nel Vangelo, compare in primo piano l’apostolo Pietro. Ma, mentre domenica scorsa l’abbiamo ammirato per la sua fede schietta in Gesù, da lui proclamato Messia e Figlio di Dio, questa volta, nell’episodio immediatamente seguente, mostra una fede ancora immatura e troppo legata alla "mentalità di questo mondo" (cfr Rm 12,2).

Quando infatti Gesù comincia a parlare apertamente del destino che l’attende a Gerusalemme, che cioè dovrà soffrire molto ed essere ucciso per poi risorgere, Pietro protesta dicendo: "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai" (Mt 16,22).

E’ evidente che il Maestro e il discepolo seguono due modi di pensare opposti. Pietro, secondo una logica umana, è convinto che Dio non permetterebbe mai al suo Figlio di finire la sua missione morendo sulla croce. Gesù, al contrario, sa che il Padre, nel suo immenso amore per gli uomini, lo ha mandato a dare la vita per loro, e che se questo comporta la passione e la croce, è giusto che così avvenga. D’altra parte, Egli sa pure che l’ultima parola sarà la risurrezione.

La protesta di Pietro, pur pronunciata in buona fede e per sincero amore verso il Maestro, suona per Gesù come una tentazione, un invito a salvare se stesso, mentre è solo perdendo la sua vita che Lui la riceverà nuova ed eterna per tutti noi.

Se, per salvarci, il Figlio di Dio ha dovuto soffrire e morire crocifisso, non è certamente per un disegno crudele del Padre celeste. La causa è la gravità della malattia da cui doveva guarirci: un male così serio e mortale da richiedere tutto il suo sangue. E’ infatti con la sua morte e risurrezione, che Gesù ha sconfitto il peccato e la morte ristabilendo la signoria di Dio. Ma la lotta non è finita: il male esiste e resiste in ogni generazione, anche ai nostri giorni.

Che cosa sono gli orrori della guerra, le violenze sugli innocenti, la miseria e l’ingiustizia che infieriscono sui deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio? E come rispondere a tanta malvagità se non con la forza disarmata dell’amore che vince l’odio, della vita che non teme la morte? E’ la stessa misteriosa forza che usò Gesù, a costo di essere incompreso e abbandonato da molti dei suoi.

Cari fratelli e sorelle, per portare a pieno compimento l’opera della salvezza, il Redentore continua ad associare a sé e alla sua missione uomini e donne disposti a prendere la croce e a seguirlo.

Come per Cristo, così pure per i cristiani portare la croce non è dunque facoltativo, ma è una missione da abbracciare per amore. Nel nostro mondo attuale, dove sembrano dominare le forze che dividono e distruggono, il Cristo non cessa di proporre a tutti il suo chiaro invito: chi vuol essere mio discepolo, rinneghi il proprio egoismo e porti con me la croce.

Invochiamo l’aiuto della Vergine Santa, che per prima e sino alla fine ha seguito Gesù sulla via della croce. Ci aiuti Lei ad andare con decisione dietro al Signore, per sperimentare fin d’ora, pur nella prova, la gloria della risurrezione.

DOPO L’ANGELUS

In queste ultime settimane la cronaca ha registrato l’aumento degli episodi di immigrazione irregolare dall’Africa. Non di rado, la traversata del Mediterraneo verso il continente europeo, visto come un approdo di speranza per sfuggire a situazioni avverse e spesso insostenibili, si trasforma in tragedia; quella avvenuta qualche giorno fa sembra aver superato le precedenti per l’alto numero di vittime. La migrazione è fenomeno presente fin dagli albori della storia dell’umanità, che da sempre, pertanto, ha caratterizzato le relazioni tra popoli e nazioni. L’emergenza in cui si è trasformata nei nostri tempi, tuttavia, ci interpella e, mentre sollecita la nostra solidarietà, impone, nello stesso tempo, efficaci risposte politiche. So che molte istanze regionali, nazionali e internazionali si stanno occupando della questione della migrazione irregolare: ad esse va il mio plauso e il mio incoraggiamento, affinché continuino la loro meritevole azione con senso di responsabilità e spirito umanitario. Senso di responsabilità devono mostrare anche i Paesi di origine, non solo perché si tratta di loro concittadini, ma anche per rimuovere le cause di migrazione irregolare, come pure per stroncare, alle radici, tutte le forme di criminalità ad essa collegate. Dal canto loro, i Paesi europei e comunque quelli meta di immigrazione sono, tra l’altro, chiamati a sviluppare di comune accordo iniziative e strutture sempre più adeguate alle necessità dei migranti irregolari. Questi ultimi, poi, vanno pure sensibilizzati sul valore della propria vita, che rappresenta un bene unico, sempre prezioso, da tutelare di fronte ai gravissimi rischi a cui si espongono nella ricerca di un miglioramento delle loro condizioni e sul dovere della legalità che si impone a tutti. Come Padre comune, sento il profondo dovere di richiamare l’attenzione di tutti sul problema e di chiedere la generosa collaborazione di singoli e di istituzioni per affrontarlo e trovare vie di soluzione. Il Signore ci accompagni e renda fecondi i nostri sforzi!

Je vous salue, chers pèlerins francophones, qui êtes venus saluer et prier avec moi la Mère du Christ, en particulier les jeunes de Chiry-Ourscamp. À quelques jours de la rentrée scolaire, je désire tout spécialement confier à la Vierge Marie les élèves et les professeurs qui s’apprêtent à vivre ensemble une nouvelle année de découvertes, d’apprentissages et d’efforts. Que le Seigneur donne à chacun de faire fructifier les talents qui sont en lui pour le bien et la joie de tous. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. In today’s Gospel, Jesus reveals to his disciples his coming passion, death and resurrection. He also teaches us that, to follow him, we too must enter into the mystery of the cross. Faithful obedience to God and loving service of our neighbour do not always come easily. But to embrace the cross of Christ is to share in his victory. May the Lord keep us in his love! I wish you all a pleasant stay in Castel Gandolfo and Rome, and a blessed Sunday!

Einen frohen Gruß richte ich an alle Brüder und Schwestern deutscher Zunge; unter ihnen grüße ich besonders Pilger aus dem Bistum Rottenburg-Stuttgart. Petrus und die Apostel, so haben wir es heute im Evangelium gehört, müssen lernen, was es heißt, Jünger Jesu zu sein und Ihm nachzufolgen: das wollen, was Gott will; auch dann, wenn es schwer scheint und sogar Leid und Kreuz mit einschließt. Haben wir keine Angst, unseren Weg mit Gott zu gehen. Er gibt uns Kraft und hilft uns, das Gute zu vollbringen. Mit meinem Segen begleite ich euch alle.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española, en particular a los Pastores y fieles de la querida Nación cubana, que ayer inauguraron solemnemente el Trienio preparatorio de la celebración de los cuatrocientos años del hallazgo y la presencia de la venerada imagen de Nuestra Señora de la Caridad del Cobre. A todos los amados hijos e hijas de la Iglesia que vive en ese noble País los encomiendo fervientemente en mi plegaria, para que, a ejemplo de María Santísima, y ayudados por su maternal intercesión, tengan una fe rica en obras de misericordia y amor. Los invito asimismo a acoger cotidianamente en su corazón la Palabra de Dios, a meditarla y llevarla a la práctica con valentía y esperanza para que, como auténticos hijos de Dios Padre, discípulos fieles de Cristo y, con la fuerza del Espíritu Santo, sean misioneros del Evangelio en cualquier circunstancia de la vida. Reciban a la Virgen en sus casas, permanezcan con Ella en oración y encuentren su dicha en hacer lo que su Hijo Jesús les diga. En este hermoso camino los acompaña el afecto y la cercanía espiritual del Papa. Que Dios bendiga a Cuba y a todos los cubanos.

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Dziś w liturgii Chrystus wzywa, abyśmy Go naśladowali. Nie ukrywa, że na tej drodze trzeba wejść w tajemnicę krzyża. Zapewnia jednak, że kto traci swoje życie z Jego powodu, znajdzie je. Niech ta obietnica umacnia nas, gdy ciąży krzyż codzienności. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto tutti i polacchi. Nella liturgia odierna Cristo ci chiama a seguirLo. Non nasconde che su questo cammino bisogna entrare nel mistero della croce. Tuttavia assicura che chi perde la propria vita per causa sua, la troverà. Questa promessa ci sostenga, quando pesa la croce della quotidianità. Dio vi benedica.]

Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai Sacerdoti salesiani provenienti da diversi Paesi e alle Suore Domenicane Missionarie di San Sisto. Saluto inoltre i fedeli di Bassano del Grappa, Galliera Veneta, Bedizzole, Boccaleone, Moncalieri e Riposto, i cresimandi di Zané con i loro genitori e il gruppo della diocesi di Lodi. A tutti auguro una buona domenica.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

mercoledì 27 agosto 2008

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA SITUAZIONE IN INDIA


Vedi anche:

Il Papa: "Vediamo in Paolo un impegno che si spiega soltanto con un'anima realmente affascinata dalla luce del Vangelo, innamorata di Cristo..." (Catechesi udienza generale, 27 agosto 2008)

UDIENZA GENERALE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA: RACCOLTA DI ARTICOLI

India. Benedetto XVI condanna le violenze interreligiose e gli attacchi contro i cristiani nell'Orissa (Marroni)

Se rischia la libertà religiosa. Analisi delle parole chiarissime e misurate di Benedetto XVI (Rosati)

Il Papa: «Basta violenze contro i cristiani» (Tornielli)

Papa: in India autorità religiose e civili operino per fermare la violenza (Asianews)

Le scuole cattoliche in India chiudono venerdì per protesta contro gli attacchi alla comunità cattolica. Intervista al card. Gracias (Radio Vaticana)

LA FERMA CONDANNA DEL PAPA SULLE VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA

India, appello di Benedetto XVI: "No attacco a vita umana"

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA SITUAZIONE IN INDIA

Ho appreso con profonda tristezza le notizie circa le violenze contro le comunità cristiane nello Stato indiano dell’Orissa, scoppiate in seguito al deplorevole assassinio del leader indù Swami Lakshmananda Saraswati. Sono state finora uccise alcune persone e ne sono state ferite diverse altre. Si è avuta inoltre la distruzione di centri di culto, proprietà della Chiesa, e di abitazioni private.

Mentre condanno con fermezza ogni attacco alla vita umana, la cui sacralità esige il rispetto di tutti, esprimo spirituale vicinanza e solidarietà ai fratelli e alle sorelle nella fede così duramente provati. Imploro il Signore che li accompagni e sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore di tutti.

Invito i leaders religiosi e le autorità civili a lavorare insieme per ristabilire tra i membri delle varie comunità la convivenza pacifica e l’armonia che sono sempre state segno distintivo della società indiana.


[Working translation:

I have learned with deep sadness the news about the violence against the Christian communities in the Indian State of Orissa, which erupted following the deplorable murder of the Hindu leader Swami Lakshmananda Saraswati. Some persons have been killed and others injured. Worship centers, church property and private houses have also been destroyed.
While I firmly condemn all attacks against human life, the sacredness of which demands the respect of all, I express my spiritual closeness and solidarity to the brothers and sisters in the faith so hardly tried. I implore the Lord to accompany and support them in this time of suffering and give them the strength to continue in the service of love in favour of all.
I ask the religious leaders and civil authorities to work together to restore among the members of the various communities the peaceful coexistence and harmony which have always been the distinguishing mark of the Indian society.]

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Il Papa: "Vediamo in Paolo un impegno che si spiega soltanto con un'anima realmente affascinata dalla luce del Vangelo, innamorata di Cristo..."


CICLO DI CATECHESI DEDICATE A SAN PAOLO APOSTOLO ED ALL'ANNO PAOLINO

UDIENZA GENERALE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

GLI APOSTOLI NELLA CATECHESI DI PAPA BENEDETTO

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

Vedi anche:

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA SITUAZIONE IN INDIA

LA FERMA CONDANNA DEL PAPA SULLE VIOLENZE ANTI-CRISTIANE IN INDIA

India, appello di Benedetto XVI: "No attacco a vita umana"

Il Papa espone la biografia di San Paolo: "Testimone instancabile del Vangelo"

L’UDIENZA GENERALE, 27.08.2008

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre - proveniente in elicottero dalla residenza estiva di Castel Gandolfo - ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha ripreso oggi il ciclo di catechesi dedicato all’approfondimento della figura e del pensiero dell’Apostolo Paolo, che aveva iniziato lo scorso luglio in occasione dell’Anno a lui dedicato. Il Santo Padre si è soffermato oggi in particolare sulla biografia di San Paolo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti. Quindi, il Papa ha rivolto un appello per la situazione in India.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.
Al termine, il Santo Padre è rientrato a Castel Gandolfo
.

II: La biografia di San Paolo

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

nell’ultima catechesi prima delle vacanze – due mesi fa, ai primi di luglio – avevo iniziato una nuova serie di tematiche in occasione dell’anno paolino, considerando il mondo in cui visse san Paolo. Vorrei oggi riprendere e continuare la riflessione sull’Apostolo delle genti, proponendo una sua breve biografia. Poiché dedicheremo il prossimo mercoledì all'evento straordinario che si verificò sulla strada di Damasco, la conversione di Paolo, svolta fondamentale della sua esistenza a seguito dell’incontro con Cristo, oggi ci soffermiamo brevemente sull’insieme della sua vita.

Gli estremi biografici di Paolo li abbiamo rispettivamente nella Lettera a Filemone, nella quale egli si dichiara "vecchio" (Fm 9: presbýtes) e negli Atti degli Apostoli, che al momento della lapidazione di Stefano lo qualificano "giovane" (7,58: neanías). Le due designazioni sono evidentemente generiche, ma, secondo i computi antichi, "giovane" era qualificato l’uomo sui trent’anni, mentre "vecchio" era detto quando giungeva sulla sessantina.

In termini assoluti, la data della nascita di Paolo dipende in gran parte dalla datazione della Lettera a Filemone. Tradizionalmente la sua redazione è posta durante la prigionia romana, a metà degli anni 60. Paolo sarebbe nato l'anno 8, quindi avrebbe avuto più o meno sessant'anni, mentre al momento della lapidazione di Stefano ne aveva 30. Dovrebbe essere questa la cronologia giusta. E la celebrazione dell'anno paolino che facciamo segue proprio questa cronologia. È stato scelto il 2008 pensando a una nascita più o meno nell'anno 8.

In ogni caso, egli nacque a Tarso in Cilicia (cfr At 22,3). La città era capoluogo amministrativo della regione e nel 51 a.C. aveva avuto come Proconsole nientemeno che Marco Tullio Cicerone, mentre dieci anni dopo, nel 41, Tarso era stato il luogo del primo incontro tra Marco Antonio e Cleopatra. Ebreo della diaspora, egli parlava greco pur avendo un nome di origine latina, peraltro derivato per assonanza dall'originario ebraico Saul/Saulos, ed era insignito della cittadinanza romana (cfr At 22,25-28). Paolo appare quindi collocato sulla frontiera di tre culture diverse — romana, greca, ebraica — e forse anche per questo era disponibile a feconde aperture universalistiche, a una mediazione tra le culture, a una vera universalità. Egli apprese anche un lavoro manuale, forse derivato dal padre, consistente nel mestiere di "fabbricatore di tende" (cfr At 18,3: skenopoiòs), da intendersi probabilmente come lavoratore della lana ruvida di capra o delle fibre di lino per farne stuoie o tende (cfr At 20,33-35). Verso i 12-13 anni, l'età in cui il ragazzo ebreo diventa bar mitzvà ("figlio del precetto"), Paolo lasciò Tarso e si trasferì a Gerusalemme per essere educato ai piedi di Rabbì Gamaliele il Vecchio, nipote del grande Rabbì Hillèl, secondo le più rigide norme del fariseismo e acquisendo un grande zelo per la Toràh mosaica (cfr Gal 1,14; Fil 3,5-6; At 22,3; 23,6; 26,5).

Sulla base di questa ortodossia profonda che aveva imparato alla scuola di Hillèl, in Gerusalemme, intravide nel nuovo movimento che si richiamava a Gesù di Nazaret un rischio, una minaccia per l'identità giudaica, per la vera ortodossia dei padri.

Ciò spiega il fatto che egli abbia fieramente "perseguitato la Chiesa di Dio", come per tre volte ammetterà nelle sue Lettere (1 Cor 15,9; Gal 1,13; Fil 3,6).

Anche se non è facile immaginarsi concretamente in che cosa consistesse questa persecuzione, il suo fu comunque un atteggiamento di intolleranza. È qui che si colloca l'evento di Damasco, su cui torneremo nella prossima catechesi. Certo è che, da quel momento in poi, la sua vita cambiò ed egli diventò un apostolo instancabile del Vangelo. Di fatto, Paolo passò alla storia più per quanto fece da cristiano, anzi da apostolo, che non da fariseo.

Tradizionalmente si suddivide la sua attività apostolica sulla base dei tre viaggi missionari, a cui si aggiunse il quarto dell'andata a Roma come prigioniero. Tutti sono raccontati da Luca negli Atti. A proposito dei tre viaggi missionari, però, bisogna distinguere il primo dagli altri due.

Del primo, infatti (cfr At 13-14), Paolo non ebbe la diretta responsabilità, che fu affidata invece al cipriota Barnaba. Insieme essi partirono da Antiochia sull'Oronte, inviati da quella Chiesa (cfr At 13,1-3), e, dopo essere salpati dal porto di Seleucia sulla costa siriana, attraversarono l'isola di Cipro da Salamina a Pafo; di qui giunsero alle coste meridionali dell'Anatolia, oggi Turchia, e toccarono le città di Attalìa, Perge di Panfilia, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra e Derbe, da cui ritornarono al punto di partenza. Era così nata la Chiesa dei popoli, la Chiesa dei pagani. E nel frattempo, soprattutto a Gerusalemme, era nata una discussione dura fino a quale punto questi cristiani provenienti dal paganesimo fossero obbligati ad entrare anche nella vita e nella legge di Israele (varie osservanze e prescrizioni che separavano Israele dal resto del mondo) per essere partecipi realmente delle promesse dei profeti e per entrare effettivamente nell’eredità di Israele.

Per risolvere questo problema fondamentale per la nascita della Chiesa futura si riunì a Gerusalemme il cosiddetto Concilio degli Apostoli, per decidere su questo problema dal quale dipendeva la effettiva nascita di una Chiesa universale. E fu deciso di non imporre ai pagani convertiti l'osservanza della legge mosaica (cfr At 15,6-30): non erano cioè obbligati alle norme del giudaismo; l’unica necessità era essere di Cristo, di vivere con Cristo e secondo le sue parole. Così, essendo di Cristo, erano anche di Abramo, di Dio e partecipi di tutte le promesse.

Dopo questo avvenimento decisivo, Paolo si separò da Barnaba, scelse Sila e iniziò il secondo viaggio missionario (cfr At 15,36-18,22). Oltrepassata la Siria e la Cilicia, rivide la città di Listra, dove accolse con sé Timoteo (figura molto importante della Chiesa nascente, figlio di un’ebrea e di un pagano), e lo fece circoncidere, attraversò l'Anatolia centrale e raggiunse la città di Troade sulla costa settentrionale del Mar Egeo. E qui si ebbe di nuovo un avvenimento importante: in sogno vide un macedone dall'altra parte del mare, cioè in Europa, che diceva, "Vieni e aiutaci!". Era l'Europa futura che chiedeva l'aiuto e la luce del Vangelo. Sulla spinta di questa visione entrò in Europa. Di qui salpò per la Macedonia entrando così in Europa. Sbarcato a Neapoli, arrivò a Filippi, ove fondò una bella comunità, poi passò a Tessalonica, e, partito di qui per difficoltà procurategli dai Giudei, passò per Berea, giunse ad Atene.

In questa capitale dell'antica cultura greca predicò, prima nell'Agorà e poi nell'Areopago, ai pagani e ai greci. E il discorso dell'Areopago, riferito negli Atti degli Apostoli, è modello di come tradurre il Vangelo in cultura greca, di come far capire ai greci che questo Dio dei cristiani, degli ebrei, non era un Dio straniero alla loro cultura ma il Dio sconosciuto aspettato da loro, la vera risposta alle più profonde domande della loro cultura.

Poi da Atene arrivò a Corinto, dove si fermò un anno e mezzo. E qui abbiamo un evento cronologicamente molto sicuro, il più sicuro di tutta la sua biografia, perché durante questo primo soggiorno a Corinto egli dovette comparire davanti al Governatore della provincia senatoriale di Acaia, il Proconsole Gallione, accusato di un culto illegittimo. Su questo Gallione e sul suo tempo a Corinto esiste un'antica iscrizione trovata a Delfi, dove è detto che era Proconsole a Corinto tra gli anni 51 e 53. Quindi qui abbiamo una data assolutamente sicura. Il soggiorno di Paolo a Corinto si svolse in quegli anni. Pertanto possiamo supporre che sia arrivato più o meno nel 50 e sia rimasto fino al 52. Da Corinto, poi, passando per Cencre, porto orientale della città, si diresse verso la Palestina raggiungendo Cesarea Marittima, di dove salì a Gerusalemme per tornare poi ad Antiochia sull’Oronte.

Il terzo viaggio missionario (cfr At 18,23-21,16) ebbe inizio come sempre ad Antiochia, che era divenuta il punto di origine della Chiesa dei pagani, della missione ai pagani, ed era anche il luogo dove nacque il termine «cristiani». Qui per la prima volta, ci dice San Luca, i seguaci di Gesù furono chiamati «cristiani». Da lì Paolo puntò dritto su Efeso, capitale della provincia d'Asia, dove soggiornò per due anni, svolgendo un ministero che ebbe delle feconde ricadute sulla regione. Da Efeso Paolo scrisse le lettere ai Tessalonicesi e ai Corinzi. La popolazione della città però fu sobillata contro di lui dagli argentieri locali, che vedevano diminuire le loro entrate per la riduzione del culto di Artemide (il tempio a lei dedicato a Efeso, l'Artemysion, era una delle sette meraviglie del mondo antico); perciò egli dovette fuggire verso il nord. Riattraversata la Macedonia, scese di nuovo in Grecia, probabilmente a Corinto, rimanendovi tre mesi e scrivendo la celebre Lettera ai Romani.

Di qui tornò sui suoi passi: ripassò per la Macedonia, per nave raggiunse Troade e poi, toccando appena le isole di Mitilene, Chio, Samo, giunse a Mileto dove tenne un importante discorso agli Anziani della Chiesa di Efeso, dando un ritratto del pastore vero della Chiesa, cfr At 20. Di qui ripartì facendo vela verso Tiro, di dove raggiunse Cesarea Marittima per salire ancora una volta a Gerusalemme.

Qui fu arrestato in base a un malinteso: alcuni Giudei avevano scambiato per pagani altri Giudei di origine greca, introdotti da Paolo nell’area templare riservata soltanto agli Israeliti. La prevista condanna a morte gli fu risparmiata per l’intervento del tribuno romano di guardia all’area del Tempio (cfr At 21,27-36); ciò si verificò mentre in Giudea era Procuratore imperiale Antonio Felice.

Passato un periodo di carcerazione (la cui durata è discussa), ed essendosi Paolo, come cittadino romano, appellato a Cesare (che allora era Nerone), il successivo Procuratore Porcio Festo lo inviò a Roma sotto custodia militare.

Il viaggio verso Roma toccò le isole mediterranee di Creta e Malta, e poi le città di Siracusa, Reggio Calabria e Pozzuoli. I cristiani di Roma gli andarono incontro sulla Via Appia fino al Foro di Appio (ca. 70 km a sud della capitale ) e altri fino alle Tre Taverne (ca. 40 km). A Roma incontrò i delegati della comunità ebraica, a cui confidò che era per "la speranza d'Israele" che portava le sue catene (cfr At 28,20). Ma il racconto di Luca termina sulla menzione di due anni passati a Roma sotto una blanda custodia militare, senza accennare né a una sentenza di Cesare (Nerone) né tanto meno alla morte dell'accusato. Tradizioni successive parlano di una sua liberazione, che avrebbe favorito sia un viaggio missionario in Spagna, sia una successiva puntata in Oriente e specificamente a Creta, a Efeso e a Nicopoli in Epiro. Sempre su base ipotetica, si congettura di un nuovo arresto e una seconda prigionia a Roma (da cui avrebbe scritto le tre Lettere cosiddette Pastorali, cioè le due a Timoteo e quella a Tito) con un secondo processo, che gli sarebbe risultato sfavorevole. Tuttavia, una serie di motivi induce molti studiosi di san Paolo a terminare la biografia dell'Apostolo con il racconto lucano degli Atti.

Sul suo martirio torneremo più avanti nel ciclo di queste nostre catechesi. Per ora, in questo breve elenco dei viaggi di Paolo, è sufficiente prendere atto di come egli si sia dedicato all’annuncio del Vangelo senza risparmio di energie, affrontando una serie di prove gravose, di cui ci ha lasciato l’elenco nella seconda Lettera ai Corinzi (cfr 11,21-28). Del resto, è lui che scrive: "Tutto faccio per il Vangelo" (1 Cor 9,23), esercitando con assoluta generosità quella che egli chiama "preoccupazione per tutte le Chiese" (2 Cor 11,28).

Vediamo un impegno che si spiega soltanto con un'anima realmente affascinata dalla luce del Vangelo, innamorata di Cristo, un’anima sostenuta da una convinzione profonda: è necessario portare al mondo la luce di Cristo, annunciare il Vangelo a tutti. Questo mi sembra sia quanto rimane da questa breve rassegna dei viaggi di san Paolo: vedere la sua passione per il Vangelo, intuire così la grandezza, la bellezza, anzi la necessità profonda del Vangelo per noi tutti.

Preghiamo affinché il Signore, che ha fatto vedere la sua luce a Paolo, gli ha fatto sentire la sua Parola, ha toccato il suo cuore intimamente, faccia vedere anche a noi la sua luce, perché anche il nostro cuore sia toccato dalla sua Parola e possiamo così anche noi dare al mondo di oggi, che ne ha sete, la luce del Vangelo e la verità di Cristo.

APPELLO DEL SANTO PADRE PER LA SITUAZIONE IN INDIA

Ho appreso con profonda tristezza le notizie circa le violenze contro le comunità cristiane nello Stato indiano dell’Orissa, scoppiate in seguito al deplorevole assassinio del leader indù Swami Lakshmananda Saraswati. Sono state finora uccise alcune persone e ne sono state ferite diverse altre. Si è avuta inoltre la distruzione di centri di culto, proprietà della Chiesa, e di abitazioni private.

Mentre condanno con fermezza ogni attacco alla vita umana, la cui sacralità esige il rispetto di tutti, esprimo spirituale vicinanza e solidarietà ai fratelli e alle sorelle nella fede così duramente provati. Imploro il Signore che li accompagni e sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore di tutti.

Invito i leaders religiosi e le autorità civili a lavorare insieme per ristabilire tra i membri delle varie comunità la convivenza pacifica e l’armonia che sono sempre state segno distintivo della società indiana.

[Working translation:

I have learned with deep sadness the news about the violence against the Christian communities in the Indian State of Orissa, which erupted following the deplorable murder of the Hindu leader Swami Lakshmananda Saraswati. Some persons have been killed and others injured. Worship centers, church property and private houses have also been destroyed.
While I firmly condemn all attacks against human life, the sacredness of which demands the respect of all, I express my spiritual closeness and solidarity to the brothers and sisters in the faith so hardly tried. I implore the Lord to accompany and support them in this time of suffering and give them the strength to continue in the service of love in favour of all.
I ask the religious leaders and civil authorities to work together to restore among the members of the various communities the peaceful coexistence and harmony which have always been the distinguishing mark of the Indian society.]

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lunedì 25 agosto 2008

L'omaggio del Papa a Schubert, colui che "fece risuonare la poesia e parlare la musica"


CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI, 24.08.2008

Alle ore 18 di oggi, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, ha avuto luogo un Concerto in onore del Santo Padre Benedetto XVI.
Di Franz Schubert, per violoncello e pianoforte, sono stati eseguiti i 24 Lieder della Winterreise (Viaggio d’inverno), op. 89, D 911, su liriche di Wilhelm Müller.
Riportiamo di seguito le parole che il Papa ha rivolto ai presenti al termine del Concerto:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
cari amici,


abbiamo trascorso una bella serata, nella quale ci è stato dato di riascoltare alcuni brani musicali famosi, che hanno suscitato in noi emozioni e suggestioni spirituali profonde. Con sentimenti di sincera cordialità, rivolgo il mio saluto a tutti voi qui convenuti, ed esprimo viva gratitudine a quanti hanno promosso e organizzato questo evento musicale. Sono certo di farmi interprete dei comuni sentimenti nel formulare un grato ed ammirato apprezzamento alla Signorina Yvonne Timoianu e al Signor Christoph Cornaro, che hanno suonato rispettivamente il violoncello e il pianoforte con encomiabile talento. Grazie alla loro magistrale esecuzione abbiamo potuto gustare la ricchezza multiforme del linguaggio musicale che caratterizza i brani proposti. Mi piace ricordare che la mia conoscenza del Signor Cornaro risale al periodo in cui egli è stato Ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede. Sono molto lieto di ritrovarlo oggi come pianista.

Questo concerto ci ha dato l’occasione di vedere il felice accostamento della poesia di Wilhelm Müller alla musica di Franz Schubert in un genere melodico a lui caro. Sono in effetti oltre seicento i Lieder che Schubert ci ha lasciato: il grande compositore, non sempre compreso dai suoi contemporanei, fu, com’è noto, il "principe del Lied".

Egli, come recita il suo epitaffio, "fece risuonare la poesia e parlare la musica".

Poc’anzi abbiamo potuto assaporare il capolavoro della liederistica schubertiana: Die Winterreise (Il viaggio d’inverno). Ben 24 Lieder composti su liriche di Wilhelm Müller, nei quali Schubert esprime un’intensa atmosfera di triste solitudine, da lui particolarmente avvertita dato lo stato d’animo di prostrazione causatogli dalla lunga malattia e dal susseguirsi di non poche delusioni sentimentali e professionali. È un viaggio tutto interiore, che il celebre compositore austriaco scrisse nel 1827, solo un anno prima della prematura morte, che lo colse a 31 anni.

Quando Schubert fa calare un testo poetico nel suo universo sonoro, lo interpreta attraverso un intreccio melodico che penetra nell’anima con dolcezza, portando anche chi l’ascolta a provare lo stesso struggente rimpianto avvertito dal musicista, lo stesso richiamo di quelle verità del cuore che vanno al di là di ogni raziocinio.

Nasce così un affresco che parla di schietta quotidianità, di nostalgia, di introspezione, di futuro. Tutto riaffiora lungo il percorso: la neve, il paesaggio, gli oggetti, le persone, gli eventi, in un fluire struggente di ricordi. In particolare, è stata per me un’esperienza nuova e bella ascoltare quest’opera nella versione che ci è stata proposta, cioè con il violoncello al posto della voce umana. Non sentivamo le parole della poesia, ma il loro riflesso ed i sentimenti in esse contenuti espressi con la "voce" quasi umana del violoncello.

Presentando Il viaggio d’inverno agli amici, Schubert ebbe a dire: "Vi canterò un ciclo di Lieder che mi hanno coinvolto più di quanto non mi sia mai successo prima. Mi piacciono più di tutti, e piaceranno anche a voi". Sono parole a cui possiamo assentire anche noi, dopo averli ascoltati nella luce della speranza della nostra fede. Il giovane Schubert, spontaneo ed esuberante, è riuscito a comunicare anche a noi questa sera ciò che egli ha vissuto e sperimentato. Meritato è pertanto il riconoscimento che universalmente viene tributato a questo illustre genio della musica, che onora la civiltà europea e la grande cultura e spiritualità dell’Austria cristiana e cattolica.

Interiormente confortati dalla splendida esperienza musicale di stasera, rinnoviamo il nostro grazie a chi ne è stato promotore e a chi l’ha magnificamente realizzata. Porgo ancora il mio saluto cordiale a quanti sono qui presenti, e a tutti imparto con affetto la mia Benedizione.

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domenica 24 agosto 2008

Il saluto di Benedetto XVI al Meeting di Rimini: "Il compimento dell’umano è la conoscenza di Dio"


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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL 29° MEETING PER L’AMICIZIA FRA I POPOLI (RIMINI, 24-30 AGOSTO 2008), 24.08.2008

In occasione della 29.ma edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, che si è aperto oggi a Rimini sul tema: "Protagonisti o nessuno", il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone ha inviato - a nome del Santo Padre Benedetto XVI - un Messaggio agli organizzatori ed ai partecipanti.

Il Messaggio, che riportiamo di seguito, è stato letto all’inizio della Santa Messa celebrata questa mattina da S.E. Mons. Francesco Lambiasi, Vescovo di Rimini.

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

A Sua Eccellenza Rev.ma
Mons. Francesco Lambiasi
Vescovo di Rimini

Eccellenza Reverendissima,

in occasione della XXIX edizione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, in programma a Rimini dal 24 al 30 agosto p.v., mi è gradito far pervenire a Lei, ai promotori e a quanti prendono parte a codesta significativa manifestazione il saluto cordiale di Sua Santità Benedetto XVI.

Il provocatorio titolo dell’incontro: "O protagonisti o nessuno" colpisce immediatamente l’attenzione. In verità, è questo il preciso intento degli organizzatori: far «riflettere sul concetto di persona». Che cosa significa infatti essere protagonisti della propria esistenza e di quella del mondo? La domanda si fa oggi urgente, perché l’alternativa al protagonismo sembra essere spesso una vita senza senso, il grigio anonimato dei tanti «nessuno» che si confondono tra le pieghe di una massa informe, incapaci purtroppo di emergere con un proprio volto degno di nota. L’ interrogativo allora va meglio focalizzato e potrebbe essere così riformulato: che cosa dà un volto all’uomo, che cosa lo rende inconfondibile, assicurando piena dignità alla sua esistenza?

La società e la cultura, in cui siamo immersi e di cui i mezzi di comunicazione costituiscono una potente cassa di risonanza, sono largamente dominate dalla convinzione che la notorietà costituisca una componente essenziale della propria realizzazione personale. Emergere dall’anonimato, riuscire ad imporsi all’attenzione pubblica con ogni mezzo e pretesto, questo è lo scopo perseguito da molti. Il potere politico o economico, il prestigio raggiunto nella propria professione, la ricchezza messa in bella mostra, la notorietà delle proprie realizzazioni, l’ostentazione fin anche dei propri eccessi… tutto questo è considerato pacificamente come «successo», come «riuscita» della propria vita. Ecco perché sempre più spesso le nuove generazioni ambiscono a professioni e carriere idealizzate proprio perché offrono una ribalta che consente loro di «apparire», di sentirsi "qualcuno". L’ideale a cui mirano è rappresentato dagli attori del cinema, dai personaggi e miti della televisione e dello spettacolo, dagli atleti, dai giocatori di calcio, ecc..

Ma che ne è di chi non accede a un tale livello di visibilità sociale? Che ne è di chi è dimenticato, se non addirittura schiacciato dalle dinamiche della riuscita mondana su cui è impostata la società in cui vive? Che ne è di chi è povero, inerme, malato, anziano o disabile, di chi non ha talenti per farsi strada tra gli altri o è senza mezzi per coltivarli, di chi non ha voce per far sentire le proprie idee e convinzioni? Come considerare chi conduce una vita oscura, senza apparente rilevanza per giornali e televisioni? L’uomo di oggi, come quello di tutti i tempi, tende alla propria felicità e la insegue dovunque crede di poterla trovare. Ecco quindi il vero interrogativo che si nasconde sotto la parola «protagonismo», che il Meeting propone quest’anno alla nostra riflessione: in che cosa consiste la felicità? Che cosa può veramente condurre l’uomo a conseguirla?

Il Papa Benedetto XVI ha indetto quest’anno uno speciale anno giubilare dedicato a un «campione» della cristianità di tutti i tempi, il fariseo di Tarso di nome Saulo, che dopo aver perseguitato con furore la Chiesa delle origini, si convertì all’irrompere della chiamata del Signore. Da quel momento egli servì la causa del Vangelo con dedizione totale, percorrendo instancabilmente il mondo allora conosciuto e contribuendo a porre le basi di quella che sarebbe diventata la cultura europea, informata dal Cristianesimo.

Rari sono gli spiriti che hanno mostrato una vastità di conoscenze e un acume pari ai suoi. Le sue Lettere manifestano la forza esplosiva della sua personalità appassionata ed hanno attratto milioni di lettori, esercitando un’influenza unica su generazioni e generazioni di uomini, su interi popoli e nazioni. Attraverso i suoi scritti, Paolo non cessa di presentare Cristo come autentica fonte di rispetto tra gli uomini, di pace tra le nazioni, di giustizia nella convivenza. Noi tutti, a duemila anni di distanza, possiamo ancora considerarci «figli» della sua predicazione e la nostra civiltà sa di essere debitrice a quest’uomo proprio per i valori che stanno alle sue fondamenta.

Eppure l’esistenza di san Paolo è ben lontana dalle luci della ribalta e dai pubblici riconoscimenti. Quando egli morì, la Chiesa che aveva contribuito a diffondere era ancora un piccolo seme, un gruppo che le somme autorità dell’Impero Romano si potevano permettere di trascurare o di provare a schiacciare nel sangue.
L’esistenza di Paolo, esaminata nella sua quotidianità, appare inoltre tribolata, afflitta da ostilità e pericoli, piena di difficoltà da affrontare più ancora che di consolazioni e gioie di cui godere. È lui stesso a darne testimonianza viva in moltissimi passi dei suoi scritti. Ecco cosa dice, per esempio, nella Seconda Lettera ai Corinti: «Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte in balia delle onde. Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. E oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese. Chi è debole, che anch'io non lo sia? Chi riceve scandalo, che io non ne frema?» (11, 24-19). Questa corsa a ostacoli – così la potremmo definire –, compiuta con la forza e nel nome del suo Redentore, Paolo la concluse a Roma, dove condannato a morte venne decapitato. Assieme a lui, nell’infuriare della persecuzione dell’Imperatore Nerone, morirono molti altri cristiani e tra questi Pietro, il pescatore di Galilea e capo della Chiesa.

La vita di Paolo può essere considerata veramente «riuscita»? Siamo qui dinanzi al paradosso della vita cristiana come tale. Che cosa significa infatti per il cristiano «riuscire»? Che cosa ci dicono le vite di tanti santi che hanno trascorso la loro esistenza ritirati nei conventi? Che cosa ci dicono le vite e le morti di innumerevoli martiri cristiani, i cui nomi sono sconosciuti ai più, i quali hanno concluso l’esistenza non tra le acclamazioni, ma circondati dal disprezzo, dall’odio e dall’indifferenza? Dove sta dunque la «grandezza» della loro vita, la luminosità della loro testimonianza, il loro «successo»?

Anche di recente il Santo Padre Benedetto XVI ha ricordato che l’uomo è fatto per il compimento eterno della sua esistenza. Ciò va ben oltre la semplice riuscita mondana e non è in contraddizione con l’umiltà delle condizioni in cui si svolge il suo pellegrinaggio sulla terra. Il compimento dell’umano è la conoscenza di Dio, da cui ogni persona è stata creata e a cui tende con ogni fibra del proprio essere. Per conseguire questo, non serve né fama né successo presso le folle. Ecco dunque il protagonismo che il titolo della presente edizione del Meeting di Rimini punta a riproporre. Protagonista della sua esistenza è chi dona la sua vita a Dio, che lo chiama a cooperare all’universale progetto della salvezza.

Il Meeting vuole ribadire che solo Cristo può svelare all’uomo la sua vera dignità e comunicargli l’autentico senso della sua esistenza. Quando il credente lo segue docilmente è in grado di lasciare una traccia duratura nella storia. È la traccia dell’Amore di cui diviene testimone proprio perché afferrato dall’Amore. Ed allora ciò che fu possibile per san Paolo lo diventa anche per ciascuno di noi. Non importa se il disegno di Dio prevede per noi un ridotto raggio d’azione; non importa se viviamo tra le pareti di un monastero di clausura o se siamo immersi in molteplici e diverse attività del mondo; non importa se siamo padri e madri di famiglia o consacrati o sacerdoti. Dio si serve di noi secondo il suo piano d’amore, secondo modalità che Lui stabilisce e ci chiede di assecondare l’azione del suo Spirito; ci vuole suoi collaboratori per la realizzazione del suo Regno. A ciascuno dice: «Vieni e seguimi» (Lc 18, 22), e soltanto seguendolo l’uomo conosce la vera esaltazione del suo io.

Questo ci insegna l’esperienza dei santi, uomini e donne, che molto spesso hanno vissuto la loro fedeltà a Dio in maniera discreta e ordinaria. E tra di loro troviamo molti veri protagonisti della storia, persone pienamente realizzate, esempi viventi di speranza e testimoni di un amore che nulla teme, nemmeno la morte.

Il Santo Padre auspica che queste riflessioni aiutino i partecipanti al Meeting a incontrare Cristo, per meglio comprendere il valore della vita cristiana e realizzarne il senso nell’umile protagonismo del servizio alla missione della Chiesa, in Italia e nel mondo. A tale scopo Egli assicura la sua preghiera per la buona riuscita del Meeting ed invia a Lei, agli organizzatori e a tutti i presenti una speciale Benedizione.

Unisco ben volentieri i miei fervidi voti augurali per un proficuo successo della manifestazione, e profitto volentieri della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

dev.mo nel Signore

Segretario di Stato
Card. Tarcisio Bertone

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Il Papa: "La missione di Pietro, e dei suoi successori, è quella di servire quest’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani"


ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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Il Papa: "La Chiesa è di tutti i popoli" (Muolo)

Da Castel Gandolfo un appello del Papa: «La violenza va ripudiata» (Monteforte per l'Unità)

Il Papa: "No al ritorno degli scontri tra nazionalismi"

Vasta eco per le parole di Benedetto XVI sul pericolo dei nazionalismi. Intervista al prof. Giovagnoli (Radio Vaticana)

Appello del Pontefice per la pace: «Preoccupa la crescente tensione» (Il Messaggero)

Cresce la tensione internazionale ma il Papa invita a non cedere al pessimismo (Il Tempo)

Crisi internazionale. La coscienza comune: la denuncia e il monito di Benedetto XVI (Zavattaro)

ANGELUS DEL PAPA: I VIDEO

All'Angelus l'appello del Papa alle Nazioni: sia scongiurato il ritorno a tragiche contrapposizioni del passato! (Radio Vaticana)

Appello del Papa per la pace: "Preoccupa la crescente tensione"

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 24.08.2008

Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo e recita l’Angelus insieme ai fedeli e ai pellegrini presenti.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

La liturgia di questa domenica rivolge a noi cristiani, ma al tempo stesso ad ogni uomo e ogni donna, la duplice domanda che Gesù pose un giorno ai suoi discepoli. Dapprima chiese loro: "La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?". Essi gli risposero che per alcuni del popolo Egli era Giovanni Battista redivivo, per altri Elia, Geremia o qualcuno dei profeti. Allora il Signore interpellò direttamente i Dodici: "Voi chi dite che io sia?". A nome di tutti, con slancio e decisione fu Pietro a prendere la parola: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente".
Solenne professione di fede, che da allora la Chiesa continua a ripetere. Anche noi quest’oggi vogliamo proclamare con intima convinzione: Sì, Gesù, tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! Lo facciamo con la consapevolezza che è Cristo il vero "tesoro" per il quale vale la pena di sacrificare tutto; Lui è l’amico che mai ci abbandona, perché conosce le attese più intime del nostro cuore. Gesù è il "Figlio del Dio vivente", il Messia promesso, venuto sulla terra per offrire all’umanità la salvezza e per soddisfare la sete di vita e di amore che abita in ogni essere umano. Quale vantaggio avrebbe l’umanità accogliendo quest’annuncio che porta con sé la gioia e la pace!

"Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". A questa ispirata professione di fede da parte di Pietro, Gesù replica: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli".

È la prima volta che Gesù parla della Chiesa, la cui missione è l’attuazione del disegno grandioso di Dio di riunire in Cristo l’umanità intera in un’unica famiglia. La missione di Pietro, e dei suoi successori, è proprio quella di servire quest’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani; il suo ministero indispensabile è far sì che essa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura, ma che sia la Chiesa di tutti i popoli, per rendere presente fra gli uomini, segnati da innumerevoli divisioni e contrasti, la pace di Dio e la forza rinnovatrice del suo amore.

Servire dunque l’unità interiore che proviene dalla pace di Dio, l’unità di quanti in Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle: ecco la peculiare missione del Papa, Vescovo di Roma e successore di Pietro.

Davanti all’enorme responsabilità di questo compito, avverto sempre di più l’impegno e l’importanza del servizio alla Chiesa e al mondo che il Signore mi ha affidato. Per questo chiedo a voi, cari fratelli e sorelle, di sostenermi con la vostra preghiera, affinché, fedeli a Cristo, possiamo insieme annunciarne e testimoniarne la presenza in questo nostro tempo. Ci ottenga questa grazia Maria, che invochiamo fiduciosi come Madre della Chiesa e Stella dell’Evangelizzazione.

DOPO L’ANGELUS

La situazione internazionale registra in queste settimane un crescendo di tensione che vivamente preoccupa. Dobbiamo constatare, con amarezza, il rischio di un progressivo deterioramento di quel clima di fiducia e di collaborazione tra le Nazioni che dovrebbe invece caratterizzarne i rapporti. Come non misurare, nelle presenti circostanze, tutta la fatica dell’umanità a formare quella coscienza comune di essere "famiglia delle Nazioni" che il Papa Giovanni Paolo II aveva additato quale ideale all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite? Occorre approfondire la consapevolezza di essere accomunati da uno stesso destino, che in ultima istanza è un destino trascendente (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2006, n. 6), per scongiurare il ritorno a contrapposizioni nazionalistiche che tanto tragiche conseguenze hanno prodotto in altre stagioni storiche. I recenti eventi hanno indebolito in molti la fiducia che simili esperienze restassero definitivamente consegnate al passato. Ma non bisogna cedere al pessimismo! Occorre piuttosto impegnarsi attivamente affinché venga respinta la tentazione di affrontare nuove situazioni con vecchi sistemi. La violenza va ripudiata! La forza morale del diritto, trattative eque e trasparenti per dirimere le controversie, a partire da quelle legate al rapporto tra integrità territoriale e autodeterminazione dei popoli, fedeltà alla parola data, ricerca del bene comune: ecco alcune delle principali strade da percorrere, con tenacia e creatività, per costruire relazioni feconde e sincere e per assicurare alle presenti e alle future generazioni tempi di concordia e di progresso morale e civile! Trasformiamo questi pensieri e questi auspici in preghiera, affinché tutti i membri della comunità internazionale e quanti, in particolare, sono rivestiti di maggiore responsabilità, vogliano operare con generosità per ripristinare le superiori ragioni della pace e della giustizia. Maria, Regina della pace, interceda per noi!

Je vous salue, chers pèlerins de langue française, venus prier l’Angélus avec le successeur de Pierre. Le premier des Apôtres, à qui le Seigneur a confié les clefs du Royaume, a reçu la mission d’être le fondement sur lequel le Seigneur bâtirait son Église. Merci à vous qui m’accompagnez de votre prière et de votre affection dans le ministère qui est le mien. Que le Seigneur fortifie notre foi et nous fasse toujours vivre et agir selon les pensées de Dieu. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. Today’s Liturgy reminds us that as Christians we profess with Simon Peter that Jesus is the Christ, the Son of the living God. As members of the Church may we always find the courage to live faithfully and bear witness in word and deed to Christ our Lord and Saviour. I wish you all a pleasant stay in Castel Gandolfo and Rome, and a blessed Sunday!

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Heute heiße ich besonders die Mitglieder der „Geistlichen Familie Das Werk" willkommen, die in diesen Tagen eine Pilgerreise auf den Spuren des heiligen Paulus unternehmen. In der zweiten Lesung des heutigen Sonntags rühmt Paulus die Weisheit Gottes, die in seiner unendlichen Liebe ihren Ursprung hat. Der Herr schenkt uns seine Liebe und damit schenkt er sich selbst. Wir sind eingeladen, Gottes Helfer zu sein und seine Güte in der Welt sichtbar zu machen. – Der Heilige Geist begleite euch auf euren Wegen.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los miembros de la Real Archicofradía de Jesús de Medinaceli, de San Fernando, Cádiz. Al dirigirme a vosotros, deseo asegurar que continúo rezando por el eterno descanso de los fallecidos en el trágico accidente aéreo ocurrido el pasado miércoles en el aeropuerto de Madrid, así como por los heridos en el mismo. El Señor conceda fortaleza, consuelo y esperanza a sus familias, a las que quisiera reiterar mi vivo afecto y mi cercanía espiritual. ¡Qué Dios os bendiga!

Pozdrawiam Polaków. Dzisiejsza Ewangelia przypomina wyznanie Piotra: „Ty jesteś Mesjasz, Syn Boga żywego" (Mt 16, 16). Oto fundament naszej wiary: Jezus Chrystus, Boży Syn, stał się Człowiekiem, umarł i zmartwychwstał dla naszego zbawienia. Niech ta prawda kształtuje nasze życie, abyśmy mieli udział w Jego chwale. Niech Bóg wam błogosławi!

[Saluto i polacchi. Il Vangelo di oggi ci ricorda la professione di fede di Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16,16). Ecco il contenuto fondamentale della nostra fede: Gesù Cristo, Figlio di Dio, si è fatto uomo, è morto e risorto per la nostra salvezza. Questa verità modelli la nostra vita, affinché partecipiamo alla sua gloria. Dio vi benedica!]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i gruppi parrocchiali di Gemona del Friuli e di Miane. Saluto poi i fedeli di Agna, Massa di Toano, Poggiardo e Caltanissetta; come pure quelli venuti dalla Basilicata, da Ferentino e da San Cipriano d’Aversa, i giovani di Trepuzzi e gli anziani di Marino. A tutti auguro una buona domenica.

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venerdì 22 agosto 2008

Il Papa: "Dall'inizio della mia vita mio fratello è stato sempre per me non solo compagno, ma anche guida affidabile"


Vedi anche:

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte prima

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte seconda

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte terza

LA VITA DI JOSEPH RATZINGER, parte quarta

Le origini tirolesi di Joseph Ratzinger: i ricordi del fratello Georg (da Gelmi Josef, „Die Päpste mit dem Namen Benedikt“)

SERVIZIO RADIO VATICANA/CTV

Conferimento della cittadinanza onoraria a Mons. Georg Ratzinger: "Un nuovo legame d'affetto tra il Papa e Castel Gandolfo" (Osservatore Romano)

Il Papa: "Georg per me guida affidabile e punto di riferimento" (Ansa e Apcom)

Il commosso "grazie" del Papa al fratello ed alla città di Castelgandolfo: servizio di Radio Vaticana

L'omaggio del Papa al fratello Georg: "Un punto di orientamento nelle situazioni difficili"

CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA DEL COMUNE DI CASTEL GANDOLFO A MONS. GEORG RATZINGER, 21.08.2008

Alle ore 18 di oggi, nella Sala degli Svizzeri del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo, alla presenza del Papa, il Sindaco di Castel Gandolfo ha conferito a nome dell’Amministrazione comunale la cittadinanza onoraria a Monsignor Georg Ratzinger, fratello del Santo Padre Benedetto XVI.
Di seguito riportiamo le parole pronunciate dal Papa nel corso della cerimonia:


PAROLE DEL SANTO PADRE

Eminenze, Eccellenze, Autorità, cari amici,

è per me motivo di profonda gioia che mio fratello adesso appartenga al collegio illustre dei concittadini onorari di questa bella città. Così Castel Gandolfo, se possibile, diventa ancora più cara, più vicina al mio cuore. Dunque grazie per questo gesto, anche da parte mia.

Dall'inizio della mia vita mio fratello è stato sempre per me non solo compagno, ma anche guida affidabile. È stato per me un punto di orientamento e di riferimento con la chiarezza, la determinazione delle sue decisioni. Mi ha mostrato sempre la strada da prendere, anche in situazioni difficili.

Lei, signor Sindaco, con le sue belle parole mi ha fatto ripensare agli anni trascorsi a Ratisbona, dove realmente la bella musica ascoltata in cattedrale, domenica dopo domenica, per me è stata un conforto, una consolazione, una gioia intima, riflesso della bellezza di Dio.

Mio fratello ha accennato al fatto che nel frattempo siamo arrivati all'ultima tappa della nostra vita, alla vecchiaia. I giorni da vivere si riducono progressivamente. Ma anche in questa tappa mio fratello mi aiuta ad accettare con serenità, con umiltà e con coraggio il peso di ogni giorno. Lo ringrazio.

Ringrazio il comune di Castel Gandolfo per questo gesto, che è realmente gratificante anche per me. Concludiamo questa bella cerimonia con la benedizione.

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Il testo della lettera di cordoglio del Santo Padre per la morte del vescovo di Bolzano-Bressanone, Mons. Wilhelm Emil Egger


IL PAPA IN ALTO ADIGE: LO SPECIALE DEL BLOG

L'improvvisa scomparsa di Mons. Egger, vescovo di Bolzano-Bressanone: lo speciale del blog

LETTERA DI CORDOGLIO DEL SANTO PADRE PER LA MORTE DEL VESCOVO DI BOLZANO-BRESSANONE, S.E. MONS. WILHELM EMIL EGGER, 21.08.2008

Si sono svolti questo pomeriggio a Bressanone, con inizio alle ore 15, i funerali di S.E. Mons. Wilhelm Emil Egger, O.F.M. Cap., Vescovo di Bolzano-Bressanone, Bozen-Brixen, morto improvvisamente sabato scorso 16 agosto.
Di seguito riportiamo il testo della Lettera di condoglianze inviata dal Santo Padre Benedetto XVI all’Amministratore Diocesano, letta nel corso della cerimonia esequiale nel Duomo di Bressanone
:

LETTERA DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Al Reverendissimo Monsignore
Lic. Josef Matzneller
Amministratore diocesano della Diocesi di Bolzano-Bressanone


Sono rimasto profondamente colpito dalla notizia dell’improvvisa dipartita del Vescovo Wilhelm Egger. Posso assicurarLe che in questo periodo di lutto sono vicino a Lei e ai fedeli di codesta Diocesi, e mi unisco all’intera Comunità nella preghiera per il compianto Defunto. Non solo la Diocesi di Bolzano-Bressanone, ma anche l’intera Chiesa ha perso con il Vescovo Wilhelm Egger un Pastore tanto erudito quanto amabile e pio, che instancabilmente ha portato alla gente la Buona Novella di Cristo, a lui affidata in modo particolare nell’Ordinazione sacerdotale ed episcopale. Anche per me personalmente la morte di Mons. Wilhelm Egger, che mi è stato caro amico e che ancora una settimana fa in occasione del mio congedo da Bressanone ho potuto salutare, significa una perdita dolorosa. Ripetutamente ho incontrato il Vescovo Egger durante le mie permanenze estive negli anni passati e in molte altre occasioni. Egli si è assai prodigato per far sì che potessi passare quest’anno le mie vacanze nello stupendo Alto Adige, regione dove l’arte e la cultura si uniscono con la bontà degli uomini in un’armonia meravigliosa.

Il Vescovo Egger aveva un rapporto profondo con la Sacra Scrittura, che ha totalmente pervaso e plasmato la sua vita. So pure che per lui la celebrazione dell’Eucaristia costituiva il momento centrale della vita spirituale e che egli curava con profondo senso pastorale la Santa Messa domenicale con i fedeli della Diocesi. L’amore per la Parola di Dio e la santificazione della Domenica rappresentano ora il testamento particolare del Vescovo Egger, che ogni singolo fedele e le comunità parrocchiali serberanno, così che l’incontro con il Dio d’amore della Rivelazione costituisca il centro della loro vita. Il rapporto fondamentale con Dio, che deve sempre essere anche un rapporto fraterno col prossimo, è parte essenziale della vita.

Il pensiero-guida dell’ultima sua Lettera pastorale suonava: "Chiamato alla sequela nell’amore". Esso ben interpreta la vita di cristiano, di religioso e di Vescovo di questo generoso Uomo di Chiesa. Il suo esempio è un invito a ciascuno di noi ad aprirsi all’amore di Dio e a ricambiarlo con impegno coerente per realizzare nella propria vita un’autentica "sequela nell’amore". Preghiamo Dio grande e misericordioso, affinché voglia accogliere questo Servo fedele nella sua Casa e ammetterlo al banchetto della gioia eterna. A tutti coloro che, nella preghiera e nel sacrificio della Messa, fanno memoria del Vescovo defunto, imparto di cuore la confortatrice Benedizione Apostolica.

Da Castel Gandolfo, il 20 Agosto 2008

BENEDICTUS PP XVI

IL TESTO ORIGINALE (TEDESCO)

Dem hochwürdigsten Herrn
Lic. Josef Matzneller
Diözesanadministrator des Bistums Bozen-Brixen

Die Nachricht vom unerwarteten Ableben von Bischof Wilhelm Egger hat mich tief getroffen. Ich kann Ihnen versichern, daß ich Ihnen und den Gläubigen Ihrer Diözese in dieser Zeit der Trauer nahe bin und ich mich mit Ihnen allen im Gebet für den Verstorbenen verbinde. Nicht nur die Diözese Bozen-Brixen, sondern die ganze Kirche hat mit Bischof Wilhelm Egger einen gelehrten wie liebenswürdigen und frommen Hirten verloren, der unermüdlich den Menschen die Frohbotschaft Christi brachte, die ihm ja in der Priester- und Bischofsweihe in besonderer Weise anvertraut worden war. Auch für mich persönlich bedeutet der Tod von Bischof Wilhelm Egger, der mir ein lieber Freund war und den ich noch vor einer Woche bei meinem Abschied von Brixen grüßen konnte, ein schmerzlicher Verlust. Immer wieder bin ich Bischof Egger bei meinen Sommeraufenthalten in den vergangenen Jahren und bei vielen anderen Gelegenheiten begegnet. Er hat sich sehr dafür eingesetzt, daß ich auch heuer im schönen Südtirol, diesem Land, wo Kunst und Kultur sich mit der Güte der Menschen in einer wunderbaren Harmonie verbinden, meinen Urlaub verbringen durfte.

Bischof Egger hatte eine tiefe Beziehung zur Heiligen Schrift, die sein Leben ganz durchdrungen und geformt hat. Einen weiteren Schwerpunkt seines geistlichen Lebens machte die heilige Eucharistie aus. Er feierte stets mit tiefem seelsorglichen Eifer die Sonntagsmesse mit den Gläubigen seiner Diözese. Die Liebe zum Wort Gottes und die Heiligung des Sonntags bilden gleichsam das besondere Vermächtnis des Bischofs Egger, das jeder Gläubige und jede Pfarrgemeinde bewahren mögen, auf daß die Begegnung mit dem liebenden Gott der Offenbarung ihre Lebensmitte bilde. Die grundsätzliche Beziehung zu Gott, die immer auch eine brüderliche Beziehung zum Nächsten sein muß, ist nämlich wesentlicher Teil des Lebens.

Ein Leitgedanke seines letzten Hirtenwortes lautete: „Gerufen zur Nachfolge der Liebe". Dies verdeutlicht gut das Leben dieses großherzigen Kirchenmannes als Christ, als Ordensmann und als Bischof. Sein Vorbild ist eine Einladung an jeden von uns, sich auf die Liebe Gottes einzulassen und seiner Liebe mit einem konsequenten Einsatz zu entsprechen, um eine echte „Nachfolge in der Liebe" im eigenen Leben zu verwirklichen. Bitten wir den großen und barmherzigen Gott, daß Er seinen treuen Diener in sein Haus aufnehmen und ihm nun den Tisch der ewigen Freuden bereiten möge. Von Herzen erteile ich allen, die im Gebet und im Meßopfer des verstorbenen Bischofs gedenken, den tröstenden Apostolischen Segen.

Aus Castel Gandolfo, am 20. August 2008

BENEDICTUS PP XVI

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mercoledì 20 agosto 2008

Il Papa: "La santità non è un lusso, non è un privilegio di pochi, ma la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti"


UDIENZA GENERALE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Angelus del 20 agosto 2006 dedicato alla figura di San Bernardo da Chiaravalle

Vedi anche:

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

La Chiesa celebra Maria Regina dell'Universo. Mons. Liberati: un invito a non essere mediocri nell'amore (Radio Vaticana)

Il coinvolgente insegnamento del Papa: "Il mondo dei santi ha i «colori» dei nostri giorni. E di Dio" (Sequeri)

La Chiesa ricorda San Pio X, Papa riformatore che, con il suo Catechismo, rese la dottrina della fede alla portata di tutti i fedeli (Radio Vaticana)

Benedetto XVI all'udienza generale: la santità non è un lusso per pochi, ma la vocazione di ogni cristiano (Radio Vaticana)

La Chiesa ricorda San Bernardo di Chiaravalle (Radio Vaticana)

Il Papa: "La santità non è un lusso o un privilegio, ma è per tutti"

L’UDIENZA GENERALE, 20.08.2008

Alle ore 10.30 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si è affacciato al balcone del Cortile interno del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo per incontrare i fedeli ed i pellegrini convenuti per l’udienza generale del mercoledì.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa ha ricordato come la Chiesa ogni giorno ci propone dei santi e dei beati da invocare e da imitare, e si è soffermato in particolare a considerare i santi di cui ricorre la memoria in questa settimana di agosto.
Dopo il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica, il Santo Padre ha rivolto un saluto in varie lingue ai gruppi di fedeli presenti.
Successivamente, il Papa si è affacciato sulla Piazza di Castel Gandolfo per salutare i fedeli che non avevano trovato posto nel cortile del Palazzo Apostolico. Infine, nella Sala degli Svizzeri, ha incontrato alcuni dei partecipanti all’odierna udienza generale
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CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle!

Ogni giorno la Chiesa offre alla nostra considerazione, uno o più santi e beati da invocare e da imitare. In questa settimana, ad esempio, ne ricordiamo alcuni molto cari alla devozione popolare. Ieri, san Giovanni Eudes, che di fronte al rigorismo dei giansenisti – siamo nel secolo XVII – promosse una tenera devozione, le cui fonti inesauribili egli indicò nei sacri Cuori di Gesù e di Maria.
Quest’oggi ricordiamo san Bernardo di Chiaravalle che, dal Papa Pio VIII fu chiamato "dottore mellifluo", perché eccelleva "nel far distillare dai testi biblici il senso che vi si trova nascosto".

Questo mistico, desideroso di vivere immerso nella "valle luminosa" della contemplazione, fu condotto dagli eventi a viaggiare per l’Europa per servire la Chiesa, nelle necessità del tempo e per difendere la fede cristiana. È stato definito anche "dottore mariano" non perché abbia scritto moltissimo sulla Madonna, ma perché ne seppe cogliere l’essenziale ruolo nella Chiesa, presentandola come il modello perfetto della vita monastica e di ogni altra forma di vita cristiana.

Domani ricorderemo san Pio X, che visse in un periodo storico travagliato. Di lui Giovanni Paolo II ebbe a dire, visitandone il paese natale nel 1985: "Ha lottato e sofferto per la libertà della Chiesa, e per questa libertà si è rivelato pronto a sacrificare privilegi ed onori, ad affrontare incomprensione e derisione, in quanto valutava questa libertà come garanzia ultima per l’integrità e la coerenza della fede". (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1, 1985, pg. 1818)

Venerdì prossimo sarà dedicato alla Beata Maria Vergine Regina, memoria istituita dal Servo di Dio Pio XII nel 1955, e che il rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano II ha posto a complemento della solennità dell’Assunta, poiché i due privilegi formano un unico mistero. Sabato, infine, pregheremo Santa Rosa da Lima, prima santa canonizzata del continente latinoamericano, del quale è patrona principale. Santa Rosa amava ripetere: "Se gli uomini sapessero che cos’è vivere in grazia, non si spaventerebbero di nessuna sofferenza e patirebbero volentieri qualunque pena, perché la grazia è frutto della pazienza" . Morì a 31 anni nel 1617, dopo una breve esistenza intrisa di privazioni e di sofferenza, nella festa di san Bartolomeo apostolo, del quale era molto devota, perché aveva patito un martirio particolarmente doloroso.

Cari fratelli e sorelle, giorno dopo giorno la Chiesa ci offre dunque la possibilità di camminare in compagnia dei santi.

Scriveva Hans Urs von Balthasar che i santi costituiscono il commento più importante del Vangelo, una sua attualizzazione nel quotidiano e quindi rappresentano per noi una reale via di accesso a Gesù.

Lo scrittore francese Jean Guitton li descriveva "come i colori dello spettro in rapporto alla luce", perché con tonalità e accentuazioni proprie ognuno di loro riflette la luce della santità di Dio.

Quanto importante e proficuo è, pertanto, l’impegno di coltivare la conoscenza e la devozione dei santi, accanto alla quotidiana meditazione della Parola di Dio e a un amore filiale verso la Madonna!

Il periodo delle ferie costituisce certamente un tempo utile per prendere in mano la biografia e gli scritti di qualche santo o santa in particolare, ma ogni giorno dell’anno ci offre l’opportunità di familiarizzare con i nostri celesti patroni.

La loro esperienza umana e spirituale mostra che la santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati.

La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali: sono infatti, come ho detto, lo spettro della luce divina. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima.

E proprio questi santi "normali" sono i santi abitualmente voluti da Dio. Il loro esempio testimonia che, soltanto quando si è a contatto con il Signore, ci si riempie della sua pace e della sua gioia e si è in grado di diffondere dappertutto serenità, speranza e ottimismo.

Considerando proprio la varietà dei loro carismi, Bernanos, grande scrittore francese che fu sempre affascinato dall’idea dei santi - ne cita molti nei suoi romanzi - nota che "ogni vita di santo è come una nuova fioritura di primavera". Che ciò avvenga anche per noi! Lasciamoci per questo attrarre dal soprannaturale fascino della santità! Ci ottenga questa grazia Maria, la Regina di tutti i Santi, Madre e Rifugio dei peccatori!

SALUTI DEL SANTO PADRE NELLE DIVERSE LINGUE

Je suis heureux de saluer cordialement ce matin les pèlerins francophones, en particulier les Petites Sœurs de Jésus qui se préparent aux vœux perpétuels et que j’assure de ma prière. Sont présents aussi un groupe consistant de pèlerins venus du Diocèse de Cayenne, en Guyane française, ainsi que des jeunes de Montréal, Canada. Durant ces vacances qui vous ont permis de voyager, puissiez-vous prendre le temps pour rencontrer profondément le Seigneur à l’exemple de Saint Bernard que nous fêtons aujourd’hui. De grand cœur je vous donne la Bénédiction Apostolique.

I cordially greet all the English-speaking pilgrims present at today’s audience. I particularly welcome the altar servers from Malta—along with their families—who have been assisting at Saint Peter’s Basilica. I also greet a group of university students from Ireland. This week, the liturgical calendar celebrates several remarkable examples of holiness: Saint John Eudes, Saint Bernard of Clairvaux, Saint Pius the Tenth and Saint Rose of Lima. The summer months provide an opportunity for us to read about the lives of these and all the saints, who show us that holiness is not the privilege of a few, but the vocation of all the baptized. Through their intercession and inspiration, may you learn to love and serve the Lord more ardently in your daily lives. God bless you all!

Ein herzliches Willkommen hier in Castel Gandolfo sage ich euch, liebe Brüder und Schwestern aus dem deutschen Sprachraum. In der Taufe sind wir Kinder Gottes geworden. Als Getaufte sind wir zur Heiligkeit berufen: Die Liebe Gottes soll durch uns in die Welt ausstrahlen. Dabei helfen uns die Heiligen, die uns die Kirche Tag für Tag vor Augen stellt. Die Heiligen sind gelebtes Evangelium. Ihr Beispiel zeigt uns, wie auch wir heute die Frohbotschaft Christi konkret leben können. Vertraut auf die Hilfe der Heiligen. Sie sind uns Fürsprecher und Begleiter auf all unseren Wegen.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los sacerdotes de Toledo y de otras diócesis de España, que constituyen la Fraternidad sacerdotal en el Corazón de Cristo. Os encomiendo en mi oración, para que continuéis aspirando cotidianamente a la santidad, ejerciendo vuestro ministerio con alegría, sencillez de corazón y fidelidad al Evangelio y a la Iglesia. La conducta ejemplar de un sacerdote y el testimonio de su amor a Dios y a los hermanos son fuente de gracias incesantes para el pueblo de Dios y una invitación constante para que otros respondan con generosidad a la llamada del Señor. Os bendigo a todos con afecto.

Pozdrawiam pielgrzymów z Polski. W minionym tygodniu przeszły przez Polskę niespotykane w tym regionie burze i huragany. Byli zabici i ranni. Wielu straciło dobytek całego życia. Wszystkich, którzy w jakikolwiek sposób ucierpieli na skutek tego żywiołu, pragnę zapewnić o mojej duchowej bliskości i pamięci w modlitwie. Im wszystkim i Wam tu obecnym niech Pan Bóg błogosławi.

[Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia. La settimana scorsa la Polonia è stata colpita da tempeste e uragani, eventi insoliti per quella regione. Vi sono stati morti e feriti. Tanti hanno perso il patrimonio di una intera vita. A quanti in qualsiasi modo hanno subito danno a causa di questa sciagura, voglio assicurare la mia vicinanza spirituale e il ricordo nella preghiera. La benedizione del Signore scenda su di loro e su voi qui presenti.]

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov zo Starej Ľubovne a Torysy. Bratia a sestry, v piatok budeme sláviť v liturgii spomienku Panny Márie Kráľovnej. S dôverou sa obracajme na túto našu láskavú Matku v našich potrebách. Rád vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi provenienti da Stará Ľubovňa e Torysa. Fratelli e sorelle, venerdì celebreremo nelle liturgia la memoria di Maria Regina. Rivolgiamoci con fiducia alla Madre celeste nelle nostre necessità. Volentieri vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare le rappresentanti della Congregazione Suore dello Spirito Santo, riunite a Roma per il loro Capitolo Generale. Saluto poi i partecipanti al convegno promosso dall’Opera per la Gioventù Giorgio La Pira. Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Tutti invito a dedicare sempre più tempo alla formazione cristiana, per essere fedeli discepoli di Cristo, via, verità e vita.

SALUTO DEL SANTO PADRE AI FEDELI PRESENTI SULLA PIAZZA DI CASTEL GANDOLFO

Buongiorno a tutti voi. In questa settimana celebriamo le feste di molti santi. Oggi san Bernardo di Chiaravalle, grande dottore della Chiesa, grande dottore soprattutto della venerazione della Madonna. È un uomo che ha creato pace e così ci mostra come vivere il Vangelo. Celebriamo poi domani san Pio X che in un periodo difficile ha guidato la Chiesa, ha rinnovato la liturgia e così ha rinnovato la Chiesa dall'interno.

E così via tutti i santi ci mostrano come vivere il Vangelo. Sono una libera interpretazione del Vangelo e ci guidano nelle nostre strade. A tutti voi auguro ancora buone vacanze e una buona settimana. Grazie per la vostra presenza. La mia benedizione per voi tutti. Auguri e arrivederci!

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