mercoledì 30 novembre 2011

Il Papa alle Pontificie Accademie: Anche oggi la Chiesa, se vuole efficacemente parlare al mondo, se vuole continuare ad annunciare fedelmente il Vangelo e far sentire la sua presenza amichevole agli uomini e alle donne che vivono la loro esistenza sentendosi “pellegrini della verità e della pace”, deve farsi, anche nei contesti apparentemente più difficili o indifferenti all’annuncio evangelico, testimone della credibilità della fede, deve cioè saper offrire testimonianze concrete e profetiche attraverso segni efficaci e trasparenti di coerenza, di fedeltà e di amore appassionato e incondizionato a Cristo, non disgiunto da un’autentica carità, dall’amore per il prossimo

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE IN OCCASIONE DELLA XVI SEDUTA PUBBLICA DELLE PONTIFICIE ACCADEMIE, 30.11.2011

Nel pomeriggio di oggi a Roma, presso l’Aula Magna del Palazzo San Pio X in via della Conciliazione, si tiene la XVI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie sul tema: "Testimonianze e testimoni. I martyria e i campioni della fede".
I lavori sono introdotti dal Card. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e del Consiglio di Coordinamento fra le Accademie. Nel corso della Seduta, prima di consegnare ai vincitori il Premio delle Pontificie Accademie, il Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone dà lettura del Messaggio inviato dal Papa.
Riportiamo di seguito il testo del Messaggio e l’elenco dei premiati :


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Al Venerato Fratello
il Cardinale GIANFRANCO RAVASI
Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura


In occasione della XVI Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie sono lieto di farLe pervenire il mio cordiale saluto, che volentieri estendo ai Presidenti e agli Accademici, in particolare a Lei, Venerato Fratello, quale Presidente del Consiglio di Coordinamento. Rivolgo altresì il mio saluto ai Signori Cardinali, ai Vescovi, ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai Signori Ambasciatori e a tutti i partecipanti a questo significativo appuntamento.

L’annuale Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie è diventata, infatti, tradizione consolidata, in cui si offre sia l’occasione di un incontro tra i membri delle diverse Accademie riunite nel Consiglio di Coordinamento, sia l’opportunità di valorizzare, attraverso il Premio delle Pontificie Accademie, istituito dal mio Venerato Predecessore, il Beato Giovanni Paolo II, il 23 novembre 1996, quanti, sia giovani studiosi o artisti, sia Istituzioni, con la loro ricerca e il loro impegno culturale, contribuiscono a promuovere un nuovo umanesimo cristiano.

Desidero, perciò, ringraziarLa per l’attenzione che rivolge a tutte e a ciascuna Accademia, e per l’impulso che ha voluto trasmettere ad esse perché siano davvero, e con efficacia, Istituzioni di qualificato livello accademico a servizio della Santa Sede e di tutta la Chiesa.
La XVI Seduta Pubblica è stata organizzata dalla Pontificia Accademia Romana di Archeologia e dalla Pontificia Accademia “Cultorum Martyrum”, che vantano entrambe una storia più che secolare, ricca di straordinarie figure di archeologi, studiosi e cultori delle antichità cristiane e delle memorie martiriali. Il tema proposto per questa Seduta Pubblica, “Testimonianze e Testimoni. I martyria e i campioni della fede”, ci offre l’occasione per riflettere su un elemento che mi sta particolarmente a cuore: la storicità del cristianesimo, il suo intrecciarsi continuamente con la storia per trasformarla in profondità grazie al lievito del Vangelo e della santità vissuta e testimoniata. La ricerca storica, e soprattutto quella archeologica, mirano a indagare sempre più accuratamente e con strumenti di ricerca quanto mai sofisticati le memorie, le testimonianze del passato; tra queste rivestono, per noi, un particolare interesse quelle delle antiche comunità cristiane.

Si tratta, evidentemente, di testimonianze materiali, costituite da tutti quegli elementi – edifici ecclesiali, complessi cimiteriali, epigrafi e sculture, affreschi e decorazioni, manufatti di ogni genere – che, se studiati e compresi secondo corrette metodologie, ci permettono di riscoprire non pochi aspetti della vita delle passate generazioni come pure della esperienza di fede delle antiche comunità cristiane, che lascia tracce sempre più consistenti nell’ambiente in cui viene vissuta. L’indagine archeologica può oggi avvalersi di straordinari mezzi tecnologici per le diverse fasi dello scavo e della ricerca sul campo, come pure per il recupero di manufatti deteriorati dal tempo e dalle più avverse condizioni di conservazione. Penso, ad esempio, all’uso delle immagini satellitari, che si prestano a molteplici forme di analisi, producendo risultati impensabili fino a qualche decennio fa; o all’applicazione della tecnica del laser per il recupero di affreschi ricoperti da incrostazioni, come è avvenuto recentemente nella catacomba romana di Santa Tecla, dove sono stati riscoperti affreschi di eccezionale valore storico e artistico, tra cui antichissime immagini degli Apostoli.

Ma la tecnologia, pur utilissima, da sola non basta. Sono necessarie, innanzitutto, una reale competenza dei ricercatori, maturata attraverso studi approfonditi e tirocini faticosi, e la loro passione autentica per la ricerca, motivata proprio dall’interesse per l’esperienza umana, e quindi anche religiosa, che si cela e poi si rivela attraverso le testimonianze materiali, comprese, appunto, come testimonianze, cioè come messaggi che ci giungono dal passato e che, interpellando la nostra intelligenza e la nostra coscienza, contribuiscono ad approfondire le nostre conoscenze e, in definitiva, anche la visione del presente e della stessa nostra esistenza.

Se questo può valere per ogni indagine archeologica, a maggior ragione vale quando si studiano i monumenti cristiani, e particolarmente i martyria, le testimonianze archeologiche e monumentali che attestano il culto della comunità cristiana per un campione della fede, per un martire. Tra i tanti siti archeologici in cui emergono i segni della presenza cristiana, uno eccelle su tutti e suscita un singolare interesse: la Terra Santa, con le diverse località in cui si è concentrata l’attività di ricerca archeologica. Il territorio, già fortemente segnato dalla presenza del popolo di Israele, diviene anche l’ambito per eccellenza in cui ricercare i segni della presenza storica di Cristo e della prima comunità dei suoi discepoli. L’attività di indagine archeologica svolta negli ultimi decenni in Terra Santa, grazie all’impegno di grandi e appassionati ricercatori, come ad esempio Padre Bagatti, Padre Corbo e il compianto Padre Piccirillo, recentemente scomparso, ha portato a notevolissime scoperte e acquisizioni, contribuendo così a definire sempre meglio le coordinate storico-geografiche sia della presenza giudaica sia di quella cristiana.

Altro polo strategico dell’indagine archeologica è certamente la città di Roma con il suo territorio, in cui le memorie cristiane si sovrappongono e si intrecciano con quelle della civiltà romana. Qui a Roma, ma anche in molte altre località dove il Cristianesimo si diffuse già nei primi secoli della nostra éra, si possono ancor oggi ammirare e studiare numerosi elementi monumentali, a cominciare proprio dai martyria, che attestano non solo una generica presenza cristiana, ma soprattutto una forte testimonianza dei cristiani e di coloro che per Cristo hanno donato la propria vita, i martiri. Monumenti architettonici, tombe particolarmente solenni e decorate con cura, ristrutturazioni dei percorsi catacombali o addirittura di quelli urbani, così come tanti altri elementi artistici, attestano che la comunità cristiana, sin dalle origini, ha voluto esaltare le figure dei campioni della fede come modelli e punti di riferimento per tutti i battezzati.

I numerosissimi interventi monumentali e artistici dedicati ai martiri, documentati appunto dalle indagini archeologiche e da tutte le altre ricerche connesse, scaturiscono da una convinzione sempre presente nella comunità cristiana, di ieri come di oggi: il Vangelo parla al cuore dell’uomo e si comunica soprattutto attraverso la testimonianza viva dei credenti. L’annuncio della novità cristiana, della bellezza della fede in Cristo ha bisogno di persone che, con la propria coerenza di vita, con la propria fedeltà, testimoniata se necessario fino al dono di se stessi, manifestano l’assoluto primato dell’Amore su ogni altra istanza. Se osserviamo con attenzione l’esempio dei martiri, dei coraggiosi testimoni dell’antichità cristiana, come anche dei numerosissimi testimoni dei nostri tempi, ci accorgiamo che sono persone profondamente libere, libere da compromessi e da legami egoistici, consapevoli dell’importanza e della bellezza della loro vita, e proprio per questo capaci di amare Dio e i fratelli in maniera eroica, tracciando la misura alta della santità cristiana. I campioni della fede, lungi dal rappresentare un modello conflittuale col mondo e con le realtà umane, annunciano e testimoniano, al contrario, l’amore ricco di misericordia e di condiscendenza di Dio Padre che in Cristo Crocifisso, il “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), è entrato nella nostra storia e nella nostra umanità, non per avversarla o sottometterla ma per trasformarla profondamente e renderla così nuovamente capace di corrispondere pienamente al suo disegno di amore.

Anche oggi la Chiesa, se vuole efficacemente parlare al mondo, se vuole continuare ad annunciare fedelmente il Vangelo e far sentire la sua presenza amichevole agli uomini e alle donne che vivono la loro esistenza sentendosi “pellegrini della verità e della pace”, deve farsi, anche nei contesti apparentemente più difficili o indifferenti all’annuncio evangelico, testimone della credibilità della fede, deve cioè saper offrire testimonianze concrete e profetiche attraverso segni efficaci e trasparenti di coerenza, di fedeltà e di amore appassionato e incondizionato a Cristo, non disgiunto da un’autentica carità, dall’amore per il prossimo.

Ieri come oggi, il sangue dei martiri, la loro tangibile ed eloquente testimonianza, tocca il cuore dell’uomo e lo rende fecondo, capace di far germogliare in sé una vita nuova, di accogliere la vita del Risorto per portare risurrezione e speranza al mondo che lo circonda. Proprio per incoraggiare quanti vogliono offrire il loro contributo alla promozione e alla realizzazione di un nuovo umanesimo cristiano, attraverso la ricerca archeologica e storica, accogliendo la proposta formulata dal Consiglio di Coordinamento, sono lieto di assegnare ex aequo il Premio delle Pontificie Accademie Ecclesiastiche allo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme e alla Dott.ssa Daria Mastrorilli. Desidero inoltre che, come segno di apprezzamento e di incoraggiamento, si offra la Medaglia del Pontificato alla Dott.ssa Cecilia Proverbio. Augurando, infine, un impegno sempre più appassionato nei rispettivi campi di attività, affido ciascuno alla materna protezione della Vergine Maria, Regina dei Martiri, e di cuore imparto a Lei, Signor Cardinale, e a tutti i presenti una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 30 novembre 2011

BENEDICTUS PP XVI

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

Messaggio di Benedetto XVI a Bartolomeo I: Rendo grazie al Signore che mi ha permesso di rafforzare con Vostra Santità i vincoli di amicizia sincera e di fraternità autentica che ci uniscono, e di rendere testimonianza al mondo intero dell'ampia visione che condividiamo riguardo alle responsabilità alle quali siamo chiamati in quanto cristiani e pastori del gregge che Dio ci ha affidato

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Vedi anche:

Il Papa scrive al Patriarca Barolomeo I per Sant'Andrea: il mondo è diviso, testimoniamo la concordia

Il Papa a Bartolomeo I: Il futuro della evangelizzazione dipende dalla testimonianza dell’unità data dalla Chiesa

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I, PATRIARCA ECUMENICO, PER LA FESTA DI S. ANDREA, 30.11.2011

Nel quadro del tradizionale scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea, il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, guida la Delegazione della Santa Sede per la Festa del Patriarcato Ecumenico. Quest’anno le celebrazioni hanno un carattere particolarmente festivo ricorrendo il XX anniversario della elezione di Sua Santità Bartolomeo I quale Arcivescovo di Costantinopoli e Patriarca Ecumenico. Il cardinale Koch è accompagnato dal Vescovo Brian Farrell, Segretario del Dicastero, e dal Rev.do Andrea Palmieri, officiale della Sezione Orientale del medesimo Dicastero. Ad Istanbul, si è unito alla delegazione il Nunzio Apostolico in Turchia, S.E. Mons. Antonio Lucibello.
La Delegazione della Santa Sede ha preso parte alla solenne Divina Liturgia presieduta da Bartolomeo I nella chiesa patriarcale del Fanar, ed ha avuto un incontro con il Patriarca e conversazioni con la Commissione sinodale incaricata delle relazioni con la Chiesa cattolica. Il cardinale Koch ha consegnato al Patriarca Ecumenico un messaggio autografo del Santo Padre, di cui ha dato pubblica lettura alla conclusione della Divina Liturgia, accompagnato da un dono. Il cardinale ha inoltre incontrato i rappresentanti della comunità cattolica locale e si è intrattenuto in una conversazione sull’ecumenismo con i religiosi e le religiose presenti in quella città.
Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al Patriarca Ecumenico:


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

A Sua Santità Bartolomeo I,
Arcivescovo di Costantinopoli
Patriarca ecumenico


«Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede»(Rm 15, 13).

Nella comunione della fede che abbiamo ricevuto dagli Apostoli e nella carità fraterna che ci lega, mi unisco di tutto cuore alla celebrazione solenne che Vostra Santità presiede nella festa dell'apostolo e martire sant'Andrea, fratello di Pietro e santo protettore del Patriarcato ecumenico, per augurare a Vostra Santità, ai membri del Santo Sinodo, al clero e a tutti i fedeli, un'abbondanza di doni celesti e di benedizioni divine. Le mie preghiere, come pure quelle di tutti i fratelli e sorelle cattolici, accompagnano le vostre per invocare da Dio, nostro Padre, che ama la sua Chiesa e la edifica sul fondamento degli Apostoli, la pace nel mondo intero, la prosperità della Chiesa e l'unità di tutti coloro che credono in Cristo. La delegazione che vi ho inviato, guidata dal mio venerabile fratello, il Cardinale Kurt Koch, al quale ho affidato questo messaggio augurale, costituisce il segno tangibile della mia partecipazione e le porta il saluto fraterno della Chiesa di Roma.

Conservo nel mio cuore il ricordo ancora molto vivo del nostro ultimo incontro, quando ci siamo recati insieme, come pellegrini della pace, alla città di Assisi, per riflettere sul profondo rapporto che unisce la ricerca sincera di Dio e della verità a quella della pace e della giustizia nel mondo.

Rendo grazie al Signore che mi ha permesso di rafforzare con Vostra Santità i vincoli di amicizia sincera e di fraternità autentica che ci uniscono, e di rendere testimonianza al mondo intero dell'ampia visione che condividiamo riguardo alle responsabilità alle quali siamo chiamati in quanto cristiani e pastori del gregge che Dio ci ha affidato.

Le circostanze attuali, siano esse di ordine culturale, sociale, economico, politico o ecologico, pongono ai cattolici e a gli ortodossi esattamente la stessa sfida. L'annuncio del mistero della salvezza, attraverso la morte e la resurrezione di Gesù Cristo, ha oggi bisogno di essere rinnovato con forza in numerose regioni che, per prime, accolsero la luce e che ora subiscono gli effetti di una secolarizzazione in grado di impoverire l'uomo nella sua dimensione più profonda. Di fronte all'urgenza di un simile compito, abbiamo il dovere di offrire all'umanità intera l'immagine di persone che hanno acquisito una maturità nella fede, capaci di riunirsi malgrado le tensioni umane, grazie alla ricerca comune della verità, consapevoli che il futuro dell'evangelizzazione dipende dalla testimonianza di unità resa dalla Chiesa e dalla qualità della carità, come ci insegna il Signore nella preghiera che ci ha lascito: «perché tutti siano una cosa sola... e il mondo creda» (Gv 17, 21). È per me motivo di grande conforto constatare che anche Vostra Santità, da quando è stata chiamata al ministero di Arcivescovo di Costantinopoli e di Patriarca ecumenico, venti anni fa, ha sempre avuto a cuore la questione della testimonianza della Chiesa e della sua santità, nel mondo contemporaneo.

Santità, in questo giorno in cui celebriamo la festa dell'apostolo Andrea, leviamo ancora una volta la nostra ardente supplica al Signore affinché ci consenta di progredire lungo il cammino della pace e della riconciliazione. Che possiamo, con l'intercessione di sant'Andrea e dei santi Pietro e Paolo, santi patroni rispettivamente della Chiesa di Costantinopoli e della Chiesa di Roma, ricevere il dono dell'unità che ci viene dall'alto!

Con questi sentimenti di fede, di carità e di speranza, le riformulo, Santità, i miei voti più ferventi e scambio con lei un abbraccio fraterno in Cristo nostro Signore.

Dal Vaticano, 24 novembre 2011

BENEDICTUS PP XVI

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

(Traduzione Osservatore Romano)

Il Papa: Oggi i Cristiani sono chiamati a essere testimoni di preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso all'orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio. Nell’amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio

CICLO DI CATECHESI SULLA PREGHIERA DI GESU'

UDIENZA GENERALE: VIDEO INTEGRALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

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L'antica tradizione della consegna del sale di Cervia al Papa

Pena di morte, l'appello del Papa (Calabrò)

Imparare a pregare alla scuola di Gesù (Massimo Introvigne)

Milletrecento panettoni per i detenuti di Rebibbia (Osservatore Romano)

All'udienza generale il Papa invita a guardare la preghiera di Gesù. Finestre aperte verso il Cielo (O.R.)

Udienza generale, il Papa: «Pregate per scoprire cosa Dio vuole da voi» (Frigerio)

Il Papa all’udienza generale: i cristiani siano testimoni di preghiera per aprire finestre verso il cielo (Radio Vaticana)

Appello del Papa contro la pena di morte (Izzo)

Il Papa: servono testimoni di fede in un mondo chiuso alla speranza. Anche Gesù imparò a pregare nella sua famiglia (Izzo)

Il Papa: la preghiera è un dono che richiede assiduità e costanza (Ambrogetti)

Appello di Benedetto XVI per l’abolizione della pena di morte (Speciale)

Dal Papa un appello ad “eliminare la pena di morte” (Sir)

Il Papa: la preghiera è un dono che richiede assiduità e costanza (Ambrogetti)

Il Papa ha iniziato oggi un ciclo di catechesi sulla preghiera di Gesù (TMNews)

Il Papa: incoraggia iniziative per abolire la pena di morte (AsiaNews)

Appello del Papa contro la pena di morte (Corriere)

Il Papa all'udienza generale: i cristiani siano testimoni di preghiera in un mondo spesso chiuso all'orizzonte divino (Radio Vaticana)

Appello del Papa contro la pena di morte

Il Papa: come Gesù testimoni di preghiera (Sir)

L’UDIENZA GENERALE, 30.11.2011

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di fedeli e pellegrini provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, nell’ambito del ciclo di catechesi sulla preghiera iniziato lo scorso 4 maggio, il Santo Padre Benedetto XVI ha incentrato oggi la Sua meditazione sulla preghiera nella vita di Gesù.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.


CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

La preghiera attraversa tutta la vita di Gesù

Cari fratelli e sorelle,

nelle ultime catechesi abbiamo riflettuto su alcuni esempi di preghiera nell’Antico Testamento, oggi vorrei iniziare a guardare a Gesù, alla sua preghiera, che attraversa tutta la sua vita, come un canale segreto che irriga l’esistenza, le relazioni, i gesti e che lo guida, con progressiva fermezza, al dono totale di sé, secondo il progetto di amore di Dio Padre. Gesù è il maestro anche delle nostre preghiere, anzi Egli è il sostegno attivo e fraterno di ogni nostro rivolgerci al Padre. Davvero, come sintetizza un titolo del Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, «la preghiera è pienamente rivelata ed attuata in Gesù» (541-547). A Lui vogliamo guardare nelle prossime catechesi.

Un momento particolarmente significativo di questo suo cammino è la preghiera che segue il battesimo a cui si sottopone nel fiume Giordano. L'Evangelista Luca annota che Gesù, dopo aver ricevuto, insieme a tutto il popolo, il battesimo per mano di Giovanni il Battista, entra in una preghiera personalissima e prolungata: «Mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo» (Lc 3,21-22). Proprio questo «stare in preghiera», in dialogo con il Padre illumina l'azione che ha compiuto insieme a tanti del suo popolo, accorsi alla riva del Giordano. Pregando, Egli dona a questo suo gesto, del battesimo, un tratto esclusivo e personale.

Il Battista aveva rivolto un forte appello a vivere veramente come «figli di Abramo», convertendosi al bene e compiendo frutti degni di tale cambiamento (cfr Lc 3,7-9). E un gran numero di Israeliti si era mosso, come ricorda l’Evangelista Marco, che scrive: «Accorrevano… [a Giovanni] tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (Mc 1,5). Il Battista portava qualcosa di realmente nuovo: sottoporsi al battesimo doveva segnare una svolta determinante, lasciare una condotta legata al peccato ed iniziare una vita nuova. Anche Gesù accoglie questo invito, entra nella grigia moltitudine dei peccatori che attendono sulla riva del Giordano. Ma, come ai primi cristiani, anche in noi sorge la domanda: perché Gesù si sottopone volontariamente a questo battesimo di penitenza e di conversione? Non ha da confessare peccati, non aveva peccati, quindi anche non aveva bisogno di convertirsi. Perché allora questo gesto? L’Evangelista Matteo riporta lo stupore del Battista che afferma: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?» (Mt 3,14) e la risposta di Gesù: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia» (v. 15). Il senso della parola «giustizia» nel mondo biblico è accettare pienamente la volontà di Dio. Gesù mostra la sua vicinanza a quella parte del suo popolo che, seguendo il Battista, riconosce insufficiente il semplice considerarsi figli di Abramo, ma vuole compiere la volontà di Dio, vuole impegnarsi perché il proprio comportamento sia una risposta fedele all’alleanza offerta da Dio in Abramo. Discendendo allora nel fiume Giordano, Gesù, senza peccato, rende visibile la sua solidarietà con coloro che riconoscono i propri peccati, scelgono di pentirsi e di cambiare vita; fa comprendere che essere parte del popolo di Dio vuol dire entrare in un’ottica di novità di vita, di vita secondo Dio.

In questo gesto Gesù anticipa la croce, dà inizio alla sua attività prendendo il posto dei peccatori, assumendo sulle sue spalle il peso della colpa dell’intera umanità, adempiendo la volontà del Padre. Raccogliendosi in preghiera, Gesù mostra l’intimo legame con il Padre che è nei Cieli, sperimenta la sua paternità, coglie la bellezza esigente del suo amore, e nel colloquio con il Padre riceve la conferma della sua missione. Nelle parole che risuonano dal Cielo (cfr Lc 3,22) vi è il rimando anticipato al mistero pasquale, alla croce e alla risurrezione. La voce divina lo definisce «Il Figlio mio, l’amato», richiamando Isacco, l'amatissimo figlio che il padre Abramo era disposto a sacrificare, secondo il comando di Dio (cfr Gen 22,1-14). Gesù non è solo il Figlio di Davide discendente messianico regale, o il Servo di cui Dio si compiace, ma è anche il Figlio unigenito, l’amato, simile a Isacco, che Dio Padre dona per la salvezza del mondo. Nel momento in cui, attraverso la preghiera, Gesù vive in profondità la propria figliolanza e l’esperienza della paternità di Dio (cfr Lc 3,22b), discende lo Spirito Santo (cfr Lc 3,22a), che lo guida nella sua missione e che Egli effonderà dopo essere stato innalzato sulla croce (cfr Gv 1,32-34; 7,37-39), perché illumini l’opera della Chiesa. Nella preghiera, Gesù vive un ininterrotto contatto con il Padre per realizzare fino in fondo il progetto di amore per gli uomini.

Sullo sfondo di questa straordinaria preghiera sta l’intera esistenza di Gesù vissuta in una famiglia profondamente legata alla tradizione religiosa del popolo di Israele. Lo mostrano i riferimenti che troviamo nei Vangeli: la sua circoncisione (cfr Lc 2,21) e la sua presentazione al tempio (cfr Lc 2,22-24), come pure l’educazione e la formazione a Nazaret, nella santa casa (cfr Lc 2,39-40 e 2,51-52). Si tratta di «circa trent’anni» (Lc 3,23), un tempo lungo di vita nascosta e feriale, anche se con esperienze di partecipazione a momenti di espressione religiosa comunitaria, come i pellegrinaggi a Gerusalemme (cfr Lc 2,41). Narrandoci l'episodio di Gesù dodicenne nel tempio, seduto in mezzo ai maestri (cfr Lc 2,42-52), l'evangelista Luca lascia intravedere come Gesù, che prega dopo il battesimo al Giordano, ha una lunga abitudine di orazione intima con Dio Padre, radicata nelle tradizioni, nello stile della sua famiglia, nelle esperienze decisive in essa vissute. La risposta del dodicenne a Maria e Giuseppe indica già quella filiazione divina, che la voce celeste manifesta dopo il battesimo: «Perché mi cercavate? Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2,49). Uscito dalle acque del Giordano, Gesù non inaugura la sua preghiera, ma continua il suo rapporto costante, abituale con il Padre; ed è in questa unione intima con Lui che compie il passaggio dalla vita nascosta di Nazaret al suo ministero pubblico.

L’insegnamento di Gesù sulla preghiera viene certo dal suo modo di pregare acquisito in famiglia, ma ha la sua origine profonda ed essenziale nel suo essere il Figlio di Dio, nel suo rapporto unico con Dio Padre. Il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica risponde alla domanda: Da chi Gesù ha imparato a pregare?, così: «Gesù, secondo il suo cuore di uomo, ha imparato a pregare da sua Madre e dalla tradizione ebraica. Ma la sua preghiera sgorga da una sorgente più segreta, poiché è il Figlio eterno di Dio che, nella sua santa umanità, rivolge a suo Padre la preghiera filiale perfetta» (541).

Nella narrazione evangelica, le ambientazioni della preghiera di Gesù si collocano sempre all'incrocio tra l’inserimento nella tradizione del suo popolo e la novità di una relazione personale unica con Dio. «Il luogo deserto» (cfr Mc 1,35; Lc 5,16) in cui spesso si ritira, «il monte» dove sale a pregare (cfr Lc 6,12; 9,28), «la notte» che gli permette la solitudine (cfr Mc 1,35; 6,46-47; Lc 6,12) richiamano momenti del cammino della rivelazione di Dio nell’Antico Testamento, indicando la continuità del suo progetto salvifico. Ma al tempo stesso, segnano momenti di particolare importanza per Gesù, che consapevolmente si inserisce in questo piano, fedele pienamente alla volontà del Padre.

Anche nella nostra preghiera noi dobbiamo imparare, sempre di più, ad entrare in questa storia di salvezza di cui Gesù è il vertice, rinnovare davanti a Dio la nostra decisione personale di aprirci alla sua volontà, chiedere a Lui la forza di conformare la nostra volontà alla sua, in tutta la nostra vita, in obbedienza al suo progetto di amore per noi.

La preghiera di Gesù tocca tutte le fasi del suo ministero e tutte le sue giornate. Le fatiche non la bloccano. I Vangeli, anzi, lasciano trasparire una consuetudine di Gesù a trascorrere in preghiera parte della notte. L'Evangelista Marco racconta una di queste notti, dopo la pesante giornata della moltiplicazione dei pani e scrive: «E subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, a Betsàida, finché non avesse congedato la folla. Quando li ebbe congedati, andò sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli, da solo, a terra» (Mc 6,45-47). Quando le decisioni si fanno urgenti e complesse, la sua preghiera diventa più prolungata e intensa. Nell’imminenza della scelta dei Dodici Apostoli, ad esempio, Luca sottolinea la durata notturna della preghiera preparatoria di Gesù: «In quei giorni egli se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli» (Lc 6,12-13).

Guardando alla preghiera di Gesù, deve sorgere in noi una domanda: come prego io? come preghiamo noi? Quale tempo dedico al rapporto con Dio? Si fa oggi una sufficiente educazione e formazione alla preghiera? E chi può esserne maestro?

Nell’Esortazione apostolica Verbum Domini ho parlato dell’importanza della lettura orante della Sacra Scrittura. Raccogliendo quanto emerso nell’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, ho posto un accento particolare sulla forma specifica della lectio divina. Ascoltare, meditare, tacere davanti al Signore che parla è un'arte, che si impara praticandola con costanza. Certamente la preghiera è un dono, che chiede, tuttavia, di essere accolto; è opera di Dio, ma esige impegno e continuità da parte nostra; soprattutto, la continuità e la costanza sono importanti.

Proprio l’esperienza esemplare di Gesù mostra che la sua preghiera, animata dalla paternità di Dio e dalla comunione dello Spirito, si è approfondita in un prolungato e fedele esercizio, fino al Giardino degli Ulivi e alla Croce.

Oggi i cristiani sono chiamati a essere testimoni di preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso all'orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio. Nell’amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio. Anzi, nel percorrere la via della preghiera, senza riguardo umano, possiamo aiutare altri a percorrerla: anche per la preghiera cristiana è vero che, camminando, si aprono cammini.

Cari fratelli e sorelle, educhiamoci ad un rapporto con Dio intenso, ad una preghiera che non sia saltuaria, ma costante, piena di fiducia, capace di illuminare la nostra vita, come ci insegna Gesù. E chiediamo a Lui di poter comunicare alle persone che ci stanno vicino, a coloro che incontriamo sulla nostra strada, la gioia dell’incontro con il Signore, luce per la nostra l’esistenza. Grazie.

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CICLO DI CATECHESI SULLA PREGHIERA DI GESU'

CICLO DI CATECHESI DEDICATO ALLA PREGHIERA NELL'ANTICO TESTAMENTO

La preghiera attraversa tutta la vita di Gesù (udienza generale, 30 novembre 2011)

Il gioiello dell'Inno di giubilo (udienza generale, 7 dicembre 2011)

La preghiera di fronte all'azione benefica e sanante di Dio (udienza generale, 14 dicembre 2011)

La preghiera e la Santa Famiglia (udienza generale, 28 dicembre 2011)

La preghiera di Gesù nell'Ultima Cena (udienza generale, 11 gennaio 2012)

La "Preghiera sacerdotale" di Gesù all’Ultima Cena (udienza generale, 25 gennaio 2012)

La preghiera di Gesù nell’orto del Getsemani (udienza generale, 1° febbraio 2012)

La preghiera di Gesù di fronte alla morte (Mc e Mt) (udienza generale, 8 febbraio 2012)

La preghiera di Gesù nell'imminenza della morte - Lc (udienza generale, 15 febbraio 2012)

Preghiera e silenzio: Gesù maestro di preghiera (udienza generale, 7 marzo 2012)

lunedì 28 novembre 2011

Il Papa: Cari amici, la Chiesa, considerando con apprezzamento le più importanti ricerche e scoperte scientifiche, non ha mai smesso di ricordare che rispettando l’impronta del Creatore in tutto il creato, si comprende meglio la nostra vera e profonda identità umana. Se vissuto bene, questo rispetto può aiutare un giovane e una giovane anche a scoprire talenti e attitudini personali, e quindi a prepararsi ad una certa professione, che cercherà sempre di svolgere nel rispetto dell’ambiente

UDIENZA AGLI STUDENTI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DALLA FONDAZIONE "SORELLA NATURA", 28.11.2011

Alle ore 12.20 di oggi, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza scolari e studenti delle Scuole italiane partecipanti al progetto Ambientiamoci a scuola promosso dalla Fondazione "Sorella Natura" di Assisi, in occasione della "Giornata per la Custodia del Creato", che si celebra domani 29 novembre, nell’anniversario della proclamazione di San Francesco di Assisi quale Patrono dei cultori dell’ecologia. Sono presenti nell’Aula Paolo VI il Presidente della Fondazione, Signor Roberto Leoni e il Presidente onorario, Cardinale Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, SDB, che rivolge al Papa un indirizzo di omaggio.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti nel corso dell’incontro:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signor Cardinale,
illustri Autorità,
cari ragazzi e giovani!


E’ con grande gioia che do a tutti voi il mio benvenuto a questo incontro dedicato all’impegno per "sorella natura", per usare il nome della Fondazione che lo ha promosso. Saluto cordialmente il Cardinale Rodríguez Maradiaga e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto anche a nome vostro e per il dono della preziosa riproduzione del Codice 338, che contiene le fonti francescane più antiche. Saluto il Presidente, Signor Roberto Leoni, come pure le Autorità e Personalità e i numerosi insegnanti e genitori. Ma soprattutto saluto voi, cari ragazzi e ragazze, cari giovani! E’ proprio per voi che ho voluto questo incontro, e vorrei dirvi che apprezzo molto la vostra scelta di essere "custodi del creato", e che in questo avete il mio appoggio pieno.

Prima di tutto dobbiamo ricordare che la vostra Fondazione e questo stesso incontro hanno una profonda ispirazione francescana. Anche la data odierna è stata scelta per fare memoria della proclamazione di san Francesco d’Assisi quale Patrono dell’ecologia da parte del mio amato Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, nel 1979. Tutti voi sapete che san Francesco è anche Patrono d’Italia. Forse però non sapete che a dichiararlo tale fu il Papa Pio XII, nel 1939, quando lo definì "il più italiano dei santi, il più santo degli italiani". Se dunque il santo Patrono d’Italia è anche Patrono dell’ecologia, mi pare giusto che le giovani e i giovani italiani abbiano una speciale sensibilità per "sorella natura", e si diano da fare concretamente per la sua difesa.

Quando si studia la letteratura italiana, uno dei primi testi che si trovano nelle antologie è proprio il "Cantico di Frate Sole", o "delle creature", di san Francesco d’Assisi: "Altissimo, onnipotente, bon Signore…". Questo cantico mette in luce il giusto posto da dare al Creatore, a Colui che ha chiamato all’esistenza tutta la grande sinfonia delle creature. "…tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione… Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature". Questi versi fanno parte giustamente della vostra tradizione culturale e scolastica. Ma sono anzitutto una preghiera, che educa il cuore nel dialogo con Dio, lo educa a vedere in ogni creatura l’impronta del grande Artista celeste, come leggiamo anche nel bellissimo Salmo 19: "I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento… Senza linguaggi, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio" (v. 1.4-5). Frate Francesco, fedele alla Sacra Scrittura, ci invita a riconoscere nella natura un libro stupendo, che ci parla di Dio, della sua bellezza e della sua bontà. Pensate che il Poverello di Assisi chiedeva sempre al frate del convento incaricato dell’orto, di non coltivare tutto il terreno per gli ortaggi, ma di lasciare una parte per i fiori, anzi di curare una bella aiuola di fiori, perché le persone passando elevassero il pensiero a Dio, creatore di tanta bellezza (cfr Vita seconda di Tommaso da Celano, CXXIV, 165).

Cari amici, la Chiesa, considerando con apprezzamento le più importanti ricerche e scoperte scientifiche, non ha mai smesso di ricordare che rispettando l’impronta del Creatore in tutto il creato, si comprende meglio la nostra vera e profonda identità umana. Se vissuto bene, questo rispetto può aiutare un giovane e una giovane anche a scoprire talenti e attitudini personali, e quindi a prepararsi ad una certa professione, che cercherà sempre di svolgere nel rispetto dell’ambiente.
Se infatti, nel suo lavoro, l’uomo dimentica di essere collaboratore di Dio, può fare violenza al creato e provocare danni che hanno sempre conseguenze negative anche sull’uomo, come vediamo, purtroppo, in varie occasioni. Oggi più che mai ci appare chiaro che il rispetto per l’ambiente non può dimenticare il riconoscimento del valore della persona umana e della sua inviolabilità, in ogni fase della vita e in ogni condizione. Il rispetto per l’essere umano e il rispetto per la natura sono un tutt’uno, ma entrambi possono crescere ed avere la loro giusta misura se rispettiamo nella creatura umana e nella natura il Creatore e la sua creazione. Su questo, cari ragazzi, sono convinto di trovare in voi degli alleati, dei veri "custodi della vita e del creato".

E ora vorrei cogliere questa occasione per rivolgere una parola specifica anche agli insegnanti e alle Autorità qui presenti. Vorrei sottolineare la grande importanza che ha l’educazione anche in questo campo dell’ecologia. Ho accolto volentieri la proposta di questo incontro proprio perché esso coinvolge tanti giovanissimi studenti, perché ha una chiara prospettiva educativa. E’ infatti ormai evidente che non c’è un futuro buono per l’umanità sulla terra se non ci educhiamo tutti ad uno stile di vita più responsabile nei confronti del creato. E sottolineo l’importanza della parola "creato", perché il grande e meraviglioso albero della vita non è frutto di un’evoluzione cieca e irrazionale, ma questa evoluzione riflette la volontà creatrice del Creatore e la sua bellezza e bontà. Questo stile di responsabilità si impara prima di tutto in famiglia e nella scuola. Incoraggio, pertanto, i genitori, i dirigenti scolastici e gli insegnanti a portare avanti con impegno una costante attenzione educativa e didattica con questa finalità. Inoltre, è indispensabile che questo lavoro delle famiglie e delle scuole sia sostenuto dalle istituzioni preposte, che oggi sono qui ben rappresentate.

Cari amici, affidiamo questi pensieri e queste aspirazioni alla Vergine Maria, Madre dell’intera umanità. Mentre abbiamo appena iniziato il Tempo di Avvento, Ella ci accompagni e ci guidi a riconoscere in Cristo il centro del cosmo, la luce che illumina ogni uomo e ogni creatura. E san Francesco ci insegni a cantare, con tutta la creazione, un inno di lode e di ringraziamento al Padre celeste, datore di ogni dono. Vi ringrazio di cuore per essere venuti numerosi e accompagno volentieri il vostro studio, il vostro lavoro e il vostro impegno con la mia Benedizione. Ho parlato di cantare, cantiamo insieme il Padre Nostro, la grande preghiera insegnata da Gesù a noi tutti.

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domenica 27 novembre 2011

Il Papa: Il vero "padrone" del mondo non è l’uomo, ma Dio...Il Tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo, perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio. Il volto non di un "padrone", ma di un Padre e di un Amico


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Un libro indivisibile. Benedetto XVI e la Convenzione Onu a Durban (Bonini)

Benedetto XVI porta avanti il suo impegno costante da Pontefice. Che è quello di riportare i fedeli, la Chiesa e il mondo a Dio. Un impegno evangelico, prima di tutto (Gagliarducci)

Il Papa: «Necessaria una risposta credibile ai cambiamenti climatici» (Vecchi)

Il futuro di Kyoto passa per un'economia globale e decarbonizzata. Appello di Benedetto XVI ai leader per «una risposta responsabile, credibile e solidale» (Marabotto)

È Dio il vero "padrone" del mondo. Le parole di Benedetto XVI in occasione del primo Angelus dell'Anno liturgico (Zenit)

Il Papa: senza Dio si costruisce un mondo inospitale ed ingiusto (Izzo)

Durban, l'appello del Papa (Repubblica TV)

Avvento, un tempo stupendo. Le parole di Benedetto XVI all’Angelus (Sir)

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Il Papa: Certi panorami moderni rispecchiano mondo prima di Cristo (TMNews)

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Il Papa: l' Avvento è un richiamo per ricordare che la vita è rivolta verso il Cielo (Ambrogetti)

Benedetto XVI all'Angelus: E' Dio non l'uomo il padrone del mondo. Appello all'Onu: soluzioni credibili sui cambiamenti climatici (R.V.)

Il Papa: "È Dio il vero «padrone» del mondo" (Tornielli)

Clima, il Papa: da Durban arrivi risposta credibile e solidale (Izzo)

Il Papa: Avvento, l’attesa di Cristo in un mondo post-moderno, dove Dio sembra assente (AsiaNews)

Il Papa: a Durban azioni responsabili, credibili e solidali (Tg1)

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 27.11.2011

Alle ore 12 di oggi, prima domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi iniziamo con tutta la Chiesa il nuovo Anno liturgico: un nuovo cammino di fede, da vivere insieme nelle comunità cristiane, ma anche, come sempre, da percorrere all’interno della storia del mondo, per aprirla al mistero di Dio, alla salvezza che viene dal suo amore.

L’Anno liturgico inizia con il Tempo di Avvento: tempo stupendo in cui si risveglia nei cuori l’attesa del ritorno di Cristo e la memoria della sua prima venuta, quando si spogliò della sua gloria divina per assumere la nostra carne mortale.

"Vegliate!". Questo è l’appello di Gesù nel Vangelo di oggi. Lo rivolge non solo ai suoi discepoli, ma a tutti: "Vegliate!" (Mt 13,37). E’ un richiamo salutare a ricordarci che la vita non ha solo la dimensione terrena, ma è proiettata verso un "oltre", come una pianticella che germoglia dalla terra e si apre verso il cielo. Una pianticella pensante, l’uomo, dotata di libertà e responsabilità, per cui ognuno di noi sarà chiamato a rendere conto di come ha vissuto, di come ha utilizzato le proprie capacità: se le ha tenute per sé o le ha fatte fruttare anche per il bene dei fratelli.

Anche Isaia, il profeta dell’Avvento, ci fa riflettere oggi con una preghiera accorata, rivolta a Dio a nome del popolo. Egli riconosce le mancanze della sua gente, e a un certo punto dice: "Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità" (Is 64,6). Come non rimanere colpiti da questa descrizione?

Sembra rispecchiare certi panorami del mondo post-moderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l’uomo l’unico padrone, come se fosse lui l’artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l’economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall’uomo. E a volte, in questo mondo che appare quasi perfetto, accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi.

In realtà, il vero "padrone" del mondo non è l’uomo, ma Dio. Il Vangelo dice: "Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati" (Mc 13,35-36).

Il Tempo di Avvento viene ogni anno a ricordarci questo, perché la nostra vita ritrovi il suo giusto orientamento, verso il volto di Dio. Il volto non di un "padrone", ma di un Padre e di un Amico.

Con la Vergine Maria, che ci guida nel cammino dell’Avvento, facciamo nostre le parole del profeta. "Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani" (Is 64,7).

DOPO L’ANGELUS

Domani cominceranno a Durban, in Sud Africa, i lavori della Convenzione dell’ONU sui cambiamenti climatici e del Protocollo di Kyoto. Auspico che tutti i membri della comunità internazionale concordino una risposta responsabile, credibile e solidale a questo preoccupante e complesso fenomeno, tenendo conto delle esigenze delle popolazioni più povere e delle generazioni future.

En ce début d’année liturgique, j’accueille avec joie les pèlerins francophones venus pour la prière de l’Angélus. Ce premier dimanche de l’Avent nous invite à demeurer vigilant. Menacé par l’assoupissement, ne laissons pas s’endormir notre dynamisme spirituel. Notre monde a besoin de veilleurs et de porteurs d’espérance. N’attendons pas passivement, mettons en œuvre activement et joyeusement ce temps de grâce en ouvrant tout grand nos cœurs et nos esprits à la lumière de l’Évangile. À la suite de la Vierge Marie, veillons et prions dans l’attente du retour du Seigneur ! Bonne et heureuse année liturgique !

I offer a warm welcome to the English-speaking pilgrims and visitors present at this Angelus prayer. Today, the Church begins the celebration of Advent, which marks the beginning of a new liturgical year and our spiritual preparation for the celebration of Christmas. Let us heed the message in today’s Gospel by entering prayerfully into this holy season, so that we may be ready to greet Jesus Christ, who is God with us. I wish you all a good Sunday. May God bless all of you!

Ganz herzlich grüße ich die Pilger und Besucher deutscher Sprache an diesem ersten Adventssonntag. Im Kirchenlied „O Heiland reiß die Himmel auf" klingt der Flehruf des Propheten Jesaja nach, den wir heute in der ersten Lesung gehört haben: „Reiß doch den Himmel auf und komm herab!" (63, 19b). Auch wir dürfen uns in der Zeit des Advent diesen Ruf zu eigen machen im festen Vertrauen, daß Gott unser Beten hört, daß ihn alle Not berührt und er als Heiland, als der, der alles heil machen will, zu uns kommt. Der Herr schenke Euch eine gesegnete Adventszeit.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana. Iniciamos hoy el tiempo de Adviento que nos dispone a celebrar la venida del Señor a nuestra tierra, y que aviva también nuestra esperanza en su venida gloriosa. Este misterio nos invita a ser administradores vigilantes de la casa de Dios, que es el mundo. Invoquemos a la Virgen Madre, que nos enseñe a ser cada vez más testigos de la acción y presencia de Dios en medio de todos, y poder así recibir un día los bienes que nos tiene prometidos. Feliz domingo.

Saúdo com particular afecto os peregrinos de língua portuguesa presentes nesta oração do Angelus, nomeadamente os fiéis vindos de Lisboa e de Setúbal. O tempo do Advento convida-nos a fazer nossa a primeira vinda do Filho de Deus a fim de nos prepararmos para o seu regresso glorioso. Neste sentido, tomai por modelo e intercessora a Virgem Maria. E que Deus vos abençoe!

Słowo pozdrowienia przekazuję wszystkim Polakom. Nieszporami I Niedzieli Adwentu rozpoczęliśmy nowy rok liturgiczny. Dzieje świata, Kościoła, każdego z nas, znów przenika atmosfera refleksji, nadziei, radosnego oczekiwania. Ożywa w nas wspomnienie narodzin Mesjasza, Zbawiciela, zapowiedź Jego powtórnego przyjścia w chwale. Czuwajmy, by nasze serca – myśli, uczucia, pragnienia – „były bez zarzutu w dzień Pana naszego Jezusa Chrystusa" (1 Kor 1,8). Na czas adwentowego czuwania z serca wam błogosławię.

[Rivolgo il mio saluto a tutti i Polacchi. Con i Vespri della I Domenica d’Avvento abbiamo iniziato il nuovo anno liturgico. Un’atmosfera di riflessione, di speranza e di gioiosa attesa pervade di nuovo la storia del mondo, della Chiesa e di ciascuno di noi. Si ravviva in noi il ricordo della nascita del Messia, il Salvatore, l’annunzio della sua nuova venuta nella gloria. Dobbiamo vigilare affinché i nostri cuori – pensieri, sentimenti, desideri – "siano irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo" (1 Cor 1,8). Per questo tempo di vigilanza d’Avvento, vi benedico di cuore.]

Rivolgo un cordiale saluto ai responsabili europei della Società di San Vincenzo De Paoli, e li incoraggio nel loro impegno per affrontare con lo spirito del Vangelo vecchie e nuove povertà.

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Lugano, Torino, Trieste e Avellino; il gruppo di ragazzi della Diocesi di Milano che si preparano alla professione di fede; e un saluto speciale anche alla comunità cubana della diocesi di Bergamo e al "Servizio universitario africano" di Roma. A tutti auguro una buona domenica e un buon cammino di Avvento.

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Il Papa al concerto offerto dal Principato delle Asturie: Sono le meraviglie che opera la musica, questo linguaggio universale che ci permette di superare ogni barriera e di entrare nel mondo dell’altro, di una Nazione, di una cultura, e ci permette anche di volgere la mente e il cuore verso l’Altro con la "A" maiuscola, di innalzarci, cioè, al mondo di Dio

Vedi anche:

Quando la musica è espressione della gioia di vivere (O.R.)

Un "pezzo di Spagna" in Vaticano per il Papa (Angela Ambrogetti)

Note dalla Spagna in Vaticano al concerto offerto al Papa dal Principato delle Asturie

Concerto in Vaticano offerto al Papa dal Principato delle Asturie (R.V.)

Tra colto e popolare «more hispano». Sabato 26 novembre l’Orchestra sinfonica del Principato delle Asturie terrà un concerto in onore di Papa Benedetto XVI (Avello)

CONCERTO IN ONORE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI OFFERTO DAL GOVERNO DEL PRINCIPATO DELLE ASTURIE, 26.11.2011

Questo pomeriggio, alle ore 18, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, ha luogo un Concerto in onore del Santo Padre Benedetto XVI, offerto dal Governo del Principato delle Asturie.
In programma musiche di Manuel de Falla (1876-1946), Isaac Albéniz (1860-1909) / Jesús Rueda (1961), Richard Strauss (1864-1949), Nikolai Rimsky-Korsakov (1844-1908), eseguite dall’Orquesta Sinfónica del Principado de Asturias, diretta dal Maestro Maximiano Valdés.
Mecenate dell’evento la Fondación María Cristina Masaveu Peterson, il cui Presidente, Signor Fernando Masaveu, indirizza in apertura parole di omaggio al Santo Padre.
Al termine del concerto il Papa rivolge agli illustri Ospiti, agli Artisti e a tutti i presenti il discorso che riportiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
distinte Autorità, e cari amici!


Agradezco de corazón al Gobierno del Principado de Asturias y a la Fundación María Cristina Masaveu Peterson, con su Presidente, el Señor Fernando Masaveu, por el espléndido concierto que nos han ofrecido, y que nos ha dado la posibilidad de hacer como un viaje interior, llevados por la música, a través del folclore, los sentimientos y el corazón mismo de España. Un gracias muy especial a la Orquesta Sinfónica del Principado de Asturias, dirigida por el maestro Maximiano Valdés, por la magnífica ejecución con la cual nos ha transmitido también un poco del hondo y rico carácter de la población española, y particularmente asturiana. Y gracias igualmente a todos los que han hecho posible disfrutar de este momento, así como al Señor Arzobispo de Oviedo y a cuantos están aquí presentes en esta significativa ocasión.

[Ringrazio di cuore il Governo del Principato delle Asturie e la Fondazione María Cristina Masaveu Peterson, con il suo Presidente, il signor Fernando Masaveu, per lo splendido concerto che ci hanno offerto e che ci ha dato la possibilità di fare un viaggio interiore, trasportati dalla musica, attraverso il folclore, i sentimenti e il cuore stesso della Spagna. Un grazie molto speciale all'Orchestra Sinfonica del Principato delle Asturie, diretta dal maestro Maximiano Valdés, per la magnifica esecuzione con la quale ci ha anche trasmesso una parte del profondo e ricco carattere della popolazione spagnola, e in particolare di quella asturiana. E grazie anche a tutti coloro che hanno reso possibile beneficiare di questo momento, come pure al signor Arcivescovo di Oviedo e a quanti sono qui presenti in questa significativa occasione.]

Questa sera, per così dire, è stato trasferito in quest’Aula un "pezzo" di Spagna. Abbiamo avuto modo non solo di ascoltare musiche di alcuni tra i più celebri compositori di quella terra, come Manuel de Falla o Isaac Albéniz, ma anche del tedesco Richard Strauss e del russo Nikolai Rimsky-Korsakov, affascinati da quello che, nel libretto di sala, viene definito "more hispano", cioè la maniera "ispanica" di essere, come pure di comporre e di interpretare la musica. Ed è proprio questo l’elemento che accomuna i pezzi così vari che abbiamo ascoltato; essi hanno una caratteristica di fondo: la capacità di comunicare musicalmente sentimenti, emozioni, anzi direi quasi il tessuto quotidiano della vita. E questo soprattutto perché chi compone "more hispano" è quasi naturalmente portato a fondere in armonia gli elementi del folclore, della canzone popolare, che vengono dal vivere di ogni giorno, con quella che chiamiamo "musica colta". Ed è un insieme di sentimenti che ci sono stati trasmessi questa sera: la "alegría de vivir", la gioia di vivere, il clima della festa, che traspare in composizioni come le tre Danze de "El sombrero de tres picos" di de Falla, o la lotta contro il male descritta nella celebre "Danza ritual del fuego" dello stesso autore; la vita animata dei quartieri delle città, come in "Lavapiés", da "Iberia" di Albéniz; il dramma di una vita che non trova pace, come quella di don Juan, che non riesce a vivere l’amore in modo autentico e, alla fine, si rende conto del vuoto della sua esistenza; il capolavoro di Strauss ha reso perfettamente il passaggio dall’euforia che anima il brano alla tristezza del vuoto espressa nel mesto finale.

Ma c’è un altro elemento che emerge costantemente nelle composizioni "more hispano" ed è quello religioso di cui è profondamente intrisa la gente della Spagna; lo aveva colto molto bene Rimsky-Korsakov, che nello splendido Capriccio Spagnolo, utilizzando canti e balli folcloristici di Spagna, include vari temi di melodie popolari religiose, come nella prima sezione del pezzo dove si riconosce un’antica invocazione asturiana con cui si chiede la protezione della Vergine Maria e di san Pietro, o il secondo movimento in cui appare un canto gitano alla Madonna.

Sono le meraviglie che opera la musica, questo linguaggio universale che ci permette di superare ogni barriera e di entrare nel mondo dell’altro, di una Nazione, di una cultura, e ci permette anche di volgere la mente e il cuore verso l’Altro con la "A" maiuscola, di innalzarci, cioè, al mondo di Dio.

Gracias una vez más al Gobierno de Asturias, a la Fundación, a los profesores de la Orquesta Sinfónica del Principado de Asturias, al maestro Maximiano Valdés, a los organizadores, a los venidos de Asturias y a todos ustedes. Que la Virgen María «que brilla en la altura más bella que el sol, y es Madre y es Reina», como reza el himno a la celestial patrona de esas tierras, les proteja siempre con su maternal ternura.

[Grazie ancora una volta al Governo delle Asturie, alla Fondazione, ai professori dell'Orchestra Sinfonica del Principato delle Asturie, al maestro Maximiano Valdés, agli organizzatori, a quanti sono venuti dalle Asturie e a tutti voi. Che la Vergine Maria «che risplende nell'altezza più bella del sole, ed è Madre ed è Regina», come recita l'inno alla celeste patrona di quelle terre, vi protegga sempre con la sua materna tenerezza!]

Auguro a tutti un buon cammino d’Avvento e di cuore vi imparto la mia Benedizione.

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sabato 26 novembre 2011

Il Papa ai vescovi americani: Ho voluto riconoscere personalmente la sofferenza inflitta alle vittime e gli sforzi onesti compiuti per garantire l'incolumità dei nostri bambini e per affrontare in modo appropriato e trasparente le accuse quando vengono mosse. Auspico che gli sforzi coscienziosi della Chiesa per affrontare questa realtà aiuteranno tutta la comunità a riconoscere le cause, la vera portata e le conseguenze devastanti dell'abuso sessuale e a rispondere con efficacia a questa piaga che affligge tutti i livelli della società. Per lo stesso motivo, proprio come la Chiesa si attiene giustamente a parametri precisi a questo proposito, tutte le altre istituzioni, senza eccezioni, dovrebbero attenersi agli stessi criteri

La strenua lotta del Papa contro la pedofilia nel clero: le parole dette ed i gesti fatti negli Usa

Vedi anche:

Abusi, gli sforzi della Chiesa modello per l'intera società (Mazza)

Pedofilia, regole per tutta la società. Il Papa nomina Mons. Brown nuovo nunzio a Dublino (Gasparroni)

Il Papa chiede l'impegno di tutti contro la pedofilia (Efe)

Pedofilia, il Papa: la chiesa Usa sia per tutti modello per la lotta agli abusi (Izzo)

Pedofilia, il Papa: i vescovi Usa proseguano il loro impegno nel combatterla (Asca)

Benedetto XVI al primo gruppo di vescovi statunitensi in visita «ad limina». Sforzi coscienziosi e trasparenti per la lotta agli abusi (O.R.)

Benedetto XVI: “Pedofilia un flagello per l'intera società”

Il Papa ai vescovi Usa: Dopo gli scandali sessuali, l’urgenza è la nuova evangelizzazione (AsiaNews)

Pedofilia, il Papa: norme per Chiesa e per tutta la società

Il Papa ai vescovi Usa: la Chiesa prosegua nell’impegno contro gli abusi sessuali e faccia sentire la sua voce nella società (R.V.)

Il Papa: Ho voluto riconoscere personalmente le sofferenze inflitte alle vittime di abusi del clero

Il Papa ai vescovi americani: pedofilia, flagello per società. Mons. Brown nuovo nunzio in Irlanda (Ansa)

VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM" DEGLI ECC.MI PRESULI DELLA CONFERENZA DEI VESCOVI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI D’AMERICA (REGIONI I-II-III), 26.11.2011

Alle ore 11 di questa mattina, nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI incontra gli Ecc.mi Presuli della Conferenza dei Vescovi Cattolici degli Stati Uniti d’America (Regioni I-II-III), ricevuti in questi giorni, in separate udienze, in occasione della Visita "ad limina Apostolorum" e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari Fratelli Vescovi,

saluto con affetto nel Signore tutti voi e, attraverso di voi, i Vescovi degli Stati Uniti che nel corso del prossimo anno effettueranno le loro visite ad limina Apostolorum.

I nostri incontri sono i primi dopo la mia visita pastorale del 2008 nel vostro Paese che intendeva incoraggiare i cattolici d'America sulla scia dello scandalo e del disorientamento causato dalla crisi scatenata dagli abusi sessuali negli ultimi decenni.

Ho voluto riconoscere personalmente la sofferenza inflitta alle vittime e gli sforzi onesti compiuti per garantire l'incolumità dei nostri bambini e per affrontare in modo appropriato e trasparente le accuse quando vengono mosse. Auspico che gli sforzi coscienziosi della Chiesa per affrontare questa realtà aiuteranno tutta la comunità a riconoscere le cause, la vera portata e le conseguenze devastanti dell'abuso sessuale e a rispondere con efficacia a questa piaga che affligge tutti i livelli della società. Per lo stesso motivo, proprio come la Chiesa si attiene giustamente a parametri precisi a questo proposito, tutte le altre istituzioni, senza eccezioni, dovrebbero attenersi agli stessi criteri.

Un secondo obiettivo, ugualmente importante, della mia visita pastorale è stato quello di esortare la Chiesa in America a riconoscere, alla luce di un panorama religioso e sociale che sta cambiando in modo clamoroso, l'urgenza e le esigenze di una nuova evangelizzazione. In continuità con questo obiettivo, nei prossimi mesi intendo sottoporre alla vostra attenzione un certo numero di riflessioni che confido troverete utili per il discernimento che siete chiamati a operare nel vostro compito di guidare la Chiesa nel futuro che Cristo sta preparando per noi.

Molti di voi hanno condiviso con me la preoccupazione per le gravi sfide a una testimonianza coerente presentate da una società sempre più secolarizzata. Tuttavia, considero significativo che vi sia anche un maggiore senso di preoccupazione da parte di molti uomini e di molte donne, indipendentemente dalle loro opinioni religiose o politiche, per il futuro delle nostre società democratiche. Osservano un crollo preoccupante delle fondamenta intellettuali, culturali e morali della vita sociale, e un senso crescente di spaesamento e di insicurezza, in particolare fra i giovani, di fronte agli ampi cambiamenti sociali.

Nonostante i tentativi di tacitare la voce della Chiesa nella pubblica arena, molte persone di buona volontà continuano a guardare a essa per trarne saggezza, discernimento e sana guida nell'affrontare questa crisi di vasta portata. Il momento attuale può quindi essere visto, in termini positivi, come una esortazione a mettere in pratica la dimensione profetica del vostro ministero episcopale pronunciandovi, con umiltà ma anche con insistenza, in difesa della verità morale e offrendo una parola di speranza in grado di aprire il cuore e la mente alla verità che rende liberi.

Nello stesso tempo, la gravità delle sfide che la Chiesa in America, sotto la vostra guida, è chiamata ad affrontare nel prossimo futuro non può essere sottovalutata. Gli ostacoli alla fede e alla pratica cristiane posti da una cultura secolarizzata influenzano negativamente anche la vita dei credenti, portando a volte a quel “leggero attrito” da parte della Chiesa che avete sollevato con me durante la mia visita pastorale.

Immersi in questa cultura, i credenti sono quotidianamente turbati dalle obiezioni, dalle questioni inquietanti e dal cinismo di una società che sembra aver perso le proprie radici, da un mondo in cui l'amore di Dio è divenuto freddo in così tanti cuori. L'evangelizzazione, quindi, appare non solo come un compito da intraprendere ad extra. Noi stessi siamo i primi ad avere bisogno di rievangelizzazione. Come con tutte le crisi spirituali, sia individuali sia comunitarie, sappiamo che la risposta definitiva può scaturire soltanto da un'autovalutazione rigorosa, critica e costante e da una conversione alla luce della verità della Chiesa. Solo attraverso questo rinnovamento interiore potremo discernere e soddisfare le esigenze spirituali della nostra epoca con la verità eterna del Vangelo.

Qui, non posso non esprimere il mio apprezzamento per il progresso reale che i Vescovi americani hanno fatto, individualmente e come Conferenza, nell'affrontare tali questioni e nel cooperare per elaborare una visione pastorale comune, i cui frutti si possono vedere, per esempio, nei vostri documenti recenti sulla cittadinanza dei fedeli e sull'istituzione del matrimonio. L'importanza di queste espressioni autorevoli della vostra sollecitudine comune per l'autenticità della vita e della testimonianza della Chiesa nel vostro Paese dovrebbe essere evidente a tutti.

In questi giorni, la Chiesa negli Stati Uniti sta elaborando la traduzione riveduta del Messale Romano. Sono grato dei vostri sforzi per garantire che questa nuova traduzione ispiri una catechesi permanente che evidenzi la natura autentica della liturgia e, soprattutto, il valore unico del sacrificio salvifico di Cristo per la redenzione del mondo. Un senso indebolito del significato e dell'importanza del culto cristiano può portare soltanto a un senso indebolito della vocazione specifica ed essenziale del laicato che consiste nel permeare l'ordine temporale di spirito evangelico. L'America ha un'orgogliosa tradizione di rispetto per la domenica. Questa eredità deve essere consolidata come esortazione al servizio del Regno di Dio e al rinnovamento del tessuto sociale secondo la sua verità immutabile.

Alla fine, comunque, il rinnovamento della testimonianza della Chiesa del Vangelo nel vostro Paese è legato in modo essenziale al ripristino di una visione comune e di un senso di missione da parte di tutta la comunità cattolica. So che questa è una preoccupazione vicina al vostro cuore, come rispecchiato dai vostri sforzi volti a incoraggiare la comunicazione, il dibattito e la testimonianza coerente a ogni livello della vita delle vostre chiese locali. Penso in particolare all'importanza delle università cattoliche e ai segni di un senso rinnovato della loro missione ecclesiale, come attestato da dibattiti che celebrano il decimo anniversario della Costituzione Apostolica Ex Corde Ecclesiae e da iniziative quali il simposio tenutosi di recente presso la Catholic University of America sull'attività intellettuale per la nuova evangelizzazione. I giovani hanno il diritto di ascoltare con chiarezza l'insegnamento della Chiesa e, ancora più importante, di essere inspirati dalla coerenza e dalla bellezza del messaggio cristiano cosicché a loro volta possano infondere nei coetanei un amore profondo per Cristo e per la sua Chiesa.

Cari Fratelli Vescovi, sono consapevole dei problemi numerosi, pressanti e a volte apparentemente irrisolvibili che affrontate ogni giorno nell'esercizio del vostro ministero. Con la fiducia scaturita dalla fede, e con grande affetto, vi offro queste parole di incoraggiamento e affido volentieri voi e il clero, i religiosi e i laici delle vostre Diocesi all'intercessione di Maria Immacolata, patrona degli Stati Uniti. A tutti voi imparto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di saggezza, forza e pace nel Signore.

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(Traduzione Osservatore Romano)

Il Papa: Il Volto del Salvatore morente sulla croce, del Figlio consostanziale al Padre che soffre come uomo per noi, ci insegna a custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in qualsiasi condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni singolo essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio e chiamato alla vita eterna

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UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA XXVI CONFERENZA INTERNAZIONALE DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI (PER LA PASTORALE DELLA SALUTE), 26.11.2011

Alle ore 11.20 di oggi, nella Sala Clementina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in udienza i partecipanti alla XXVI Conferenza Internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che ha svolto i suoi lavori in questi giorni in Vaticano sul tema: "La pastorale sanitaria a servizio della vita alla luce del Magistero del Beato Giovanni Paolo II".
Sono presenti all’Udienza anche i Presuli incaricati per la Pastorale della Salute in seno alle rispettive Conferenze Episcopali, che il 23 novembre scorso hanno tenuto a Roma il loro primo incontro.
Dopo l’indirizzo di omaggio del Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, il Papa rivolge ai presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:


DISCORSO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

è motivo di grande gioia incontrarvi in occasione della XXVI Conferenza Internazionale, organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari e che ha inteso riflettere sul tema: La Pastorale sanitaria a servizio della vita alla luce del magistero del Beato Giovanni Paolo II. Mi è gradito salutare i Vescovi incaricati per la Pastorale della Salute, che per la prima volta si sono riuniti presso la Tomba dell’Apostolo Pietro per verificare i modi di un’azione collegiale in quest’ambito tanto delicato e importante della missione della Chiesa. Esprimo riconoscenza al Dicastero per il suo prezioso servizio, iniziando dal Presidente, Mons. Zygmunt Zimowski, che ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto, con le quali ha illustrato anche i lavori e le iniziative di questi giorni. Il mio saluto va anche al Segretario e al Sotto-Segretario, entrambi di recente nomina, agli Officiali e al personale, come pure ai relatori e agli esperti, ai responsabili degli Istituti di Cura, agli operatori sanitari, a tutti i presenti e a quanti hanno collaborato per la realizzazione del Convegno.

Sono certo che le vostre riflessioni hanno contribuito ad approfondire il «Vangelo della Vita», preziosa eredità del magistero del beato Giovanni Paolo II. Nel 1985, egli istituì questo Pontificio Consiglio per darne concreta testimonianza nel vasto e articolato ambito della Sanità; vent’anni or sono, stabilì la celebrazione della Giornata Mondiale del Malato; e, da ultimo, costituì la Fondazione «Il Buon Samaritano», come strumento di una nuova azione caritativa verso i malati più poveri in diversi Paesi, Fondazione per la quale faccio appello ad un rinnovato impegno per sostenerla.

Nei lunghi e intensi anni di Pontificato il beato Giovanni Paolo II ha proclamato che il servizio alla persona malata nel corpo e nello spirito costituisce un costante impegno di attenzione e di evangelizzazione per tutta la comunità ecclesiale, secondo il mandato di Gesù ai Dodici di sanare gli infermi (cfr Lc 9,2). In particolare, nella Lettera apostolica Salvifici doloris, dell’11 febbraio 1984, il mio venerato Predecessore afferma: «La sofferenza sembra appartenere alla trascendenza dell’uomo: essa è uno di quei punti, nei quali l’uomo viene in certo senso "destinato" a superare se stesso, e viene a ciò chiamato in modo misterioso» (n. 2). Il mistero del dolore sembra offuscare il volto di Dio, rendendolo quasi un estraneo o, addirittura, additandolo quale responsabile del soffrire umano, ma gli occhi della fede sono capaci di guardare in profondità questo mistero. Dio si è incarnato, si è fatto vicino all’uomo, anche nelle sue situazioni più difficili; non ha eliminato la sofferenza, ma nel Crocifisso risorto, nel Figlio di Dio che ha patito fino alla morte e alla morte di croce, Egli rivela che il suo amore scende anche nell’abisso più profondo dell’uomo per dargli speranza. Il Crocifisso è risorto, la morte è stata illuminata dal mattino di Pasqua: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Nel Figlio «dato» per la salvezza dell’umanità, la verità dell’amore viene, in un certo senso, provata mediante la verità della sofferenza, e la Chiesa, nata dal mistero della Redenzione nella Croce di Cristo, «è tenuta a cercare l’incontro con l’uomo in modo particolare sulla via della sua sofferenza. In tale incontro l’uomo diventa la via della Chiesa, ed è, questa, una delle vie più importanti» (Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici doloris, 3).

Cari amici, il servizio di accompagnamento, di vicinanza e di cura ai fratelli ammalati, soli, provati spesso da ferite non solo fisiche, ma anche spirituali e morali, vi pone in una posizione privilegiata per testimoniare l’azione salvifica di Dio, il suo amore per l’uomo e per il mondo, che abbraccia anche le situazioni più dolorose e terribili. Il Volto del Salvatore morente sulla croce, del Figlio consostanziale al Padre che soffre come uomo per noi (cfr ibid., 17), ci insegna a custodire e a promuovere la vita, in qualunque stadio e in qualsiasi condizione si trovi, riconoscendo la dignità e il valore di ogni singolo essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr Gen 1,26-27) e chiamato alla vita eterna.

Questa visione del dolore e della sofferenza illuminata dalla morte e risurrezione di Cristo ci è stata testimoniata dal lento calvario, che ha segnato gli ultimi anni di vita del beato Giovanni Paolo II e a cui si possono applicare le parole di san Paolo: «do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1,24). La fede ferma e sicura ha pervaso la sua debolezza fisica, rendendo la sua malattia, vissuta per amore di Dio, della Chiesa e del mondo, una concreta partecipazione al cammino di Cristo fin sul Calvario.

La sequela Christi non ha risparmiato al beato Giovanni Paolo II di prendere la propria croce ogni giorno fino alla fine, per essere come il suo unico Maestro e Signore, che dalla Croce è diventato punto di attrazione e di salvezza per l’umanità (cfr Gv 12,32; 19,37) e ha manifestato la sua gloria (cfr Mc 15,39). Nell’Omelia durante la Santa Messa di Beatificazione del mio venerato Predecessore ho ricordato come «il Signore lo ha spogliato pian piano di tutto, ma egli è rimasto sempre una "roccia", come Cristo lo ha voluto. La sua profonda umiltà, radicata nell’intima unione con Cristo, gli ha permesso di continuare a guidare la Chiesa e a dare al mondo un messaggio ancora più eloquente proprio nel tempo in cui le forze fisiche gli venivano meno» (Omelia, 1° maggio 2011).

Cari amici, facendo tesoro del testamento vissuto dal beato Giovanni Paolo II nella propria carne, auguro che anche voi, nell’esercizio del ministero pastorale e nell’attività professionale, possiate scoprire nell’albero glorioso della Croce di Cristo «il compimento e la rivelazione piena di tutto il Vangelo della vita» (Lett. enc. Evangelium vitae, 50). Nel servizio che prestate nei diversi ambiti della pastorale della salute, possiate sperimentare che «solo il servizio al prossimo apre i miei occhi su quello che Dio fa per me e su come Egli mi ama» (Lett. Enc. Deus Caritas est, 18).

Affido ciascuno di voi, i malati, le famiglie e tutti gli operatori sanitari alla materna protezione di Maria, e volentieri imparto di cuore a voi tutti la Benedizione Apostolica.

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venerdì 25 novembre 2011

Il Papa: I Cristiani non abitano un pianeta lontano, immune dalle «malattie» del mondo, ma condividono i turbamenti, il disorientamento e le difficoltà del loro tempo. Perciò non meno urgente è riproporre la questione di Dio anche nello stesso tessuto ecclesiale. Quante volte, nonostante il definirsi cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento centrale nel modo di pensare e di agire, nelle scelte fondamentali della vita. La prima risposta alla grande sfida del nostro tempo sta allora nella profonda conversione del nostro cuore, perché il Battesimo che ci ha resi luce del mondo e sale della terra possa veramente trasformarci

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Il Papa chiede "una testimonianza trasparente" ai fedeli impegnati nella polis (Vecchi)

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Il Papa: Risvegliare la domanda. Dalla testimonianza dei laici nasce nell'uomo di oggi la ricerca di Dio

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Per ricominciare da Dio. Benedetto XVI ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici (O.R.)

Il Papa: laici e famiglia per tornare alla centralità di Dio (Ambrogetti)

Il Papa: la moltitudine immensa della GMG di Madrid ha illuminato la vecchia Europa. Spesso manca Dio in politica, nell'economia e fra i Cattolici (Izzo)

Il Papa: i laici cristiani con la loro vita ripropongano al mondo la “questione di Dio” (AsiaNews)

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Il Papa: Non dovremmo mai stancarci di ricominciare da Dio, per ridare all’uomo la totalità delle sue dimensioni, la sua piena dignità (Sir)

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Il Papa ai laici cristiani: per incidere nella vita pubblica bisogna avere una solida fede personale (Radio Vaticana)

UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI, 25.11.2011

Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Partecipanti alla XXV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici, che si svolge a Roma dal 24 al 26 novembre sul tema: La questione di Dio oggi. «Non dobbiamo forse nuovamente ricominciare da Dio?».
Nel corso dell’incontro, il Papa rivolge ai presenti il discorso che riportiamo di seguito
:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!


Sono lieto di incontrare tutti voi, membri e consultori del Pontificio Consiglio per i Laici, riuniti per la XXV Assemblea Plenaria. Saluto in modo particolare il Cardinale Stanisław Ryłko e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto, come pure Mons. Josef Clemens, Segretario. Un cordiale benvenuto rivolgo a tutti, in modo speciale ai fedeli laici, donne e uomini, che compongono il Dicastero. Il periodo trascorso dall’ultima Assemblea plenaria vi ha visti impegnati in varie iniziative, già menzionate da sua eminenza. Vorrei anch’io ricordare il Congresso per i fedeli laici dell’Asia e la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid. Sono stati momenti molto intensi di fede e di vita ecclesiale, importanti anche nella prospettiva dei grandi eventi ecclesiali che celebreremo l’anno prossimo: la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione e l’apertura dell’Anno della fede.

Il Congresso per i laici dell’Asia è stato organizzato l’anno scorso a Seoul, con l’aiuto della Chiesa in Corea, sul tema «Proclaiming Jesus Christ in Asia Today». Il vastissimo continente asiatico ospita popoli, culture e religioni diversi, di antica origine, ma l’annuncio cristiano ha raggiunto sinora soltanto una piccola minoranza, che non di rado - come lei ha detto eminenza - vive la fede in un contesto difficile, a volte anche di vera persecuzione. Il convegno ha offerto l’occasione ai fedeli laici, alle associazioni, ai movimenti e alle nuove comunità che operano in Asia, di rafforzare l’impegno e il coraggio per la missione. Questi nostri fratelli testimoniano in modo ammirevole la loro adesione a Cristo, lasciando intravedere come in Asia, grazie alla loro fede, si stiano aprendo per la Chiesa del terzo millennio vasti scenari di evangelizzazione. Apprezzo che il Pontificio Consiglio per i Laici stia organizzando un analogo Congresso per i laici dell’Africa, previsto in Camerun l’anno prossimo. Tali incontri continentali sono preziosi per dare impulso all’opera di evangelizzazione, per rafforzare l’unità e rendere sempre più saldi i legami tra Chiese particolari e Chiesa universale.

Vorrei inoltre attirare l’attenzione sull’ultima Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid. Il tema, come sappiamo, era la fede: «Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (cfr Col 2,7).

E davvero ho potuto contemplare una moltitudine immensa di giovani, convenuti entusiasti da tutto il mondo per incontrare il Signore e vivere la fraternità universale. Una straordinaria cascata di luce, di gioia e di speranza ha illuminato Madrid, e non solo Madrid, ma anche la vecchia Europa e il mondo intero, riproponendo in modo chiaro l’attualità della ricerca di Dio. Nessuno è potuto rimanere indifferente, nessuno ha potuto pensare che la questione di Dio sia irrilevante per l’uomo di oggi.

I giovani del mondo intero attendono con ansia di poter celebrare le Giornate Mondiali a loro dedicate, e so che già siete al lavoro per l’appuntamento a Rio de Janeiro nel 2013.

A tale proposito, mi sembra particolarmente importante aver voluto affrontare quest’anno, nell’Assemblea Plenaria, il tema di Dio: «La questione di Dio oggi». Non dovremmo mai stancarci di riproporre tale domanda, di "ricominciare da Dio", per ridare all’uomo la totalità delle sue dimensioni, la sua piena dignità.

Infatti, una mentalità che è andata diffondendosi nel nostro tempo, rinunciando a ogni riferimento al trascendente, si è dimostrata incapace di comprendere e preservare l’umano. La diffusione di questa mentalità ha generato la crisi che viviamo oggi, che è crisi di significato e di valori, prima che crisi economica e sociale. L’uomo che cerca di esistere soltanto positivisticamente, nel calcolabile e nel misurabile, alla fine rimane soffocato. In questo quadro, la questione di Dio è, in un certo senso, «la questione delle questioni». Essa ci riporta alle domande di fondo dell’uomo, alle aspirazioni di verità, di felicità e di libertà insite nel suo cuore, che cercano una realizzazione. L’uomo che risveglia in sé la domanda su Dio si apre alla speranza, ad una speranza affidabile, per cui vale la pena di affrontare la fatica del cammino nel presente (cfr Spe salvi, 1).

Ma come risvegliare la domanda di Dio, perché sia la questione fondamentale?

Cari amici, se è vero che «all’inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona» (Deus caritas est, 1), la domanda su Dio è risvegliata dall’incontro con chi ha il dono della fede, con chi ha un rapporto vitale con il Signore.

Dio viene conosciuto attraverso uomini e donne che lo conoscono: la strada verso di Lui passa, in modo concreto, attraverso chi l’ha incontrato. Qui il vostro ruolo di fedeli laici è particolarmente importante.

Come osserva la Christifideles laici, è questa la vostra specifica vocazione: nella missione della Chiesa «…un posto particolare compete ai fedeli laici, in ragione della loro "indole secolare", che li impegna, con modalità proprie e insostituibili, nell'animazione cristiana dell'ordine temporale» (n. 36). Siete chiamati a offrire una testimonianza trasparente della rilevanza della questione di Dio in ogni campo del pensare e dell’agire. Nella famiglia, nel lavoro, come nella politica e nell’economia, l’uomo contemporaneo ha bisogno di vedere con i propri occhi e di toccare con mano come con Dio o senza Dio tutto cambia.

Ma la sfida di una mentalità chiusa al trascendente obbliga anche gli stessi cristiani a tornare in modo più deciso alla centralità di Dio. A volte ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale, nella politica o nell’economia risultasse più incisiva, e forse non ci si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede, quasi fosse un dato acquisito una volta per tutte.

In realtà i cristiani non abitano un pianeta lontano, immune dalle «malattie» del mondo, ma condividono i turbamenti, il disorientamento e le difficoltà del loro tempo. Perciò non meno urgente è riproporre la questione di Dio anche nello stesso tessuto ecclesiale. Quante volte, nonostante il definirsi cristiani, Dio di fatto non è il punto di riferimento centrale nel modo di pensare e di agire, nelle scelte fondamentali della vita. La prima risposta alla grande sfida del nostro tempo sta allora nella profonda conversione del nostro cuore, perché il Battesimo che ci ha resi luce del mondo e sale della terra possa veramente trasformarci.

Cari amici, la missione della Chiesa ha bisogno dell’apporto di tutti i suoi membri e di ciascuno, specialmente dei fedeli laici. Negli ambienti di vita in cui il Signore vi ha chiamati, siate testimoni coraggiosi del Dio di Gesù Cristo, vivendo il vostro Battesimo. Per questo vi affido all’intercessione della Beata Vergine Maria, Madre di tutti i popoli, e di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.
Grazie.

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