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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI A KÖLN (GERMANIA) IN OCCASIONE DELLA XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ (18-21 AGOSTO 2005)
FESTA DI ACCOGLIENZA DEI GIOVANI, IN NAVIGAZIONE SUL RENO (18 agosto 2005)
Messaggio del Papa
Carissimi giovani,
sono lieto di incontrarvi qui a Colonia sulle rive del Reno! Siete giunti da varie parti della Germania, dell’Europa, del mondo, facendovi pellegrini al seguito dei Magi. Seguendo le loro orme voi volete scoprire Gesù. Avete accettato di mettervi in cammino per giungere anche voi a contemplare in modo personale e insieme comunitario, il volto di Dio svelato nel bambino del Presepio. Come voi, mi sono messo anch’io in cammino per giungere insieme con voi ad inginocchiarmi davanti alla bianca Ostia nella quale gli occhi della fede riconoscono la presenza reale del Salvatore del mondo. Insieme, continueremo a meditare sul tema di questa Giornata Mondiale della Gioventù: "Siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2).
Con immensa gioia vi saluto e vi accolgo, cari giovani, qui venuti da vicino o da lontano, camminando sulle strade del mondo e su quelle della vostra vita. Un particolare saluto rivolgo a quanti sono venuti dall’"Oriente", come i Magi. Voi siete i rappresentanti delle innumerevoli folle di nostri fratelli e sorelle in umanità, che aspettano senza saperlo il sorgere della stella nei loro cieli per essere condotti a Cristo, Luce delle Genti, e per trovare in Lui la risposta appagante per la sete dei loro cuori. Saluto con affetto anche quanti tra voi non sono battezzati, quanti non conoscono ancora Cristo o non si riconoscono nella Chiesa. Proprio a voi il Papa Giovanni Paolo II ha rivolto un particolare invito a questo incontro; vi ringrazio di aver deciso di venire a Colonia. Qualcuno tra voi potrebbe forse far propria la descrizione che Edith Stein faceva della propria adolescenza, lei che visse poi nel Carmelo di Colonia: "Avevo coscientemente e deliberatamente perso l’abitudine di pregare". Durante queste giornate, potrete rifare l’esperienza toccante della preghiera come dialogo con Dio, da cui ci sappiamo amati e che vogliamo amare a nostra volta. A tutti vorrei dire con insistenza: spalancate il vostro cuore a Dio, lasciatevi sorprendere da Cristo! Concedetegli il "diritto di parlarvi" durante questi giorni! Aprite le porte della vostra libertà al suo amore misericordioso! Esponete le vostre gioie e le vostre pene a Cristo, lasciando che Egli illumini con la sua luce la vostra mente e tocchi con la sua grazia il vostro cuore. In questi giorni benedetti di condivisione e di gioia, fate l’esperienza liberatrice della Chiesa come luogo della misericordia e della tenerezza di Dio verso gli uomini. Nella Chiesa e mediante la Chiesa raggiungerete Cristo che vi aspetta.
Arrivando oggi a Colonia per partecipare con voi alla XX Giornata Mondiale della Gioventù, mi è spontaneo ricordare con emozione e riconoscenza il Servo di Dio tanto amato da tutti noi Giovanni Paolo II, che ebbe l’idea luminosa di chiamare a raccolta i giovani del mondo intero per celebrare insieme Cristo, unico Redentore del genere umano. Grazie al dialogo profondo che si è sviluppato nel corso di oltre vent’anni tra il Papa e i giovani, molti di loro hanno potuto approfondire la fede, stringere legami di comunione, appassionarsi alla Buona Novella della salvezza in Cristo e proclamarla in tante parti della terra. Questo grande Papa ha saputo capire le sfide che si presentano ai giovani di oggi e, confermando la sua fiducia in loro, non ha esitato ad incitarli ad essere coraggiosi annunciatori del Vangelo e intrepidi costruttori della civiltà della verità, dell’amore e della pace.
Oggi tocca a me raccogliere questa straordinaria eredità spirituale che Papa Giovanni Paolo II ci ha lasciato. Lui vi ha amati, voi l’avete capito e lo avete ricambiato con lo slancio della vostra età. Ora tutti insieme abbiamo il compito di metterne in pratica gli insegnamenti. Con questo impegno siamo qui a Colonia, pellegrini sulle orme dei Magi. Secondo la tradizione, i loro nomi in lingua greca erano Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Nel suo Vangelo, Matteo riporta la domanda che ardeva nel cuore dei Magi: "Dov’è il Re dei Giudei che è nato?" (Mt 2,2). La ricerca di Lui era il motivo per cui avevano affrontato il lungo viaggio fino a Gerusalemme. Per questo avevano sopportato fatiche e privazioni senza cedere allo scoraggiamento e alla tentazione di ritornare sui loro passi. Ora che erano vicini alla meta, non avevano da porre altra domanda che questa. Anche noi siamo venuti a Colonia perché sentivamo urgere nel cuore, sebbene in forma diversa, la stessa domanda che spingeva gli uomini dall’Oriente a mettersi in cammino. E’ vero che noi oggi non cerchiamo più un re; ma siamo preoccupati per la condizione del mondo e domandiamo: Dove trovo i criteri per la mia vita, dove i criteri per collaborare in modo responsabile all’edificazione del presente e del futuro del nostro mondo? Di chi posso fidarmi – a chi affidarmi? Dov’è Colui che può offrirmi la risposta appagante per le attese del cuore? Porre simili domande significa innanzi tutto riconoscere che il cammino non è concluso fino a quando non si è incontrato Colui che ha il potere di instaurare quel Regno universale di giustizia e di pace a cui gli uomini aspirano, ma che non sanno costruire da soli. Porre tali domande significa poi cercare Qualcuno che non si inganna e non può ingannare ed è perciò in grado di offrire una certezza così salda da consentire di vivere per essa e, nel caso, anche di morire.
Quando all’orizzonte dell’esistenza tale risposta si profila bisogna, cari amici, saper fare le scelte necessarie. E’ come quando ci si trova ad un bivio: quale strada prendere? Quella suggerita dalle passioni o quella indicata dalla stella che brilla nella coscienza? I Magi, udita la risposta: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta" (Mt 2,5), scelsero di continuare la strada e di andare fino in fondo, illuminati da questa parola. Da Gerusalemme andarono a Betlemme, ossia dalla parola che indicava loro dov’era il Re dei Giudei che stavano cercando fino all’incontro con quel Re che era al contempo l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. Quella parola è detta anche per noi. Anche noi dobbiamo fare la nostra scelta. In realtà, a ben pensare, è proprio questa l’esperienza che facciamo nella partecipazione ad ogni Eucaristia. In ogni Messa, infatti, l’incontro con la Parola di Dio ci introduce alla partecipazione al mistero della croce e risurrezione di Cristo e così ci introduce alla Mensa eucaristica, all’unione con Cristo. Sull’altare è presente Colui che i Magi videro steso sulla paglia: Cristo, il Pane vivo disceso dal cielo per dare la vita al mondo, il vero Agnello che dà la propria vita per la salvezza dell’umanità. Illuminati dalla Parola, è sempre a Betlemme - la "Casa del pane" - che potremo fare l’incontro sconvolgente con l’inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia, di darsi come cibo sull’altare.
Possiamo immaginare lo stupore dei Magi davanti al Bambino in fasce! Solo la fede permise loro di riconoscere nei tratti di quel bambino il Re che cercavano, il Dio verso il quale la stella li aveva orientati. In Lui, colmando il fossato esistente tra il finito e l’infinito, tra il visibile e l’invisibile, l’Eterno è entrato nel tempo, il Mistero si è fatto conoscere consegnandosi a noi nelle membra fragili di un piccolo bambino. "I Magi sono pieni di stupore davanti a ciò che vedono; il cielo sulla terra e la terra nel cielo; l’uomo in Dio e Dio nell’uomo; vedono racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il mondo" (San Pietro Crisologo, Sermone 160, n. 2). Durante queste giornate, in quest’"Anno dell’Eucaristia", ci volgeremo con lo stesso stupore verso Cristo presente nel Tabernacolo della misericordia, nel Sacramento dell’Altare.
Cari giovani, la felicità che cercate, la felicità che avete diritto di gustare ha un nome, un volto: quello di Gesù di Nazareth, nascosto nell’Eucaristia. Solo lui dà pienezza di vita all’umanità! Con Maria, dite il vostro "sì" a quel Dio che intende donarsi a voi. Vi ripeto oggi quanto ho detto all’inizio del mio pontificato: "Chi fa entrare Cristo [nella propria vita] non perde nulla, nulla - assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No, solo in questa amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in questa amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in questa amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera" (Omelia per l’inizio del ministero di Supremo Pastore, 24 aprile 2005). Siatene pienamente convinti: Cristo nulla toglie di quanto avete in voi di bello e di grande, ma porta tutto a perfezione per la gloria di Dio, la felicità degli uomini, la salvezza del mondo.
In queste giornate vi invito ad impegnarvi senza riserve a servire Cristo, costi quel che costi. L’incontro con Gesù Cristo vi permetterà di gustare interiormente la gioia della sua presenza viva e vivificante per poi testimoniarla intorno a voi. Che la vostra presenza in questa città sia già il primo segno di annuncio del Vangelo mediante la testimonianza del vostro comportamento e della vostra gioia di vivere. Facciamo salire dal nostro cuore un inno di lode e di azione di grazie al Padre per i tanti benefici che ci ha concesso e per il dono della fede che celebreremo insieme, manifestandolo al mondo da questa terra posta al centro dell’Europa, di un’Europa che molto deve al Vangelo e ai suoi testimoni lungo i secoli.
Mi farò ora pellegrino alla cattedrale di Colonia per venerarvi le reliquie dei santi Magi, che hanno accettato di lasciare tutto per seguire la stella che li guidava al Salvatore del genere umano. Anche voi, cari giovani, avete già avuto, o avrete, l’occasione di fare lo stesso pellegrinaggio. Queste reliquie non sono che il segno fragile e povero di ciò che essi furono e di ciò che essi vissero tanti secoli or sono. Le reliquie ci indirizzano a Dio stesso: è Lui infatti che, con la forza della sua grazia, concede ad esseri fragili il coraggio di testimoniarlo davanti al mondo. Invitandoci a venerare i resti mortali dei martiri e dei santi, la Chiesa non dimentica che, in definitiva, si tratta sì di povere ossa umane, ma di ossa che appartenevano a persone visitate dalla potenza viva di Dio. Le reliquie dei santi sono tracce di quella presenza invisibile ma reale che illumina le tenebre del mondo, manifestando il Regno dei cieli che è dentro di noi. Esse gridano con noi e per noi: "Maranatha!" - "Vieni Signore Gesù!". Carissimi giovani, con queste parole vi saluto e vi do appuntamento alla veglia di sabato sera. A tutti, arrivederci!
VISITA ALLA CATTEDRALE DI KÖLN (18 agosto 2005)
Alle 18, dopo lo sbarco al molo del Hohenzollernbrücke, il Papa, accolto dal Sindaco, appone la propria firma sul Libro d’oro della Città di Köln. Quindi, accompagnato dai giovani che portano la Croce e l’Icona delle GMG, raggiunge la Cattedrale.
Il Santo Padre percorre la navata centrale dove si trovano alcune centinaia di giovani portatori di handicap fisici e mentali, per poi sostare brevemente davanti all’Urna delle Reliquie dei Magi.
Quindi - uscito sulla Roncalliplatz - dopo l’indirizzo di omaggio dell’Arcivescovo di Köln, Card. Joachim Meisner, Benedetto XVI rivolge ai fedeli presenti le parole di saluto che riportiamo di seguito:
Saluto del Papa
Cari fratelli e sorelle!
Sono lieto di poter essere con voi stasera, in questa città di Colonia alla quale mi legano così tanti bei ricordi. Ho trascorso a Bonn i primi anni della mia carriera accademica, anni indimenticabili di risveglio, di gioventù, di speranza prima del Concilio, anni in cui sono spesso venuto a Colonia ed ho imparato ad amare questa Roma del Nord. Qui si respira la grande storia e la corrente del fiume dona apertura al mondo. È un luogo di incontro, di cultura. Ho sempre amato lo spirito, l'umorismo, la gioiosità e l'intelligenza dei suoi abitanti. Inoltre, devo dire, ho amato la cattolicità che gli abitanti di Colonia hanno nel sangue, poiché i cristiani esistono qui da quasi duemila anni e così la cattolicità è penetrata nel carattere degli abitanti, nel senso di una religiosità gioiosa. Per questo oggi ci rallegriamo. Colonia può donare ai giovani qualcosa di questa sua gioiosa cattolicità, che è antica e al contempo giovane.
È stato molto bello per me il fatto che l'allora Arcivescovo, Cardinale Frings, fin dall'inizio mi diede la sua totale fiducia, instaurando con me un'amicizia autenticamente paterna. Poi mi ha fatto il grande dono, sebbene io fossi giovane e inesperto, di chiamarmi come suo teologo, di portarmi a Roma, così che potessi partecipare al suo fianco al Concilio Vaticano II e vivere da vicino questo straordinario, grande evento storico, contribuendovi un poco. Conobbi anche il Cardinale Höffner, allora Vescovo di Münster, al quale parimenti mi ha legato una profonda e viva amicizia. Grazie a Dio questa catena delle amicizie non si è spezzata. Anche il Cardinale Meisner è mio amico da tanto tempo, cosicché, a partire dal Cardinale Frings, continuando con Höffner e Meisner, mi sono sempre potuto sentire a casa qui a Colonia.
Ora credo sia giunto il momento di dire grazie a tante persone con voce forte e dal profondo del cuore. In primo luogo rendiamo grazie al buon Dio che ci dona il bel cielo azzurro e benedice sensibilmente questi giorni. Ringraziamo la Madre di Dio, che ha preso in mano la regìa della Giornata Mondiale della Gioventù. Ringrazio il Cardinale Meisner e tutti i suoi collaboratori; il Cardinale Lehmann, Presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, e con lui tutti i Vescovi delle diocesi di Germania, in particolare il Comitato organizzatore delle Giornate, nonché le diocesi e le comunità locali che in questi ultimi giorni hanno accolto i giovani. Posso immaginare che cosa significhi tutto questo in termini di energie spese e di sacrifici sopportati e mi auguro che si riveli fecondo per la riuscita spirituale di questa Giornata Mondiale della Gioventù. Tengo infine a manifestare la mia profonda gratitudine alle autorità civili e militari, ai responsabili comunali e regionali, ai corpi di polizia e agli agenti di sicurezza della Germania e del Land Renania Settentrionale-Westfalia. Ringrazio nella persona del Sindaco di questa città tutta la popolazione di Colonia per la comprensione dimostrata di fronte all'«invasione» di tanti giovani venuti da tutte le parti del mondo.
Senza i Re Magi, che tanto hanno inciso sulla storia, la cultura e la fede di Colonia, la città non sarebbe quella che è. Qui la Chiesa celebra, in un certo senso, tutto l'anno la festa dell'Epifania! Perciò, prima di rivolgermi a voi, cari abitanti di Colonia, di salutarvi, ho voluto raccogliermi qualche istante in preghiera davanti al reliquiario dei tre Re Magi, rendendo grazie a Dio per la loro testimonianza di fede, di speranza e di amore. Sapete che nell'anno 1164, le reliquie di questi Sapienti d'Oriente, scortate dall'Arcivescovo di Colonia Reinald von Dassel, attraversarono le Alpi partendo da Milano, per giungere a Colonia, dove furono accolte con grandi manifestazioni di giubilo. Peregrinando per l'Europa, tali reliquie hanno lasciato tracce evidenti, che ancor oggi sussistono nella toponomastica e nella devozione popolare. Per i Re Magi Colonia ha fatto fabbricare il reliquiario più prezioso dell'intero mondo cristiano e ha elevato su di esso un reliquiario ancora più grande: il Duomo di Colonia. Con Gerusalemme la «Città Santa», con Roma la «Città Eterna», con Santiago de Compostela in Spagna, Colonia, grazie ai Magi, è divenuta nel corso dei secoli uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti dell'Occidente cristiano.
Non vorrei ora continuare a tessere le lodi di Colonia, sebbene sarebbe possibile e significativo farlo: durerebbe troppo a lungo, perché su Colonia bisognerebbe dire troppe cose grandi e belle. Tuttavia, vorrei ricordare che noi qui veneriamo sant'Orsola con le sue compagne; che nel 745 il Santo Padre nominò Arcivescovo di Colonia san Bonifacio; che qui ha operato Alberto Magno, uno dei più grandi eruditi del Medio Evo e le sue reliquie si venerano nella chiesa di sant'Andrea; che Tommaso d'Aquino, il più grande teologo d'Occidente, qui ha studiato ed insegnato; che nel XIX secolo Adolph Kolping ha fondato un'importante opera sociale; che Edith Stein, ebrea convertita, viveva qui a Colonia nel Carmelo, prima di dover fuggire nel Carmelo di Echt in Olanda ed essere poi deportata ad Auschwitz, ove morì martire. Grazie a queste e a tutte le altre figure, note ed ignote, Colonia possiede un grande patrimonio di santi. Vorrei almeno dire ancora che, per quanto ne so, qui a Colonia uno dei tre Magi è stato identificato come un Re moro dell'Africa, così che un rappresentante del Continente africano è stato visto come uno dei primi testimoni di Gesù Cristo. Inoltre vorrei aggiungere che qui a Colonia sono sorte grandi iniziative esemplari, la cui azione si è diffusa in tutto il mondo, quali «Misereor», «Adveniat» e «Renovabis».
Ora siete qui voi, giovani del mondo intero, rappresentanti di quei popoli lontani che riconobbero Cristo attraverso i Magi e che furono riuniti nel nuovo Popolo di Dio, la Chiesa, che raccoglie uomini e donne di ogni cultura. A voi, cari giovani, oggi il compito di vivere il respiro universale della Chiesa. Lasciatevi infiammare dal fuoco dello Spirito, affinché una nuova Pentecoste possa realizzarsi tra noi e rinnovare la Chiesa. Mediante voi, i vostri coetanei di ogni parte della terra giungano a riconoscere in Cristo la vera risposta alle loro attese e si aprano ad accogliere Lui, il Verbo incarnato, che è morto e risorto, affinché Dio sia in mezzo a noi e ci doni la verità, l'amore e la gioia a cui noi tutti aneliamo. Dio benedica queste giornate.
VISITA ALLA SINAGOGA DI KÖLN (19 agosto 2005)
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UDIENZA AI RAPPRESENTANTI DI ALCUNE COMUNITÀ MUSULMANE, NELL’ARCIVESCOVADO DI KÖLN (20 agosto 2005)
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VEGLIA CON I GIOVANI, NELLA SPIANATA DI MARIENFELD (20 agosto 2005)
Alle 19 il Papa si trasferisce in auto dall’Arcivescovado di Köln alla spianata di Marienfeld per la Veglia di preghiera con i giovani sul tema della XX Giornata Mondiale della Gioventù: "Siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2). Partecipano alla Veglia anche i Vescovi tedeschi, i Vescovi ospiti, i Cardinali e Vescovi del Seguito papale e oltre 9.000 sacerdoti.
All’arrivo ai piedi della collina di Marienfeld, il Santo Padre incontra gli oltre 800 Cardinali e Vescovi presenti al raduno. Quindi, dopo un giro sulla vettura panoramica tra i Giovani nella spianata di Marienfeld, si reca al palco per la Celebrazione dove venera la Croce della GMG e benedice una campana che porterà il nome di Giovanni Paolo II.
Nel corso della Liturgia della Parola, dopo la testimonianza di alcuni giovani, Benedetto XVI pronuncia l’Omelia. La Veglia continua poi con la Venerazione dell’Icona della Madonna della GMG, la Celebrazione della Luce e la Processione Eucaristica, seguita dall’Adorazione.
Di seguito riportiamo il testo dell’omelia che il Papa rivolge ai giovani durante la Veglia:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari giovani!
Nel nostro pellegrinaggio con i misteriosi Magi dell’Oriente siamo giunti a quel momento che san Matteo nel suo Vangelo ci descrive così: "Entrati nella casa (sulla quale la stella si era fermata), videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono" (Mt 2,11). Il cammino esteriore di quegli uomini era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita. Poiché sicuramente avevano immaginato questo Re neonato in modo diverso. Si erano appunto fermati a Gerusalemme per raccogliere presso il Re locale notizie sul promesso Re che era nato. Sapevano che il mondo era in disordine, e per questo il loro cuore era inquieto. Erano certi che Dio esisteva e che era un Dio giusto e benigno. E forse avevano anche sentito parlare delle grandi profezie in cui i profeti d’Israele annunciavano un Re che sarebbe stato in intima armonia con Dio, e che a nome e per conto di Lui avrebbe ristabilito il mondo nel suo ordine. Per cercare questo Re si erano messi in cammino: dal profondo del loro intimo erano alla ricerca del diritto, della giustizia che doveva venire da Dio, e volevano servire quel Re, prostrarsi ai suoi piedi e così servire essi stessi al rinnovamento del mondo. Appartenevano a quel genere di persone "che hanno fame e sete della giustizia" (Mt 5,6). Questa fame e questa sete avevano seguito nel loro pellegrinaggio – si erano fatti pellegrini in cerca della giustizia che aspettavano da Dio, per potersi mettere al servizio di essa.
Anche se gli altri uomini, quelli rimasti a casa, li ritenevano forse utopisti e sognatori – essi invece erano persone con i piedi sulla terra, e sapevano che per cambiare il mondo bisogna disporre del potere. Per questo non potevano cercare il bambino della promessa se non nel palazzo del Re. Ora però s’inchinano davanti a un bimbo di povera gente, e ben presto vengono a sapere che Erode – quel Re dal quale si erano recati – con il suo potere intendeva insidiarlo, così che alla famiglia non sarebbe restata che la fuga e l’esilio. Il nuovo Re, davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi di solito lo immaginiamo. Qui cominciò il loro cammino interiore. Cominciò nello stesso momento in cui si prostrarono davanti a questo bambino e lo riconobbero come il Re promesso. Ma questi gesti gioiosi essi dovevano ancora raggiungerli interiormente.
Dovevano cambiare la loro idea sul potere, su Dio e sull’uomo e, facendo questo, dovevano anche cambiare se stessi. Ora vedevano: il potere di Dio è diverso dal potere dei potenti del mondo. Il modo di agire di Dio è diverso da come noi lo immaginiamo e da come vorremmo imporlo anche a Lui. Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. Non contrappone le sue divisioni ad altre divisioni. A Gesù, nell’Orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo (cfr Mt 26,53). Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo il potere inerme dell’amore, che sulla Croce – e poi sempre di nuovo nel corso della storia – soccombe, e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina che poi si oppone all’ingiustizia e instaura il Regno di Dio. Dio è diverso – è questo che ora riconoscono. E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio.
Erano venuti per mettersi a servizio di questo Re, per modellare la loro regalità sulla sua. Era questo il significato del loro gesto di ossequio, della loro adorazione. Di essa facevano parte anche i regali – oro, incenso e mirra – doni che si offrivano a un Re ritenuto divino. L’adorazione ha un contenuto e comporta anche un dono. Volendo con il gesto dell’adorazione riconoscere questo bambino come il loro Re al cui servizio intendevano mettere il proprio potere e le proprie possibilità, gli uomini provenienti dall’Oriente seguivano senz’altro la traccia giusta. Servendo e seguendo Lui, volevano insieme con Lui servire la causa della giustizia e del bene nel mondo. E in questo avevano ragione. Ora però imparano che ciò non può essere realizzato semplicemente per mezzo di comandi e dall’alto di un trono. Ora imparano che devono donare se stessi – un dono minore di questo non basta per questo Re. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo d’essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi. Andando via da Gerusalemme, devono rimanere sulle orme del vero Re, al seguito di Gesù.
Cari amici, ci domandiamo che cosa tutto questo significhi per noi. Poiché quello che abbiamo appena detto sulla natura diversa di Dio, che deve orientare la nostra vita, suona bello, ma resta piuttosto sfumato e vago. Per questo Dio ci ha donato degli esempi. I Magi provenienti dall’Oriente sono soltanto i primi di una lunga processione di uomini e donne che nella loro vita hanno costantemente cercato con lo sguardo la stella di Dio, che hanno cercato quel Dio che a noi, esseri umani, è vicino e ci indica la strada. È la grande schiera dei santi – noti o sconosciuti – mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine; questo, Egli sta facendo tuttora. Nelle loro vite, come in un grande libro illustrato, si svela la ricchezza del Vangelo. Essi sono la scia luminosa di Dio che Egli stesso lungo la storia ha tracciato e traccia ancora. Il mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo II, che è con noi in questo momento, ha beatificato e canonizzato una grande schiera di persone di epoche lontane e vicine. In queste figure ha voluto dimostrarci come si fa ad essere cristiani; come si fa a svolgere la propria vita in modo giusto – a vivere secondo il modo di Dio. I beati e i santi sono stati persone che non hanno cercato ostinatamente la propria felicità, ma semplicemente hanno voluto donarsi, perché sono state raggiunte dalla luce di Cristo. Essi ci indicano così la strada per diventare felici, ci mostrano come si riesce ad essere persone veramente umane. Nelle vicende della storia sono stati essi i veri riformatori che tante volte l’hanno risollevata dalle valli oscure nelle quali è sempre nuovamente in pericolo di sprofondare; essi l’hanno sempre nuovamente illuminata quanto era necessario per dare la possibilità di accettare – magari nel dolore – la parola pronunciata da Dio al termine dell’opera della creazione: "È cosa buona". Basta pensare a figure come San Benedetto, San Francesco d’Assisi, Santa Teresa d’Avila, Sant’Ignazio di Loyola, San Carlo Borromeo, ai fondatori degli Ordini religiosi dell’Ottocento che hanno animato e orientato il movimento sociale, o ai santi del nostro tempo – Massimiliano Kolbe, Edith Stein, Madre Teresa, Padre Pio. Contemplando queste figure impariamo che cosa significa "adorare", e che cosa vuol dire vivere secondo la misura del bambino di Betlemme, secondo la misura di Gesù Cristo e di Dio stesso.
I santi, abbiamo detto, sono i veri riformatori. Ora vorrei esprimerlo in modo ancora più radicale: Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Nel secolo appena passato abbiamo vissuto le rivoluzioni, il cui programma comune era di non attendere più l’intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo. E abbiamo visto che, con ciò, sempre un punto di vista umano e parziale veniva preso come misura assoluta d’orientamento. L’assolutizzazione di ciò che non è assoluto ma relativo si chiama totalitarismo. Non libera l’uomo, ma gli toglie la sua dignità e lo schiavizza. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?
Cari amici! Permettetemi di aggiungere soltanto due brevi pensieri. Sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica anche l’odio e si esercita la violenza. Perciò è importante scoprire il vero volto di Dio. I Magi dell’Oriente l’hanno trovato, quando si sono prostrati davanti al bambino di Betlemme. "Chi ha visto me ha visto il Padre", diceva Gesù a Filippo (Gv 14,9). In Gesù Cristo, che per noi ha permesso che si trafiggesse il suo cuore, in Lui è comparso il vero volto di Dio. Lo seguiremo insieme con la grande schiera di coloro che ci hanno preceduto. Allora cammineremo sulla via giusta.
Questo significa che non ci costruiamo un Dio privato, non ci costruiamo un Gesù privato, ma che crediamo e ci prostriamo davanti a quel Gesù che ci viene mostrato dalle Sacre Scritture e che nella grande processione dei fedeli chiamata Chiesa si rivela vivente, sempre con noi e al tempo stesso sempre davanti a noi. Si può criticare molto la Chiesa. Noi lo sappiamo, e il Signore stesso ce l’ha detto: essa è una rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania. Papa Giovanni Paolo II, che nei tanti beati e santi ci ha mostrato il volto vero della Chiesa, ha anche chiesto perdono per ciò che nel corso della storia, a motivo dell’agire e del parlare di uomini di Chiesa, è avvenuto di male. In tal modo fa vedere anche a noi la nostra vera immagine e ci esorta ad entrare con tutti i nostri difetti e debolezze nella processione dei santi, che con i Magi dell’Oriente ha preso il suo inizio. In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa. Così, con tutti i nostri difetti possiamo tuttavia sperare di trovarci ancora nella sequela di Gesù, che ha chiamato proprio i peccatori. La Chiesa è come una famiglia umana, ma è anche allo stesso tempo la grande famiglia di Dio, mediante la quale Egli forma uno spazio di comunione e di unità attraverso tutti i continenti, le culture e le nazioni. Perciò siamo lieti di appartenere a questa grande famiglia che vediamo qui; siamo lieti di avere fratelli e amici in tutto il mondo. Lo sperimentiamo proprio qui a Colonia quanto sia bello appartenere ad una famiglia vasta come il mondo, che comprende il cielo e la terra, il passato, il presente e il futuro e tutte le parti della terra. In questa grande comitiva di pellegrini camminiamo insieme con Cristo, camminiamo con la stella che illumina la storia.
"Entrati nella casa, videro il bambino e Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono" (Mt 2,11). Cari amici, questa non è una storia lontana, avvenuta tanto tempo fa. Questa è presenza. Qui nell’Ostia sacra Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. Come allora, si vela misteriosamente in un santo silenzio e, come allora, proprio così svela il vero volto di Dio. Egli per noi si è fatto chicco di grano che cade in terra e muore e porta frutto fino alla fine del mondo (cfr Gv 12,24). Egli è presente come allora in Betlemme. Ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione. Mettiamoci ora in cammino per questo pellegrinaggio e chiediamo a Lui di guidarci. Amen.
SANTA MESSA PER LA CELEBRAZIONE DELLA XX GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ, NELLA SPIANATA DI MARIENFELD (21 agosto 2005)
Questa mattina, Benedetto XVI si trasferisce in auto dall’arcivescovado di Köln alla spianata di Marienfeld per presiedere la Celebrazione Eucaristica a conclusione della XX Giornata Mondiale della Gioventù.
La Santa Messa ha inizio alle ore 10.00. In apertura di celebrazione, l’Arcivescovo di Köln, Card. Joachim Meisner, rivolge al Papa un indirizzo di omaggio. Benedetto XVI risponde con un saluto a tutti i giovani presenti
Nel corso del solenne rito conclusivo della GMG2005 dal tema: "Siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2), dopo la lettura del Santo Vangelo, il Santo Padre pronuncia l’omelia.
La Celebrazione Eucaristica si conclude con la recita dell’Angelus e la "Consegna della Croce" per il mandato missionario.
Riportiamo di seguito il testo del saluto iniziale del Santo Padre e quello dell’omelia:
PAROLE DEL SANTO PADRE ALL’INIZIO DELLA CELEBRAZIONE EUCARISTICA
Caro Cardinale Meisner,
cari giovani!
Vorrei ringraziarti cordialmente, caro Confratello nell'Episcopato, per queste tue parole commoventi che ci introducono tanto opportunamente in questa celebrazione liturgica. Avrei voluto percorrere col papamobile tutto il territorio in lungo e in largo per essere possibilmente vicino a ciascuno singolarmente. Per le difficoltà dei sentieri non era possibile, ma saluto ciascuno con tutto il cuore. Il Signore vede e ama ogni singola persona. Tutti noi formiamo insieme la Chiesa vivente e ringraziamo il Signore per questa ora in cui Egli ci dona il mistero della sua presenza e la possibilità di essere in comunione con Lui.
Sappiamo tutti di essere imperfetti, di non poter essere per Lui una casa appropriata. Per questo cominciamo la Santa Messa raccogliendoci e pregando il Signore di rimuovere da noi tutto ciò che ci separa da Lui e separa noi gli uni dagli altri. Ci faccia così il dono di celebrare degnamente i Santi Misteri.
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari giovani!
Davanti all’Ostia sacra, nella quale Gesù per noi si è fatto pane che dall’interno sostiene e nutre la nostra vita (cfr Gv 6,35), abbiamo ieri sera cominciato il cammino interiore dell’adorazione. Nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione. Con la Celebrazione eucaristica ci troviamo in quell’"ora" di Gesù di cui parla il Vangelo di Giovanni. Mediante l’Eucaristia questa sua "ora" diventa la nostra ora, presenza sua in mezzo a noi. Insieme con i discepoli Egli celebrò la cena pasquale d’Israele, il memoriale dell’azione liberatrice di Dio che aveva guidato Israele dalla schiavitù alla libertà. Gesù segue i riti d’Israele. Recita sul pane la preghiera di lode e di benedizione. Poi però avviene una cosa nuova. Egli ringrazia Dio non soltanto per le grandi opere del passato; lo ringrazia per la propria esaltazione che si realizzerà mediante la Croce e la Risurrezione, parlando ai discepoli anche con parole che contengono la somma della Legge e dei Profeti: "Questo è il mio Corpo dato in sacrificio per voi. Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio Sangue". E così distribuisce il pane e il calice, e insieme dà loro il compito di ridire e rifare sempre di nuovo in sua memoria quello che sta dicendo e facendo in quel momento.
Che cosa sta succedendo? Come Gesù può distribuire il suo Corpo e il suo Sangue? Facendo del pane il suo Corpo e del vino il suo Sangue, Egli anticipa la sua morte, l’accetta nel suo intimo e la trasforma in un’azione di amore. Quello che dall’esterno è violenza brutale - la crocifissione -, dall’interno diventa un atto di un amore che si dona totalmente. È questa la trasformazione sostanziale che si realizzò nel cenacolo e che era destinata a suscitare un processo di trasformazioni il cui termine ultimo è la trasformazione del mondo fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28). Già da sempre tutti gli uomini in qualche modo aspettano nel loro cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo. Ora questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione. La morte è, per così dire, intimamente ferita, così che non può più essere lei l’ultima parola. È questa, per usare un’immagine a noi oggi ben nota, la fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere – la vittoria dell’amore sull’odio, la vittoria dell’amore sulla morte. Soltanto questa intima esplosione del bene che vince il male può suscitare poi la catena di trasformazioni che poco a poco cambieranno il mondo. Tutti gli altri cambiamenti rimangono superficiali e non salvano. Per questo parliamo di redenzione: quello che dal più intimo era necessario è avvenuto, e noi possiamo entrare in questo dinamismo. Gesù può distribuire il suo Corpo, perché realmente dona se stesso.
Questa prima fondamentale trasformazione della violenza in amore, della morte in vita trascina poi con sé le altre trasformazioni. Pane e vino diventano il suo Corpo e Sangue. A questo punto però la trasformazione non deve fermarsi, anzi è qui che deve cominciare appieno. Il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui. Tutti mangiamo l’unico pane, ma questo significa che tra di noi diventiamo una cosa sola. L’adorazione, abbiamo detto, diventa unione. Dio non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. È dentro di noi, e noi siamo in Lui. La sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo, perché il suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo. Io trovo un’allusione molto bella a questo nuovo passo che l’Ultima Cena ci ha donato nella differente accezione che la parola "adorazione" ha in greco e in latino. La parola greca suona proskynesis. Essa significa il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni. Questo gesto è necessario, anche se la nostra brama di libertà in un primo momento resiste a questa prospettiva. Il farla completamente nostra sarà possibile soltanto nel secondo passo che l’Ultima Cena ci dischiude. La parola latina per adorazione è ad-oratio – contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere.
Torniamo ancora all’Ultima Cena. La novità che lì si verificò, stava nella nuova profondità dell’antica preghiera di benedizione d’Israele, che da allora diventa la parola della trasformazione e dona a noi la partecipazione all’"ora" di Cristo. Gesù non ci ha dato il compito di ripetere la Cena pasquale che, del resto, in quanto anniversario, non è ripetibile a piacimento. Ci ha dato il compito di entrare nella sua "ora". Entriamo in essa mediante la parola del potere sacro della consacrazione – una trasformazione che si realizza mediante la preghiera di lode, che ci pone in continuità con Israele e con tutta la storia della salvezza, e al contempo ci dona la novità verso cui quella preghiera per sua intima natura tendeva. Questa preghiera – chiamata dalla Chiesa "preghiera eucaristica" – pone in essere l’Eucaristia. Essa è parola di potere, che trasforma i doni della terra in modo del tutto nuovo nel dono di sé di Dio e ci coinvolge in questo processo di trasformazione. Per questo chiamiamo questo avvenimento Eucaristia, che è la traduzione della parola ebraica beracha – ringraziamento, lode, benedizione, e così trasformazione a partire dal Signore: presenza della sua "ora". L’ora di Gesù è l’ora in cui vince l’amore. In altri termini: è Dio che ha vinto, perché Egli è l’Amore. L’ora di Gesù vuole diventare la nostra ora e lo diventerà, se noi, mediante la celebrazione dell’Eucaristia, ci lasciamo tirare dentro quel processo di trasformazioni che il Signore ha di mira. L’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita. Non è positivismo o brama di potere, se la Chiesa ci dice che l’Eucaristia è parte della domenica. Al mattino di Pasqua, prima le donne e poi i discepoli ebbero la grazia di vedere il Signore. D’allora in poi essi seppero che ormai il primo giorno della settimana, la domenica, sarebbe stato il giorno di Lui, di Cristo. Il giorno dell’inizio della creazione diventava il giorno del rinnovamento della creazione. Creazione e redenzione vanno insieme. Per questo è così importante la domenica. È bello che oggi, in molte culture, la domenica sia un giorno libero o, insieme col sabato, costituisca addirittura il cosiddetto "fine-settimana" libero. Questo tempo libero, tuttavia, rimane vuoto se in esso non c’è Dio. Cari amici! Qualche volta, in un primo momento, può risultare piuttosto scomodo dover programmare nella domenica anche la Messa. Ma se vi ponete impegno, constaterete poi che è proprio questo che dà il giusto centro al tempo libero. Non lasciatevi dissuadere dal partecipare all’Eucaristia domenicale ed aiutate anche gli altri a scoprirla. Certo, perché da essa si sprigioni la gioia di cui abbiamo bisogno, dobbiamo imparare a comprenderla sempre di più nelle sue profondità, dobbiamo imparare ad amarla. Impegniamoci in questo senso – ne vale la pena! Scopriamo l’intima ricchezza della liturgia della Chiesa e la sua vera grandezza: non siamo noi a far festa per noi, ma è invece lo stesso Dio vivente a preparare per noi una festa. Con l’amore per l’Eucaristia riscoprirete anche il sacramento della Riconciliazione, nel quale la bontà misericordiosa di Dio consente sempre un nuovo inizio alla nostra vita.
Chi ha scoperto Cristo deve portare altri verso di Lui. Una grande gioia non si può tenere per sé. Bisogna trasmetterla. In vaste parti del mondo esiste oggi una strana dimenticanza di Dio. Sembra che tutto vada ugualmente anche senza di Lui. Ma al tempo stesso esiste anche un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione di tutto e di tutti. Vien fatto di esclamare: Non è possibile che questa sia la vita! Davvero no. E così insieme con la dimenticanza di Dio esiste come un "boom" del religioso. Non voglio screditare tutto ciò che c’è in questo contesto. Può esserci anche la gioia sincera della scoperta. Ma, per dire il vero, non di rado la religione diventa quasi un prodotto di consumo. Si sceglie quello che piace, e certuni sanno anche trarne un profitto. Ma la religione cercata alla maniera del "fai da te" alla fin fine non ci aiuta. È comoda, ma nell’ora della crisi ci abbandona a noi stessi. Aiutate gli uomini a scoprire la vera stella che ci indica la strada: Gesù Cristo! Cerchiamo noi stessi di conoscerlo sempre meglio per poter in modo convincente guidare anche gli altri verso di Lui. Per questo è così importante l’amore per la Sacra Scrittura e, di conseguenza, importante conoscere la fede della Chiesa che ci dischiude il senso della Scrittura. È lo Spirito Santo che guida la Chiesa nella sua fede crescente e l’ha fatta e la fa penetrare sempre di più nelle profondità della verità (cfr Gv 16,13). Papa Giovanni Paolo II ci ha donato un’opera meravigliosa, nella quale la fede dei secoli è spiegata in modo sintetico: il Catechismo della Chiesa Cattolica. Io stesso recentemente ho potuto presentare il Compendio di tale Catechismo, che è stato elaborato a richiesta del defunto Papa. Sono due libri fondamentali che vorrei raccomandare a tutti voi.
Ovviamente, i libri da soli non bastano. Formate delle comunità sulla base della fede! Negli ultimi decenni sono nati movimenti e comunità in cui la forza del Vangelo si fa sentire con vivacità. Cercate la comunione nella fede come compagni di cammino che insieme continuano a seguire la strada del grande pellegrinaggio che i Magi dell’Oriente ci hanno indicato per primi. La spontaneità delle nuove comunità è importante, ma è pure importante conservare la comunione col Papa e con i Vescovi. Sono essi a garantire che non si sta cercando dei sentieri privati, ma invece si sta vivendo in quella grande famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici Apostoli.
Ancora una volta, infine, devo ritornare all’Eucaristia. "Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo" dice san Paolo (1 Cor 10,17). Con ciò intende dire: Poiché riceviamo il medesimo Signore ed Egli ci accoglie e ci attira dentro di sé, siamo una cosa sola anche tra di noi. Ma questo deve manifestarsi nella vita. Deve mostrarsi nella capacità del perdono. Deve manifestarsi nella sensibilità per le necessità dell’altro. Deve manifestarsi nella disponibilità a condividere. Deve manifestarsi nell’impegno per il prossimo, per quello vicino come per quello esternamente lontano, che però ci riguarda sempre da vicino. Esistono oggi forme di volontariato, modelli di servizio vicendevole, di cui proprio la nostra società ha urgentemente bisogno. Non dobbiamo, ad esempio, abbandonare gli anziani alla loro solitudine, non dobbiamo passare oltre di fronte ai sofferenti. Se pensiamo e viviamo in virtù della comunione con Cristo, allora ci si aprono gli occhi. Allora non ci adatteremo più a vivacchiare preoccupati solo di noi stessi, ma vedremo dove e come siamo necessari. Vivendo ed agendo così ci accorgeremo ben presto che è molto più bello essere utili e stare a disposizione degli altri che preoccuparsi solo delle comodità che ci vengono offerte. Io so che voi come giovani aspirate alle cose grandi, che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo agli uomini, dimostratelo al mondo, che aspetta proprio questa testimonianza dai discepoli di Gesù Cristo e che, soprattutto mediante il vostro amore, potrà scoprire la stella che noi seguiamo.
Andiamo avanti con Cristo e viviamo la nostra vita da veri adoratori di Dio! Amen.
RECITA DELL’ANGELUS, NELLA SPIANATA DI MARIENFELD (20 agosto 2005)
Al termine della Santa Messa di chiusura della XX Giornata Mondiale della Gioventù, il Papa riceve il saluto e il ringraziamento - a nome di tutti i presenti - di S.E. Mons. Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.
Quindi, prima di rientrare all’arcivescovado di Köln, Benedetto XVI guida la recita dell’Angelus e rivolge il suo saluto in diverse lingue alle centinaia di migliaia di giovani presenti nella spianata di Marienfeld.
Nel prendere congedo dai giovani, il Santo Padre annuncia che il prossimo incontro mondiale si svolgerà nel 2008 a Sydney in Australia, in occasione della XXIII GMG.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana e i saluti ai giovani nelle diverse lingue:
PAROLE DEL SANTO PADRE
Cari amici,
siamo giunti al termine di questa meravigliosa celebrazione, e anche della ventesima Giornata Mondiale della Gioventù. Nel mio cuore sento risuonare forte una parola: "grazie"! Sono sicuro – e lo sento – che essa trova eco corale in ciascuno di voi. E’ Dio stesso che l’ha impressa nei nostri cuori e l’ha sigillata con questa Eucaristia, che significa proprio "ringraziamento". Sì, cari giovani, la parola della gratitudine, che nasce dalla fede, si esprime nel canto della lode a Lui, Padre e Figlio e Spirito Santo, che ci ha dato una grande testimonianza del suo immenso amore.
Il nostro "grazie", che sale innanzitutto a Dio – solo Lui poteva donarcelo così come è stato – questo "grazie" si estende a tutti coloro che ne hanno curato l’organizzazione e la realizzazione. La Giornata Mondiale della Gioventù è stata un dono, ma, così come si è svolta, anche il frutto di grande lavoro. Per questo desidero rinnovare in particolare il mio vivo ringraziamento al Pontificio Consiglio dei Laici, presieduto dall’Arcivescovo Stanisław Ryłko, validamente coadiuvato dal Segretario del Dicastero, Mons. Josef Clemens, che per anni è stato mio Segretario, e ugualmente ringrazio i miei Confratelli dell’Episcopato tedesco, in primo luogo naturalmente l’Arcivescovo di Colonia, Cardinale Joachim Meisner. Ringrazio le Autorità politiche e amministrative, che hanno dato un grande contributo, hanno aiutato generosamente e reso possibile in questi giorni il sereno svolgimento di ogni manifestazione; ringrazio i tanti volontari venuti da tutte Diocesi tedesche e da tutte le nazioni. Un grazie cordiale anche ai tanti monasteri di vita contemplativa, che hanno accompagnato con la loro preghiera la Giornata Mondiale della Gioventù.
In questo momento, nel quale la presenza viva di Cristo risorto in mezzo a noi alimenta la fede e la speranza, sono lieto di annunciare che il prossimo Incontro mondiale della gioventù avrà luogo a Sydney, in Australia, nel 2008. Affidiamo alla guida materna e premurosa di Maria Santissima il cammino futuro dei giovani del mondo intero.
Angelus Domini…
[francese] Saluto con affetto i giovani francofoni. Vi ringrazio, cari amici, per la vostra partecipazione e vi auguro di ritornare ai vostri Paesi portando in voi, come i Magi, la gioia di aver incontrato il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
[inglese] Ai giovani di lingua inglese, provenienti da ogni parte del mondo, rivolgo un caloroso saluto, al termine di queste indimenticabili Giornate. La luce di Cristo, che avete seguito per venire a Colonia, risplenda ora più limpida e forte nella vostra vita!
[spagnolo] Cari giovani di lingua spagnola! Siete venuti per adorare Cristo. Ora che lo avete incontrato, continuate ad adorarlo nei vostri cuori, pronti sempre a rendere ragione della speranza che è in voi (cfr 1 Pt 3,15). Buon ritorno ai vostri Paesi!
[italiano] Cari amici di lingua italiana! Volge ormai al termine la ventesima Giornata Mondiale della Gioventù, ma questa celebrazione eucaristica continua nella vita: portate a tutti la gioia di Cristo, che qui avete incontrato.
[polacco] Un abbraccio affettuoso a tutti voi, giovani polacchi! Come vi direbbe il grande Papa Giovanni Paolo II, tenete viva la fiamma della fede nella vostra vita e in quella del vostro popolo. Maria, Madre di Cristo, guidi sempre i vostri passi.
[portoghese] Con affetto saluto i giovani di lingua portoghese. Vi auguro, cari giovani, di vivere sempre nell’amicizia con Gesù, per sperimentare la vera gioia e comunicarla a tutti, specialmente ai vostri coetanei più in difficoltà.
[filippino] Cari amici di lingua filippina e tutti voi, giovani dell’Asia! Come i Magi, voi siete venuti dall’Oriente per adorare Cristo. Ora che lo avete incontrato, ritornate ai vostri Paesi portando nel cuore la luce del suo amore.
[swaili] Un caro saluto anche a voi, giovani africani! Portate nel vostro grande e amato continente la speranza che Cristo vi ha donato. Siate ovunque seminatori di pace e di fraternità.
[tedesco] Cari amici che mi intendete nella mia lingua, vi ringrazio di cuore per l’affetto con cui mi avete sostenuto in questi giorni. Statemi vicino con la preghiera. Vi prego! Camminate uniti. Siate sempre fedeli a Cristo e alla Chiesa. La pace e la gioia di Cristo siano sempre con voi!
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