giovedì 31 dicembre 2009

Il Papa: "Dio si fa uomo e all’uomo viene data l’inaudita possibilità di essere figlio di Dio. Tutto questo ci riempie di gioia grande..."


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

LIBRETTO DELLA CELEBRAZIONE

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

SERVIZIO DI THE VATICAN

Vedi anche:

Crisi economica, il Papa ai Vespri di fine anno: le comunità cristiane hanno offerto aiuto (Izzo)

Un inno per dire "grazie". Il "Te Deum" con il Papa nella basilica di san Pietro (Marco Doldi)

Il Papa: aiutare le famiglie colpite da crisi e disoccupazione (Apcom)

Benedetto XVI prega davanti al presepe in piazza San Pietro

Solo con l’amore di Dio l’agire umano diventa lievito di un futuro migliore: così il Papa ai Primi Vespri per la Solennità di Maria Madre di Dio

Crisi, il Papa: tante famiglie ancora provate, vanno aiutate

Crisi, il Papa: tante famiglie ancora provate, vanno aiutate

Alle 18 il Papa celebrerà i Vespri ed il "Te Deum". Poi visiterà il Presepe in Piazza San Pietro

CELEBRAZIONE DEI VESPRI E TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER L’ANNO TRASCORSO, 31.12.2009

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Al termine di un anno ricco di eventi per la Chiesa e per il mondo, ci ritroviamo questa seranella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e per elevare un inno di ringraziamento al Signore del tempo e della storia.
Sono, anzitutto, le parole dell’apostolo Paolo, che abbiamo poc’anzi ascoltato, a gettare unaluce particolare sulla conclusione dell’anno: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5).
Il denso brano paolino ci parla della “pienezza del tempo” e ci illumina sul contenuto di tale espressione.

Nella storia della famiglia umana, Dio ha voluto introdurre il suo Verbo eterno,facendogli assumere un’umanità come la nostra. Con l’incarnazione del Figlio di Dio, l’eternità è entrata nel tempo, e la storia dell’uomo si è aperta al compimento nell’assoluto di Dio.

Il tempo è stato - per così dire - “toccato” da Cristo, il Figlio di Dio e di Maria, e da lui ha ricevuto significati nuovi e sorprendenti: è diventato tempo di salvezza e di grazia.

Proprio in questa prospettiva dobbiamo considerare il tempo dell’anno che si chiude e di quello che inizia, per porre le più diverse vicende della nostra vita - importanti o piccole, semplici o indecifrabili, gioiose o tristi - sotto il segno della salvezza ed accogliere la chiamata che Dio ci rivolge percondurci verso una meta che è oltre il tempo stesso: l’eternità.

Il testo paolino vuole anche sottolineare il mistero della vicinanza di Dio all’intera umanità.

E’ la vicinanza propria del mistero del Natale: Dio si fa uomo e all’uomo viene data l’inaudita possibilità di essere figlio di Dio. Tutto questo ci riempie di gioia grande e ci porta ad elevare la lode a Dio. Siamo chiamati a dire con la voce, il cuore e la vita il nostro “grazie” a Dio per il dono del Figlio, fonte e compimento di tutti gli altri doni con i quali l’amore divino colmal’esistenza di ciascuno di noi, delle famiglie, delle comunità, della Chiesa e del mondo.

Il canto del Te Deum, che oggi risuona nelle Chiese di ogni parte della terra, vuole essere un segno della gioiosa gratitudine che rivolgiamo a Dio per quanto ci ha offerto in Cristo.
Davvero «dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia» (Gv 1,16).
Seguendo una felice consuetudine, questa sera vorrei insieme con voi ringraziare il Signore,in particolare, per le grazie sovrabbondanti elargite alla nostra comunità diocesana di Roma nel corso dell’anno che volge al termine.
Desidero rivolgere, innanzitutto, un particolare saluto al Cardinale Vicario, ai Vescovi Ausiliari, ai sacerdoti, alle persone consacrate, come pure ai tanti fedeli laici qui convenuti.
Saluto, altresì, con deferente cordialità il Signor Sindaco e le Autorità presenti. Il mio pensiero si estende poi a chiunque vive nella nostra Città, in particolare a quanti si trovano in situazioni di difficoltà e di disagio: a tutti e a ciascuno assicuro la mia vicinanza spirituale, avvalorata dal costante ricordo nella preghiera.
Per quanto riguarda il cammino della Diocesi di Roma, rinnovo il mio apprezzamento perla scelta pastorale di dedicare tempo ad una verifica dell’itinerario percorso, al fine di accrescere il senso di appartenenza alla Chiesa e favorire la corresponsabilità pastorale.
Per sottolineare l’importanza di questa verifica, anch’io ho voluto offrire il mio contributo, intervenendo, nel pomeriggio del 26 maggio scorso, al Convegno diocesano in San Giovanni in Laterano.
Mi rallegro perché il programma della diocesi sta procedendo positivamente con una capillare azione apostolica, che viene svolta nelle parrocchie, nelle prefetture e nelle varie aggregazioni ecclesiali su due ambiti essenziali per la vita e la missione della Chiesa, quali la celebrazione dell’Eucaristia domenicale e la testimonianza della carità.
Desidero incoraggiare i fedeli apartecipare numerosi alle assemblee che si svolgeranno nelle varie parrocchie, così da poter offrire un valido contributo all’edificazione della Chiesa.
Ancora oggi il Signore vuole farconoscere il suo amore per l’umanità agli abitanti di Roma ed affida a ciascuno, nella diversità dei ministeri e delle responsabilità, la missione di annunciare la sua parola di verità e di testimoniare la carità e la solidarietà.
Solo contemplando il mistero del Verbo incarnato, l’uomo può trovare la risposta ai grandi interrogativi dell’esistenza umana e scoprire così la verità sulla propria identità.
Per questo la Chiesa, in tutto il mondo e anche qui, nell’Urbe, è impegnata a promuovere lo sviluppo integrale della persona umana.
Ho appreso, pertanto, con favore la programmazione di una serie di “incontri culturali in Cattedrale”, che avranno come tema la mia recente Enciclica Caritas in veritate.
Da diversi anni tante famiglie, numerosi insegnanti e le comunità parrocchiali si dedicanoad aiutare i giovani a costruire il loro futuro su solide fondamenta, in particolare sulla roccia cheè Gesù Cristo.
Auspico che questo rinnovato impegno educativo possa sempre più realizzare una feconda sinergia fra la comunità ecclesiale e la città per aiutare i giovani a progettare la propriavita.
Formulo voti, altresì, che un prezioso contributo in questo importante ambito possa scaturire dal Convegno promosso dal Vicariato e che si terrà nel prossimo mese di marzo.
Per essere testimoni autorevoli della verità sull’uomo è necessario un ascolto orante della Parola di Dio.
A questo proposito, desidero soprattutto raccomandare l’antica tradizione della lectio divina.
Le parrocchie e le diverse realtà ecclesiali, anche grazie al sussidio preparato dal Vicariato potranno utilmente promuovere questa antica pratica, in modo che essa diventi parte essenziale della pastorale ordinaria.
La Parola, creduta, annunciata e vissuta ci spinge a comportamenti di solidarietà e di condivisione. Nel lodare il Signore per l’aiuto che le comunità cristiane hanno saputo offrire congenerosità a quanti hanno bussato alle loro porte, desidero incoraggiare tutti a proseguire nell’impegno di alleviare le difficoltà in cui versano ancora oggi tante famiglie provate dalla crisi economica e dalla disoccupazione.
Il Natale del Signore, che ci ricorda la gratuità con la quale Dio è venuto a salvarci, facendosi carico della nostra umanità e donandoci la sua vita divina, possa aiutare ogni uomo di buona volontà a comprendere che solo aprendosi all’amore di Dio l’agire umano cambia, si trasforma, diventando lievito di un futuro migliore per tutti.
Cari fratelli e sorelle, Roma ha bisogno di sacerdoti che siano annunciatori coraggiosi del Vangelo e, allo stesso tempo, rivelino il volto misericordioso del Padre.
Invito i giovani a non avere paura di rispondere con il dono completo della propria esistenza alla chiamata che il Signore rivolge loro a seguirlo nella via del sacerdozio o della vita consacrata.
Auspico, fin d’ora, che l’incontro del 25 marzo prossimo, 25° anniversario dell’istituzione della Giornata Mondiale della Gioventù e 10° anniversario di quella, indimenticabile, di Tor Vergata, costituisca per tutte le comunità parrocchiali e religiose, i movimenti e le associazioniun momento forte di riflessione e di invocazione per ottenere dal Signore il dono di numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.
Mentre ci congediamo dall’anno che si conclude e ci avviamo verso il nuovo, la liturgia odierna ci introduce nella Solennità di Maria Santissima, Madre di Dio. La Vergine Santa è Madre della Chiesa e madre di ciascuno dei suoi membri, cioè Madre di ciascuno di noi, in Cristo.
Chiediamo a Lei di accompagnarci con la sua premurosa protezione oggi e sempre, perché Cristoci accolga un giorno nella sua gloria, nell’assemblea dei Santi: Aeterna fac cum sanctis tuis ingloria numerari.
Amen!

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mercoledì 30 dicembre 2009

Il Papa: Sull’esempio di Pietro Lombardo, invito tutti i teologi e i sacerdoti a tenere sempre presente l’intera visione della dottrina cristiana


CICLO DI CATECHESI SUI GRANDI SCRITTORI DELLA CHIESA DI ORIENTE ED OCCIDENTE NEL MEDIOEVO

CICLO DI CATECHESI SULLA TEOLOGIA MONASTICA E LA TEOLOGIA SCOLASTICA

UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Vedi anche:

Eva, nata da una costola di Adamo. Né dominatrice né schiava ma compagna (Pinna)

Il Papa: la presentazione organica della fede è esigenza irrinunciabile (Izzo)

Il Papa: teologi e sacerdoti abbiano una visione unitaria della dottrina cristiana senza svalutare singole verità. I cristiani riscoprano i Sacramenti

Il Papa: Dio creò Eva da una costola di Adamo affinchè non fosse dominatrice o schiava ma compagna (Izzo)

Il Papa: “l’amicizia di Gesù vi accompagni nel nuovo anno” (AsiaNews)

Il Papa: Eva nè dominatrice nè schiava, ma compagna di Adamo (Apcom e Asca)

Il Papa: Dio ci renda uomini di pace. La Prefettura della Casa Pontificia non ci offenda parlando di 4mila fedeli! Grazie a Padre Claudio

Il Papa ci spiega che la donna è nata da una costola dell'uomo e non dalla testa o dal piede per non essere nè dominatrice nè schiava ma compagna

L’UDIENZA GENERALE, 30.12.2009

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando la catechesi sulla cultura cristiana nel Medioevo, si è soffermato sul teologo Pietro Lombardo, vissuto nel XII secolo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica
.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Pietro Lombardo

Cari fratelli e sorelle,

questa mattina desidero parlarvi di Pietro Lombardo: un teologo vissuto nel XII secolo, che ha goduto di grande notorietà, perché una sua opera, intitolata Sentenze, fu adottata come manuale di teologia per molti secoli.
Chi era dunque Pietro Lombardo? Anche se le notizie sulla vita sono scarse, possiamo ricostruire almeno le linee essenziali della sua biografia. Nacque tra l’undicesimo e il dodicesimo secolo, nei pressi di Novara, nel Nord dell’Italia, in un territorio un tempo appartenente ai Longobardi: proprio per questo gli fu applicato l’appellativo “Lombardo”. Egli apparteneva a una famiglia di modeste condizioni, come possiamo dedurre dalla lettera di presentazione che Bernardo di Chiaravalle scrisse a Gilduino, superiore dell’abbazia di San Vittore a Parigi, per chiedergli di ospitare gratuitamente Pietro, che voleva recarsi in quella città per motivi di studio. In effetti, anche nel Medioevo non solo i nobili o i ricchi potevano studiare e acquisire ruoli importanti nella vita ecclesiale e sociale, ma anche persone di origini umili, come ad esempio Gregorio VII, il Papa che tenne testa all’Imperatore Enrico IV, o Maurizio di Sully, l’Arcivescovo di Parigi che fece costruire Notre-Dame e che era figlio di un povero contadino.
Pietro Lombardo iniziò i suoi studi a Bologna, poi si recò a Reims, e infine a Parigi. Dal 1140 insegnò nella prestigiosa scuola di Notre-Dame. Stimato e apprezzato come teologo, otto anni dopo fu incaricato dal Papa Eugenio III di esaminare le dottrine di Gilberto Porretano, che suscitavano molte discussioni, perché ritenute non del tutto ortodosse. Divenuto sacerdote, fu nominato Vescovo di Parigi nel 1159, un anno prima della sua morte, avvenuta nel 1160.

Come tutti i maestri di teologia del suo tempo, anche Pietro scrisse discorsi e testi di commento alla Sacra Scrittura. Il suo capolavoro però è costituito dai quattro libri delle Sentenze. Si tratta di un testo nato e finalizzato all’insegnamento.

Secondo il metodo teologico in uso a quei tempi, occorreva anzitutto conoscere, studiare e commentare il pensiero dei Padri della Chiesa e di altri scrittori ritenuti autorevoli. Pietro raccolse perciò una documentazione molto vasta, costituita principalmente dall’insegnamento dei grandi Padri latini, soprattutto di sant’Agostino, e aperta al contributo di teologi a lui contemporanei. Fra l’altro, egli utilizzò anche un’opera enciclopedica di teologia greca, da poco tempo conosciuta in Occidente: La fede ortodossa, composta da san Giovanni Damasceno. Il grande merito di Pietro Lombardo è di aver ordinato tutto il materiale, che aveva raccolto e selezionato con cura, in un quadro sistematico ed armonioso. Infatti, una delle caratteristiche della teologia è organizzare in modo unitario e ordinato il patrimonio della fede. Egli distribuì pertanto le sentenze, cioè le fonti patristiche sui vari argomenti, in quattro libri. Nel primo libro si tratta di Dio e del mistero trinitario; nel secondo, dell’opera della creazione, del peccato e della Grazia; nel terzo, del Mistero dell’Incarnazione e dell’opera della Redenzione, con un’ampia esposizione sulle virtù. Il quarto libro è dedicato ai sacramenti e alle realtà ultime, quelle della vita eterna, o Novissimi.

La visione d’insieme che se ne ricava include quasi tutte le verità della fede cattolica. Questo sguardo sintetico e la presentazione chiara, ordinata, schematica e sempre coerente, spiegano il successo straordinario delle Sentenze di Pietro Lombardo.

Esse consentivano un apprendimento sicuro da parte degli studenti, e un ampio spazio di approfondimento per i maestri, gli insegnanti che se ne servivano. Un teologo francescano, Alessandro di Hales, vissuto una generazione dopo quella di Pietro, introdusse nelle Sentenze una suddivisione, che ne rese più facile la consultazione e lo studio. Anche i più grandi teologi del tredicesimo secolo, Alberto Magno, Bonaventura da Bagnoregio e Tommaso d’Aquino, iniziarono la loro attività accademica commentando i quattro libri delle Sentenze di Pietro Lombardo, arricchendole con le loro riflessioni. Il testo del Lombardo fu il libro in uso in tutte le scuole di teologia, fino al secolo XVI.

Desidero sottolineare come la presentazione organica della fede sia un’esigenza irrinunciabile. Infatti, le singole verità della fede si illuminano a vicenda e, in una loro visione totale e unitaria, appare l’armonia del piano di salvezza di Dio e la centralità del Mistero di Cristo. Sull’esempio di Pietro Lombardo, invito tutti i teologi e i sacerdoti a tenere sempre presente l’intera visione della dottrina cristiana contro gli odierni rischi di frammentazione e di svalutazione di singole verità.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, come pure il Compendio del medesimo Catechismo, ci offrono proprio questo quadro completo della Rivelazione cristiana, da accogliere con fede e con gratitudine. Vorrei incoraggiare perciò i singoli fedeli e le comunità cristiane ad approfittare di questi strumenti per conoscere e approfondire i contenuti della nostra fede. Essa ci apparirà così una meravigliosa sinfonia, che ci parla di Dio e del suo amore e che sollecita la nostra ferma adesione e la nostra operosa risposta.

Per avere un’idea dell’interesse che ancor oggi può suscitare la lettura delle Sentenze di Pietro Lombardo, propongo due esempi.

Ispirandosi al commento di sant’Agostino al libro della Genesi, Pietro si domanda il motivo per cui la creazione della donna avvenne dalla costola di Adamo e non dalla sua testa o dai suoi piedi. E spiega: “Veniva formata non una dominatrice e neppure una schiava dell’uomo, ma una sua compagna” (Sentenze 3, 18, 3).

Poi, sempre sulla base dell’insegnamento patristico, aggiunge: “In questa azione è rappresentato il mistero di Cristo e della Chiesa. Come infatti la donna è stata formata dalla costola di Adamo mentre questi dormiva, così la Chiesa è nata dai sacramenti che iniziarono a scorrere dal costato di Cristo che dormiva sulla Croce, cioè dal sangue e dall’acqua, con cui siamo redenti dalla pena e purificati dalla colpa” (Sentenze 3, 18, 4). Sono riflessioni profonde e valide ancora oggi quando la teologia e la spiritualità del matrimonio cristiano hanno approfondito molto l’analogia con la relazione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa.

In un altro passaggio della sua opera principale, Pietro Lombardo, trattando dei meriti di Cristo, si domanda: “Per quale ragione, allora, [Cristo] volle patire e morire, se le sue virtù erano già sufficienti ad ottenergli tutti i meriti?”. La sua risposta è incisiva ed efficace: “Per te, non per se stesso!”. Poi continua con un’altra domanda e un’altra risposta, che sembrano riprodurre le discussioni che si tenevano durante le lezioni dei maestri di teologia del Medioevo: “E in che senso egli soffrì e morì per me? Affinché la sua passione e la sua morte fossero per te esempio e causa. Esempio di virtù e di umiltà, causa di gloria e di libertà; esempio dato da Dio obbediente fino alla morte; causa della tua liberazione e della tua beatitudine” (Sentenze 3, 18, 5).

Tra i contributi più importanti offerti da Pietro Lombardo alla storia della teologia, vorrei ricordare la sua trattazione sui sacramenti, dei quali dà una definizione: “E’ detto sacramento in senso proprio ciò che è segno della grazia di Dio e forma visibile della grazia invisibile, in modo tale da portarne l’immagine ed esserne causa” (4, 1, 4). Con questa definizione Pietro Lombardo coglie l’essenza dei sacramenti: essi sono causa della grazia, hanno la capacità di comunicare realmente la vita divina. I teologi successivi non abbandoneranno più questa visione e utilizzeranno anche la distinzione tra elemento materiale ed elemento formale, introdotta dal “Maestro delle Sentenze”, come venne chiamato Pietro Lombardo. L’elemento materiale è la realtà sensibile e visibile, quello formale sono le parole pronunciate dal ministro.

Entrambi sono essenziali per una celebrazione completa e valida dei sacramenti: la materia, la realtà con la quale il Signore ci tocca visibilmente, e la parola chà dà il senso e il significato spirituale. Nel Battesimo, ad esempio, l’elemento materiale è l’acqua che si versa sul capo del bambino e l’elemento formale sono le parole “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Il Lombardo, inoltre, chiarì che solo i sacramenti trasmettono oggettivamente la grazia divina e che sono sette: il Battesimo, la Confermazione, l’Eucaristia, la Penitenza, l’Unzione degli Infermi, l’Ordine e il Matrimonio (cfr Sentenze 4, 2, 1).

Cari fratelli e sorelle, è importante riconoscere quanto sia preziosa e indispensabile per ogni cristiano la vita sacramentale nella quale il Signore, tramite questa materia nella comunità della Chiesa, ci tocca e ci trasforma.

Come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica, i sacramenti sono “forze che escono dal Corpo di Cristo, sempre vivo e vivificante, azioni dello Spirito Santo” (n. 1116). In quest’Anno Sacerdotale, esorto i sacerdoti, soprattutto i ministri in cura d’anime, ad avere loro stessi, per primi, un’intensa vita sacramentale per essere di aiuto ai fedeli. La celebrazione dei sacramenti sia improntata a dignità e decoro, favorisca il raccoglimento personale e la partecipazione comunitaria, il senso della presenza di Dio e l’ardore missionario.

I sacramenti sono il grande tesoro della Chiesa e a ciascuno di noi spetta il compito di celebrarli con frutto spirituale. In essi, un evento sempre sorprendente tocca la nostra vita: Cristo, attraverso i segni visibili, ci viene incontro, ci purifica, ci trasforma e ci rende partecipi della sua divina amicizia. Cari amici, siamo arrivati alla fine di questo anno e alle porte dell'anno nuovo.

Vi auguro che l'amicizia del nostro Signore Gesù Cristo vi accompagni ogni giorno di questo nuovo anno che comincia, che questa amicizia di Cristo sia luce e guida per noi e ci aiuti ad essere uomini della sua pace. Buon anno a voi tutti!

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 27 dicembre 2009

Il Papa: Impegnatevi perché nessuno sia solo, nessuno sia emarginato, nessuno sia abbandonato


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

VISITE PASTORALI DEL SANTO PADRE NELLA DIOCESI DI ROMA

VISITA DEL PAPA ALLA MENSA DI SANT'EGIDIO: FOTO E VIDEO

Il Papa: "Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri, ma al centro e nel cuore della comunità dei credenti, e così anche nel mio cuore" (Discorso al termine del pranzo con i poveri assistiti dalla Comunità di San’Egidio a Roma, 27 dicembre 2009)

Vedi anche:

Mons. Paglia commenta la visita del Papa alla mensa di Sant'Egidio (ElKann)

Le braccia del Papa tese verso gli ultimi di Roma (Osservatore Romano)

Marisa, Boban e Qorbanali: noi a tavola col Pontefice (Liverani)

Domenica il Papa ha visitato la scuola di italiano per gli immigrati: Le lingue aiutano l'integrazione (Osservatore Romano)

Il Papa visita la mensa di Sant'Egidio (La Rocca)

Il Papa: i poveri sono il tesoro della Chiesa. Benedetto XVI alla mensa di Sant’Egidio: vi sono vicino e vi voglio bene (Mazza)

L'entusiasmo degli ospiti della mensa di Sant'Egidio: "Il Papa era davvero felice di stare con noi. Parlava ad amici" (Galeazzi). Bellissimo articolo

Il Papa fra rom e profughi: "Voi siete il tesoro della Chiesa" (Vecchi)

La Carità è la forza che muove la storia: dopo il pranzo del Papa con i poveri di Sant’Egidio, il commento del prof. Impagliazzo e di padre Lombardi

Il Papa e Marisa, 82 anni: «Noi, una classe di ferro». L'emozione degli ospiti della mensa (Il Messaggero)

Il Papa mangia con i poveri: «Non siete dei fantasmi» (Brugnara)

Il Papa: Gli emarginati non sono fantasmi, nessuno sia abbandonato. Vi voglio bene (Galeazzi)

Il Papa con i poveri: nessuno sia abbandonato. Nuovo appello perché sia assicurata solidarietà agli stranieri e ai più deboli (De Chiara)

Il Papa: La famiglia «fondata sul matrimonio tra uomo e donna», va promossa e salvaguardata (Tornielli)

Bagno di folla alla mensa dei poveri. Nessuna blindatura: Papa Ratzinger stringe mani e saluta i fedeli

Il Papa: "Prego per le famiglie in difficoltà". Immigrati e poveri di oggi come Gesù"

Il Papa: a Sant'Egidio si realizza quello che chiede il Vangelo (Izzo)

Padre Lombardi: Un pranzo con atmosfera festiva e di gioia. Lunga conversazione con un profugo afghano (Apcom)

"Nessuno sia emarginato e abbandonato": così il Papa a pranzo alla mensa dei poveri della Comunità di Sant'Egidio (Radio Vaticana)

Grande folla saluta il Papa lungo le strade di Trastevere (Izzo)

Visita storica di Benedetto XVI alla mensa dei poveri: nessuno sia abbandonato

Il Papa pranza con i poveri: tredici ospiti mangiano con Benedetto XVI

Il Papa saluta la folla, nessun cambio nelle abitudini del Pontefice

Il Papa è arrivato a Trastevere. Pranza con 200 barboni

Inqualificabile il comportamento del vaticanista Zizola che ha usato Rainews24 per attaccare il Papa

Riceviamo e con grandissimo piacere anticipiamo il discorso tenuto dal Santo Padre.
R.

PRANZO CON I POVERI ASSISTITI DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO NELLA SEDE ROMANA DI TRASTEVERE, 27.12.2009

Alle ore 13 di oggi, Festa della Santa Famiglia, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato nella mensa di via Dandolo, nel quartiere di Trastevere a Roma, per pranzare con i poveri assistiti dalla Comunità di San’Egidio.
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dai membri della Comunità di Sant’Egidio e ricevuto dal fondatore, Prof. Andrea Riccardi; da S.E. Mons. Luigi Moretti, Vicegerente della Diocesi di Roma e da S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia.
Nella sala da pranzo, recitata la preghiera di benedizione, il Papa ha ricevuto il saluto del Prof. Riccardi e si è quindi seduto a tavola con alcuni poveri. Al termine del momento conviviale, prima di offrire la torta agli oltre 150 ospiti, il Santo Padre ha rivolto ai presenti un discorso. I bimbini hanno intonato un inno natalizio e il Papa li ha salutati donando personalmente dei giocattoli a ciascuno di loro.
Infine il Santo Padre ha incontrato, in una sala attigua, un gruppo di trenta stranieri che studiano italiano presso la Comunità di Sant’Egidio e - prima di rientrare in Vaticano - ha salutato quanti non avevano trovato posto all’interno della struttura e lo attendevano lungo la strada.
Di seguito pubblichiamo il testo del discorso e del saluto finale del Santo Padre
:

PAROLE DEL SANTO PADRE A CONCLUSIONE DELLA VISITA

Cari fratelli e sorelle,

dopo aver partecipato al pranzo di festa nella Mensa della Comunità di Sant'Egidio e aver salutato alcuni studenti della Scuola di Lingua e di Cultura della Comunità, rivolgo i più calorosi auguri a voi che non siete potuti entrare, ma che avete preso parte a questo incontro dall’esterno, mi dicono già da un’ora o due. Grazie!

Tante persone, provenienti da vari Paesi, segnate dal bisogno, si ritrovano qui per cercare una parola, un aiuto, una luce per un futuro migliore. Impegnatevi perché nessuno sia solo, nessuno sia emarginato, nessuno sia abbandonato.

C'è una lingua, che al di là delle differenti lingue, tutto unisce: quella dell'amore. Come dice l'apostolo Paolo: "Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita" (1 Cor 13,1). È questa la lingua anche di questa Scuola, che dobbiamo apprendere e praticare sempre di più. Ce lo insegna il Bambino Gesù, Dio che per amore si è fatto uno di noi e parla innanzitutto con la sua presenza, con la sua umiltà di essere un Bambino che si fa dipendente dal nostro amore. Questa lingua renderà migliori la nostra città e il mondo.
Vi benedico tutti con affetto e con riconoscenza per quanto fate per i poveri, in vista della costruzione della civiltà dell’amore. Grazie a tutti voi. Buone Feste e Buon Anno!

© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana

Il Papa: Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

VISITE PASTORALI DEL SANTO PADRE NELLA DIOCESI DI ROMA

VISITA DEL PAPA ALLA MENSA DI SANT'EGIDIO: FOTO E VIDEO

Il Papa: "Tante persone, provenienti da vari Paesi, segnate dal bisogno, si ritrovano qui per cercare una parola, un aiuto, una luce per un futuro migliore. Impegnatevi perché nessuno sia solo, nessuno sia emarginato, nessuno sia abbandonato" (Parole al termine della visita alla mensa della Comunità di San’Egidio a Roma, 27 dicembre 2009)

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Mons. Paglia commenta la visita del Papa alla mensa di Sant'Egidio (ElKann)

Le braccia del Papa tese verso gli ultimi di Roma (Osservatore Romano)

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Domenica il Papa ha visitato la scuola di italiano per gli immigrati: Le lingue aiutano l'integrazione (Osservatore Romano)

Il Papa visita la mensa di Sant'Egidio (La Rocca)

Il Papa: i poveri sono il tesoro della Chiesa. Benedetto XVI alla mensa di Sant’Egidio: vi sono vicino e vi voglio bene (Mazza)

L'entusiasmo degli ospiti della mensa di Sant'Egidio: "Il Papa era davvero felice di stare con noi. Parlava ad amici" (Galeazzi). Bellissimo articolo

Il Papa fra rom e profughi: "Voi siete il tesoro della Chiesa" (Vecchi)

La Carità è la forza che muove la storia: dopo il pranzo del Papa con i poveri di Sant’Egidio, il commento del prof. Impagliazzo e di padre Lombardi

Il Papa e Marisa, 82 anni: «Noi, una classe di ferro». L'emozione degli ospiti della mensa (Il Messaggero)

Il Papa mangia con i poveri: «Non siete dei fantasmi» (Brugnara)

Il Papa: Gli emarginati non sono fantasmi, nessuno sia abbandonato. Vi voglio bene (Galeazzi)

Il Papa fra rom e profughi: "Voi siete il tesoro della Chiesa" (Vecchi)

La Carità è la forza che muove la storia: dopo il pranzo del Papa con i poveri di Sant’Egidio, il commento del prof. Impagliazzo e di padre Lombardi

Il Papa e Marisa, 82 anni: «Noi, una classe di ferro». L'emozione degli ospiti della mensa (Il Messaggero)

Il Papa mangia con i poveri: «Non siete dei fantasmi» (Brugnara)

Il Papa: Gli emarginati non sono fantasmi, nessuno sia abbandonato. Vi voglio bene (Galeazzi)

Il Papa con i poveri: nessuno sia abbandonato. Nuovo appello perché sia assicurata solidarietà agli stranieri e ai più deboli (De Chiara)

Il Papa: La famiglia «fondata sul matrimonio tra uomo e donna», va promossa e salvaguardata (Tornielli)

Bagno di folla alla mensa dei poveri. Nessuna blindatura: Papa Ratzinger stringe mani e saluta i fedeli

Il Papa: "Prego per le famiglie in difficoltà". Immigrati e poveri di oggi come Gesù"

Il Papa: a Sant'Egidio si realizza quello che chiede il Vangelo (Izzo)

Padre Lombardi: Un pranzo con atmosfera festiva e di gioia. Lunga conversazione con un profugo afghano (Apcom)

"Nessuno sia emarginato e abbandonato": così il Papa a pranzo alla mensa dei poveri della Comunità di Sant'Egidio (Radio Vaticana)

Grande folla saluta il Papa lungo le strade di Trastevere (Izzo)

Visita storica di Benedetto XVI alla mensa dei poveri: nessuno sia abbandonato

Il Papa pranza con i poveri: tredici ospiti mangiano con Benedetto XVI

Il Papa saluta la folla, nessun cambio nelle abitudini del Pontefice

Il Papa è arrivato a Trastevere. Pranza con 200 barboni

Inqualificabile il comportamento del vaticanista Zizola che ha usato Rainews24 per attaccare il Papa

Riceviamo e con grandissimo piacere anticipiamo il discorso tenuto dal Santo Padre.
R.

PRANZO CON I POVERI ASSISTITI DALLA COMUNITÀ DI SANT’EGIDIO NELLA SEDE ROMANA DI TRASTEVERE, 27.12.2009

Alle ore 13 di oggi, Festa della Santa Famiglia, il Santo Padre Benedetto XVI si è recato nella mensa di via Dandolo, nel quartiere di Trastevere a Roma, per pranzare con i poveri assistiti dalla Comunità di San’Egidio.
Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dai membri della Comunità di Sant’Egidio e ricevuto dal fondatore, Prof. Andrea Riccardi; da S.E. Mons. Luigi Moretti, Vicegerente della Diocesi di Roma e da S.E. Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia.
Nella sala da pranzo, recitata la preghiera di benedizione, il Papa ha ricevuto il saluto del Prof. Riccardi e si è quindi seduto a tavola con alcuni poveri. Al termine del momento conviviale, prima di offrire la torta agli oltre 150 ospiti, il Santo Padre ha rivolto ai presenti un discorso. I bimbini hanno intonato un inno natalizio e il Papa li ha salutati donando personalmente dei giocattoli a ciascuno di loro.
Infine il Santo Padre ha incontrato, in una sala attigua, un gruppo di trenta stranieri che studiano italiano presso la Comunità di Sant’Egidio e - prima di rientrare in Vaticano - ha salutato quanti non avevano trovato posto all’interno della struttura e lo attendevano lungo la strada.
Di seguito pubblichiamo il testo del discorso e del saluto finale del Santo Padre
:

DISCORSO AL TERMINE DEL PRANZO

Cari Amici!

È per me un’esperienza commovente essere con voi, essere qui nella famiglia della Comunità di Sant’Egidio, essere con gli amici di Gesù, perché Gesù ama specialmente le persone sofferenti, le persone con difficoltà, e vuole averli come i suoi fratelli e sorelle. Grazie per questa possibilità!

Sono molto lieto e ringrazio quanti con amore e competenza hanno preparato il cibo – realmente ho sentito la competenza di questa cucina, complimenti! – e anche per quelli che lo hanno servito celermente così che in un’ora abbiamo fatto un grande pranzo. Grazie e complimenti!

Rivolgo il mio cordiale pensiero al Vicegerente, Mons. Luigi Moretti, e a Mons. Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia. Saluto con affetto il Prof. Andrea Riccardi, Fondatore della Comunità – amico da tanto tempo, come anche Mons. Paglia e Mons. Spreafico - ringraziandolo per le cortesi e profonde parole che ha voluto indirizzarmi. Con il prof. Riccardi saluto anche il Presidente Prof. Marco Impagliazzo, il Parroco di Santa Maria in Trastevere, Mons. Matteo Zuppi, Assistente ecclesiastico. Rivolgo infine un particolare pensiero a tutti gli amici di Sant'Egidio e a ciascuno dei presenti. Durante il pranzo ho potuto conoscere un po’ la storia di alcuni, come riflesso delle situazioni umane qui presenti, ho ascoltato vicende dolorose e cariche di umanità, anche storie di un amore ritrovato qui a Sant’Egidio: esperienze di anziani, emigrati, gente senza fissa dimora, zingari, disabili, persone con problemi economici o altre difficoltà, tutti, in un modo o nell’altro, provati dalla vita.

Sono qui tra voi per dirvi che vi sono vicino e vi voglio bene e che le vostre persone e le vostre vicende non sono lontane dai miei pensieri, ma al centro e nel cuore della Comunità dei credenti e così anche nel mio cuore.

Attraverso gesti di amore di quanti seguono Gesù diventa visibile la verità che "(Dio) per primo ci ha amati e continua ad amarci per primo; per questo anche noi possiamo rispondere con l’amore" (Enc. Deus caritas est, 17). Gesù dice: "ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,35-36). E conclude: "tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (v. 40). Ascoltando queste parole, come non sentirsi davvero amici di quelli in cui il Signore si riconosce? E non solo amici, ma anche familiari. Sono venuto tra voi proprio nella Festa della Santa Famiglia, perché, in un certo senso, essa vi assomiglia. Infatti, anche la Famiglia di Gesù, fin dai suoi primi passi, ha incontrato difficoltà: ha vissuto il disagio di non trovare ospitalità, fu costretta ad emigrare in Egitto per la violenza del Re Erode. Voi sapete bene cosa significa difficoltà, ma avete qui qualcuno che vi vuole bene e vi aiuta, anzi, qualcuno qui ha trovato la sua famiglia grazie al servizio premuroso della Comunità di Sant'Egidio, che offre un segno dell’amore di Dio per i poveri.

Qui oggi si realizza quanto avviene a casa: chi serve e aiuta si confonde con chi è aiutato e servito, e al primo posto si trova chi è maggiormente nel bisogno. Mi torna alla mente l’espressione del Salmo: "Ecco, come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme" (Sal 133,1). L'impegno di far sentire in famiglia chi è solo o nel bisogno, così lodevolmente portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio, nasce dall’ascolto attento della Parola di Dio e dalla preghiera. Desidero incoraggiare tutti a perseverare in questo cammino di fede. Con le parole di San Giovanni Crisostomo vorrei ricordare a ciascuno: "Pensa che diventi sacerdote di Cristo, dando con la tua propria mano non carne ma pane, non sangue ma un bicchiere d'acqua" (Omelie sul Vangelo di Matteo, 42,3). Quale ricchezza offre alla vita l’amore di Dio, che si esprime nel servizio concreto verso i fratelli che sono nella necessità! San Lorenzo, diacono della Chiesa di Roma, quando i Magistrati romani di quel tempo gli intimarono di consegnare i tesori della Chiesa, egli mostrò i poveri di Roma come il vero tesoro della Chiesa.

Ricordando il gesto di san Lorenzo possiamo ben dire che anche per voi poveri siete il tesoro prezioso della Chiesa.

Amare, servire dona la gioia del Signore, che dice: "Si è più beati nel dare che nel ricevere" (At 20,35). In questo tempo di particolari difficoltà economiche ciascuno sia segno di speranza e testimone di un mondo nuovo per chi, chiuso nel proprio egoismo e illuso di poter essere felice da solo, vive nella tristezza o in una gioia effimera che lascia il cuore vuoto.

Sono trascorsi pochi giorni dal Santo Natale: Dio si è fatto Bambino, si è fatto vicino a noi per dirci che ci ama ed ha bisogno del nostro amore. A tutti auguro con affetto buone feste e la gioia di sperimentare sempre di più l’amore di Dio. Invoco la protezione della Vergine della Visitazione, Colei che ci insegna ad andare "in fretta" verso i bisogni dei fratelli, e con affetto vi benedico.

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Il Papa: Dio ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio!

FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 27.12.2009

Alle ore 12 di oggi, Festa della Santa Famiglia, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL'ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Ricorre oggi la domenica della Santa Famiglia. Possiamo ancora immedesimarci nei pastori di Betlemme che, appena ricevuto l’annuncio dall’angelo, accorsero in fretta alla grotta e trovarono “Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2,16). Fermiamoci anche noi a contemplare questa scena, e riflettiamo sul suo significato. I primi testimoni della nascita del Cristo, i pastori, si trovarono di fronte non solo il Bambino Gesù, ma una piccola famiglia: mamma, papà e figlio appena nato.

Dio ha voluto rivelarsi nascendo in una famiglia umana, e perciò la famiglia umana è diventata icona di Dio! Dio è Trinità, è comunione d’amore, e la famiglia ne è, in tutta la differenza tra il mistero divino e la sua creatura umana, una espressione che riflette il mistero insondabile del Dio amore. L’uomo e la donna, creati ad immagine di Dio, diventano nel matrimonio “un’unica carne” (Gen 2,24), cioè una comunione di amore che genera nuova vita. La famiglia umana , in un certo senso, è icona della Trinità sia per l’amore interpersonale, sia per la fecondità dell'amore.

La liturgia odierna propone il celebre episodio evangelico di Gesù dodicenne che rimane nel Tempio, a Gerusalemme, all’insaputa dei suoi genitori, i quali, stupiti e preoccupati, ve lo ritrovano dopo tre giorni mentre discute con i dottori. Alla madre che gli chiede spiegazioni, Gesù risponde che deve essere nella proprietà nella Casa del suo Padre, cioè di Dio (cfr Lc 2,49). In questo episodio il ragazzo Gesù ci appare pieno di zelo per Dio e per il Tempio. Domandiamoci: da chi aveva appreso Gesù l’amore per le “cose” del Padre suo? Certamente, come Figlio ha avuto un'intima conoscenza di Dio, una profonda relazione personale, permanente, con suo Padre, ma nella sua cultura concreta ha certamente imparato le preghiere, l'amore del Tempio e delle istituzioni d'Israele dai suoi genitori. Dunque, possiamo affermare che la decisione di Gesù di rimanere nel Tempio era soprattutto frutto della sua intima relazione col Padre ma anche frutto dell’educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe. Qui possiamo intravedere il senso autentico dell’educazione cristiana: essa è il frutto di una collaborazione sempre da ricercare tra gli educatori e Dio. La famiglia cristiana è consapevole che i figli sono dono e progetto di Dio. Pertanto, non li può considerare come proprio possesso, ma, servendo in essi il disegno di Dio, è chiamata ad educarli alla libertà più grande, che è proprio quella di dire “sì” a Dio per fare la sua volontà. Di questo “sì” la Vergine Maria è l’esempio perfetto. A lei affidiamo tutte le famiglie, pregando in particolare per la loro preziosa missione educativa.

Ed ora mi rivolgo, in lingua spagnola, a quanti prendono parte alla festa della Santa Famiglia a Madrid.

Saludo cordialmente a los pastores y fieles congregados en Madrid para celebrar con gozo la Sagrada Familia de Nazaret. ¿Cómo no recordar el verdadero significado de esta fiesta? Dios, habiendo venido al mundo en el seno de una familia, manifiesta que esta institución es camino seguro para encontrarlo y conocerlo, así como un llamamiento permanente a trabajar por la unidad de todos en torno al amor. De ahí que uno de los mayores servicios que los cristianos podemos prestar a nuestros semejantes es ofrecerles nuestro testimonio sereno y firme de la familia fundada en el matrimonio entre un hombre y una mujer, salvaguardándola y promoviéndola, pues ella es de suma importancia para el presente y el futuro de la humanidad. En efecto, la familia es la mejor escuela donde se aprende a vivir aquellos valores que dignifican a la persona y hacen grandes a los pueblos. También en ella se comparten las penas y las alegrías, sintiéndose todos arropados por el cariño que reina en casa por el mero hecho de ser miembros de la misma familia. Pido a Dios que en vuestros hogares se respire siempre ese amor de total entrega y fidelidad que Jesús trajo al mundo con su nacimiento, alimentándolo y fortaleciéndolo con la oración cotidiana, la práctica constante de las virtudes, la recíproca comprensión y el respeto mutuo. Os animo, pues, a que, confiando en la materna intercesión de María Santísima, Reina de las Familias, y en la poderosa protección de San José, su esposo, os dediquéis sin descanso a esta hermosa misión que el Señor ha puesto en vuestras manos. Contad además con mi cercanía y afecto, y os ruego que llevéis un saludo muy especial del Papa a vuestros seres queridos más necesitados o que se encuentran en dificultad. Os bendigo a todos de corazón.

(Traduzione a cura della Radio Vaticana)

Saluto cordialmente i pastori e i fedeli riuniti a Madrid per celebrare con gioia la festa della Santa Famiglia di Nazareth. Come non ricordare il reale significato di questa festa? Dio venendo al mondo nel seno di una famiglia, mostra che questa istituzione è un cammino sicuro per incontrarlo e conoscerlo, così come è una chiamata permanente a lavorare per l’unità di tutti intorno all’amore. Quindi uno dei più importanti servizi che noi cristiani possiamo rendere agli altri è offrire la nostra testimonianza, serena e ferma, della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, salvaguardandolo e promovendolo, essendo tale istituzione di somma importanza per il presente e il futuro dell’umanità. In effetti, la famiglia è la migliore scuola nella quale si impara a vivere quei valori che danno dignità alla persona e fanno grandi i popoli. In essa, inoltre, si condividono i dolori e le gioie, sentendosi tutti avvolti dall’amore che regna in casa per il solo fatto di essere membri della stessa famiglia. Chiedo a Dio che nei vostri focolari si respiri sempre questo amore di totale dedizione e fedeltà che Gesù ha portato nel mondo con la sua nascita, alimentandolo e rafforzandolo con la preghiera quotidiana, la pratica costante delle virtù, la reciproca comprensione e il mutuo rispetto. Vi incoraggio pertanto a confidare nella materna intercessione di Maria Santissima, Regina della Famiglia e nella potente protezione di San Giuseppe, suo sposo, dedicandovi instancabilmente a questa meravigliosa missione che il Signore ha messo nelle vostre mani. Contate anche sulla mia vicinanza e sul mio affetto, e vi chiedo di rivolgere il saluto speciale del Papa ai vostri cari che hanno più bisogno o che si trovano in difficoltà. Benedico tutti di cuore.

DOPO ANGELUS

Chers pèlerins francophones, en cette fête de la Sainte-Famille de Jésus, Marie et Joseph, je suis heureux de saluer toutes vos familles et ma prière rejoint particulièrement celles qui connaissent des difficultés. Avec vous, je rends grâce à Dieu pour la Sainte-Famille de Nazareth : Marie et Joseph n’ont pas seulement procuré à l’Enfant-Jésus le pain de la terre ; ils lui ont donné un authentique témoignage de foi et d’amour. Que leur exemple guide toutes les familles et soit pour elles une source intarissable de joie et de bonheur ! A tous je souhaite une fin d’année sereine !
I am happy to greet all the English-speaking visitors present at this Angelus prayer. Today we celebrate with joy the Feast of the Holy Family, who shared with us this fundamental human experience. I pray that the Lord may bless all Christian families and assist them in living their daily life in mutual love and in generosity to others, after the example of Jesus, Mary and Joseph. May Almighty God continue to bless you all with peace and joy during this Christmas Season!

In weihnachtlicher Freude heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Am heutigen Sonntag feiern wir das Fest der Heiligen Familie. Wir blicken dabei auf die Familie von Nazaret, die wie alle Familien Sorgen und Nöte erlebt. Maria und Josef, so berichtet das Evangelium, verstehen zunächst nicht, warum ihr Sohn nicht mit ihnen gegangen, sondern im Tempel zurückgeblieben ist. Doch die Worte Jesu, daß er „im Hause seines Vaters sein muß“ (Lk 2, 49), lassen sie und uns erkennen, daß die lebendige Beziehung zu Gott auch die Liebe untereinander stärkt. Euch und euren Familien wünsche ich eine frohe Weihnachtszeit.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana. En este domingo de la Sagrada Familia, invito a todos a poner los ojos en el hogar de Nazaret, escuela incomparable de virtudes humanas y cristianas, para aprender de Jesús, José y María a vivirlas personalmente y dar ejemplo de ellas ante los que os rodean con humildad y convicción. De nuevo os deseo que, en estas fiestas de Navidad, la alegría del Señor Jesús, nacido en Belén, sea vuestra fortaleza. En su Nombre os bendigo con gran afecto.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Dziś niedziela świętej rodziny. Miłość, która jednoczyła Maryję i Józefa, i otaczała Boże Dziecię, niech jednoczy chrześcijańskie rodziny. Niech rodzi się z niej wzajemny szacunek między małżonkami, troska o każde nowe życie i o szczęśliwy rozwój przyszłych pokoleń. Wszystkie polskie rodziny polecam opiece Maryi i Józefa, i wypraszam dla nich Boże błogosławieństwo.
[Un cordiale saluto rivolgo ai polacchi. Oggi è la domenica della Santa Famiglia. L’amore che ha unito Maria e Giuseppe, e ha avvolto il Bambino Gesù, unisca tutte le famiglie cristiane. Nasca da esso il reciproco rispetto tra gli sposi, la premura per ogni nuova vita e per il felice sviluppo delle generazioni future. Affido tutte le famiglie polacche alla cura di Maria e di Giuseppe, e imploro per loro la Divina Benedizione.]

Saluto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo di fedeli venuti da Atri. In questa domenica della Santa Famiglia rivolgo un caloroso saluto a tutte le famiglie di Roma e d’Italia, con una preghiera speciale per quelle che attraversano maggiori difficoltà. Il Signore vi benedica! Auguri a tutti!

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sabato 26 dicembre 2009

La testimonianza di Stefano indica ai nostri contemporanei spesso distratti, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita

UNA DONNA AGGREDISCE IL PAPA IN SAN PIETRO ALL'INIZIO DELLA MESSA DI NATALE: LO SPECIALE DEL BLOG

FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

ANGELUS: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 26.12.2009

Alle ore 12 di oggi, festa di Santo Stefano, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

con l’animo ancora colmo di stupore e inondato dalla luce che promana dalla Grotta di Betlemme, dove con Maria Giuseppe e i pastori abbiamo adorato il nostro Salvatore, oggi facciamo memoria del diacono Santo Stefano, il primo martire cristiano. Il suo esempio ci aiuta a penetrare maggiormente il mistero del Natale e ci testimonia la meravigliosa grandezza della nascita di quel Bambino nel quale si manifesta la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per gli uomini (cfr Tt 2,11). Colui che vagisce nella mangiatoia, infatti, è il Figlio di Dio fatto uomo, che ci chiede di testimoniare con coraggio il suo Vangelo, come ha fatto Santo Stefano il quale, pieno di Spirito Santo, non ha esitato a dare la vita per amore del suo Signore. Egli, come il suo Maestro, muore perdonando i propri persecutori e ci fa comprendere come l’ingresso del Figlio di Dio nel mondo dia origine ad una nuova civiltà, la civiltà dell’amore, che non si arrende di fronte al male e alla violenza e abbatte le barriere tra gli uomini, rendendoli fratelli nella grande famiglia dei figli di Dio.

Stefano è anche il primo diacono della Chiesa, che facendosi servo dei poveri per amore di Cristo, entra progressivamente in piena sintonia con Lui e lo segue fino al dono supremo di sé.

La testimonianza di Stefano, come quella dei martiri cristiani, indica ai nostri contemporanei spesso distratti e disorientati, su chi debbano porre la propria fiducia per dar senso alla vita. Il martire, infatti, è colui che muore con la certezza di sapersi amato da Dio e, nulla anteponendo all’amore di Cristo, sa di aver scelto la parte migliore.

Configurandosi pienamente alla morte di Cristo, è consapevole di essere germe fecondo di vita e di aprire nel mondo sentieri di pace e di speranza. Oggi, presentandoci il diacono Santo Stefano come modello, la Chiesa ci indica, altresì, nell’accoglienza e nell’amore verso i poveri, una delle vie privilegiate per vivere il Vangelo e testimoniare agli uomini in modo credibile il Regno di Dio che viene.

La Festa di santo Stefano ci ricorda anche i tanti credenti, che in varie parti del mondo, sono sottoposti a prove e sofferenze a causa della loro fede. Affidandoli alla sua celeste protezione, impegniamoci a sostenerli con la preghiera e a non venir mai meno alla nostra vocazione cristiana, ponendo sempre al centro della nostra vita Gesù Cristo, che in questi giorni contempliamo nella semplicità e nell’umiltà del presepe. Invochiamo per questo l'intercessione di Maria, Madre del Redentore e Regina dei Martiri, con la preghiera dell'Angelus.

DOPO L’ANGELUS

En ce lendemain de la solennité de Noël, je suis heureux d’accueillir les pèlerins rassemblés pour la prière de l’Angélus. Aujourd’hui l’Église nous présente la figure de Saint-Étienne, le premier des martyrs, modèle du témoin qui a donné sa vie pour le Christ. Comme lui, aujourd’hui encore à travers le monde, nombreux sont les hommes et les femmes qui acceptent de servir le Christ et son Évangile avec générosité, parfois jusqu’au don de leur vie. Que la Vierge Marie, Reine des martyrs, conforte les disciples de Jésus dans la foi et dans la fidélité ! Avec ma Bénédiction Apostolique !

As we continue our celebration of this joyful Christmas season, I warmly greet all the English-speaking visitors and pilgrims gathered here in Saint Peter’s Square. Together with Christians across the globe, we rejoice at the birth of our Saviour, Prince of Peace and light of the world. Today we honour the Church’s first martyr, Saint Stephen, who was fearless in bearing witness to Christ and who shed his blood for love of him. We pray for those Christians who suffer persecution today. And we commend to the intercession of their heavenly patron, Saint Stephen, all deacons and altar servers. May God bless all of you!

Am Fest des heiligen Märtyrers Stephanus grüße ich von Herzen alle Pilger und Besucher deutscher Sprache. Jesus „kam in sein Eigentum, doch die Seinen nahmen ihn nicht auf" (Joh 1,11), haben wir im Evangelium des Weihnachtstags gelesen. Der Märtyrer Stephanus teilt das Schicksal seines Herrn: Bedrängnis und Not gehören seit der ersten Stunde zum Leben der Christen. Bitten wir Maria, die Mutter Jesu und die Mutter der Kirche, daß sie all jenen beistehe, die auch heute unter schwersten Bedingungen Zeugnis für ihren Glauben ablegen. – Euch allen wünsche ich eine gesegnete Weihnachtszeit!

Saludo con afecto a los fieles de lengua española presentes en esta oración mariana. En esta fiesta de San Esteban, que no vaciló en derramar su sangre para confesar su fe y amor a Cristo Jesús, nacido en Belén, supliquemos fervientemente en nuestra oración que nunca falten en la Iglesia hombres y mujeres sabios, audaces y sencillos, que den testimonio del Evangelio de la salvación allá donde se encuentren, para que, con la fuerza de la caridad y la luz de la verdad, se construya una sociedad cada vez más fraterna, justa y en paz. Santa y feliz Navidad a todos. Muchas gracias.

Serdecznie pozdrawiam Polaków. Dziś wspominamy świętego Szczepana, pierwszego męczennika. Mądrość płynąca z wiary i odwaga, jaka rodzi się z miłości Chrystusa, zaprowadziły go na śmierć. Jednak wizja otwartego nieba już wtedy zwiastowała mu chwałę zmartwychwstania. Oby i nam w codziennym życiu nie brakowało mądrości i odwagi, wiary i miłości, które znajdują swoje zwieńczenie w chwale Pana. Wszystkim z serca błogosławię.

[Saluto cordialmente i polacchi. Oggi commemoriamo santo Stefano, il primo martire. La saggezza che scaturisce dalla fede e il coraggio che nasce dall’amore di Cristo lo hanno condotto alla morte. La visione del cielo aperto, tuttavia, già allora gli ha preannunciato la gloria della risurrezione. Anche a noi non manchi nella vita quotidiana la saggezza e il coraggio, la fede e l’amore, che trovano il loro compimento nella gloria del Signore. Tutti benedico di cuore.]

Rivolgo infine il mio cordiale saluto a voi, pellegrini di lingua italiana, ed auguro che la sosta di questi giorni presso il presepio per ammirare Maria e Giuseppe accanto al Bambino, possa suscitare in tutti un rinnovato impegno di amore vicendevole e di reciproca comprensione, affinchè all’interno delle famiglie e dell’intera Nazione si viva quel clima di intesa e di comunione che tanto giova al bene comune.

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venerdì 25 dicembre 2009

MESSAGGIO URBI ET ORBI DI PAPA BENEDETTO XVI (25 DICEMBRE 2009)


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG



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UNA DONNA AGGREDISCE IL PAPA IN SAN PIETRO ALL'INIZIO DELLA MESSA DI NATALE: LO SPECIALE DEL BLOG

MESSAGGIO NATALIZIO DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE URBI ET ORBI, 25.12.2009

Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione il Santo Padre Benedetto XVI rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione.
Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2009:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero,
e voi tutti, uomini e donne amati dal Signore!

"Lux fulgebit hodie super nos,
quia natus est nobis Dominus.

- Oggi su di noi splenderà la luce,
Perché è nato per noi il Signore"

(Messale Romano, Natale del Signore, Messa dell’Aurora, Antifona d’ingresso).

La liturgia della Messa dell’Aurora ci ha ricordato che ormai la notte è passata, il giorno è avanzato; la luce che promana dalla grotta di Betlemme risplende su di noi.
Tuttavia, la Bibbia e la Liturgia non ci parlano della luce naturale, ma di una luce diversa, speciale, in qualche modo mirata e orientata verso un "noi", lo stesso "noi" per cui il Bambino di Betlemme "è nato". Questo "noi" è la Chiesa, la grande famiglia universale dei credenti in Cristo, che hanno atteso con speranza la nuova nascita del Salvatore ed oggi celebrano nel mistero la perenne attualità di questo evento.
All’inizio, attorno alla mangiatoia di Betlemme, quel "noi" era quasi invisibile agli occhi degli uomini. Come ci riferisce il Vangelo di san Luca, comprendeva, oltre a Maria e a Giuseppe, pochi umili pastori, che giunsero alla grotta avvertiti dagli Angeli. La luce del primo Natale fu come un fuoco acceso nella notte. Tutt’intorno era buio, mentre nella grotta risplendeva la luce vera "che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). Eppure tutto avviene nella semplicità e nel nascondimento, secondo lo stile con il quale Dio opera nell’intera storia della salvezza. Dio ama accendere luci circoscritte, per rischiarare poi a largo raggio. La Verità, come l’Amore, che ne sono il contenuto, si accendono là dove la luce viene accolta, diffondendosi poi a cerchi concentrici, quasi per contatto, nei cuori e nelle menti di quanti, aprendosi liberamente al suo splendore, diventano a loro volta sorgenti di luce. È la storia della Chiesa che inizia il suo cammino nella povera grotta di Betlemme, e attraverso i secoli diventa Popolo e fonte di luce per l’umanità. Anche oggi, mediante coloro che vanno incontro al Bambino, Dio accende ancora fuochi nella notte del mondo per chiamare gli uomini a riconoscere in Gesù il "segno" della sua presenza salvatrice e liberatrice e allargare il "noi" dei credenti in Cristo all’intera umanità.
Dovunque c’è un "noi" che accoglie l’amore di Dio, là risplende la luce di Cristo, anche nelle situazioni più difficili. La Chiesa, come la Vergine Maria, offre al mondo Gesù, il Figlio, che Lei stessa ha ricevuto in dono, e che è venuto a liberare l’uomo dalla schiavitù del peccato. Come Maria, la Chiesa non ha paura, perché quel Bambino è la sua forza. Ma lei non lo tiene per sé: lo offre a quanti lo cercano con cuore sincero, agli umili della terra e agli afflitti, alle vittime della violenza, a quanti bramano il bene della pace. Anche oggi, per la famiglia umana profondamente segnata da una grave crisi economica, ma prima ancora morale, e dalle dolorose ferite di guerre e conflitti, con lo stile della condivisione e della fedeltà all’uomo, la Chiesa ripete con i pastori: "Andiamo fino a Betlemme" (Lc 2,15), lì troveremo la nostra speranza.

Il "noi" della Chiesa vive là dove Gesù è nato, in Terra Santa, per invitare i suoi abitanti ad abbandonare ogni logica di violenza e di vendetta e ad impegnarsi con rinnovato vigore e generosità nel cammino verso una convivenza pacifica. Il "noi" della Chiesa è presente negli altri Paesi del Medio Oriente. Come non pensare alla tribolata situazione in Iraq e a quel piccolo gregge di cristiani che vive nella Regione? Esso talvolta soffre violenze e ingiustizie ma è sempre proteso a dare il proprio contributo all’edificazione della convivenza civile contraria alla logica dello scontro e del rifiuto del vicino.

Il "noi" della Chiesa opera in Sri Lanka, nella Penisola coreana e nelle Filippine, come pure in altre terre asiatiche, quale lievito di riconciliazione e di pace. Nel Continente africano non cessa di alzare la voce verso Dio per implorare la fine di ogni sopruso nella Repubblica Democratica del Congo; invita i cittadini della Guinea e del Niger al rispetto dei diritti di ogni persona ed al dialogo; a quelli del Madagascar chiede di superare le divisioni interne e di accogliersi reciprocamente; a tutti ricorda che sono chiamati alla speranza, nonostante i drammi, le prove e le difficoltà che continuano ad affliggerli. In Europa e in America settentrionale, il "noi" della Chiesa sprona a superare la mentalità egoista e tecnicista, a promuovere il bene comune ed a rispettare le persone più deboli, a cominciare da quelle non ancora nate. In Honduras aiuta a riprendere il cammino istituzionale; in tutta l’America Latina il "noi" della Chiesa è fattore identitario, pienezza di verità e di carità che nessuna ideologia può sostituire, appello al rispetto dei diritti inalienabili di ogni persona ed al suo sviluppo integrale, annuncio di giustizia e di fraternità, fonte di unità.

Fedele al mandato del suo Fondatore, la Chiesa è solidale con coloro che sono colpiti dalle calamità naturali e dalla povertà, anche nelle società opulente. Davanti all’esodo di quanti migrano dalla loro terra e sono spinti lontano dalla fame, dall’intolleranza o dal degrado ambientale, la Chiesa è una presenza che chiama all’accoglienza.

In una parola, la Chiesa annuncia ovunque il Vangelo di Cristo nonostante le persecuzioni, le discriminazioni, gli attacchi e l’indifferenza, talvolta ostile, che – anzi – le consentono di condividere la sorte del suo Maestro e Signore.

Cari fratelli e sorelle, quale grande dono far parte di una comunione che è per tutti ! È la comunione della Santissima Trinità, dal cui cuore è disceso nel mondo l’Emmanuele, Gesù, Dio-con-noi. Come i pastori di Betlemme, contempliamo pieni di meraviglia e di gratitudine questo mistero d’amore e di luce! Buon Natale a tutti!

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AUGURI DEL SANTO PADRE AI POPOLI E ALLE NAZIONI IN OCCASIONE DEL SANTO NATALE

Il Papa: "in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo"


UNA DONNA AGGREDISCE IL PAPA IN SAN PIETRO ALL'INIZIO DELLA MESSA DI NATALE: LO SPECIALE DEL BLOG

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IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

OMELIA DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LIBRETTO DELLA CELEBRAZIONE

VIDEO REPUBBLICA TV

SANTA MESSA DELLA NOTTE DI NATALE, 24 DICEMBRE 2009

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle,

Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9, 5).
Ciò che Isaia, guardando da lontano verso il futuro, dice a Israele come consolazione nelle sue angustie ed oscurità, l’Angelo, dal quale emana una nube di luce, lo annuncia ai pastori come presente: “Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2, 11).

Il Signore è presente. Da questo momento, Dio è veramente un “Dio con noi”. Non è più il Dio distante, che, attraverso la creazione e mediante la coscienza, si può in qualche modo intuire da lontano. Egli è entrato nel mondo. È il Vicino. Il Cristo risorto lo ha detto ai suoi, a noi: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Per voi è nato il Salvatore: ciò che l’Angelo annunciò ai pastori, Dio ora lo richiama a noi per mezzo del Vangelo e dei suoi messaggeri. È questa una notizia che non può lasciarci indifferenti. Se è vera, tutto è cambiato. Se è vera, essa riguarda anche me. Allora, come i pastori, devo dire anch’io: Orsù, voglio andare a Betlemme e vedere la Parola che lì è accaduta. Il Vangelo non ci racconta senza scopo la storia dei pastori. Essi ci mostrano come rispondere in modo giusto a quel messaggio che è rivolto anche a noi. Che cosa ci dicono allora questi primi testimoni dell’incarnazione di Dio?

Dei pastori è detto anzitutto che essi erano persone vigilanti e che il messaggio poteva raggiungerli proprio perché erano svegli. Noi dobbiamo svegliarci, perché il messaggio arrivi fino a noi. Dobbiamo diventare persone veramente vigilanti.

Che significa questo?

La differenza tra uno che sogna e uno che sta sveglio consiste innanzitutto nel fatto che colui che sogna si trova in un mondo particolare. Con il suo io egli è rinchiuso in questo mondo del sogno che, appunto, è soltanto suo e non lo collega con gli altri. Svegliarsi significa uscire da tale mondo particolare dell’io ed entrare nella realtà comune, nella verità che, sola, ci unisce tutti.

Il conflitto nel mondo, l’inconciliabilità reciproca, derivano dal fatto che siamo rinchiusi nei nostri propri interessi e nelle opinioni personali, nel nostro proprio minuscolo mondo privato. L’egoismo, quello del gruppo come quello del singolo, ci tiene prigionieri dei nostri interessi e desideri, che contrastano con la verità e ci dividono gli uni dagli altri. Svegliatevi, ci dice il Vangelo. Venite fuori per entrare nella grande verità comune, nella comunione dell’unico Dio.

Svegliarsi significa così sviluppare la sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui Egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presenza. Ci sono persone che dicono di essere “religiosamente prive di orecchio musicale”. La capacità percettiva per Dio sembra quasi una dote che ad alcuni è rifiutata.

E in effetti – la nostra maniera di pensare ed agire, la mentalità del mondo odierno, la gamma delle nostre varie esperienze sono adatte a ridurre la sensibilità per Dio, a renderci “privi di orecchio musicale” per Lui.
E tuttavia in ogni anima è presente, in modo nascosto o aperto, l’attesa di Dio, la capacità di incontrarlo. Per ottenere questa vigilanza, questo svegliarsi all’essenziale, vogliamo pregare, per noi stessi e per gli altri, per quelli che sembrano essere “privi di questo orecchio musicale” e nei quali, tuttavia, è vivo il desiderio che Dio si manifesti.

Il grande teologo Origene ha detto: se io avessi la grazia di vedere come ha visto Paolo, potrei adesso (durante la Liturgia) contemplare una grande schiera di Angeli (cfr in Lc 23, 9). Infatti – nella Sacra Liturgia, gli Angeli di Dio e i Santi ci circondano. Il Signore stesso è presente in mezzo a noi. Signore, apri gli occhi dei nostri cuori, affinché diventiamo vigilanti e veggenti e così possiamo portare la tua vicinanza anche ad altri!

Torniamo al Vangelo di Natale. Esso ci racconta che i pastori, dopo aver ascoltato il messaggio dell’Angelo, si dissero l’un l’altro: “'Andiamo fino a Betlemme' … Andarono, senza indugio” (Lc 2, 15s.). “Si affrettarono” dice letteralmente il testo greco. Ciò che era stato loro annunciato era così importante che dovevano andare immediatamente. In effetti, ciò che lì era stato detto loro andava totalmente al di là del consueto. Cambiava il mondo. È nato il Salvatore. L’atteso Figlio di Davide è venuto al mondo nella sua città. Che cosa poteva esserci di più importante? Certo, li spingeva anche la curiosità, ma soprattutto l’agitazione per la grande cosa che era stata comunicata proprio a loro, i piccoli e uomini apparentemente irrilevanti. Si affrettarono – senza indugio. Nella nostra vita ordinaria le cose non stanno così. La maggioranza degli uomini non considera prioritarie le cose di Dio, esse non ci incalzano in modo immediato.

E così noi, nella stragrande maggioranza, siamo ben disposti a rimandarle. Prima di tutto si fa ciò che qui ed ora appare urgente. Nell’elenco delle priorità Dio si trova spesso quasi all’ultimo posto. Questo – si pensa – si potrà fare sempre. Il Vangelo ci dice: Dio ha la massima priorità. Se qualcosa nella nostra vita merita fretta senza indugio, ciò è, allora, soltanto la causa di Dio.

Una massima della Regola di san Benedetto dice: “Non anteporre nulla all’opera di Dio (cioè all’ufficio divino)”.

La Liturgia è per i monaci la prima priorità. Tutto il resto viene dopo. Nel suo nucleo, però, questa frase vale per ogni uomo. Dio è importante, la realtà più importante in assoluto nella nostra vita. Proprio questa priorità ci insegnano i pastori. Da loro vogliamo imparare a non lasciarci schiacciare da tutte le cose urgenti della vita quotidiana. Da loro vogliamo apprendere la libertà interiore di mettere in secondo piano altre occupazioni – per quanto importanti esse siano – per avviarci verso Dio, per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo. Il tempo impegnato per Dio e, a partire da Lui, per il prossimo non è mai tempo perso. È il tempo in cui viviamo veramente, in cui viviamo lo stesso essere persone umane.

Alcuni commentatori fanno notare che per primi i pastori, le anime semplici, sono venuti da Gesù nella mangiatoia e hanno potuto incontrare il Redentore del mondo. I sapienti venuti dall’Oriente, i rappresentanti di coloro che hanno rango e nome, vennero molto più tardi. I commentatori aggiungono: questo è del tutto ovvio. I pastori, infatti, abitavano accanto. Essi non dovevano che “attraversare” (cfr Lc 2, 15) come si attraversa un breve spazio per andare dai vicini. I sapienti, invece, abitavano lontano. Essi dovevano percorrere una via lunga e difficile, per arrivare a Betlemme. E avevano bisogno di guida e di indicazione.

Ebbene, anche oggi esistono anime semplici ed umili che abitano molto vicino al Signore. Essi sono, per così dire, i suoi vicini e possono facilmente andare da Lui. Ma la maggior parte di noi uomini moderni vive lontana da Gesù Cristo, da Colui che si è fatto uomo, dal Dio venuto in mezzo a noi. Viviamo in filosofie, in affari e occupazioni che ci riempiono totalmente e dai quali il cammino verso la mangiatoia è molto lungo. In molteplici modi Dio deve ripetutamente spingerci e darci una mano, affinché possiamo trovare l’uscita dal groviglio dei nostri pensieri e dei nostri impegni e trovare la via verso di Lui.

Ma per tutti c’è una via. Per tutti il Signore dispone segnali adatti a ciascuno. Egli chiama tutti noi, perché anche noi si possa dire: Orsù, “attraversiamo”, andiamo a Betlemme – verso quel Dio, che ci è venuto incontro. Sì, Dio si è incamminato verso di noi. Da soli non potremmo giungere fino a Lui. La via supera le nostre forze. Ma Dio è disceso. Egli ci viene incontro. Egli ha percorso la parte più lunga del cammino. Ora ci chiede: Venite e vedete quanto vi amo. Venite e vedete che io sono qui.

Transeamus usque Bethleem, dice la Bibbia latina. Andiamo di là! Oltrepassiamo noi stessi! Facciamoci viandanti verso Dio in molteplici modi: nell’essere interiormente in cammino verso di Lui. E tuttavia anche in cammini molto concreti – nella Liturgia della Chiesa, nel servizio al prossimo, in cui Cristo mi attende.

Ascoltiamo ancora una volta direttamente il Vangelo. I pastori si dicono l’un l’altro il motivo per cui si mettono in cammino: “Vediamo questo avvenimento”. Letteralmente il testo greco dice: “Vediamo questa Parola, che lì è accaduta”. Sì, tale è la novità di questa notte: la Parola può essere guardata. Poiché si è fatta carne. Quel Dio di cui non si deve fare alcuna immagine, perché ogni immagine potrebbe solo ridurlo, anzi travisarlo, quel Dio si è reso, Egli stesso, visibile in Colui che è la sua vera immagine, come dice Paolo (cfr 2 Cor 4, 4; Col 1, 15). Nella figura di Gesù Cristo, in tutto il suo vivere ed operare, nel suo morire e risorgere, possiamo guardare la Parola di Dio e quindi il mistero dello stesso Dio vivente. Dio è così. L’Angelo aveva detto ai pastori: “Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2, 12; cfr 16).

Il segno di Dio, il segno che viene dato ai pastori e a noi, non è un miracolo emozionante. Il segno di Dio è la sua umiltà. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo; diventa bambino; si lascia toccare e chiede il nostro amore. Quanto desidereremmo noi uomini un segno diverso, imponente, inconfutabile del potere di Dio e della sua grandezza. Ma il suo segno ci invita alla fede e all’amore, e pertanto ci dà speranza: così è Dio.

Egli possiede il potere ed è la Bontà. Ci invita a diventare simili a Lui. Sì, diventiamo simili a Dio, se ci lasciamo plasmare da questo segno; se impariamo, noi stessi, l’umiltà e così la vera grandezza; se rinunciamo alla violenza ed usiamo solo le armi della verità e dell’amore. Origene, seguendo una parola di Giovanni Battista, ha visto espressa l’essenza del paganesimo nel simbolo delle pietre: paganesimo è mancanza di sensibilità, significa un cuore di pietra, che è incapace di amare e di percepire l’amore di Dio. Origene dice dei pagani: “Privi di sentimento e di ragione, si trasformano in pietre e in legno” (in Lc 22, 9). Cristo, però, vuole darci un cuore di carne. Quando vediamo Lui, il Dio che è diventato un bambino, ci si apre il cuore. Nella Liturgia della Notte Santa Dio viene a noi come uomo, affinché noi diventiamo veramente umani. Ascoltiamo ancora Origene: “In effetti, a che gioverebbe a te che Cristo una volta sia venuto nella carne, se Egli non giunge fin nella tua anima? Preghiamo che venga quotidianamente a noi e che possiamo dire: vivo, però non vivo più io, ma Cristo vive in me (Gal 2, 20)” (in Lc 22, 3).

Sì, per questo vogliamo pregare in questa Notte Santa. Signore Gesù Cristo, tu che sei nato a Betlemme, vieni a noi! Entra in me, nella mia anima. Trasformami. Rinnovami. Fa’ che io e tutti noi da pietra e legno diventiamo persone viventi, nelle quali il tuo amore si rende presente e il mondo viene trasformato. Amen.

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mercoledì 23 dicembre 2009

Il Papa: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare dall’esterno,ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà


FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG

UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV

CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

Catechesi dell'udienza generale del 23 dicembre 2009: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)

Il Papa e gli zampognari: video

Vedi anche:

Il Papa: Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana

Il Papa: Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo

Il Papa: Grazie a san Francesco il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato il Dio-con-noi (Sir)

Il Papa: Il desiderio,che tutti portiamo nel cuore,è che il Natale ci doni serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio

L’UDIENZA GENERALE, 23.12.2009

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa si è soffermato sul mistero del Natale ormai prossimo.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Il mistero del Natale

Cari fratelli e sorelle,

con la Novena di Natale, che stiamo celebrando in questi giorni, la Chiesa ci invita a vivere in modo intenso e profondo la preparazione alla Nascita del Salvatore, ormai imminente. Il desiderio, che tutti portiamo nel cuore, è che la prossima festa del Natale ci doni, in mezzo all’attività frenetica dei nostri giorni, serena e profonda gioia per farci toccare con mano la bontà del nostro Dio e infonderci nuovo coraggio.

Per comprendere meglio il significato del Natale del Signore vorrei fare un breve cenno all’origine storica di questa solennità.

Infatti, l’Anno liturgico della Chiesa non si è sviluppato inizialmente partendo dalla nascita di Cristo, ma dalla fede nella sua risurrezione. Perciò la festa più antica della cristianità non è il Natale, ma è la Pasqua; la risurrezione di Cristo fonda la fede cristiana, è alla base dell’annuncio del Vangelo e fa nascere la Chiesa. Quindi essere cristiani significa vivere in maniera pasquale, facendoci coinvolgere nel dinamismo che è originato dal Battesimo e che porta a morire al peccato per vivere con Dio (cfr Rm 6,4).

Il primo ad affermare con chiarezza che Gesù nacque il 25 dicembre è stato Ippolito di Roma, nel suo commento al Libro del profeta Daniele, scritto verso il 204. Qualche esegeta nota, poi, che in quel giorno si celebrava la festa della Dedicazione del Tempio di Gerusalemme, istituita da Giuda Maccabeo nel 164 avanti Cristo. La coincidenza di date verrebbe allora a significare che con Gesù, apparso come luce di Dio nella notte, si realizza veramente la consacrazione del tempio, l’Avvento di Dio su questa terra.

Nella cristianità la festa del Natale ha assunto una forma definita nel IV secolo, quando essa prese il posto della festa romana del “Sol invictus”, il sole invincibile; si mise così in evidenza che la nascita di Cristo è la vittoria della vera luce sulle tenebre del male e del peccato. Tuttavia, la particolare e intensa atmosfera spirituale che circonda il Natale si è sviluppata nel Medioevo, grazie a san Francesco d’Assisi, che era profondamente innamorato dell’uomo Gesù, del Dio-con-noi. Il suo primo biografo, Tommaso da Celano, nella Vita seconda racconta che san Francesco «Al di sopra di tutte le altre solennità celebrava con ineffabile premura il Natale del Bambino Gesù, e chiamava festa delle feste il giorno in cui Dio, fatto piccolo infante, aveva succhiato a un seno umano» (Fonti Francescane, n. 199, p. 492).

Da questa particolare devozione al mistero dell’Incarnazione ebbe origine la famosa celebrazione del Natale a Greccio. Essa, probabilmente, fu ispirata a san Francesco dal suo pellegrinaggio in Terra Santa e dal presepe di Santa Maria Maggiore in Roma. Ciò che animava il Poverello di Assisi era il desiderio di sperimentare in maniera concreta, viva e attuale l’umile grandezza dell’evento della nascita del Bambino Gesù e di comunicarne la gioia a tutti.

Nella prima biografia, Tommaso da Celano parla della notte del presepe di Greccio in un modo vivo e toccante, offrendo un contributo decisivo alla diffusione della tradizione natalizia più bella, quella del presepe. La notte di Greccio, infatti, ha ridonato alla cristianità l’intensità e la bellezza della festa del Natale, e ha educato il Popolo di Dio a coglierne il messaggio più autentico, il particolare calore, e ad amare ed adorare l’umanità di Cristo. Tale particolare approccio al Natale ha offerto alla fede cristiana una nuova dimensione. La Pasqua aveva concentrato l’attenzione sulla potenza di Dio che vince la morte, inaugura la vita nuova e insegna a sperare nel mondo che verrà. Con san Francesco e il suo presepe venivano messi in evidenza l’amore inerme di Dio, la sua umiltà e la sua benignità, che nell’Incarnazione del Verbo si manifesta agli uomini per insegnare un nuovo modo di vivere e di amare.

Il Celano racconta che, in quella notte di Natale, fu concessa a Francesco la grazia di una visione meravigliosa. Vide giacere immobile nella mangiatoia un piccolo bambino, che fu risvegliato dal sonno proprio dalla vicinanza di Francesco. E aggiunge: «Né questa visione discordava dai fatti perché, a opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 307). Questo quadro descrive con molta precisione quanto la fede viva e l’amore di Francesco per l’umanità di Cristo hanno trasmesso alla festa cristiana del Natale: la scoperta che Dio si rivela nelle tenere membra del Bambino Gesù.

Grazie a san Francesco, il popolo cristiano ha potuto percepire che a Natale Dio è davvero diventato l’“Emmanuele”, il Dio-con-noi, dal quale non ci separa alcuna barriera e alcuna lontananza. In quel Bambino, Dio è diventato così prossimo a ciascuno di noi, così vicino, che possiamo dargli del tu e intrattenere con lui un rapporto confidenziale di profondo affetto, così come facciamo con un neonato.

In quel Bambino, infatti, si manifesta Dio-Amore: Dio viene senza armi, senza la forza, perché non intende conquistare, per così dire, dall’esterno, ma intende piuttosto essere accolto dall’uomo nella libertà; Dio si fa Bambino inerme per vincere la superbia, la violenza, la brama di possesso dell’uomo. In Gesù Dio ha assunto questa condizione povera e disarmante per vincerci con l’amore e condurci alla nostra vera identità.

Non dobbiamo dimenticare che il titolo più grande di Gesù Cristo è proprio quello di “Figlio”, Figlio di Dio; la dignità divina viene indicata con un termine, che prolunga il riferimento all’umile condizione della mangiatoia di Betlemme, pur corrispondendo in maniera unica alla sua divinità, che è la divinità del “Figlio”.
La sua condizione di Bambino ci indica, inoltre, come possiamo incontrare Dio e godere della Sua presenza. E’ alla luce del Natale che possiamo comprendere le parole di Gesù: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 18,3). Chi non ha capito il mistero del Natale, non ha capito l’elemento decisivo dell’esistenza cristiana. Chi non accoglie Gesù con cuore di bambino, non può entrare nel regno dei cieli: questo è quanto Francesco ha voluto ricordare alla cristianità del suo tempo e di tutti tempi, fino ad oggi. Preghiamo il Padre perché conceda al nostro cuore quella semplicità che riconosce nel Bambino il Signore, proprio come fece Francesco a Greccio. Allora potrebbe succedere anche a noi quanto Tommaso da Celano – riferendosi all’esperienza dei pastori nella Notte Santa (cfr Lc 2,20) - racconta a proposito di quanti furono presenti all’evento di Greccio: “ciascuno se ne tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia” (Vita prima, op. cit., n. 86, p. 479).

E' questo l'augurio che formulo con affetto a tutti voi, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari. Buon Natale a voi tutti!

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