6 mesi fa
lunedì 30 novembre 2009
Il Papa: La materia possiede un'intelligibilità in grado di parlare all'intelligenza dell'uomo. È la lezione di Galileo...
Il messaggio di Benedetto XVI per il convegno »Dal telescopio di Galileo alla cosmologia evolutiva« alla Pontificia Università Lateranense
Nessun conflitto all'orizzonte
Il Papa ha inviato all'arcivescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, un messaggio in occasione del convegno "Dal telescopio di Galileo alla cosmologia evolutiva. Scienza, Filosofia e teologia in dialogo" che si è aperto lunedì 30 novembre e si chiuderà mercoledì 2 dicembre. Pubblichiamo il testo del messaggio e, in basso, ampi stralci della relazione tenuta dall'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura.
Al Venerato Fratello
Mons. Rino Fisichella
Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense
Sono lieto di rivolgere il mio saluto a tutti i partecipanti al Congresso internazionale sul tema Dal telescopio di Galileo alla cosmologia evolutiva. Scienza, Filosofia e Teologia in dialogo. Lo porgo in modo particolare a Lei, Venerato Fratello, che si è fatto promotore di questo importante momento di riflessione, nel contesto dell'"Anno Internazionale dell'Astronomia", per celebrare il quarto centenario della scoperta del telescopio. Il mio pensiero va anche al Prof. Nicola Cabibbo, Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, che ha collaborato nella preparazione della presente Assise. Saluto cordialmente le personalità venute da diversi Paesi del mondo, che, con la loro presenza, qualificano queste giornate di studio.
Quando si apre il Sidereus nuncius e si leggono le prime espressioni di Galileo, traspare subito la meraviglia dello scienziato pisano dinanzi a quanto lui stesso aveva compiuto: "Grandi cose - egli scrive - in questo breve trattato propongo all'osservazione e alla contemplazione degli studiosi della natura. Grandi, dico, sia per l'eccellenza della materia in se stessa, sia per la novità mai udita nei secoli, sia anche per lo strumento attraverso il quale queste stesse cose si sono manifestate al nostro senso" (Galileo Galilei, Sidereus nuncius, 1610, tr. P.A. Giustini, Lateran University Press 2009, p. 89). Era l'anno 1609 quando Galileo puntò per la prima volta verso il cielo uno strumento "da me escogitato - come scriverà - illuminandomi prima la grazia divina": il telescopio. Quanto si presentò al suo sguardo è facile immaginarlo; la meraviglia si trasformò in emozione e questa in entusiasmo che gli fece scrivere: "Grande cosa è certamente aggiungere all'immensa moltitudine delle stelle fisse, che con la naturale facoltà visiva si sono potute scorgere fino ad oggi, altre innumerevoli stelle, non mai vedute prima d'ora e che superano più di dieci volte il numero delle stelle antiche già note" (Ibid.). Lo scienziato poteva osservare con i propri occhi quanto, fino a quel momento, era solo frutto di ipotesi controverse. Non si sbaglia chi pensa che l'animo profondamente credente di Galileo, dinanzi a quella visione, si sia aperto quasi naturalmente alla preghiera di lode, facendo propri i sentimenti espressi dal Salmista: "O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra!... Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l'uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell'uomo perché te ne curi? Davvero... gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi" (Sal 8, 1.4-5.7).
Con questa scoperta crebbe nella cultura la consapevolezza di trovarsi di fronte a un punto cruciale della storia dell'umanità. La scienza diventava qualcosa di diverso da come gli antichi l'avevano sempre pensata. Aristotele aveva permesso di giungere alla conoscenza certa dei fenomeni partendo da principi evidenti e universali; ora Galileo mostrava concretamente come avvicinare e osservare i fenomeni stessi, per carpirne le cause segrete.
Il metodo deduttivo cedeva il passo a quello induttivo e apriva la strada alla sperimentazione. Il concetto di scienza durato per secoli veniva ora a modificarsi, imboccando la strada verso una moderna concezione del mondo e dell'uomo. Galileo si era addentrato nelle vie sconosciute dell'universo; egli spalancava la porta per osservarne gli spazi sempre più immensi.
Al di là probabilmente delle sue intenzioni, la scoperta dello scienziato pisano permetteva anche di risalire indietro nel tempo, provocando domande circa l'origine stessa del cosmo e facendo emergere che anche l'universo, uscito dalle mani del Creatore, ha una sua storia; esso "geme e soffre le doglie del parto" - per usare l'espressione dell'apostolo Paolo - nella speranza di essere liberato "dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm 8, 21-22).
Anche oggi l'universo continua a suscitare interrogativi a cui la semplice osservazione, però, non riesce a dare una risposta soddisfacente: le sole scienze naturali e fisiche non bastano.
L'analisi dei fenomeni, infatti, se rimane rinchiusa in se stessa rischia di far apparire il cosmo come un enigma insolubile: la materia possiede un'intelligibilità in grado di parlare all'intelligenza dell'uomo e indicare una strada che va al di là del semplice fenomeno. È la lezione di Galileo che conduce a questa considerazione.
Non era, forse, lo scienziato di Pisa a sostenere che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico? Eppure, la matematica è un'invenzione dello spirito umano per comprendere il creato. Ma se la natura è realmente strutturata con un linguaggio matematico e la matematica inventata dall'uomo può giungere a comprenderlo, ciò significa che qualcosa di straordinario si è verificato: la struttura oggettiva dell'universo e la struttura intellettuale del soggetto umano coincidono, la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche. Alla fine, è "una" ragione che le collega entrambe e che invita a guardare ad un'unica Intelligenza creatrice (cfr. Benedetto XVI, Discorso ai giovani della Diocesi di Roma, in: Insegnamenti ii, [2006], 421-422).
Le domande sull'immensità dell'universo, sulla sua origine e sulla sua fine, come pure sulla sua comprensione, non ammettono una sola risposta di carattere scientifico. Chi guarda al cosmo, seguendo la lezione di Galileo, non potrà fermarsi solo a ciò che osserva con il telescopio, dovrà procedere oltre per interrogarsi circa il senso e il fine a cui tutto il creato orienta. La filosofia e la teologia, in questa fase, rivestono un ruolo importante, per spianare il cammino verso ulteriori conoscenze. La filosofia davanti ai fenomeni e alla bellezza del creato cerca, con il suo ragionamento, di capire la natura e la finalità ultima del cosmo. La teologia, fondata sulla Parola rivelata, scruta la bellezza e la saggezza dell'amore di Dio, il quale ha lasciato le Sue tracce nella natura creata (cfr. San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, ia. q. 45, a. 6). In questo movimento gnoseologico sono coinvolte sia la ragione che la fede; entrambe offrono la loro luce. Più la conoscenza della complessità del cosmo aumenta, maggiormente richiede una pluralità di strumenti in grado di poterla soddisfare; nessun conflitto all'orizzonte tra le varie conoscenze scientifiche e quelle filosofiche e teologiche; al contrario, solo nella misura in cui esse riusciranno ad entrare in dialogo e a scambiarsi le rispettive competenze saranno in grado di presentare agli uomini di oggi risultati veramente efficaci.
La scoperta di Galileo è stata una tappa decisiva per la storia dell'umanità. Da essa, hanno preso avvio altre grandi conquiste, con l'invenzione di strumenti che rendono prezioso il progresso tecnologico a cui si è giunti. Dai satelliti che osservano le varie fasi dell'universo, diventato paradossalmente sempre più piccolo, alle macchine più sofisticate utilizzate dall'ingegneria biomedica, tutto mostra la grandezza dell'intelletto umano, che, secondo il comando biblico, è chiamato a "dominare" l'intero creato (cfr. Gen 1, 28), a "coltivarlo" e a "custodirlo" (cfr. Gen 2, 15).
Vi è sempre un sottile rischio, però, sotteso a tante conquiste: che l'uomo confidi solo nella scienza e dimentichi di innalzare lo sguardo oltre se stesso verso quell'Essere trascendente, Creatore di tutto, che in Gesù Cristo ha rivelato il suo volto di Amore. Sono certo che l'interdisciplinarità con cui si svolge questo Congresso permetterà di cogliere l'importanza di una visione unitaria, frutto di un lavoro comune per il vero progresso della scienza nella contemplazione del cosmo.
Accompagno volentieri, venerato Fratello, il vostro impegno accademico, chiedendo al Signore di benedire queste giornate, come pure la ricerca di ognuno di voi.
Dal Vaticano, 26 novembre 2009
© Copyright 2009 - Libreria Editrice Vaticana
(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre 2009)
Il Papa a Bartolomeo I: "La Chiesa Cattolica comprende il ministero petrino come un dono del Signore alla sua Chiesa"
IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A SUA SANTITÀ BARTOLOMEO I, PATRIARCA ECUMENICO, PER LA FESTA DI SANT’ANDREA, 30.11.2009
Nel quadro dello scambio di Delegazioni per le rispettive feste dei Santi Patroni, il 29 giugno a Roma per la celebrazione dei Santi Pietro e Paolo e il 30 novembre a Istanbul per la celebrazione di Sant’Andrea, l’Em.mo Card. Walter Kasper guida la Delegazione della Santa Sede per la Festa del Patriarcato Ecumenico 2009. Il Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani è accompagnato da S.E. Mons. Brian Farrell, Segretario del Dicastero, dal Rev.do P. Vladimiro Caroli, O.P., Officiale della Sezione Orientale del medesimo Dicastero, dal Rev.do Andrea Palmieri, Officiale del medesimo Dicastero. Ad Istanbul, si è unito il Nunzio Apostolico in Turchia, S.E. Mons. Antonio Lucibello.
La Delegazione della Santa Sede ha preso parte questa mattina alla solenne Divina Liturgia presieduta da Sua Santità Bartolomeo I nella chiesa patriarcale del Fanar.
Al termine della celebrazione, il Card. Kasper ha consegnato al Patriarca Ecumenico un Messaggio autografo del Santo Padre Benedetto XVI di cui pubblichiamo di seguito il testo:
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
A Sua Santità
Bartolomeo I
Arcivescovo di Costantinopoli Patriarca Ecumenico
è con grande gioia che mi rivolgo a Lei, in occasione della visita della delegazione guidata dal mio venerato fratello il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, al quale ho affidato il compito di trasmetterLe i miei più affettuosi fraterni saluti, nel giorno della Festa di sant'Andrea, fratello di san Pietro e Patrono del Patriarcato Ecumenico.
In questa gioiosa circostanza, nella quale si commemora la nascita alla vita eterna dell'Apostolo Andrea, la cui testimonianza di fede nel Signore culminò nel martirio, saluto con rispetto anche il Santo Sinodo, il clero e tutti i fedeli che, sotto la Sua cura e guida pastorale continuano, anche in situazioni difficili, a testimoniare il Vangelo di Gesù Cristo.
Il ricordo dei martiri spinge tutti i cristiani a rendere testimonianza della propria fede davanti al mondo. Questa chiamata è urgente particolarmente nel nostro tempo, in cui il cristianesimo deve affrontare sfide sempre più complesse. La testimonianza dei cristiani sarà certamente tanto più credibile se tutti i credenti in Cristo saranno "un cuore solo e un'anima sola" (At 4, 32).
Negli ultimi decenni, le nostre Chiese si sono impegnate con sincerità a percorrere il cammino verso il ripristino della piena comunione e, sebbene non abbiamo ancora raggiunto il nostro obiettivo, sono stati compiuti molti passi, che ci hanno permesso di approfondire i nostri legami. La nostra crescente amicizia, il nostro rispetto reciproco, la nostra volontà di incontrarci e di riconoscerci gli uni gli altri come fratelli in Cristo non dovrebbero essere ostacolati da quanti rimangono fissati al ricordo di differenze storiche: ciò impedisce loro di aprirsi allo Spirito Santo, che guida la Chiesa ed è capace di trasformare tutte le debolezze umane in opportunità di bene.
Quest'apertura ha guidato il lavoro della Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico, che ha tenuto la sua undicesima sessione plenaria a Cipro, il mese scorso.
L'incontro è stato caratterizzato da un senso di solenne impegno e da un affettuoso sentimento di vicinanza. Ancora una volta esprimo la mia sincera gratitudine alla Chiesa di Cipro per la sua generosissima accoglienza e ospitalità. È fonte di grande incoraggiamento il fatto che, nonostante alcune difficoltà e incomprensioni, tutte le Chiese partecipanti alla Commissione Internazionale abbiano espresso la propria intenzione di proseguire il dialogo.
Il tema della sessione plenaria, "Il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione della Chiesa nel primo millennio", è di certo complesso e richiederà uno studio ampio ed un dialogo paziente, se vogliamo aspirare ad un'integrazione condivisa delle tradizioni dell'oriente e dell'occidente.
La Chiesa Cattolica comprende il ministero petrino come un dono del Signore alla sua Chiesa. Questo ministero non deve essere interpretato in una prospettiva di potere, bensì nell'ambito di una ecclesiologia di comunione, come servizio all'unità nella verità e nella carità.
Il Vescovo della Chiesa di Roma, che presiede alla carità (sant'Ignazio di Antiochia), è inteso come il Servus servorum Dei (san Gregorio Magno).
Quindi, come scrisse il mio venerato predecessore, il Servo di Dio Giovanni Paolo II, e come ho ripetuto in occasione della mia visita al Fanar nel novembre del 2006, si tratta di cercare insieme, lasciandoci ispirare dal modello del primo millennio, le forme nelle quali il ministero del Vescovo di Roma possa realizzare un servizio di amore riconosciuto da tutti (cfr. Ut unum sint, n. 95). Preghiamo dunque Dio che ci benedica; possa lo Spirito Santo guidarci lungo questo cammino difficile e tuttavia promettente.
In ogni caso, mentre stiamo compiendo questo cammino verso la piena comunione, già dobbiamo offrire una testimonianza comune, cooperando al servizio dell'umanità, in particolare nella difesa della dignità della persona umana, nell'affermazione dei valori morali fondamentali, nella promozione della giustizia e della pace e nel dare risposta alla sofferenza che continua ad affliggere il nostro mondo, in particolare alla fame, alla povertà, all'analfabetismo e alla non equa distribuzione delle risorse.
Inoltre, le nostre Chiese possono lavorare insieme per richiamare l'attenzione sulla responsabilità dell'umanità verso la tutela del creato. A questo proposito, esprimo ancora una volta il mio apprezzamento per le numerose valide iniziative che Ella, Santità, ha sostenuto e incoraggiato e che hanno reso testimonianza al dono della creazione. Il recente simposio internazionale su "Religione, Scienza e Ambiente" dedicato al fiume Mississippi, e gli incontri da Lei avuti negli Stati Uniti con illustri personalità del mondo politico, culturale e religioso, sono un esempio del Suo impegno.
Santità, nella solennità del grande Apostolo Andrea, desidero esprimere, a Lei e al Patriarcato Ecumenico, la mia stima piena di rispetto e la mia spirituale vicinanza, mentre elevo la preghiera affinché il Dio Uno e Trino possa concedere abbondanti benedizioni di grazia e luce al Suo alto ministero per il bene della Chiesa.
È con questi sentimenti che Le estendo un fraterno abbraccio nel nome del nostro unico Signore Gesù Cristo, rinnovando la mia preghiera affinché la pace e la grazia del Signore Nostro possa essere con Lei, Santità, e con tutti quanti sono affidati alla Sua eminente guida pastorale.
Dal Vaticano, 25 novembre 2009
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(©L'Osservatore Romano - 30 novembre 1 dicembre 2009)
domenica 29 novembre 2009
Il Papa: Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro...E’ "carne" come noi ed è "roccia" come Dio
FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG
ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
Angelus del 29 novembre 2009: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
VIDEO SKYTG24
SERVIZIO DI MARINA RICCI
ANGELUS: VIDEO DI THE VATICAN
AIDS, APPELLO DEL PAPA: VIDEO THE VATICAN
Vedi anche:
Il Papa, l'Avvento e l'esperienza dell'attesa (Zavattaro)
Il Papa all'Angelus: il mondo ha bisogno di speranza e questa si trova solo in Cristo (Radio Vaticana)
Aids, appello del Papa: "Moltiplicare e coordinare gli sforzi" (Repubblica)
Il Papa: il mondo di oggi ha bisogno di speranza. Il Messaggio di Gesù non riguarda solo i Cristiani (Izzo)
Il Papa: Cristo, fondamento della speranza di cui hanno bisogno tutti gli uomini (AsiaNews)
Il Papa: Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza. Ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo e quelli economicamente evoluti
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.11.2009
Alle ore 12 di oggi, prima Domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
In questa domenica iniziamo, per grazia di Dio, un nuovo Anno liturgico, che si apre naturalmente con l’Avvento, tempo di preparazione al Natale del Signore.
Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, afferma che la Chiesa "nel ciclo annuale presenta tutto il mistero di Cristo, dall’Incarnazione e Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore".
In questo modo, "ricordando i misteri della Redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, così che siano resi in qualche modo presenti in ogni tempo, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza" (Sacrosanctum Concilium, 102).
Il Concilio insiste sul fatto che il centro della liturgia è Cristo, come il sole intorno al quale, al modo dei pianeti, ruotano la Beata Vergine Maria – la più vicina – e quindi i martiri e gli altri santi che "in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi" (ivi, 104).
Questa è la realtà dell’Anno liturgico vista, per così dire, "dalla parte di Dio". E dalla parte – diciamo - dell’uomo, della storia e della società? Che rilevanza può avere? La risposta ce la suggerisce proprio il cammino dell’Avvento, che oggi intraprendiamo.
Il mondo contemporaneo ha bisogno soprattutto di speranza: ne hanno bisogno i popoli in via di sviluppo, ma anche quelli economicamente evoluti. Sempre più ci accorgiamo che ci troviamo su un’unica barca e dobbiamo salvarci tutti insieme. Soprattutto ci rendiamo conto, vedendo crollare tante false sicurezze, che abbiamo bisogno di una speranza affidabile, e questa si trova solo in Cristo, il quale, come dice la Lettera agli Ebrei, "è lo stesso ieri e oggi e per sempre" (13,8).
Il Signore Gesù è venuto in passato, viene nel presente, e verrà nel futuro. Egli abbraccia tutte le dimensioni del tempo, perché è morto e risorto, è "il Vivente" e, mentre condivide la nostra precarietà umana, rimane per sempre e ci offre la stabilità stessa di Dio. E’ "carne" come noi ed è "roccia" come Dio.
Chiunque anela alla libertà, alla giustizia, alla pace può risollevarsi e alzare il capo, perché in Cristo la liberazione è vicina (cfr Lc 21,28) – come leggiamo nel Vangelo di oggi. Possiamo pertanto affermare che Gesù Cristo non riguarda solo i cristiani, o solo i credenti, ma tutti gli uomini, perché Egli, che è il centro della fede, è anche il fondamento della speranza. E della speranza ogni essere umano ha costantemente bisogno.
Cari fratelli e sorelle, la Vergine Maria incarna pienamente l’umanità che vive nella speranza basata sulla fede nel Dio vivente. Lei è la Vergine dell’Avvento: è ben piantata nel presente, nell’"oggi" della salvezza; nel suo cuore raccoglie tutte le promesse passate; ed è protesa al compimento futuro. Mettiamoci alla sua scuola, per entrare veramente in questo tempo di grazia e accogliere, con gioia e responsabilità, la venuta di Dio nella nostra storia personale e sociale.
DOPO L’ANGELUS
Il 1° dicembre prossimo ricorre la Giornata mondiale contro l’AIDS. Il mio pensiero e la mia preghiera vanno ad ogni persona colpita da questa malattia, in particolare ai bambini, ai più poveri, a quanti sono rifiutati. La Chiesa non cessa di prodigarsi per combattere l’AIDS, attraverso le sue istituzioni e il personale a ciò dedicato. Esorto tutti a dare il proprio contributo con la preghiera e l’attenzione concreta, affinché quanti sono affetti dal virus HIV sperimentino la presenza del Signore che dona conforto e speranza. Auspico infine che, moltiplicando e coordinando gli sforzi, si giunga a fermare e debellare questa malattia.
Chers pèlerins francophones, en ce premier dimanche de l’Avent, nous sommes invités à tenir bon et à relever la tête car la venue de Dieu parmi nous est toute proche. Le Christ notre Espérance, notre présent et notre avenir vient à toute heure. Veillons donc afin de l’attendre ! Gardons notre cœur disponible et accueillant à cette venue et confions à la Vierge Marie notre désir de découvrir que son Fils est tout proche de nous dans chacune de nos vies ! A tous je souhaite de vivre une bonne Année liturgique !
I welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present for the Angelus. On this First Sunday of Advent let us join with Mary in prayerful trust, watchful for the presence of Jesus in our world, mindful of our need to grow in compassion and mercy, and ready to embrace God’s will as a sign of hope. Upon you and your families I invoke God’s abundant blessings of joy and peace.
Mit Freude heiße ich alle Pilger und Besucher deutscher Sprache willkommen. Mit diesem Sonntag treten wir in die liturgische Zeit des Advents ein. Advent bedeutet aufstehen, wach werden, aus der Nacht heraustreten. So lädt uns diese Zeit besonders ein, das Dunkel der Sorgen und der Lieblosigkeit hinter uns zu lassen und uns im Gebet, im Hören auf Gottes Wort und durch den Empfang des Sakraments der Versöhnung dem Licht Christi zu öffnen und die Welt mit seiner Liebe hell zu machen. Gott schenke euch und euren Familien eine gnadenreiche Adventszeit.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, así como a quienes se unen a ella a través de la radio y la televisión. Al comenzar el Adviento, invito a todos a avivar el deseo de salir al encuentro de Cristo, que viene, intensificando la oración, participando frecuentemente en la Eucaristía y dando un testimonio elocuente de caridad. Que a ello os ayude la intercesión de la Virgen Santísima, a cuyas manos de Madre encomendamos el compromiso por la paz y la justicia entre los pueblos. Feliz Domingo.
W adwentowym duchu pozdrawiam Polaków. Moi drodzy, Chrystus przychodzi do każdego z nas i do całej ludzkości jako Zbawca. Dlatego Ewangelia dzisiejszej liturgii wzywa: „nabierzcie ducha i podnieście głowy, ponieważ zbliża się wasze odkupienie" (Łk 21, 28). Niech ta myśl towarzyszy nam w czasie radosnego oczekiwania na przyjście Pana. Niech Bóg wam błogosławi!
[Nello spirito dell’Avvento saluto i polacchi. Miei cari, Cristo viene ad ognuno di noi e a tutta l’umanità come Salvatore. Ecco perché il Vangelo della liturgia odierna ci invita: "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21, 28). Questo pensiero ci accompagni nel tempo della gioiosa attesa della venuta del Signore. Dio vi benedica!]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare coloro che hanno preso parte alla marcia promossa dal Movimento dell’Amore Familiare per manifestare profondo amore al Crocifisso, riconoscendone il valore religioso, storico e culturale. Saluto inoltre l’associazione "Insieme per crescere" di Durazzano e il gruppo "Regina della Pace" di Andria. A tutti auguro una buona domenica e un fruttuoso cammino di Avvento.
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sabato 28 novembre 2009
Il conseguimento della pace richiede la promozione di un'autentica cultura della vita,che rispetti pienamente la dignità dell'essere umano
UDIENZA DEL PAPA AI PRESIDENTI DI CILE ED ARGENTINA: COMUNICATO DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE
UDIENZA ALLE DELEGAZIONI DELL’ARGENTINA E DEL CILE IN OCCASIONE DEL XXV ANNIVERSARIO DEL TRATTATO DI PACE E DI AMICIZIA TRA I DUE PAESI, 28.11.2009
Alle ore 11.45 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza le Delegazioni dell’Argentina e del Cile, guidate rispettivamente da S.E. la Signora Cristina Fernández de Kirchner, Presidente della Repubblica Argentina e da S.E. la Signora Michelle Bachelet, Presidente della Repubblica del Cile, in occasione del XXV anniversario del Trattato di Pace e di Amicizia fra i due Paesi.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre rivolge loro:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Di seguito una nostra traduzione italiana del discorso del Papa.
Signore Presidenti
di Argentina e Cile,
Signori Cardinali,
Cari Fratelli nell'Episcopato,
Signori Ambasciatori,
Amici tutti,
1. Con sommo piacere vi ricevo e vi do il benvenuto in questa Sede di Pietro, in occasione della celebrazione del 25º anniversario del Trattato di Pace e Amicizia, che ha posto fine alla controversia territoriale che i vostri rispettivi Paesi hanno mantenuto per lungo tempo nella zona australe. Di fatto, è un'opportuna e felice commemorazione di quegli intensi negoziati che, con la mediazione pontificia, si conclusero con una soluzione degna, ragionevole ed equanime, evitando così il conflitto armato che stava per contrapporre due popoli fratelli.
2. Il Trattato di Pace e Amicizia, e la mediazione che lo rese possibile, è inscindibilmente legato all'amata figura di Papa Giovanni Paolo II, il quale, mosso da sentimenti di affetto verso quelle amate Nazioni, e in sintonia con il suo instancabile lavoro di messaggero e artefice di pace, non esitò ad accettare il delicato e cruciale compito di essere mediatore in quel contenzioso. Con l'inestimabile aiuto del Cardinale Antonio Samoré, seguì personalmente tutte le vicissitudini di quei lunghi e complessi negoziati, fino alla definizione della proposta che portò alla firma del Trattato, alla presenza delle delegazioni di entrambi i Paesi, e dell'allora segretario di Stato di Sua Santità e Prefetto del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa, il Cardinale Agostino Casaroli.
L'intervento pontificio fu anche una risposta a un'espressa richiesta degli Episcopati di Cile e Argentina, i quali, in comunione con la Santa Sede, offrirono la loro decisiva collaborazione per il raggiungimento di tale accordo. Bisogna inoltre essere grati per gli sforzi di tutte le persone che, nei Governi e nelle delegazioni diplomatiche di entrambi i Paesi, diedero il loro positivo contributo per portare avanti quel cammino di risoluzione pacifica, realizzando così i profondi aneliti di pace della popolazione argentina e di quella cilena.
3. A venticinque anni di distanza, possiamo constatare con soddisfazione come quello storico evento abbia contribuito beneficamente a rafforzare in entrambi i Paesi i sentimenti di fraternità, come pure una più decisa cooperazione e integrazione, concretizzata in numerosi progetti economici, scambi culturali e importanti opere di infrastruttura, superando in tal modo pregiudizi, sospetti e reticenze del passato. In realtà, il Cile e l'Argentina non sono solo due Nazioni vicine ma molto di più: sono due popoli fratelli con una vocazione comune di fraternità, di rispetto e di amicizia, che è frutto in gran parte della tradizione cattolica che è alla base della loro storia e del loro ricco patrimonio culturale e spirituale.
L'evento che oggi commemoriamo fa già parte della grande storia di due nobili Nazioni, ma anche di tutta l'America Latina. Il Trattato di Pace e Amicizia è un esempio luminoso della forza dello spirito umano e della volontà di pace di fronte alla barbarie e all'assurdità della violenza e della guerra come mezzo per risolvere le divergenze. Ancora una volta, occorre tener presente le parole che il mio Predecessore, Papa Pio xii, pronunciò in un momento particolarmente difficile della storia: "Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra" (Radiomessaggio, 24 agosto 1939). È quindi necessario perseverare in ogni momento, con volontà ferma e fino alle estreme conseguenze, nel cercare di risolvere le controversie con vera volontà di dialogo e di accordo, attraverso pazienti negoziati e necessari impegni, e tenendo sempre conto delle giuste esigenze e dei legittimi interessi di tutti.
4. Affinché la causa della pace si faccia strada nella mente e nel cuore di tutti gli uomini e, in modo particolare, di quelli che sono chiamati a servire i propri concittadini dalle più alte magistrature delle nazioni, è necessario che si fondi su salde convinzioni morali, nella serenità degli animi, a volte tesi e polarizzati, e nella ricerca costante del bene comune nazionale, regionale e mondiale. Il conseguimento della pace, in effetti, richiede la promozione di un'autentica cultura della vita, che rispetti pienamente la dignità dell'essere umano, unita al rafforzamento della famiglia come cellula primaria della società. Richiede anche la lotta contro la povertà e la corruzione, l'accesso a un'educazione di qualità per tutti, una crescita economica solidale, il consolidamento della democrazia e lo sradicamento della violenza e dello sfruttamento, soprattutto nei riguardi delle donne e dei bambini.
5. La Chiesa cattolica, che continua sulla terra la missione di Cristo, il quale con la sua morte sulla croce portò la pace al mondo (cfr Ef 2, 14-17), non smette di proclamare a tutti il suo messaggio di salvezza e di riconciliazione e, unendo i suoi sforzi a quelli di tutti gli uomini di buona volontà, si dedica con impegno a realizzare le aspirazioni di pace e di concordia di tutta l'umanità.
Eccellentissime Signore Presidenti, cari amici, ringraziandovi nuovamente per la vostra significativa visita, rivolgo il mio sguardo al Cristo delle Ande, sulla cima della Cordigliera, e gli chiedo che, come dono costante della sua grazia, suggelli per sempre la pace e l'amicizia fra argentini e cileni, e, nello stesso tempo, come pegno del mio affetto vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.
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(©L'Osservatore Romano - 29 novembre 2009)
L’Avvento è un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi
FESTIVITA' NATALIZIE: LO SPECIALE DEL BLOG
Vedi anche:
Il Papa : travolti dal «fare», riscopriamo i segni dell’amore di Dio nella nostra esistenza (Cardinale)
Il Papa: Tenere un diario interiore dell'amore di Dio sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita!
Il Papa: l'attesa di Dio non è facile, ma è un tempo prezioso (Izzo)
Il Papa: sostare in silenzio per capire una Presenza
CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA PRIMA DOMENICA DI AVVENTO, 28.11.2009
Alle 17 di questo pomeriggio, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione dei Primi Vespri della I Domenica di Avvento, inizio del nuovo Anno liturgico per la vita della Chiesa.
Nel corso della Celebrazione liturgica, il Papa pronuncia la seguente omelia:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle,
con questa celebrazione vespertina entriamo nel tempo liturgico dell’Avvento. Nella lettura biblica che abbiamo appena ascoltato, tratta dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi, l’apostolo Paolo ci invita a preparare la “venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23) conservandoci irreprensibili, con la grazia di Dio. Paolo usa proprio la parola “venuta”, in latino adventus, da cui il termine Avvento.
Riflettiamo brevemente sul significato di questa parola, che può tradursi con “presenza”, “arrivo”, “venuta”.
Nel linguaggio del mondo antico era un termine tecnico utilizzato per indicare l’arrivo di un funzionario, la visita del re o dell’imperatore in una provincia. Ma poteva indicare anche la venuta della divinità, che esce dal suo nascondimento per manifestarsi con potenza, o che viene celebrata presente nel culto. I cristiani adottarono la parola “avvento” per esprimere la loro relazione con Gesù Cristo: Gesù è il Re, entrato in questa povera “provincia” denominata terra per rendere visita a tutti; alla festa del suo avvento fa partecipare quanti credono in Lui, quanti credono nella sua presenza nell’assemblea liturgica.
Con la parola adventus si intendeva sostanzialmente dire: Dio è qui, non si è ritirato dal mondo, non ci ha lasciati soli. Anche se non lo possiamo vedere e toccare come avviene con le realtà sensibili, Egli è qui e viene a visitarci in molteplici modi.
Il significato dell’espressione “avvento” comprende quindi anche quello di visitatio, che vuol dire semplicemente e propriamente “visita”; in questo caso si tratta di una visita di Dio: Egli entra nella mia vita e vuole rivolgersi a me. Tutti facciamo esperienza, nell’esistenza quotidiana, di avere poco tempo per il Signore e poco tempo pure per noi. Si finisce per essere assorbiti dal “fare”. Non è forse vero che spesso è proprio l’attività a possederci, la società con i suoi molteplici interessi a monopolizzare la nostra attenzione? Non è forse vero che si dedica molto tempo al divertimento e a svaghi di vario genere? A volte le cose ci “travolgono”.
L’Avvento, questo tempo liturgico forte che stiamo iniziando, ci invita a sostare in silenzio per capire una presenza. E’ un invito a comprendere che i singoli eventi della giornata sono cenni che Dio ci rivolge, segni dell’attenzione che ha per ognuno di noi. Quanto spesso Dio ci fa percepire qualcosa del suo amore! Tenere, per così dire, un “diario interiore” di questo amore sarebbe un compito bello e salutare per la nostra vita!
L’Avvento ci invita e ci stimola a contemplare il Signore presente. La certezza della sua presenza non dovrebbe aiutarci a vedere il mondo con occhi diversi? Non dovrebbe aiutarci a considerare tutta la nostra esistenza come “visita”, come un modo in cui Egli può venire a noi e diventarci vicino, in ogni situazione?
Altro elemento fondamentale dell’Avvento è l’attesa, attesa che è nello stesso tempo speranza. L’Avvento ci spinge a capire il senso del tempo e della storia come “kairós”, come occasione favorevole per la nostra salvezza. Gesù ha illustrato questa realtà misteriosa in molte parabole: nel racconto dei servi invitati ad attendere il ritorno del padrone; nella parabola delle vergini che aspettano lo sposo; o in quelle della semina e della mietitura.
L’uomo, nella sua vita, è in costante attesa: quando è bambino vuole crescere, da adulto tende alla realizzazione e al successo, avanzando nell’età, aspira al meritato riposo. Ma arriva il tempo in cui egli scopre di aver sperato troppo poco se, al di là della professione o della posizione sociale, non gli rimane nient’altro da sperare. La speranza segna il cammino dell’umanità, ma per i cristiani essa è animata da una certezza: il Signore è presente nello scorrere della nostra vita, ci accompagna e un giorno asciugherà anche le nostre lacrime. Un giorno, non lontano, tutto troverà il suo compimento nel Regno di Dio, Regno di giustizia e di pace.
Ma ci sono modi molto diversi di attendere.
Se il tempo non è riempito da un presente dotato di senso, l’attesa rischia di diventare insopportabile; se si aspetta qualcosa, ma in questo momento non c’è nulla, se il presente cioè rimane vuoto, ogni attimo che passa appare esageratamente lungo, e l’attesa si trasforma in un peso troppo grave, perché il futuro rimane del tutto incerto.
Quando invece il tempo è dotato di senso, e in ogni istante percepiamo qualcosa di specifico e di valido, allora la gioia dell’attesa rende il presente più prezioso. Cari fratelli e sorelle, viviamo intensamente il presente dove già ci raggiungono i doni del Signore, viviamolo proiettati verso il futuro, un futuro carico di speranza.
L’Avvento cristiano diviene in questo modo occasione per ridestare in noi il senso vero dell’attesa, ritornando al cuore della nostra fede che è il mistero di Cristo, il Messia atteso per lunghi secoli e nato nella povertà di Betlemme.
Venendo tra noi, ci ha recato e continua ad offrirci il dono del suo amore e della sua salvezza. Presente tra noi, ci parla in molteplici modi: nella Sacra Scrittura, nell’anno liturgico, nei santi, negli eventi della vita quotidiana, in tutta la creazione, che cambia aspetto a seconda che dietro di essa ci sia Lui o che sia offuscata dalla nebbia di un’incerta origine e di un incerto futuro.
A nostra volta, noi possiamo rivolgergli la parola, presentargli le sofferenze che ci affliggono, l’impazienza, le domande che ci sgorgano dal cuore. Siamo certi che ci ascolta sempre! E se Gesù è presente, non esiste più alcun tempo privo di senso e vuoto. Se Lui è presente, possiamo continuare a sperare anche quando gli altri non possono più assicurarci alcun sostegno, anche quando il presente diventa faticoso.
Cari amici, l’Avvento è il tempo della presenza e dell’attesa dell’eterno. Proprio per questa ragione è, in modo particolare, il tempo della gioia, di una gioia interiorizzata, che nessuna sofferenza può cancellare. La gioia per il fatto che Dio si è fatto bambino.
Questa gioia, invisibilmente presente in noi, ci incoraggia a camminare fiduciosi. Modello e sostegno di tale intimo gaudio è la Vergine Maria, per mezzo della quale ci è stato donato il Bambino Gesù. Ci ottenga Lei, fedele discepola del suo Figlio, la grazia di vivere questo tempo liturgico vigilanti e operosi nell’attesa. Amen!
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venerdì 27 novembre 2009
Vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati
CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 96ma GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (17 GENNAIO 2010)
Vedi anche:
Migranti: La presentazione del messaggio pontificio (Osservatore Romano)
Giornata del migrante: il Messaggio del Papa (Sir)
Messaggio del Papa per la Giornata dei migranti dedicata ai minori: i loro diritti devono essere rispettati da tutti e sempre (Radio Vaticana)
Immigrati, il Vaticano: i minori non possono essere rimpatriati (Izzo)
Il Papa: il migrante ha "diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti" (AsiaNews)
Immigrati, il Papa: Facilitare l'integrazione delle seconde generazioni (Apcom e Asca)
Il Papa: "Da bambino anche Gesù ha vissuto l'esperienza della migrazione"
Migranti, il Papa: Violata la convenzione dei diritti del bambino
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 96a GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (17 GENNAIO 2010), 27.11.2009
I migranti e i rifugiati minorenni: questo il tema scelto dal Santo Padre Benedetto XVI per la 96a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata domenica 17 gennaio 2010.
Di seguito pubblichiamo il testo del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato:
TESTO IN LINGUA ITALIANA
Cari fratelli e sorelle,
la celebrazione della Giornata del Migrante e del Rifugiato mi offre nuovamente l'occasione di manifestare la costante sollecitudine che la Chiesa nutre verso coloro che vivono, in vari modi, l'esperienza dell'emigrazione. Si tratta di un fenomeno che, come ho scritto nell'Enciclica Caritas in veritate, impressiona per il numero di persone coinvolte, per le problematiche sociali, economiche, politiche, culturali e religiose che solleva, per le sfide drammatiche che pone alle comunità nazionali e a quella internazionale. Il migrante è una persona umana con diritti fondamentali inalienabili da rispettare sempre e da tutti (cfr n. 62).
Il tema di quest'anno - "I migranti e i rifugiati minorenni" tocca un aspetto che i cristiani valutano con grande attenzione, memori del monito di Cristo, il quale nel giudizio finale considererà riferito a Lui stesso tutto ciò che è stato fatto o negato "a uno solo di questi più piccoli" (cfr Mt 25, 40.45). E come non considerare tra "i più piccoli" anche i minori migranti e rifugiati? Gesù stesso da bambino ha vissuto l'esperienza del migrante perché, come narra il Vangelo, per sfuggire alle minacce di Erode dovette rifugiarsi in Egitto insieme a Giuseppe e Maria (cfr Mt 2,14).
Se la Convenzione dei Diritti del Bambino afferma con chiarezza che va sempre salvaguardato l'interesse del minore (cfr art. 3), al quale vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell'adulto, purtroppo nella realtà questo non sempre avviene. Infatti, mentre cresce nell'opinione pubblica la consapevolezza della necessità di un'azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti sono lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfruttamento. Della drammatica condizione in cui essi versano, si è fatto interprete il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II nel messaggio inviato il 22 settembre del 1990 al Segretario Generale delle Nazioni Unite, in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini. "Sono testimone egli scrisse - della straziante condizione di milioni di bambini di ogni continente. Essi sono più vulnerabili perché meno capaci di far sentire la loro voce" (Insegnamenti XIII, 2, 1990, p. 672). Auspico di cuore che si riservi la giusta attenzione ai migranti minorenni, bisognosi di un ambiente sociale che consenta e favorisca il loro sviluppo fisico, culturale, spirituale e morale. Vivere in un paese straniero senza effettivi punti di riferimento crea ad essi, specialmente a quelli privi dell'appoggio della famiglia, innumerevoli e talora gravi disagi e difficoltà.
Un aspetto tipico della migrazione minorile è costituito dalla situazione dei ragazzi nati nei paesi ospitanti oppure da quella dei figli che non vivono con i genitori emigrati dopo la loro nascita, ma li raggiungono successivamente. Questi adolescenti fanno parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza, condizione questa che tuttavia può offrire l'opportunità di sperimentare la ricchezza dell'incontro tra differenti tradizioni culturali. È importante che ad essi sia data la possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro e che ne vada facilitata l'integrazione sociale grazie a opportune strutture formative e sociali.
Non si dimentichi mai che l'adolescenza rappresenta una tappa fondamentale per la formazione dell'essere umano.
Una particolare categoria di minori è quella dei rifugiati che chiedono asilo, fuggendo per varie ragioni dal proprio paese, dove non ricevono adeguata protezione. Le statistiche rivelano che il loro numero è in aumento. Si tratta dunque di un fenomeno da valutare con attenzione e da affrontare con azioni coordinate, con misure di prevenzione, di protezione e di accoglienza adatte, secondo quanto prevede anche la stessa Convenzione dei Diritti del Bambino (cfr art. 22).
Mi rivolgo ora particolarmente alle parrocchie e alle molte associazioni cattoliche che, animate da spirito di fede e di carità, compiono grandi sforzi per venire incontro alle necessità di questi nostri fratelli e sorelle.
Mentre esprimo gratitudine per quanto si sta facendo con grande generosità, vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati.
Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù: "Ero forestiero e mi avete ospitato" (Mt 25,35), come pure il comandamento centrale che Egli ci ha lasciato: amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, ma unito all'amore al prossimo (cfr Mt 22,37-39). Questo ci porta a considerare che ogni nostro concreto intervento deve nutrirsi prima di tutto di fede nell'azione della grazia e della Provvidenza divina. In tal modo anche l'accoglienza e la solidarietà verso lo straniero, specialmente se si tratta di bambini, diviene annuncio del Vangelo della solidarietà. La Chiesa Io proclama quando apre le sue braccia e opera perché siano rispettati i diritti dei migranti e dei rifugiati, stimolando i responsabili delle Nazioni, degli Organismi e delle istituzioni internazionali perché promuovano opportune iniziative a loro sostegno. Vegli su tutti materna la Beata Vergine Maria e ci aiuti a comprendere le difficoltà di quanti sono lontani dalla propria patria. A quanti sono coinvolti ne vasto mondo dei migranti e rifugiati assicuro la mia preghiera e imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
Dal Vaticano, 16 ottobre 2009
BENEDICTUS PP. XVI
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giovedì 26 novembre 2009
Il Papa al Viêt Nam: "L'Anno Giubilare è un tempo di grazia propizio per la riconciliazione con Dio e con il prossimo"
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AL PRESIDENTE DELLA CONFERENZA EPISCOPALE DEL VIÊT NAM, S.E. MONS. PIERRE NGUYÊN VĂN NHON, VESCOVO DI ĐÀ LAT, 26.11.2009
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI ha inviato al Presidente della Conferenza Episcopale del Viêt Nam, S.E. Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Vescovo di Đà Lat, in occasione dell’apertura dell’anno giubilare per la celebrazione del 350° anniversario della creazione di due Vicariati Apostolici e del 50° anniversario dell’istituzione della gerarchia cattolica nel Viêt Nam:
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
A Sua Eccellenza Monsignor
Pierre NGUYÊN-VĂN-NHON
Vescovo di Ðà Lat Presidente della Conferenza episcopale del Viêt Nam
Mentre ha inizio la celebrazione giubilare del trecentocinquantesimo anniversario della creazione dei Vicariati apostolici del Tonkin e della Cocincina, e dei cinquant'anni dall'istituzione della gerarchia cattolica in Viêt Nam, mi unisco di tutto cuore alla gioia e all'azione di rendimento di grazie dei Vescovi del vostro Paese, che ho avuto la gioia d'incontrare lo scorso giugno, e di tutti i loro diocesani.
Voi avete voluto che l'inizio di questa celebrazione coincidesse con la festa dei gloriosi centodiciassette santi martiri del suo Paese. Il ricordo della loro nobile testimonianza aiuterà tutto il popolo di Dio in Viêt Nam ad attivare la sua carità, ad accrescere la sua speranza e a consolidare la sua fede che la vita quotidiana a volte mette alla prova. Fra questi martiri spicca la figura singolare di André Dung-Lac, le cui virtù sacerdotali sono modelli luminosi per i sacerdoti e i seminaristi, secolari e regolari, del suo Paese.
In questo Anno sacerdotale, possano essi trarre dal suo esempio e da quello dei suoi compagni un'energia spirituale rinnovata che li aiuterà a vivere il loro sacerdozio in una fedeltà più grande alla loro vocazione, nella comunione fraterna, nella degna celebrazione dei Sacramenti della Chiesa e in un apostolato dinamico e intenso.
Per l'apertura della celebrazione, avete scelto So-Kiên, nell'arcidiocesi di Hà Nôi, luogo emblematico che parla in modo particolare al vostro cuore. Fu la sede del primo Vicariato apostolico del Viêt Nam e conserva ancora vestigia preziose dei vostri santi martiri come pure le loro nobili reliquie. In questo Anno Giubilare, possa questo luogo che vi è tanto caro essere al centro di un'evangelizzazione profonda che porti a tutta la società vietnamita i valori evangelici della carità, della verità, della giustizia e della rettitudine. Questi valori, vissuti nella sequela di Cristo, assumono una dimensione nuova che trascende il loro significato morale tradizionale, quando si ancorano a Dio che desidera il bene di ogni uomo e vuole la sua felicità.
L'Anno Giubilare è un tempo di grazia propizio per la riconciliazione con Dio e con il prossimo. A tal fine, è opportuno riconoscere gli errori del passato e del presente commessi contro i fratelli nella fede e contro i fratelli compatrioti e chiederne perdono.
Nello stesso tempo, è anche opportuno prendere la decisione di approfondire e di arricchire la comunione ecclesiale e di edificare una società giusta, solidale ed equa attraverso il dialogo autentico, il rispetto reciproco e la sana collaborazione. Il Giubileo è anche un tempo speciale offerto per rinnovare l'annuncio del Vangelo ai concittadini e divenire sempre più una Chiesa che è comunione e missione.
Tutta la Chiesa in Viêt Nam si è preparata alla celebrazione del Giubileo con una novena di preghiera affinché questo evento eccezionale trovi grazia agli occhi di Dio, contribuisca al progresso spirituale di tutti i fedeli e consolidi la missione della Chiesa. Il mio pensiero si volge naturalmente ai religiosi e alle religiose che con la propria vita desiderano testimoniare la radicalità evangelica attraverso il carisma dei loro rispettivi fondatori. Possano continuare a crescere in Dio attraverso l'approfondimento della loro vita spirituale nella fedeltà alla loro vocazione e un apostolato fecondo nella sequela di Cristo. Il mio affetto paterno va anche a tutti i fedeli laici vietnamiti. Essi sono presenti nel mio ricordo e nella mia preghiera quotidiana. Possano impegnarsi più profondamente e attivamente nella vita e nella missione della Chiesa.
Cari Fratelli nell'Episcopato, chiedo a Dio di illuminarvi e di guidarvi affinché siate, sull'esempio del Nostro Signore e Maestro, buoni Pastori (cfr. Gv 10, 11-16), che si dedicano a fare pascere il loro gregge, a incoraggiarlo e a curarlo quando è necessario, e Vescovi che testimonino con coraggio e perseveranza la grandezza di Dio e la bellezza della vita in Cristo.
Che Nostra Signora de La Vang, cara ai cristiani della sua nazione, vi accompagni con la sua tenerezza materna nel corso di questo anno. Le imparto, Monsignore, la mia affettuosa Benedizione apostolica che estendo volentieri ai Vescovi, ai sacerdoti e ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, come pure a tutti i fedeli del Viêt Nam e a tutte le persone che si uniscono da vicino e da lontano alla gioia delle vostre celebrazioni.
Dal Vaticano, 17 novembre 2009
[Traduzione dal francese a cura de “L'Osservatore Romano”]
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mercoledì 25 novembre 2009
Il Papa: "La Trinità è veramente la comunione perfetta!"
(Ugo di San Vittore)
CICLO DI CATECHESI SUI GRANDI SCRITTORI DELLA CHIESA DI ORIENTE ED OCCIDENTE NEL MEDIOEVO
CICLO DI CATECHESI SULLA TEOLOGIA MONASTICA E LA TEOLOGIA SCOLASTICA
Il Papa sulla Santissima Trinità: "Tre Persone che sono un solo Dio perché il Padre è amore, il Figlio è amore, lo Spirito è amore. Dio è tutto e solo amore, amore purissimo, infinito ed eterno. Non vive in una splendida solitudine, ma è piuttosto fonte inesauribile di vita che incessantemente si dona e si comunica" (Angelus, 7 giugno 2009)
UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV
CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
Catechesi dell'udienza generale del 25 novembre 2009: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
Vedi anche:
Benedetto XVI e l'ebrea tedesca sopravvissuta alla Shoah (Osservatore Romano)
Benedetto XVI: la Trinità, “modello perfetto di comunione nell'amore” (Zenit)
Il Papa saluta ebrea tedesca sopravvissuta a Shoah (Apcom)
Il Papa all'udienza generale: il mondo sarebbe più felice se le persone imitassero il rapporto d'amore nella Trinità (Radio Vaticana)
Il Papa: Ispirarsi alla Trinità, modello perfetto di comunione nell’amore (Sir)
Il Papa: la storia non è frutto del caso, in essa è presente e opera Dio (AsiaNews)
Il Papa: i preti curino e spieghino riti e sacramenti (Apcom ed Asca)
Il Papa: Dio ci è amico, rispetta la nostra libertà (Izzo)
Il Papa: “La contemplazione è il punto di arrivo, il risultato di un arduo cammino, che comporta il dialogo tra la fede e la ragione” (Sir)
Il Papa: i sacerdoti valorizzino con sapienza pastorale i segni propri dei riti sacramentali, curandone attentamente la catechesi (Sir)
Il Papa: “La storia non è l’esito di un destino cieco o di un caso assurdo” (Sir)
L’UDIENZA GENERALE, 25.11.2009
L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e di fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando la catechesi sulla cultura cristiana nel Medioevo, ha illustrato le figure di due teologi legati al monastero di San Vittore a Parigi: Ugo e Riccardo di San Vittore.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.
CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA
Ugo e Riccardo di San Vittore
Cari fratelli e sorelle,
in queste Udienze del mercoledì sto presentando alcune figure esemplari di credenti, che si sono impegnati a mostrare la concordia tra la ragione e la fede e a testimoniare con la loro vita l’annuncio del Vangelo.
Oggi intendo parlarvi di Ugo e di Riccardo di San Vittore.
Tutti e due sono tra quei filosofi e teologi noti con il nome di Vittorini, perché vissero e insegnarono nell’abbazia di San Vittore, a Parigi, fondata all’inizio del secolo XII da Guglielmo di Champeaux. Guglielmo stesso fu un maestro rinomato, che riuscì a dare alla sua abbazia una solida identità culturale.
A San Vittore, infatti, fu inaugurata una scuola per la formazione dei monaci, aperta anche a studenti esterni, dove si realizzò una sintesi felice tra i due modi di fare teologia, di cui ho già parlato in precedenti catechesi: e cioè la teologia monastica, orientata maggiormente alla contemplazione dei misteri della fede nella Scrittura, e la teologia scolastica, che utilizzava la ragione per cercare di scrutare tali misteri con metodi innovativi, di creare un sistema teologico.
Della vita di Ugo di San Vittore abbiamo poche notizie. Sono incerti la data e il luogo della nascita: forse in Sassonia o nelle Fiandre. Si sa che, giunto a Parigi – la capitale europea della cultura del tempo –, trascorse il resto dei suoi anni presso l’abbazia di San Vittore, dove fu prima discepolo e poi insegnante. Già prima della morte, avvenuta nel 1141, raggiunse una grande notorietà e stima, al punto da essere chiamato un “secondo sant’Agostino”: come Agostino, infatti, egli meditò molto sul rapporto tra fede e ragione, tra scienze profane e teologia. Secondo Ugo di San Vittore, tutte le scienze, oltre a essere utili per la comprensione delle Scritture, hanno un valore in se stesse e vanno coltivate per allargare il sapere dell’uomo, come pure per corrispondere al suo anelito di conoscere la verità.
Questa sana curiosità intellettuale lo indusse a raccomandare agli studenti di non restringere mai il desiderio di imparare e nel suo trattato di metodologia del sapere e di pedagogia, intitolato significativamente Didascalicon (circa l’insegnamento), raccomandava: “Impara volentieri da tutti ciò che non sai. Sarà più sapiente di tutti colui che avrà voluto imparare qualcosa da tutti. Chi riceve qualcosa da tutti, finisce per diventare più ricco di tutti” (Eruditiones Didascalicae, 3,14: PL 176,774).
La scienza di cui si occupano i filosofi e i teologi detti Vittorini è in modo particolare la teologia, che richiede anzitutto lo studio amoroso della Sacra Scrittura.
Per conoscere Dio, infatti, non si può che partire da ciò che Dio stesso ha voluto rivelare di sé attraverso le Scritture. In questo senso, Ugo di San Vittore è un tipico rappresentante della teologia monastica, interamente fondata sull’esegesi biblica. Per interpretare la Scrittura, egli propone la tradizionale articolazione patristico-medievale, cioè il senso storico-letterale, anzitutto, poi quello allegorico e anagogico, e infine quello morale.
Si tratta di quattro dimensioni del senso della Scrittura, che anche oggi si riscoprono di nuovo, per cui si vede che nel testo e nella narrazione offerta si nasconde un’indicazione più profonda: il filo della fede, che ci conduce verso l’alto e ci guida su questa terra, insegnandoci come vivere. Tuttavia, pur rispettando queste quattro dimensioni del senso della Scrittura, in modo originale rispetto ai suoi contemporanei, egli insiste - e questa è una cosa nuova – sull’importanza del senso storico-letterale. In altre parole, prima di scoprire il valore simbolico, le dimensioni più profonde del testo biblico, occorre conoscere e approfondire il significato della storia narrata nella Scrittura: diversamente – avverte con un efficace paragone – si rischia di essere come degli studiosi di grammatica che ignorano l’alfabeto.
A chi conosce il senso della storia descritta nella Bibbia, le vicende umane appaiono segnate dalla Provvidenza divina, secondo un suo disegno ben ordinato. Così, per Ugo di San Vittore, la storia non è l’esito di un destino cieco o di un caso assurdo, come potrebbe apparire. Al contrario, nella storia umana opera lo Spirito Santo, che suscita un meraviglioso dialogo degli uomini con Dio, loro amico. Questa visione teologica della storia mette in evidenza l’intervento sorprendente e salvifico di Dio, che realmente entra e agisce nella storia, quasi si fa parte della nostra storia, ma sempre salvaguardando e rispettando la libertà e la responsabilità dell’uomo.
Per il nostro autore, lo studio della Sacra Scrittura e del suo significato storico-letterale rende possibile la teologia vera e propria, ossia l’illustrazione sistematica delle verità, conoscere la loro struttura, l’illustrazione dei dogmi della fede, che egli presenta in solida sintesi nel trattato De Sacramentis christianae fidei (I sacramenti della fede cristiana), dove si trova, fra l’altro, una definizione di “sacramento” che, ulteriormente perfezionata da altri teologi, contiene spunti ancor oggi molto interessanti. “Il sacramento”, egli scrive, “è un elemento corporeo o materiale proposto in maniera esterna e sensibile, che rappresenta con la sua somiglianza una grazia invisibile e spirituale, la significa, perché a tal fine è stato istituito, e la contiene, perché è capace di santificare” (9,2: PL 176,317). Da una parte la visibilità nel simbolo, la “corporeità” del dono di Dio, nel quale tuttavia, dall’altra parte, si nasconde la grazia divina che proviene da una storia: Gesù Cristo stesso ha creato i simboli fondamentali. Tre dunque sono gli elementi che concorrono a definire un sacramento, secondo Ugo di San Vittore: l’istituzione da parte di Cristo, la comunicazione della grazia, e l’analogia tra l’elemento visibile, quello materiale, e l’elemento invisibile, che sono i doni divini. Si tratta di una visione molto vicina alla sensibilità contemporanea, perché i sacramenti vengono presentati con un linguaggio intessuto di simboli e di immagini capaci di parlare immediatamente al cuore degli uomini. È importante anche oggi che gli animatori liturgici, e in particolare i sacerdoti, valorizzino con sapienza pastorale i segni propri dei riti sacramentali – questa visibilità e tangibilità della Grazia – curandone attentamente la catechesi, affinché ogni celebrazione dei sacramenti sia vissuta da tutti i fedeli con devozione, intensità e letizia spirituale.
Un degno discepolo di Ugo di San Vittore è Riccardo, proveniente dalla Scozia. Egli fu priore dell’abbazia di San Vittore dal 1162 al 1173, anno della sua morte.
Anche Riccardo, naturalmente, assegna un ruolo fondamentale allo studio della Bibbia, ma, a differenza del suo maestro, privilegia il senso allegorico, il significato simbolico della Scrittura con il quale, ad esempio, interpreta la figura anticotestamentaria di Beniamino, figlio di Giacobbe, quale simbolo della contemplazione e vertice della vita spirituale. Riccardo tratta questo argomento in due testi, Beniamino minore e Beniamino maggiore, nei quali propone ai fedeli un cammino spirituale che invita anzitutto ad esercitare le varie virtù, imparando a disciplinare e a ordinare con la ragione i sentimenti ed i moti interiori affettivi ed emotivi. Solo quando l’uomo ha raggiunto equilibrio e maturazione umana in questo campo, è pronto per accedere alla contemplazione, che Riccardo definisce come “uno sguardo profondo e puro dell’anima riversato sulle meraviglie della sapienza, associato a un senso estatico di stupore e di ammirazione” (Benjamin Maior 1,4: PL 196,67).
La contemplazione quindi è il punto di arrivo, il risultato di un arduo cammino, che comporta il dialogo tra la fede e la ragione, cioè – ancora una volta – un discorso teologico.
La teologia parte dalle verità che sono oggetto della fede, ma cerca di approfondirne la conoscenza con l’uso della ragione, appropriandosi del dono della fede. Questa applicazione del ragionamento alla comprensione della fede viene praticata in modo convincente nel capolavoro di Riccardo, uno dei grandi libri della storia, il De Trinitate (La Trinità).
Nei sei libri che lo compongono egli riflette con acutezza sul Mistero di Dio uno e trino. Secondo il nostro autore, poiché Dio è amore, l’unica sostanza divina comporta comunicazione, oblazione e dilezione tra due Persone, il Padre e il Figlio, che si trovano fra loro in uno scambio eterno di amore. Ma la perfezione della felicità e della bontà non ammette esclusivismi e chiusure; richiede anzi l’eterna presenza di una terza Persona, lo Spirito Santo.
L’amore trinitario è partecipativo, concorde, e comporta sovrabbondanza di delizia, godimento di gioia incessante. Riccardo cioè suppone che Dio è amore, analizza l’essenza dell’amore, che cosa è implicato nella realtà amore, arrivando così alla Trinità delle Persone, che è realmente l’espressione logica del fatto che Dio è amore.
Riccardo tuttavia è consapevole che l’amore, benché ci riveli l’essenza di Dio, ci faccia “comprendere” il Mistero della Trinità, è pur sempre un’analogia per parlare di un Mistero che supera la mente umana, e – da poeta e mistico quale è – ricorre anche ad altre immagini. Paragona ad esempio la divinità a un fiume, a un’onda amorosa che sgorga dal Padre, fluisce e rifluisce nel Figlio, per essere poi felicemente diffusa nello Spirito Santo.
Cari amici, autori come Ugo e Riccardo di San Vittore elevano il nostro animo alla contemplazione delle realtà divine. Nello stesso tempo, l’immensa gioia che ci procurano il pensiero, l’ammirazione e la lode della Santissima Trinità, fonda e sostiene l’impegno concreto di ispirarci a tale modello perfetto di comunione nell’amore per costruire le nostre relazioni umane di ogni giorno.
La Trinità è veramente comunione perfetta! Come cambierebbe il mondo se nelle famiglie, nelle parrocchie e in ogni altra comunità i rapporti fossero vissuti seguendo sempre l’esempio delle tre Persone divine, in cui ognuna vive non solo con l’altra, ma per l’altra e nell’altra!
Lo ricordavo qualche mese fa all’Angelus: “Solo l'amore ci rende felici, perché viviamo in relazione, e viviamo per amare e per essere amati” (L’Oss. Rom., 8-9 giugno 2009, p. 1). È l’amore a compiere questo incessante miracolo: come nella vita della Santissima Trinità, la pluralità si ricompone in unità, dove tutto è compiacenza e gioia.
Con sant’Agostino, tenuto in grande onore dai Vittorini, possiamo esclamare anche noi: “Vides Trinitatem, si caritatem vides - contempli la Trinità, se vedi la carità” (De Trinitate VIII, 8,12).
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martedì 24 novembre 2009
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A CARPINETO ROMANO (5 SETTEMBRE 2010): LO SPECIALE DEL BLOG
DISCORSI ED OMELIE DEL SANTO PADRE A CARPINETO ROMANO
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La visita del Papa a Carpineto Romano nell'analisi di Giovanna Speranza (Ciociaria Oggi)
Messaggio per la GMG: testo finora trascurato o frainteso dai media. La visita a Carpineto Romano (Vian)
La visita apostolica a Carpineto Romano sulle orme di Leone XIII: il bilancio del vescovo di Anagni-Alatri
Benedetto XVI: «Carpineto, che gioia essere qui fra voi» (Galati)
A Carpineto Romano in primo piano il lavoro (Ivan Quiselli)
Il Papa a Carpineto Romano: ogni pastore trasmette "sapienza" (Sir)
Per affrontare «la questione sociale» servono «il dialogo e la mediazione», come aveva insegnato alla fine dell'Ottocento Papa Pecci (Tornielli)
Benedetto XVI e l'attualità dell'insegnamento di Leone XIII (Sir)
Una messa come non si era mai vista a Carpineto. Benedetto XVI: «Anche il Pontefice si deve misurare con la devozione profonda» (Gagliarducci)
Il Papa: Cattolici fermi sui principi ma aperti al dialogo (Izzo)
ARTICOLI, NOTIZIE E COMMENTI DEL 5 SETTEMBRE 2010
La visita del Papa a Carpineto Romano nei riassunti di Salvatore Izzo
Benedetto XVI: i cristiani, “forza pacifica di cambiamento” (Zenit)
Il Papa rende omaggio a Leone XIII simbolo dell'impegno socio-politico (Corriere)
Oggi l’omaggio a Leone XIII profeta di giustizia sociale (Gambassi)
Il Papa: i cattolici offrano una partecipazione costruttiva, ricca di contenuti, ferma sui principi (AsiaNews)
Il Papa sulle orme di Leone XIII: il commento dell'Ansa che sceglie di non parlare dell'Angelus
Il Papa: Affrontare questione sociale con dialogo e mediazione (Apcom)
Ogni Pastore è chiamato a trasmettere non verità astratte, ma una ‘sapienza’, che coniuga fede e vita: così il Papa a Carpineto Romano
Il Papa: la Rerum novarum intramontabile lascito di Leone XIII (Adnkronos)
Il Papa: Leone XIII ha saputo affrontare un periodo storico tra i più difficili per la Chiesa
Due ali di folla festante accolgono il Papa a Carpineto Romano (Ansa)
Il Papa è a Carpineto sulle orme di Leone XIII, il Pontefice della dottrina sociale cristiana (Tg1)
Nel segno di un Leone. L'omaggio di Benedetto XVI a Papa Pecci (Aldo Maria Valli)
Domani il Papa sulla orme di Leone XIII. Le campane di Papa Pecci (Gualtiero Bassetti)
ARTICOLI E COMMENTI PRECEDENTI LA VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE
Il Papa a Carpineto Romano. La continuità di una missione al servizio della Chiesa e dell'umanità (Lorenzo Loppa)
La visita di Benedetto XVI a Carpineto Romano per il bicentenario della nascita di Leone XIII (Radio Vaticana)
Il Papa sulle orme di Leone XIII. Domani a Carpineto. Il vescovo Loppa: entusiasmo e speranza (Cardinale)
Benedetto XVI domani a Carpineto troverà il San Francesco del Caravaggio
Anche il Papa parla di lavoro. È un filo solido quello che lega Benedetto XVI al suo predecessore Leone XIII (Valli)
Sulle orme di Leone XIII: la visita di Benedetto XVI a Carpineto Romano, che diede i natali a Papa Pecci
Domenica il Papa a Carpineto Romano sui passi di Leone XIII (Bobbio)
Il 5 settembre il Papa visiterà Carpineto Romano. Tornerà a Castel Gandolfo già per la recita dell’Angelus
Benedetto XVI a settembre in visita a Carpineto Romano. Omaggio a Leone XIII (Osservatore Romano)
Benedetto XVI visiterà il paese natale di Leone XIII nel bicentenario del Papa della “Rerum Novarum” (Zenit)
Carpineto Romano celebra i 200 anni dalla nascita del suo illustre concittadino, Leone XIII, aspettando la visita del Papa. Intervista con mons. Loppa
Annunciate oggi nelle varie diocesi le visite pastorali del Santo Padre in Italia nell'anno 2010: Torino, Sulmona, Carpineto Romano e Palermo (R.V.)
VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A CARPINETO ROMANO (5 SETTEMBRE 2010) - PROGRAMMA
domenica 22 novembre 2009
Il Papa: "Scegliere Cristo non garantisce il successo secondo i criteri del mondo, ma assicura quella pace e quella gioia che solo Lui può dare"
ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
A più di venti ore di distanza dalla lettura del testo da parte del Papa, finalmente online il testo dell'Angelus
L'ennesima débâcle comunicativa della Santa Sede: il testo dell'Angelus introvabile, la foto con il cantante croato Marko Perkovic e tanto altro...
Angelus del 22 novembre 2009: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
Vedi anche:
Benedetto XVI all'Angelus: Cristo è un Re che domina con l'amore e la speranza, senza imporsi ma rispettando la libertà dell'uomo (Radio Vaticana)
Medio Oriente, il Papa: i Cattolici di Terra Santa non perdano la speranza (Izzo)
All'Angelus il Papa elogia le donne che consacrano la vita a Dio (Apcom)
Il Papa: il Regno di Cristo non si impone ma rispetta la libertà (Izzo)
Il Papa: Scegliere Cristo Re non garantisce il successo, ma pace e gioia fino al martirio (AsiaNews)
Il Papa: stare con Gesù non garantisce il successo ma la gioia (Izzo)
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 22.11.2009
Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
In quest’ultima domenica dell’Anno liturgico celebriamo la solennità di Gesù Cristo Re dell’universo, una festa di istituzione relativamente recente, che però ha profonde radici bibliche e teologiche.
Il titolo di "re", riferito a Gesù, è molto importante nei Vangeli e permette di dare una lettura completa della sua figura e della sua missione di salvezza. Si può notare a questo proposito una progressione: si parte dall’espressione "re d’Israele" e si giunge a quella di re universale, Signore del cosmo e della storia, dunque molto al di là delle attese dello stesso popolo ebraico.
Al centro di questo percorso di rivelazione della regalità di Gesù Cristo sta ancora una volta il mistero della sua morte e risurrezione. Quando Gesù viene messo in croce, i sacerdoti, gli scribi e gli anziani lo deridono dicendo: "E’ il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui" (Mt 27,42). In realtà, proprio in quanto è il Figlio di Dio Gesù si è consegnato liberamente alla sua passione, e la croce è il segno paradossale della sua regalità, che consiste nella vittoria della volontà d’amore di Dio Padre sulla disobbedienza del peccato. E’ proprio offrendo se stesso nel sacrificio di espiazione che Gesù diventa il Re universale, come dichiarerà Egli stesso apparendo agli Apostoli dopo la risurrezione: "A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra" (Mt 28,18).
Ma in che cosa consiste il "potere" di Gesù Cristo Re? Non è quello dei re e dei grandi di questo mondo; è il potere divino di dare la vita eterna, di liberare dal male, di sconfiggere il dominio della morte. È il potere dell’Amore, che sa ricavare il bene dal male, intenerire un cuore indurito, portare pace nel conflitto più aspro, accendere la speranza nel buio più fitto.
Questo Regno della Grazia non si impone mai, e rispetta sempre la nostra libertà. Cristo è venuto a "rendere testimonianza alla verità" (Gv 18,37) – come dichiarò di fronte a Pilato –: chi accoglie la sua testimonianza, si pone sotto la sua "bandiera", secondo l’immagine cara a sant’Ignazio di Loyola.
Ad ogni coscienza, dunque, si rende necessaria – questo sì – una scelta: chi voglio seguire? Dio o il maligno? La verità o la menzogna? Scegliere per Cristo non garantisce il successo secondo i criteri del mondo, ma assicura quella pace e quella gioia che solo Lui può dare.
Lo dimostra, in ogni epoca, l’esperienza di tanti uomini e donne che, in nome di Cristo, in nome della verità e della giustizia, hanno saputo opporsi alle lusinghe dei poteri terreni con le loro diverse maschere, sino a sigillare con il martirio questa loro fedeltà.
Cari fratelli e sorelle, quando l’Angelo Gabriele portò l’annuncio a Maria, Le preannunciò che il suo Figlio avrebbe ereditato il trono di Davide e regnato per sempre (cfr Lc 1,32-33). E la Vergine Santa credette ancor prima di donarLo al mondo. Dovette, poi, senz’altro domandarsi quale nuovo genere di regalità fosse quella di Gesù, e lo comprese ascoltando le sue parole e soprattutto partecipando intimamente al mistero della sua morte di croce e della sua risurrezione. Chiediamo a Maria di aiutare anche noi a seguire Gesù, nostro Re, come ha fatto Lei, e a renderGli testimonianza con tutta la nostra esistenza.
DOPO L’ANGELUS
Oggi, a Nazaret si svolge la cerimonia di beatificazione di Suor Marie-Alphonsine Danil Ghattas, nata a Gerusalemme nel 1843 in una famiglia cristiana, che comprendeva ben diciannove figli. Scoprì ben presto la vocazione alla vita religiosa, a cui si appassionò, nonostante le iniziali difficoltà poste dalla famiglia. A lei va il merito di fondare una Congregazione formata solo da donne del posto, con lo scopo dell’insegnamento religioso, per vincere l’analfabetismo ed elevare le condizioni della donna di quel tempo nella terra dove Gesù stesso ne esaltò la dignità. Punto centrale della spiritualità di questa nuova Beata è l’intensa devozione alla Vergine Maria, modello luminoso di vita interamente consacrata a Dio: il Santo Rosario era la sua preghiera continua, la sua ancora di salvezza, la sua fonte di grazie. La beatificazione di questa così significativa figura di donna è di particolare conforto per la Comunità cattolica in Terra Santa ed è un invito ad affidarsi sempre, con ferma speranza, alla Divina Provvidenza e alla materna protezione di Maria.
Ieri, nella memoria della Presentazione della Beata Vergine Maria al Tempio, ricorreva la Giornata pro orantibus, in favore delle comunità religiose di clausura. Colgo volentieri l’occasione per rivolgere ad esse il mio cordiale saluto, rinnovando a tutti l’invito a sostenerle nelle loro necessità. Sono lieto anche, in questa circostanza, di ringraziare pubblicamente le monache che si sono avvicendate nel piccolo Monastero in Vaticano: Clarisse, Carmelitane, Benedettine e, da poco, Visitandine. La vostra preghiera, care sorelle, è molto preziosa per il mio ministero.
Chers pèlerins de langue française soyez les bienvenus. En ce jour où nous célébrons le Christ Roi de l’univers, l’Evangile nous invite à contempler le Crucifié et à nous laisser humblement sauver par Lui. Ainsi nous aurons accès à son Royaume de lumière. C’est dans l’abaissement du Christ en croix que nous pouvons découvrir la toute puissance divine. Confions-nous à la Vierge Marie, notre Mère et notre Reine, afin qu’elle nous conduise jusqu’au Royaume de justice et de paix de son Fils Jésus ! Bonne semaine à tous !
I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present at this Angelus on the Solemnity of Christ the King. His Kingdom is not built upon the power of this world but comes to us when we accept the presence of God in our hearts and live in his light. Let us strive to follow closely in the footsteps of Christ the Servant King and bear constant witness to his merciful love and his saving truth! God’s blessings upon you all!
Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Gäste hier auf dem Petersplatz. Mit dem heutigen Christkönigssonntag findet das liturgische Kirchenjahr seinen Abschluß. Christus ist in die Welt gekommen, um mit der Hingabe seines Lebens für die Wahrheit der Liebe Gottes Zeugnis abzulegen. Hören wir auf seine Stimme und bitten wir um das Kommen seines Reiches der Heiligkeit und der Gnade, der Gerechtigkeit, der Liebe und des Friedens (Präfation). Christus, der Herrscher über Himmel und Erde, schenke uns sein Erbarmen und sein Heil.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias de Santo Tomás Apóstol y Santo Domingo Savio, de Valencia. Con la Festividad de Jesucristo, Rey del Universo, concluimos el Año Litúrgico, ensalzando una vez más el señorío de Cristo. Él es "el Alfa y Omega, el que es, el que era y el que viene, el Todopoderoso", como escuchamos este domingo en la lectura del libro del Apocalipsis. Os invito a que, a imitación de la Virgen María, "la esclava del Señor", sirváis continuamente a Dios y a los hermanos y, junto con toda la Creación, glorifiquéis con vuestras vidas al Rey del Universo. Muchas gracias y feliz domingo.
Drodzy Polacy, Bracia i Siostry! Uroczystoу Chrystusa Króla przypomina, óe celem dóe½ cz»owieka nie jest doczesne królestwo przemocy, pienidza czy przyjemnoÑci, lecz Boóe Królestwo: „prawdy i óycia, Ñwi"toÑci i »aski, sprawiedliwoÑci, mi»oÑci i pokoju". Niech nasze óycie b"dzie Ñwiadectwem realizacji tego ewangelicznego or"dzia. Chrystus Król niech nam b»ogos»awi!
[Cari polacchi! Fratelli e sorelle! La Solennità di Gesù Cristo, Re dell’Universo ci ricorda che la meta delle aspirazioni dell’uomo non è il regno terreno della violenza, del denaro o dei piaceri mondani, ma il Regno di Dio: «di verità e di vita, di santità e di grazia, di giustizia, d’amore e di pace». La nostra vita sia testimonianza della realizzazione di questo messaggio evangelico. Cristo Re ci benedica!]
Rivolgo infine un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli venuti da Berchiddeddu – diocesi di Ozieri – e dalle parrocchie romane dell’Ascensione e dei Santi Antonio e Annibale Maria di Francia. Saluto inoltre i partecipanti all’incontro promosso dal Movimento Cristiano Lavoratori sulla realtà dei lavoratori immigrati.
A tutti auguro una buona domenica.
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