8 mesi fa
domenica 31 gennaio 2010
Il Papa: "L’amore è l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo"
ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
Il Papa e le colombe "ribelli": il video preparato dal nostro Gatto :-)
ANGELUS: VIDEO, SERVIZI, PODCAST E FOTO
Angelus del 31 gennaio 2010: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
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LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 31.01.2010
Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Presenti oggi, tra gli altri, i Ragazzi dell’Azione Cattolica della diocesi di Roma che concludono con la "Carovana della Pace" il mese di gennaio da loro tradizionalmente dedicato al tema della pace. Al termine della preghiera dell’Angelus due bambini, invitati nell’appartamento pontificio, liberano dalla finestra due colombe, simbolo di pace.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
Nella liturgia di questa domenica si legge una delle pagine più belle del Nuovo Testamento e di tutta la Bibbia: il cosiddetto "inno alla carità" dell’apostolo Paolo (1 Cor 12,31-13,13).
Nella sua Prima Lettera ai Corinzi, dopo aver spiegato, con l’immagine del corpo, che i diversi doni dello Spirito Santo concorrono al bene dell’unica Chiesa, Paolo mostra la "via" della perfezione.
Questa – dice – non consiste nel possedere qualità eccezionali: parlare lingue nuove, conoscere tutti i misteri, avere una fede prodigiosa o compiere gesti eroici. Consiste invece nella carità – agape – cioè nell’amore autentico, quello che Dio ci ha rivelato in Gesù Cristo. La carità è il dono "più grande", che dà valore a tutti gli altri, eppure "non si vanta, non si gonfia d’orgoglio", anzi, "si rallegra della verità" e del bene altrui. Chi ama veramente "non cerca il proprio interesse", "non tiene conto del male ricevuto", "tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (cfr 1 Cor 13,4-7).
Alla fine, quando ci incontreremo faccia a faccia con Dio, tutti gli altri doni verranno meno; l’unico che rimarrà in eterno sarà la carità, perché Dio è amore e noi saremo simili a Lui, in comunione perfetta con Lui.
Per ora, mentre siamo in questo mondo, la carità è il distintivo del cristiano. E’ la sintesi di tutta la sua vita: di ciò che crede e di ciò che fa.
Per questo, all’inizio del mio pontificato, ho voluto dedicare la mia prima Enciclica proprio al tema dell’amore: Deus caritas est. Come ricorderete, questa Enciclica si compone di due parti, che corrispondono ai due aspetti della carità: il suo significato, e quindi la sua attuazione pratica.
L’amore è l’essenza di Dio stesso, è il senso della creazione e della storia, è la luce che dà bontà e bellezza all’esistenza di ogni uomo. Al tempo stesso, l’amore è, per così dire, lo "stile" di Dio e dell’uomo credente, è il comportamento di chi, rispondendo all’amore di Dio, imposta la propria vita come dono di sé a Dio e al prossimo. In Gesù Cristo questi due aspetti formano una perfetta unità: Egli è l’Amore incarnato.
Questo Amore ci è rivelato pienamente nel Cristo crocifisso. Fissando lo sguardo su di Lui, possiamo confessare con l’apostolo Giovanni: "Noi abbiamo riconosciuto l’amore che Dio ha per noi e vi abbiamo creduto" (cfr 1 Gv 4,16; Enc. Deus caritas est, 1).
Cari amici, se pensiamo ai Santi, riconosciamo la varietà dei loro doni spirituali, e anche dei loro caratteri umani. Ma la vita di ognuno di essi è un inno alla carità, un cantico vivente all’amore di Dio! Oggi, 31 gennaio, ricordiamo in particolare san Giovanni Bosco, fondatore della Famiglia Salesiana e patrono dei giovani. In questo Anno Sacerdotale vorrei invocare la sua intercessione affinché i sacerdoti siano sempre educatori e padri dei giovani; e perché, sperimentando questa carità pastorale, tanti giovani accolgano la chiamata a dare la vita per Cristo e per il Vangelo. Maria Ausiliatrice, modello di carità, ci ottenga queste grazie.
DOPO L’ANGELUS
L’ultima domenica di gennaio è la Giornata Mondiale dei Malati di Lebbra. Il pensiero va spontaneamente a Padre Damiano de Veuster, che diede la vita per questi fratelli e sorelle, e che nello scorso ottobre ho proclamato santo. Alla sua celeste protezione affido tutte le persone che purtroppo ancora oggi soffrono per questa malattia, come pure gli operatori sanitari e i volontari che si prodigano perché possa esistere un mondo senza lebbra. Saluto in particolare l’Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau.
Oggi si celebra anche la seconda Giornata di Intercessione per la Pace in Terra Santa. In comunione con il Patriarca Latino di Gerusalemme e il Custode di Terrasanta, mi unisco spiritualmente alla preghiera di tanti cristiani di ogni parte del mondo, mentre saluto di cuore quanti sono qui convenuti per tale circostanza.
La crisi economica sta causando la perdita di numerosi posti di lavoro, e questa situazione richiede grande senso di responsabilità da parte di tutti: imprenditori, lavoratori, governanti. Penso ad alcune realtà difficili in Italia, come, ad esempio, Termini Imerese e Portovesme; mi associo pertanto all’appello della Conferenza Episcopale Italiana, che ha incoraggiato a fare tutto il possibile per tutelare e far crescere l’occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e adeguato al sostentamento delle famiglie.
Un messaggio di pace ci portano anche i ragazzi e le ragazze dell’Azione Cattolica di Roma. Qui accanto a me ci sono due di loro, che saluto insieme a tutti gli altri che si trovano nella Piazza, accompagnati dal Cardinale Vicario, dai familiari e dagli educatori. Cari ragazzi, vi ringrazio perché, con la vostra "Carovana della pace" e col simbolo delle colombe che tra poco faremo volare, voi date a tutti un segno di speranza. Ora ascoltiamo il messaggio che avete preparato.
[un ragazzo legge il messaggio]
Chers pèlerins francophones, la Parole de Dieu nous convie aujourd’hui à accueillir avec foi notre vocation chrétienne, car chacun de nous est appelé à faire fructifier les dons qu’il a reçus pour bâtir l’Église. En cette Année Sacerdotale, demandons au Seigneur que sa Parole bouscule de nombreux jeunes hommes afin qu’ils puissent entendre son appel à le suivre comme prêtre et y répondre avec générosité. Que la Vierge Marie, Mère de l’Église, soutienne tous ceux qui sont engagés dans l’humble et exaltant ministère sacerdotal ! Bon dimanche et bonne semaine à tous !
I am happy to greet all the English-speaking pilgrims and visitors present for this Angelus prayer. In today’s Liturgy we are reminded that Jesus, like the prophets who came before him, was not well received in his homeland and among his relatives and friends. His message brings great joy but also requires open minds and generous hearts. Let us ask for the grace and courage to be always faithful to Jesus in words and deeds. I wish you all a pleasant stay in Rome and a blessed Sunday!
Ein herzliches Grüß Gott sage ich den Pilgern und Gästen deutscher Sprache. Gott hat uns aus Liebe erschaffen und will, daß wir ihn mit ungeteiltem Herzen anbeten und die Menschen lieben, wie er sie liebt (vgl. Tagesgebet). Bitten wir den Herrn, daß wir fähig werden, seiner großen Liebe zu entsprechen, die alles vollkommen macht und uns mit der Ewigkeit verbindet. Die Liebe hört niemals auf, sagt der Apostel Paulus (1 Kor 13,8). Sie ist Maß und Richtschnur für unser Reden und Handeln, für unser Glauben und Hoffen. Dann finden wir das wahre Leben in der Gemeinschaft mit Gott und mit unseren Mitmenschen. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag und eine gute Woche.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a las Comunidades parroquiales venidas de San Sebastián de los Reyes, el Puerto de Santa María, Arcos de la Frontera, San Fernando y Madrid, así como a los grupos de estudiantes y profesores de Valdelacalzada, Talavera La Real y del Colegio San Atón, de Badajoz. Pidamos a la Virgen María que interceda por nosotros para que, como nos exhorta san Pablo en la liturgia de ese domingo, sepamos vivir una vida de auténtico amor. De un amor que se alimenta del encuentro con Cristo en la Eucaristía y se manifiesta en gestos concretos de atención y caridad hacia el prójimo. Feliz domingo
Radujem se što mogu pozdraviti učenike i profesore klasične gimnazije iz Pazina, u Hrvatskoj. Dragi prijatelji, želim vam da vaš posjet Rimu bude koristan za vaš studij, i da hodočašće na grobove apostola Petra i Pavla učvrsti u vama vjeru i ljubav prema Crkvi. Bog vas blagoslovio!
[Sono lieto di salutare gli allievi e i professori del Liceo Classico di Pazin, in Croazia. Cari amici, vi auguro che la visita a Roma sia proficua per i vostri studi, e che il pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo rafforzi in voi la fede e l’amore alla Chiesa. Il Signore vi benedica!]
Słowa pozdrowienia kieruję do Polaków. Dzisiaj święty Paweł przypomina nam, że bezinteresowna miłość weryfikuje naszą wiarę, czystość intencji i wartość dokonań. Jest odbiciem blasku odwiecznej miłości Boga, w którym odsłania się ostateczny sens naszego życia i działania. Prośmy Boga o dar takiej miłości dla nas i dla wszystkich ludzi. Serdecznie wam błogosławię.
[Parole di saluto rivolgo ai polacchi. Oggi san Paolo ci ricorda che l’amore disinteressato verifica la nostra fede, la chiarezza delle intenzioni e il valore delle opere. Esso è un riflesso dell’eterno amore di Dio, nel quale si rivela il senso finale della nostra vita e delle nostre azioni. Chiediamo a Dio il dono di tale amore per noi e per tutti gli uomini. Vi benedico di cuore.]
Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Bari, Taranto, Nettuno e Cecchina. A tutti auguro una buona domenica. Ed ora con i ragazzi dell’A.C.R. liberiamo le colombe della pace.
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venerdì 29 gennaio 2010
Il Papa: Occorre prendere atto della diffusa e radicata tendenza che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra
Vedi anche:
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Richiamo del Papa alla Rota Romana: deve essere evitata la "semplice accondiscendenza ai desideri ed alle aspettative delle parti" (Vecchi)
Il Papa: I giudici decidano secondo giustizia, gli avvocati evitino «con cura» di sostenere cause perse (Conte)
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Benedetto XVI alla Rota Romana: non separare carità e giustizia nei processi di nullità matrimoniale (Radio Vaticana)
Nullità del matrimonio, il Papa: gli avvocati evitino di assumere il patrocinio di cause oggettivamente non sostenibili (Izzo)
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Rota Romana, il Papa chiede più rigore sui matrimoni nulli
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Nullità del matrimonio, il Papa: occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale
UDIENZA AL TRIBUNALE DELLA ROTA ROMANA IN OCCASIONE DELL’INAUGURAZIONE DELL’ANNO GIUDIZIARIO, 29.01.2010
Alle ore 12 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Prelati Uditori, gli Officiali e gli Avvocati del Tribunale della Rota Romana in occasione della solenne inaugurazione dell’Anno giudiziario.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge loro:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Cari Componenti del Tribunale della Rota Romana!
Sono lieto di incontrarvi ancora una volta per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario. Saluto cordialmente il Collegio dei Prelati Uditori, ad iniziare dal Decano, Mons. Antoni Stankiewicz, che ringrazio per le parole che mi ha rivolto a nome dei presenti. Estendo il mio saluto ai Promotori di Giustizia, ai Difensori del Vincolo, agli altri Officiali, agli Avvocati e a tutti i Collaboratori di codesto Tribunale Apostolico, come pure ai Membri dello Studio Rotale. Colgo volentieri l’occasione per rinnovarvi l’espressione della mia profonda stima e della mia sincera gratitudine per il vostro ministero ecclesiale, ribadendo, allo stesso tempo, la necessità della vostra attività giudiziaria. Il prezioso lavoro che i Prelati Uditori sono chiamati a svolgere con diligenza, a nome e per mandato di questa Sede Apostolica, è sostenuto dalle autorevoli e consolidate tradizioni di codesto Tribunale, al cui rispetto ciascuno di voi deve sentirsi personalmente impegnato.
Oggi desidero soffermarmi sul nucleo essenziale del vostro ministero, cercando di approfondirne i rapporti con la giustizia, la carità e la verità. Farò riferimento soprattutto ad alcune considerazioni esposte nell’Enciclica Caritas in veritate, le quali, pur essendo considerate nel contesto della dottrina sociale della Chiesa, possono illuminare anche altri ambiti ecclesiali.
Occorre prendere atto della diffusa e radicata tendenza, anche se non sempre manifesta, che porta a contrapporre la giustizia alla carità, quasi che una escluda l’altra. In questa linea, riferendosi più specificamente alla vita della Chiesa, alcuni ritengono che la carità pastorale potrebbe giustificare ogni passo verso la dichiarazione della nullità del vincolo matrimoniale per venire incontro alle persone che si trovano in situazione matrimoniale irregolare. La stessa verità, pur invocata a parole, tenderebbe così ad essere vista in un'ottica strumentale, che l’adatterebbe di volta in volta alle diverse esigenze che si presentano.
Partendo dall’espressione "amministrazione della giustizia", vorrei ricordare innanzitutto che il vostro ministero è essenzialmente opera di giustizia: una virtù - "che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto" (CCC, n. 1807) - della quale è quanto mai importante riscoprire il valore umano e cristiano, anche all'interno della Chiesa.
Il Diritto Canonico, a volte, è sottovalutato, come se esso fosse un mero strumento tecnico al servizio di qualsiasi interesse soggettivo, anche non fondato sulla verità. Occorre invece che tale Diritto venga sempre considerato nel suo rapporto essenziale con la giustizia, nella consapevolezza che nella Chiesa l’attività giuridica ha come fine la salvezza delle anime e "costituisce una peculiare partecipazione alla missione di Cristo Pastore… nell’attualizzare l’ordine voluto dallo stesso Cristo" (Giovanni Paolo II, Allocuzione alla Rota Romana, 18 gennaio 1990, in AAS 82 [1990], p. 874, n.4).
In questa prospettiva è da tenere presente, qualunque sia la situazione, che il processo e la sentenza sono legati in modo fondamentale alla giustizia e si pongono al suo servizio. Il processo e la sentenza hanno una grande rilevanza sia per le parti, sia per l’intera compagine ecclesiale e ciò acquista un valore del tutto singolare quando si tratta di pronunciarsi sulla nullità di un matrimonio, il quale riguarda direttamente il bene umano e soprannaturale dei coniugi, nonché il bene pubblico della Chiesa. Oltre a questa dimensione che potremmo definire "oggettiva" della giustizia, ne esiste un’altra, inseparabile da essa, che riguarda gli "operatori del diritto", coloro, cioè, che la rendono possibile.
Vorrei sottolineare come essi devono essere caratterizzati da un alto esercizio delle virtù umane e cristiane, in particolare della prudenza e della giustizia, ma anche della fortezza. Quest’ultima diventa più rilevante quando l'ingiustizia appare la via più facile da seguire, in quanto implica accondiscendenza ai desideri e alle aspettative delle parti, oppure ai condizionamenti dell'ambiente sociale.
In tale contesto, il giudice che desidera essere giusto e vuole adeguarsi al paradigma classico della "giustizia vivente" (cfr Aristotele, Etica nicomachea, V, 1132a), sperimenta la grave responsabilità davanti a Dio e agli uomini della sua funzione, che include altresì la dovuta tempestività in ogni fase del processo: «quam primum, salva iustitia» (Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Instr. Dignitas connubii, art. 72). Tutti coloro che operano nel campo del Diritto, ognuno secondo la propria funzione, devono essere guidati dalla giustizia. Penso in particolare agli avvocati, i quali devono non soltanto porre ogni attenzione al rispetto della verità delle prove, ma anche evitare con cura di assumere, come legali di fiducia, il patrocinio di cause che, secondo la loro coscienza, non siano oggettivamente sostenibili.
L’azione, poi, di chi amministra la giustizia non può prescindere dalla carità. L'amore verso Dio e verso il prossimo deve informare ogni attività, anche quella apparentemente più tecnica e burocratica. Lo sguardo e la misura della carità aiuterà a non dimenticare che si è sempre davanti a persone segnate da problemi e da sofferenze.
Anche nell’ambito specifico del servizio di operatori della giustizia vale il principio secondo cui "la carità eccede la giustizia" (Enc. Caritas in veritate, n. 6).
Di conseguenza, l'approccio alle persone, pur avendo una sua specifica modalità legata al processo, deve calarsi nel caso concreto per facilitare alle parti, mediante la delicatezza e la sollecitudine, il contatto con il competente tribunale. In pari tempo, è importante adoperarsi fattivamente ogni qualvolta si intraveda una speranza di buon esito, per indurre i coniugi a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza coniugale (cfr CIC, can. 1676).
Non va, inoltre, tralasciato lo sforzo di instaurare tra le parti un clima di disponibilità umana e cristiana, fondata sulla ricerca della verità (cfr Instr. Dignitas connubii, art. 65 §§ 2-3).
Tuttavia occorre ribadire che ogni opera di autentica carità comprende il riferimento indispensabile alla giustizia, tanto più nel nostro caso. "L'amore – «caritas» – è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace" (Enc. Caritas in veritate, n. 1). "Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è «inseparabile dalla carità», intrinseca ad essa" (Ibid., n. 6). La carità senza giustizia non è tale, ma soltanto una contraffazione, perché la stessa carità richiede quella oggettività tipica della giustizia, che non va confusa con disumana freddezza. A tale riguardo, come ebbe ad affermare il mio Predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, nell’allocuzione dedicata ai rapporti tra pastorale e diritto: "Il giudice […] deve sempre guardarsi dal rischio di una malintesa compassione che scadrebbe in sentimentalismo, solo apparentemente pastorale" (18 gennaio 1990, in AAS, 82 [1990], p. 875, n. 5).
Occorre rifuggire da richiami pseudopastorali che situano le questioni su un piano meramente orizzontale, in cui ciò che conta è soddisfare le richieste soggettive per giungere ad ogni costo alla dichiarazione di nullità, al fine di poter superare, tra l’altro, gli ostacoli alla ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia. Il bene altissimo della riammissione alla Comunione eucaristica dopo la riconciliazione sacramentale, esige invece di considerare l'autentico bene delle persone, inscindibile dalla verità della loro situazione canonica. Sarebbe un bene fittizio, e una grave mancanza di giustizia e di amore, spianare loro comunque la strada verso la ricezione dei sacramenti, con il pericolo di farli vivere in contrasto oggettivo con la verità della propria condizione personale.
Circa la verità, nelle allocuzioni rivolte a codesto Tribunale Apostolico, nel 2006 e nel 2007, ho ribadito la possibilità di raggiungere la verità sull'essenza del matrimonio e sulla realtà di ogni situazione personale che viene sottoposta al giudizio del tribunale (28 gennaio 2006, in AAS 98 [2006], pp. 135-138; e 27 gennaio 2007, in AAS 99 [2007], pp. 86-91; come pure sulla verità nei processi matrimoniali (cfr Instr. Dignitas connubii, artt. 65 §§ 1-2, 95 § 1, 167, 177, 178). Vorrei oggi sottolineare come sia la giustizia, sia la carità, postulino l'amore alla verità e comportino essenzialmente la ricerca del vero. In particolare, la carità rende il riferimento alla verità ancora più esigente. "Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita sono pertanto forme esigenti e insostituibili di carità. Questa, infatti, «si compiace della verità» (1 Cor 13, 6)" (Enc. Caritas in veritate, n. 1). "Solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta […]. Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario" (Ibid., n. 3).
Bisogna tener presente che un simile svuotamento può verificarsi non solo nell'attività pratica del giudicare, ma anche nelle impostazioni teoriche, che tanto influiscono poi sui giudizi concreti. Il problema si pone quando viene più o meno oscurata la stessa essenza del matrimonio, radicata nella natura dell'uomo e della donna, che consente di esprimere giudizi oggettivi sul singolo matrimonio. In questo senso, la considerazione esistenziale, personalistica e relazionale dell'unione coniugale non può mai essere fatta a scapito dell’indissolubilità, essenziale proprietà che nel matrimonio cristiano consegue, con l’unità, una peculiare stabilità in ragione del sacramento (cfr CIC, can. 1056). Non va, altresì, dimenticato che il matrimonio gode del favore del diritto. Pertanto, in caso di dubbio, esso si deve intendere valido fino a che non sia stato provato il contrario (cfr CIC, can. 1060). Altrimenti, si corre il grave rischio di rimanere senza un punto di riferimento oggettivo per le pronunce circa la nullità, trasformando ogni difficoltà coniugale in un sintomo di mancata attuazione di un'unione il cui nucleo essenziale di giustizia – il vincolo indissolubile – viene di fatto negato.
Illustri Prelati Uditori, Officiali ed Avvocati, vi affido queste riflessioni, ben conoscendo lo spirito di fedeltà che vi anima e l’impegno che profondete nel dare attuazione piena alle norme della Chiesa, nella ricerca del vero bene del Popolo di Dio. A conforto della vostra preziosa attività, su ciascuno di voi e sul vostro quotidiano lavoro invoco la materna protezione di Maria Santissima Speculum iustitiae e imparto con affetto la Benedizione Apostolica.
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giovedì 28 gennaio 2010
Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita...
Vedi anche:
Card. Cottier: «Papa Ratzinger ci ricorda che gli strumenti dell’Aquinate sono validi ancora oggi» (Cardinale)
Il Papa: la cultura di oggi è spesso superficiale e banale. Delicato ed importante il dialogo fra la Chiesa e gli artisti (Izzo)
Il Papa alle Pontificie Accademie: dialogare con le culture contemporanee (Sir)
La Chiesa ricorda San Tommaso d'Aquino, il Papa: fede e ragione ci mostrano che Dio è Amore (Radio Vaticana)
Il Papa alle Pontificie Accademie: promuovere un umanesimo cristiano che dia ragioni forti di vita e di speranza, soprattutto alle nuove generazioni
UDIENZA ALLE PONTIFICIE ACCADEMIE IN OCCASIONE DELLA XIV SEDUTA PUBBLICA, 28.01.2010
Alle 12.15 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Membri delle Pontificie Accademie in occasione della 14a Seduta Pubblica e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Presidenti e Accademici,
Signore e Signori!
Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell’anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L’odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza: "La formazione teologica del presbitero".
Oggi, memoria di San Tommaso d’Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130° anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50° della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d’Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio.
Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l’unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato.
La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l’azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l’Incontro con personalità del mondo dell’arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre.
In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana.
Come ho più volte affermato, l’odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale.
Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza.
Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani.
Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l’Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica.
Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l’azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede. Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni: Frà Tommaso – egli scrive - "nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti. Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l’avesse illuminato con una luce nuova: infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova?" (Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81).
Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d’Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della "ragione umana", nella piena fedeltà all’immutabile depositum fidei, occorre – come fece il "Doctor Communis" – attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della "verità delle cose".
Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano.
Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l’impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell’invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l’intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d’Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.
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mercoledì 27 gennaio 2010
Benedetto XVI: è importante notare che San Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui
CICLO DI CATECHESI SUI GRANDI SCRITTORI DELLA CHIESA DI ORIENTE ED OCCIDENTE NEL MEDIOEVO
CICLO DI CATECHESI SULLA TEOLOGIA MONASTICA E LA TEOLOGIA SCOLASTICA
UDIENZA GENERALE: IL VIDEO SU BENEDICT XVI.TV
CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
VISITA PASTORALE DI SUA SANTITA' BENEDETTO XVI AD ASSISI (17 GIUGNO 2007)
Il Papa ricorda la Shoah: "Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani" (Appello del Santo Padre)
Quando Benedetto XVI disse che, prima della conversione, San Francesco era una specie di «play-boy»...
Cantico di frate sole
Catechesi dell'udienza generale del 27 gennaio 2010: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
Vedi anche:
Lo stile sobrio e diretto di Benedetto XVI: quel rotolo di preghiera in tedesco nel filo spinato di Auschwitz (Sequeri)
Dal Papa dura condanna all'antisemitismo. L'Osservatore stigmatizza gli Italiani (Galeazzi)
Il Giorno della Memoria con Edith Stein (Stefania De Bonis)
Shoah, il Papa: mai più tali «crimini di inaudita efferatezza» (Gasparroni)
Il Papa: Cristo non è mai mio ma è sempre nostro, non posso averlo contro la Chiesa ma solo nella comunione della Chiesa (Izzo)
Benedetto XVI: mai più Auschwitz! Si commemora oggi il “Giorno della memoria” per ricordare la Shoah
Studenti giordani, palestinesi e israeliani insieme dal Papa (Osservatore Romano)
Il Papa incoraggia la lotta contro la distrofia muscolare, anche su Facebook (Izzo)
Il Papa: San Francesco è modello per il dialogo con l'islam (Izzo)
Benedetto XVI: "E' sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l'ambiente" (Izzo)
Il Papa: E' sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l'ambiente (Asca)
Il Papa parla di San Francesco, icona di Cristo, e ricorda le vittime della Shoah (AsiaNews)
Auschwitz mostrò al mondo quale orribile crimine, la megalomania disumana e l'odio razzista dell'ideologia nazista portarono in Germania (Izzo)
Indovina chi viene in sinagoga (Filippo Di Giacomo)
Il Papa: Francesco ha avuto una relazione immediatissima con Gesù e con la sua parola, che voleva seguire in tutta la sua radicalità (Apcom)
Il Papa ricorda la Shoah sia in tedesco sia in italiano (Apcom)
Il Papa ricorda le vittime della Shoah e quanti protessero i perseguitati a rischio della propria vita (Radio Vaticana)
Appello del Papa affinchè non si ripetano mai più tragedie come la Shoah
Il Papa: La testimonianza di Francesco continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio
Il Papa: San Francesco "modello" per il dialogo fra Cristiani e Musulmani (Sir)
L'incontro fra Benedetto e Francesco: una catechesi stupenda
Il Papa: San Francesco, un gigante della Santità (Sir)
L’UDIENZA GENERALE, 27.01.2010
L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 nell’Aula Paolo VI dove il Santo Padre ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Papa, riprendendo la catechesi sulla cultura cristiana nel Medioevo, si è soffermato sulla figura di San Francesco d’Assisi.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
Quindi ha pronunciato un appello in ricordo delle vittime della Shoah, nel "Giorno della memoria".
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.
CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA
San Francesco d'Assisi
Cari fratelli e sorelle,
in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo.
Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico “gigante” della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.
“Nacque al mondo un sole”.
Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato.
Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: “Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina”.
Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali.
Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo.
Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada.
E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita.
Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio.
Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.
Ritorniamo alla vita di san Francesco. Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco.
Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.
In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico.
Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità.
E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai “mio”, ma è sempre “nostro”, che il Cristo non posso averlo “io” e ricostruire “io” contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.
E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa.
Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.
Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa.
Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù.
Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo.
Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.
Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.
Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.
La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.
È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche “il fratello di Gesù”. In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù.
In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.
In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: “Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane” (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).
In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: “Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo” (Francesco di Assisi, Scritti, 399).
Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.
Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato.
Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.
Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!
Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: “Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro” (Francesco di Assisi, Scritti, 163).
Grazie
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Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte
IL PAPA E L'EBRAISMO: LO SPECIALE DEL BLOG
VISITA DEL SANTO PADRE ALLA SINAGOGA DI ROMA (17 GENNAIO 2010): LO SPECIALE DEL BLOG
CATECHESI DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
Benedetto XVI: "E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita...Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento" (Catechesi)
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Indovina chi viene in sinagoga (Filippo Di Giacomo)
Il Papa ricorda la Shoah sia in tedesco sia in italiano (Apcom)
Il Papa ricorda le vittime della Shoah e quanti protessero i perseguitati a rischio della propria vita (Radio Vaticana)
Appello del Papa affinchè non si ripetano mai più tragedie come la Shoah
APPELLO DEL SANTO PADRE
Sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli del campo di concentramento nazista della città polacca di Oświęcim, nota con il nome tedesco di Auschwitz, e vennero liberati i pochi superstiti. Tale evento e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista.
Oggi, si celebra il "Giorno della memoria", in ricordo di tutte le vittime di quei crimini, specialmente dell’annientamento pianificato degli Ebrei, e in onore di quanti, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida.
Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani. La memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie!
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VISITE DEL SANTO PADRE AL PONTIFICIO SEMINARIO ROMANO MAGGIORE IN OCCASIONE DELLA FESTA DELLA MADONNA DELLA FIDUCIA: LO SPECIALE DEL BLOG
Lectio divina del Santo Padre: "Andando a Roma, Pietro accetta di nuovo questa parola del Signore: va verso la Croce, e ci invita ad accettare anche noi l’aspetto martirologico del cristianesimo, che può avere forme molto diverse. E la croce può avere forme molto diverse, ma nessuno può essere cristiano senza seguire il Crocifisso, senza accettare anche il momento martirologico" ("Lectio divina" del Santo Padre presso il Seminario Romano Maggiore, 8 febbraio 2013)
Lectio divina del Santo Padre ai seminaristi: "Certamente abbiamo bisogno di informazioni, di conoscenza delle realtà del mondo, ma può essere poi un potere dell’apparenza; alla fine, quanto è detto conta di più che la realtà stessa. Un’apparenza si sovrappone alla realtà, diventa più importante, e l’uomo non segue più la verità del suo essere, ma vuole soprattutto apparire, essere conforme a queste realtà. E anche contro questo c’è il non conformismo cristiano: non vogliamo sempre "essere conformati", lodati, vogliamo non l’apparenza, ma la verità e questo ci dà libertà e la libertà vera cristiana: il liberarsi da questa necessità di piacere, di parlare come la massa pensa che dovrebbe essere, e avere la libertà della verità, e così ricreare il mondo in modo che non sia oppresso dall’opinione, dall’apparenza che non lascia più emergere la realtà stessa" ("Lectio divina" del Santo Padre presso il Seminario Romano Maggiore, 15 febbraio 2012)
Monumentale lectio divina del Papa al Seminario Romano Maggiore: "Dio mi chiama: questo fatto dovrebbe farci attenti alla voce di Dio, attenti alla sua Parola, alla sua chiamata per me, per rispondere, per realizzare questa parte della storia della salvezza per la quale ha chiamato me ("Lectio divina" del Santo Padre presso il Seminario Romano Maggiore, 4 marzo 2011)
Il Papa: "Io penso che chi ha capito questo, chi si è fatto toccare da questo mistero, che Dio si è svelato, si è squarciato il velo del tempio, mostrato il suo volto, trova una fonte di gioia permanente" (Monumentale "Lectio divina" del Santo Padre presso il Seminario Romano Maggiore, 12 febbraio 2010)
"Paolo dice: "Voi divenite come belve, uno morde l’altro". Accenna così alle polemiche che nascono dove la fede degenera in intellettualismo e l’umiltà viene sostituita dall’arroganza di essere migliori dell’altro" (Straordinaria "Lectio divina" del Santo Padre in occasione della visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 20 febbraio 2009)
Il Papa: "Il sacerdozio è un'avventura in questo mondo di oggi, ma un'avventura bellissima perché in realtà nella profondità del cuore c'è sete di Dio" (Discorso pronunciato "a braccio" al termine della visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 1° febbraio 2008)
Il Papa ai seminaristi: "Pregando e studiando, potete costruire in voi l’uomo di Dio che dovete essere e che la gente attende che il sacerdote sia" (Omelia pronunciata dal Papa durante la Celebrazione dei Vespri presso Pontificio Seminario Romano Maggiore, 1° febbraio 2008)
I seminaristi romani chiedono, il Papa risponde... (Risposte "a braccio" del Papa in occasione della visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 17 febbraio 2007)
Il Papa: "Egli ci appare sempre attento alla voce del Signore, che guida gli avvenimenti della storia e pronto a seguirne le indicazioni; sempre fedele, generoso e distaccato nel servizio; maestro efficace di preghiera e di lavoro nel nascondimento di Nazareth" (Discorso del Santo Padre in occasione della visita al Pontificio Seminario Romano Maggiore, 25 febbraio 2006)
lunedì 25 gennaio 2010
Come potranno gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i Cristiani, sebbene si richiamino tutti a Cristo, sono in disaccordo tra loro?
CICLO DI CATECHESI DEDICATE A SAN PAOLO APOSTOLO ED ALL'ANNO PAOLINO
Vedi anche:
Il Papa: «L’impegno per l’unità chiama tutti i cristiani» (Mazza)
Il Papa invita tutti i cristiani a dare già ora una testimonianza comune (Zenit)
Il Papa chiede una nuova evangelizzazione per un mondo, segnato dall'indifferenza religiosa e da una crescente avversione verso il cristianesimo
Il Papa: l’unità per annunciare il Vangelo a un mondo segnato dall’indifferenza religiosa (AsiaNews)
I Cristiani: testimoni e politici per il Papa e Bagnasco (Angela Ambrogetti)
Il Papa: Cristiani uniti per evangelizzare non solo i paesi lontani ma anche quelli di tradizione cristiana (Apcom)
Il Papa: La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità della loro testimonianza
Intervista al vescovo Brian Farrell: Per l'unità di due miliardi di cristiani (Marta Lago)
Benedetto XVI conclude la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani
Anglicanorum coetibus, “Forward in faith”: in preghiera con i Cattolici per la decisione migliore (Sir)
L'Abate Edmund Power: preghiera, Parola, ospitalità, la via benedettina verso l'unità (Radio Vaticana)
CELEBRAZIONE DEI VESPRI NELLA SOLENNITÀ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO, A CONCLUSIONE DELLA SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI, 25.01.2010
Alle 17.30 di questo pomeriggio, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione dei secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, a conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani sul tema "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 48).
Prendono parte alla celebrazione Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Papa pronuncia nel corso del rito:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle,
riuniti in fraterna assemblea liturgica, nella festa della conversione dell’apostolo Paolo, concludiamo oggi l’annuale Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Vorrei salutare voi tutti con affetto e, in particolare, il Cardinale Walter Kasper, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, e l’Arciprete di questa Basilica, Mons. Francesco Monterisi, con l’Abate e la Comunità dei monaci, che ci ospitano. Rivolgo, altresì, il mio cordiale pensiero ai Signori Cardinali presenti, ai Vescovi ed a tutti i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità ecclesiali della Città, qui convenuti.
Non sono passati molti mesi da quando si è concluso l’Anno dedicato a San Paolo, che ci ha offerto la possibilità di approfondire la sua straordinaria opera di predicatore del Vangelo, e, come ci ha ricordato il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani - "Di questo voi siete testimoni" (Lc 24, 48) -, la nostra chiamata ad essere missionari del Vangelo. Paolo, pur serbando viva ed intensa memoria del proprio passato di persecutore dei cristiani, non esita a chiamarsi Apostolo. A fondamento di tale titolo, vi è per lui l’incontro con il Risorto sulla via di Damasco, che diventa anche l’inizio di una instancabile attività missionaria, in cui spenderà ogni sua energia per annunciare a tutte le genti quel Cristo che aveva personalmente incontrato.
Così Paolo, da persecutore della Chiesa, diventerà egli stesso vittima di persecuzione a causa del Vangelo a cui dava testimonianza.
Scrive nella Seconda Lettera ai Corinzi: "Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i quaranta colpi meno uno; tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato... Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli; disagi e fatiche, veglie senza numero, fame e sete, frequenti digiuni, freddo e nudità. Oltre a tutto questo, il mio assillo quotidiano, la preoccupazione per tutte le Chiese" (2 Cor 11,24-25.26-28).
La testimonianza di Paolo raggiungerà il culmine nel suo martirio quando, proprio non lontano da qui, darà prova della sua fede nel Cristo che vince la morte.
La dinamica presente nell’esperienza di Paolo è la stessa che troviamo nella pagina del Vangelo che abbiamo appena ascoltato. I discepoli di Emmaus, dopo aver riconosciuto il Signore risorto, tornano a Gerusalemme e trovano gli Undici riuniti insieme con gli altri. Il Cristo risorto appare loro, li conforta, vince il loro timore, i loro dubbi, si fa loro commensale e apre il loro cuore all’intelligenza delle Scritture, ricordando quanto doveva accadere e che costituirà il nucleo centrale dell’annuncio cristiano. Gesù afferma: "Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme" (Lc 24,46-47).
Questi sono gli eventi dei quali renderanno testimonianza innanzitutto i discepoli della prima ora e, in seguito, i credenti in Cristo di ogni tempo e di ogni luogo. E’ importante, però, sottolineare che questa testimonianza, allora come oggi, nasce dall’incontro col Risorto, si nutre del rapporto costante con Lui, è animata dall’amore profondo verso di Lui. Solo chi ha fatto esperienza di sentire il Cristo presente e vivo – "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!" (Lc 24,39) -, di sedersi a mensa con Lui, di ascoltarlo perché faccia ardere il cuore, può essere Suo testimone! Per questo, Gesù promette ai discepoli e a ciascuno di noi una potente assistenza dall’alto, una nuova presenza, quella dello Spirito Santo, dono del Cristo risorto, che ci guida alla verità tutta intera: "Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso" (Lc 24,49), dice agli Undici e a noi. Gli Undici spenderanno tutta la vita per annunciare la buona notizia della morte e risurrezione del Signore e quasi tutti sigilleranno la loro testimonianza con il sangue del martirio, seme fecondo che ha prodotto un raccolto abbondante.
La scelta del tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno, l’invito, cioè, ad una testimonianza comune del Cristo risorto secondo il mandato che Egli ha affidato ai discepoli, è legata al ricordo del centesimo anniversario della Conferenza missionaria di Edimburgo in Scozia, che viene considerato da molti come un evento determinante per la nascita del movimento ecumenico moderno. Nell’estate del 1910, nella capitale scozzese si incontrarono oltre mille missionari, appartenenti a diversi rami del Protestantesimo e dell’Anglicanesimo, a cui si unì un ospite ortodosso, per riflettere insieme sulla necessità di giungere all’unità per annunciare credibilmente il Vangelo di Gesù Cristo.
Infatti, è proprio il desiderio di annunciare agli altri il Cristo e di portare al mondo il suo messaggio di riconciliazione che fa sperimentare la contraddizione della divisione dei cristiani. Come potranno, infatti, gli increduli accogliere l’annuncio del Vangelo se i cristiani, sebbene si richiamino tutti al medesimo Cristo, sono in disaccordo tra loro?
Del resto, come sappiamo, lo stesso Maestro, al termine dell’Ultima Cena, aveva pregato il Padre per i suoi discepoli: "Che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda" (Gv 17,21). La comunione e l’unità dei discepoli di Cristo è, dunque, condizione particolarmente importante per una maggiore credibilità ed efficacia della loro testimonianza.
Ad un secolo di distanza dall’evento di Edimburgo, l’intuizione di quei coraggiosi precursori è ancora attualissima. In un mondo segnato dall’indifferenza religiosa, e persino da una crescente avversione nei confronti della fede cristiana, è necessaria una nuova, intensa, attività di evangelizzazione, non solo tra i popoli che non hanno mai conosciuto il Vangelo, ma anche in quelli in cui il Cristianesimo si è diffuso e fa parte della loro storia.
Non mancano, purtroppo, questioni che ci separano gli uni dagli altri e che speriamo possano essere superate attraverso la preghiera e il dialogo, ma c’è un contenuto centrale del messaggio di Cristo che possiamo annunciare tutti assieme: la paternità di Dio, la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte con la sua croce e risurrezione, la fiducia nell’azione trasformatrice dello Spirito. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione, siamo chiamati ad offrire una testimonianza comune di fronte alle sfide sempre più complesse del nostro tempo, quali la secolarizzazione e l’indifferenza, il relativismo e l’edonismo, i delicati temi etici riguardanti il principio e la fine della vita, i limiti della scienza e della tecnologia, il dialogo con le altre tradizioni religiose. Vi sono poi ulteriori campi nei quali dobbiamo sin da ora dare una comune testimonianza: la salvaguardia del Creato, la promozione del bene comune e della pace, la difesa della centralità della persona umana, l’impegno per sconfiggere le miserie del nostro tempo, quali la fame, l’indigenza, l’analfabetismo, la non equa distribuzione dei beni.
L’impegno per l’unità dei cristiani non è compito solo di alcuni, né attività accessoria per la vita della Chiesa. Ciascuno è chiamato a dare il suo apporto per compiere quei passi che portino verso la comunione piena tra tutti i discepoli di Cristo, senza mai dimenticare che essa è innanzitutto dono di Dio da invocare costantemente. Infatti, la forza che promuove l’unità e la missione sgorga dall’incontro fecondo e appassionante col Risorto, come avvenne per San Paolo sulla via di Damasco e per gli Undici e gli altri discepoli riuniti a Gerusalemme. La Vergine Maria, Madre della Chiesa, faccia sì che quanto prima possa realizzarsi il desiderio del Suo Figlio: "Che tutti siano una sola cosa… perché il mondo creda" (Gv 17,21). Amen.
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Messaggio di Benedetto XVI al nuovo Patriarca di Serbia, Irinej: La assicuro della vicinanza della Chiesa Cattolica
IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI
Il vescovo Irinej eletto alla guida della Chiesa ortodossa
Messaggio di Benedetto XVI al nuovo Patriarca di Serbia
In occasione dell'elezione del vescovo di Nis, Irinej, a Patriarca della Chiesa ortodossa serba, Benedetto XVI ha inviato un messaggio di auguri del quale pubblichiamo qui di seguito il testo originale in lingua inglese.
Di seguito pubblichiamo una nostra traduzione in italiano del messaggio.
MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
Sono lieto di apprendere della sua elezione a Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba e prego affinché il Signore possa concederle abbondanti doni di grazia e di saggezza per lo svolgimento dei suoi alti doveri al servizio della Chiesa e del popolo a Lei affidato.
Succede al Patriarca Pavle, nostro fratello di felice memoria, Pastore fervente e stimato, che Le ha lasciato un'eredità ricca e profonda. In quanto grande Pastore e padre spirituale, ha efficacemente guidato la Chiesa e conservato la sua unità di fronte a molte sfide. Mi sento in dovere di esprimere apprezzamento per il suo esempio di fedeltà al Signore e per i suoi numerosi gesti di apertura alla Chiesa cattolica.
Prego dunque affinché il Signore le conceda, Santità, la forza interiore per consolidare l'unità e la crescita spirituale della Chiesa Ortodossa Serba e per stringere vincoli fraterni con altre Chiese e comunità ecclesiali. La assicuro della vicinanza della Chiesa cattolica e del suo impegno per la promozione di rapporti fraterni e di dialogo teologico, affinché quegli ostacoli che ancora impediscono una piena comunione fra noi possano essere superati. Che il Signore benedica i nostri sforzi comuni a questo proposito cosicché i discepoli di Cristo possano di nuovo essere, di fronte tutto il mondo, testimoni uniti del suo amore salvifico.
Dal Vaticano, 22 gennaio 2010.
BENEDICTUS XVI
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(©L'Osservatore Romano - 24 gennaio 2010)
domenica 24 gennaio 2010
Il Papa: La Chiesa è concepita come il corpo, di cui Cristo è il capo, e forma con Lui un tutt’uno...
ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA
Angelus del 24 gennaio 2010: traduzione nelle diverse lingue (da Zenit)
Angelus del Santo Padre: servizio di Stefano Maria Paci
Vedi anche:
Il Papa ed il dono dell'armonia: L'unità dei cristiani al servizio di ogni uomo (Zavattaro)
Il Papa: «Soluzioni giuste e pacifiche per l'immigrazione»
Il Papa: «Sull’immigrazione servono soluzioni giuste e pacifiche» (Tornielli)
Immigrazione, Papa Ratzinger: «Serve soluzione pacifica» (Gagliarducci)
Il Papa e Bagnasco: il Vangelo unisce, la Chiesa non sia divisa (Izzo)
Immigrazione, il Papa: pregare per soluzioni giuste e pacifiche (Izzo)
Il Papa: la comunione dei Cristiani rende credibile la Chiesa. Benedetto XVI ricorda San Francesco di Sales, Patrono dei giornalisti (Izzo)
Immigrazione, il Papa: "Servono soluzioni giuste e pacifiche"
A conclusione della Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani,domani il Papa presiederà la Celebrazione dei Vespri a San Paolo fuori le Mura
Card. Bagnasco: la tradizione cristiana orienti il futuro dell'Italia. I media amplificano il male ma possono favorire il bene (Izzo)
L’unità dei cristiani e la molteplicità dei carismi: al centro delle parole del Papa all’Angelus (Radio Vaticana)
Il Papa: la Chiesa sul web ma senza tentazioni presenzialistiche (Izzo)
Il Papa: L’unità fra i cristiani rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo (AsiaNews)
Il Papa: "Soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell'immigrazione" (Repubblica)
LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 24.01.2010
Alle ore 12 di oggi il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:
PRIMA DELL’ANGELUS
Cari fratelli e sorelle!
Tra le letture bibliche dell’odierna liturgia vi è il celebre testo della Prima Lettera ai Corinzi in cui san Paolo paragona la Chiesa al corpo umano. Così scrive l’Apostolo: "Come il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito" (1 Cor 12,12-13).
La Chiesa è concepita come il corpo, di cui Cristo è il capo, e forma con Lui un tutt’uno. Tuttavia ciò che all’Apostolo preme comunicare è l’idea dell’unità nella molteplicità dei carismi, che sono i doni dello Spirito Santo. Grazie ad essi, la Chiesa si presenta come un organismo ricco e vitale, non uniforme, frutto dell’unico Spirito che conduce tutti ad unità profonda, assumendo le diversità senza abolirle e realizzando un insieme armonioso.
Essa prolunga nella storia la presenza del Signore risorto, in particolare mediante i Sacramenti, la Parola di Dio, i carismi e i ministeri distribuiti nella comunità. Perciò, è proprio in Cristo e nello Spirito che la Chiesa è una e santa, cioè un’intima comunione che trascende le capacità umane e le sostiene.
Mi piace sottolineare questo aspetto mentre stiamo vivendo la "Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani", che si concluderà domani, festa della Conversione di San Paolo. Secondo la tradizione, nel pomeriggio celebrerò i Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, con la partecipazione dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali presenti a Roma. Invocheremo da Dio il dono della piena unità di tutti i discepoli di Cristo e, in particolare, secondo il tema di quest’anno, rinnoveremo l’impegno di essere insieme testimoni del Signore crocifisso e risorto (cfr Lc 24,48). La comunione dei cristiani, infatti, rende più credibile ed efficace l’annuncio del Vangelo, come affermò lo stesso Gesù pregando il Padre alla vigilia della sua morte: "Che siano una sola cosa … perché il mondo creda" (Gv 17,21).
Infine, cari amici, desidero ricordare la figura di san Francesco di Sales, la cui memoria liturgica ricorre il 24 gennaio. Nato in Savoia nel 1567, egli studiò il diritto a Padova e a Parigi e, chiamato dal Signore, divenne sacerdote. Si dedicò con grande frutto alla predicazione e alla formazione spirituale dei fedeli, insegnando che la chiamata alla santità è per tutti e che ciascuno – come dice san Paolo con il paragone del corpo – ha il suo posto nella Chiesa. San Francesco di Sales è patrono dei giornalisti e della stampa cattolica. Alla sua spirituale assistenza affido il Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che firmo ogni anno in questa occasione e che ieri è stato presentato in Vaticano.
La Vergine Maria, Madre della Chiesa, ci ottenga di progredire sempre nella comunione, per trasmettere la bellezza di essere una cosa sola nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
DOPO L’ANGELUS
Ieri, a Barcellona, è stato proclamato Beato José Samsó i Elías, sacerdote e martire catalano, ucciso durante la guerra civile. Da vero testimone di Cristo, morì perdonando i suoi persecutori. Per i sacerdoti, specialmente per i parroci, egli costituisce un modello di dedizione alla catechesi e alla carità verso i poveri.
En ce dimanche de la Semaine de prière pour l’unité des chrétiens, je salue avec joie les pèlerins francophones. Prenant la comparaison du corps humain, saint Paul met en lumière la solidarité qui doit exister entre tous les membres du Corps du Christ, l’Église. Chacun est donc invité à mettre en valeur les dons qu’il a reçus de l’Esprit en vue de la construction de ce Corps. Dieu veut que nous le servions dans l’unité de la foi. Demandons ardemment au Christ de faire à son Église le don de cette unité ! Que la Vierge Marie aide chacun et chacune sur ce chemin! Bon dimanche et bonne semaine à tous !
I am pleased to welcome all the English-speaking pilgrims to this Angelus. In today’s liturgy, Jesus tells us plainly that he has been anointed "to preach good news to the poor" (Lk 4:18). Indeed, it is the poor whom God has chosen to be rich in faith and heirs of His kingdom (cf. Jas 2:5). Dear brothers and sisters, may those in need take courage from the Good News, and may all of us be generous with God’s gifts to us (cf. Mk 4:24).
An diesem Sonntag in der Weltgebetswoche für die Einheit der Christen grüße ich die deutschsprachigen Pilger hier auf dem Petersplatz. Durch die Taufe sind wir alle zu Gliedern an dem einen Leib Christi geworden und dazu berufen, als Gemeinschaft in der Welt gleichsam das Wirken seines Geistes zu verkörpern. Die Menschen schauen auf uns Christen, und sie erwarten zu Recht viel von uns. Christus hat uns nämlich gesandt, seine frohe Botschaft zu verkünden und durch unser Leben Zeugnis von seiner Liebe zu geben. Gott stärke uns und alle, die an Christus glauben, auf diesem Weg!
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular a los grupos de las parroquias de San Lorenzo, de Burgos, San Juan, de Barbalos, y San Martín, de Valladolid. Deseo recordar que se celebró ayer en Mataró la beatificación del Siervo de Dios Josep Samsó i Elias, sacerdote que destacó por su caridad y su celo apostólico. En su martirio, entregó generosamente su vida al Señor entre palabras y gestos de perdón y misericordia. Que en este Año Sacerdotal, su ejemplo sirva de estímulo a los presbíteros en el solícito ejercicio de su ministerio pastoral y anime a los fieles a dar en todo momento un testimonio valiente y convencido de su fe. Que el nou Beat Josep Samsò i Elias us beneeixi i us protegeixi. Feliç diumenge. Muchas gracias y feliz domingo.
Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków. W Tygodniu Modlitw o Jedność Chrześcijan, Chrystus Pan raz jeszcze modli się za nas: „Aby wszyscy stanowili jedno" (J 17,21). I my prośmy o ten upragniony Boży dar. Niech Kościół i inne Wspólnoty zjednoczy duch wiary, cywilizacja życia, pokoju i miłości. Pragnąc komunii wierzących, budujmy naszą codzienność na Chrystusie i Jego Ewangelii. Życzę wszystkim dobrej niedzieli.
[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, Cristo Signore ancora una volta prega per noi: "Perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17, 21). Preghiamo anche noi per ottenere questo desiderato dono di Dio. La Chiesa e le altre Comunità siano unite dallo spirito di fede, dalla civiltà della vita, della pace e dell’amore. Nutrendo il desiderio della comunione di coloro che credono, edifichiamo la nostra quotidianità su Cristo e sul Suo Vangelo. A tutti auguro una buona domenica.]
Infine saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi della Diocesi di Milano, che a Pentecoste faranno la professione di fede, e quelli della parrocchia di San Romano in Roma, che si preparano alla Cresima; come pure i fedeli di Avellino, Gubbio e Cecchina, e il gruppo della Banca di Piacenza. Rivolgo uno speciale saluto alle famiglie del Movimento dell’Amore Familiare e a quanti questa notte hanno vegliato nella chiesa di San Gregorio VII pregando per soluzioni giuste e pacifiche dei problemi dell’immigrazione. A tutti auguro una buona domenica.
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