lunedì 30 giugno 2008

Il Papa agli arcivescovi che hanno ricevuto il pallio: "La comunione fra Papa e vescovi è gerarchica e al tempo stesso familiare"


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO)

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

Il Papa: "La missione di Pietro è far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura. Che sia sempre la Chiesa di tutti" (Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 2008)

Vedi anche:

La missione del pastore nasce dall’amore per Cristo: così il Papa nell’udienza ai nuovi arcivescovi metropoliti (Radio Vaticana)

UDIENZA AGLI ARCIVESCOVI METROPOLITI CHE HANNO RICEVUTO IL PALLIO NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 30.06.2008

Alle 12 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza gli Arcivescovi Metropoliti che hanno ricevuto il Pallio nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con i Familiari e i Fedeli e rivolge loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,
distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle
!

Dopo la solenne celebrazione di ieri, nella quale ho avuto la gioia di imporre il Pallio agli Arcivescovi Metropoliti nominati nel corso dell’ultimo anno, l’incontro odierno mi offre la gradita opportunità di rinnovare a tutti voi il mio cordiale saluto e di prolungare il clima di comunione – gerarchica e al tempo stesso familiare – che si sperimenta in questa particolare circostanza. L’immagine del corpo organico applicata alla Chiesa è uno degli elementi forti e caratteristici della dottrina di san Paolo, e perciò, in questo anno giubilare a lui dedicato desidero affidare ciascuno di voi, cari Arcivescovi, alla sua celeste protezione. L’Apostolo delle genti vi aiuti a far crescere le Comunità a voi affidate unite e missionarie, concordi e coordinate nell’azione pastorale animate da costante slancio apostolico.

Desidero ora rivolgere un cordiale saluto a ciascuno di voi, cari Arcivescovi Metropoliti, come pure ai vostri familiari ed alle personalità che hanno voluto presenziare a questo appuntamento, estendendo il pensiero e la preghiera alle vostre Chiese particolari. Sono lieto di poter incominciare dalla Terra Santa, salutando il Patriarca di Gerusalemme dei Latini, Mons. Fouad Twal, e quanti lo accompagnano. Saluto con affetto Mons. Giancarlo Maria Bregantini, Mons. Paolo Benotto e Mons. Francesco Montenegro, Metropoliti rispettivamente di Campobasso-Boiano, Pisa e Agrigento. Il Signore benedica sempre voi e vi guidi nel vostro quotidiano ministero pastorale!

Je salue avec joie les pèlerins venus du Niger, de la République Démocratique du Congo, de Haïti et de France. Vous accompagnez les nouveaux Archevêques métropolitains auquel je suis heureux d'avoir remis le pallium, signe d'une grande communion avec le Siège apostolique. Mes salutations particulières vont à Monseigneur Michel Christian Cartatéguy, Archevêque de Niamey (Niger), à Monseigneur Laurent Monsengwo Pasinya, Archevêque de Kinshasa (République Démocratique du Congo), à Monseigneur Louis Kébreau, Archevêque de Cap Haïtien (Haïti), à Monseigneur Serge Miot, Archevêque de Port au Prince (Haïti), et à Monseigneur Laurent Ulrich, Archevêque de Lille (France). Transmettez mes salutations aux prêtres et à tous les fidèles de vos diocèses. Assurez-les de ma prière fervente. Le pallium symbolise la profonde union de leur Pasteur avec le Successeur de Pierre, ainsi que la sollicitude pastorale de l'Archevêque à l'égard de son peuple. Puissent les fidèles s'attacher davantage au Christ dans cette communion de charité pour en témoigner avec courage et vérité.

[Saluto con gioia i pellegrini venuti dal Niger, dalla Repubblica Democratica del Congo, da Haïti e dalla Francia. Voi accompagnate i nuovi arcivescovi metropoliti ai quali sono lieto di aver imposto il pallio, segno di una grande comunione con la Sede apostolica. I miei saluti particolari vanno a monsignor Michel Christian Cartatéguy, arcivescovo di Niamey (Niger), a monsignor Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo), a monsignor Louis Kébreau, arcivescovo di Cap Haïtien (Haïti), a monsignor Serge Miot, arcivescovo di Port au Prince (Haïti) e a monsignor Laurent Ulrich, arcivescovo di Lille (Francia). Trasmettete i miei saluti ai sacerdoti e a tutti i fedeli delle vostre diocesi. Assicurateli della mia preghiera fervente. Il pallio simboleggia la profonda unione del loro pastore con il Successore di Pietro, e anche la sollecitudine pastorale dell'arcivescovo verso il suo popolo. Possano i fedeli unirsi maggiormente a Cristo in questa comunione di carità per testimoniarla con coraggio e verità!].

Your Excellencies, Dear Friends in Christ, I extend a cordial greeting to the English-speaking Metropolitan Archbishops upon whom I conferred the Pallium yesterday: Cardinal John Njue, Archbishop of Nairobi (Kenya); Archbishop Edwin O'Brien of Baltimore (Usa); Archbishop Anthony Mancini of Halifax (Canada); Archbishop Martin Currie of Saint John's, Newfoundland (Canada); Archbishop John Hung Shan-chuan of Taipei (Taiwan); Archbishop Matthew Man-oso Ndagoso of Kaduna (Nigeria); Archbishop Richard Anthony Burke of Benin City (Nigeria); Archbishop Robert Rivas of Castries (Saint Lucia); Archbishop John Ribat of Port Moresby (Papua New Guinea); Archbishop Thomas Kwaku Mensah of Kumasi (Ghana); Archbishop Thomas Rodi of Mobile (Usa); Archbishop Donald Reese of Kingston in Jamaica (Jamaica); Archbishop Peter Kairo of Nyeri (Kenya); Archbishop John Nienstedt of Saint Paul and Minneapolis (Usa) and Archbishop John Lee Hiong Fun-Yit Yaw of Kota Kinabalu (Malaysia). I also welcome the family members and friends of the new Metropolitans, and the faithful from their Archdioceses who have accompanied them to Rome. The Pallium is worn by Metropolitan Archbishops as a symbol of their hierarchical communion with the Successor of Peter in the governance of God's People. It is made of sheepswool, as a symbol of Jesus Christ, the Lamb of God who takes away the sins of the world and the Good Shepherd who keeps vigilant watch over his flock. The Pallium reminds Bishops that, as vicars of Christ in their local Churches, they are called to be shepherds after the example of Jesus. As a symbol of the burden of the episcopal office, it also reminds the faithful of their duty to support the Church's Pastors by their prayers and to cooperate generously with them for the spread of the Gospel and the growth of Christ's Church in holiness, unity and love. Dear friends: may your pilgrimage to the tombs of Saints Peter and Paul confirm you in the Catholic faith which comes from the Apostles. To all of you I cordially impart my Apostolic Blessing as a pledge of joy and peace in the Lord.

[Eccellenze, Cari amici in Cristo, estendo il mio saluto cordiale agli arcivescovi metropoliti anglofoni ai quali ieri ho imposto il pallio: il cardinale John Nyue, arcivescovo di Nairobi (Kenya), arcivescovo Edwin O'Brien di Baltimora (Usa), arcivescovo Anthony Mancini di Halifax (Canada), arcivescovo Martin Currie di Saint John's, Newfounland (Canada), arcivescovo John Hung Shan-chuan di Taipei (Taiwan), arcivescovo Matthew Man-Oso Ndagoso di Kaduna (Nigeria), arcivescovo Richard Anthony Burke di Benin City (Nigeria), arcivescovo Robert Rivas di Castries (Saint Lucia), arcivescovo John Ribat di Port Moresby (Papua Nuova Guinea), arcivescovo Thomas Kwaku Mensah di Kumasi (Ghana), arcivescovo Thomas Rodi di Mobile (Usa), arcivescovo Donald Reese di Kingston in Jamaica (Jamaica), arcivescovo Peter Kairo di Nyeri (Kenya), arcivescovo John Nienstedt di Saint Paul and Minneapolis (Usa) e arcivescovo John Lee Hiong Fun-Yit Yaw di Kota Kinabalu (Malaysia).

Porgo il benvenuto anche ai familiari e agli amici dei nuovi metropoliti e ai fedeli di tutte le archidiocesi che li hanno accompagnati a Roma. Il pallio viene indossato dagli arcivescovi metropoliti quale simbolo della loro comunione gerarchica con il Successore di Pietro nel governo del popolo di Dio. È fatto di lana di pecora quale simbolo di Gesù Cristo, l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo e il Buon Pastore che veglia sul suo gregge. Il pallio ricorda ai Vescovi che, come vicari di Cristo nelle loro Chiese locali, sono chiamati a essere pastori secondo l'esempio di Gesù. Quale simbolo del fardello dell'ufficio episcopale, ricorda anche ai fedeli il dovere di sostenere i Pastori della Chiesa con le preghiere e di cooperare con loro alla diffusione del Vangelo e alla crescita della Chiesa di Cristo in santità, unità e amore. Cari amici: che il vostro pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi confermi nella fede cattolica che proviene dagli Apostoli. A tutti voi imparto cordialmente la mia Benedizione Apostolica quale pegno di gioia e di pace nel Signore].

Ein frohes "Grüß Gott" sage ich allen, die aus meiner Heimatdiözese München und Freising gekommen sind, um den neuen Erzbischof Reinhard Marx zum Empfang des Palliums nach Rom zu begleiten. Und ebenso herzlich begrüße ich auch die Gäste von Erzbischof Willem Jacobus Eijk aus Utrecht. Euren Oberhirten habe ich gestern dieses Pallium aufgelegt, das uns auf den Guten Hirten hinweist, der das verlorene Schaf auf den Schultern trägt und sein Leben gibt für seine Herde. Der Herr hat die Apostel zur Nachfolge in der Liebe berufen. Dreimal fragt der auferstandene Christus den Petrus, ob er ihn liebe. Und dreimal wiederholt er an ihn den Auftrag, die Schafe des Herrn zu weiden. So sollen auch heute die Hirten von dem Willen durchdrungen sein, die Einheit mit dem Herrn und mit der Herde zu bewahren. Euch lade ich ein, den Dienst eurer Erzbischöfe in Eintracht und mit eurem Gebet zu unterstützen. Der treue Gott sei euch nahe mit seiner Gnade!

[Rivolgo un gioioso "Grüß Gott" a voi tutti che siete giunti dalla mia diocesi di München und Freising per accompagnare a Roma il nuovo arcivescovo Reinhard Marx per il ricevimento del pallio. Saluto anche di tutto cuore gli ospiti dell'arcivescovo Willem Jacobus Eijk di Utrecht. Ai vostri Pastori ho imposto oggi il pallio, che ci indica il Buon Pastore, che porta sulle spalle la pecorella smarrita e dá la vita per il suo gregge.
Il Signore ha chiamato gli Apostoli a seguirlo nell'amore.
Per tre volte Cristo risorto chiede a Pietro se lo ama. E per tre volte gli ripete il compito di pascolare le pecore del Signore. Quindi anche oggi i Pastori devono essere pervasi dalla volontà di garantire l'unità con il Signore e con il gregge. Vi invito a sostenere il servizio dei vostri arcivescovi in armonia e con le preghiere. Il vero Dio sia con voi con la sua Grazia!
].

Me dirijo con afecto a los arzobispos metropolitanos de lengua española, Francisco Pérez González, de Pamplona y Tudela, Lorenzo Voltolini Esti, de Portoviejo, Andrés Stanovnik, de Corrientes, Óscar Urbina Ortega, de Villavicencio, Antonio José López Castillo, de Barquisimeto, que han llegado a Roma para la solemne ceremonia de la imposición del palio, acompañados de familiares, amigos y una representación de sus respectivas Iglesias particulares. Queridos hermanos en el Episcopado, que el palio, ornamento litúrgico de venerable tradición, tejido con lana blanca, os recuerde siempre a Jesucristo, el Buen Pastor, y, al mismo tiempo, Cordero inmolado por nuestra salvación. Fieles a vuestro ministerio, buscad en todo momento fomentar la comunión entre los Obispos de la provincia eclesiástica que presidís, y con el Obispo de Roma. Aliento a todos los que han querido venir con vosotros en esta hermosa circunstancia a que no dejen de encomendaros en su plegaria, para que continuéis guiando a la grey que ha sido confiada a vuestros desvelos pastorales con ardiente caridad, de modo que Cristo, por el que derramaron su sangre los Santos Apóstoles Pedro y Pablo, sea cada vez más conocido, amado e imitado. Pido a la Virgen María, a la que con tanto fervor se la invoca en vuestros Países -España, Ecuador, Argentina, Colombia y Venezuela -, que os proteja y sostenga con su amor de Madre a vuestros Obispos sufragáneos, sacerdotes, comunidades religiosas y fieles diocesanos. Con estos sentimientos, os imparto de corazón la Bendición Apostólica, prenda de copiosos dones celestiales.

[Mi rivolgo con affetto agli arcivescovi metropoliti di lingua spagnola, Francisco Pérez González, di Pamplona e Tudela, Lorenzo Voltolini Esti, di Portoviejo, Andrés Stanovnik, di Corrientes, Óscar Urbina Ortega, di Villavicencio, Antonio José López Castillo, di Barquisimeto che sono venuti a Roma per la solenne cerimonia dell'imposizione del pallio, accompagnati da familiari, amici e una rappresentanza delle loro rispettive Chiese particolari. Cari fratelli nell'episcopato, che il pallio, ornamento liturgico di venerabile tradizione, tessuto in lana bianca, vi ricordi sempre Gesù Cristo, il Buon Pastore, e, allo stesso tempo, Agnello immolato per la nostra salvezza! Fedeli al vostro ministero, cercate in ogni momento di promuovere la comunione fra i vescovi della provincia ecclesiastica che presiedete, e con il vescovo di Roma. Incoraggio tutti coloro che sono voluti venire con voi in questa bella circostanza a non smettere di ricordarvi nella loro preghiera, affinché continuiate a guidare il gregge che è stato affidato alla vostra cura pastorale con ardente carità, di modo che Cristo, per il quale versarono il loro sangue i santi Apostoli Pietro e Paolo, sia sempre più conosciuto, amato e imitato. Chiedo alla Vergine Maria, che con tanto fervore viene invocata nei vostri Paesi - Spagna, Ecuador, Argentina, Colombia, Venezuela -, di proteggere e di sostenere con il suo amore di Madre i vostri vescovi suffraganei, i sacerdoti, le comunità religiose e i fedeli diocesani. Con questi sentimenti, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica, pegno di copiosi doni celesti].

Saúdo, com fraterna estima, os Arcebispos Metropolitas de língua portuguesa que ontem receberam o Pálio: Dom Mauro Aparecido dos Santos, de Cascavel; Dom Luís Gonzaga Silva Pepeu, de Vitória da Conquista; e Dom José Francisco Sanches Alves, de Évora. Prezados Irmãos, sede sempre solícitos pela grei de Cristo que vos foi confiada, procurando estreitar cada vez mais os vínculos de comunhão com o Sucessor de Pedro e entre as vossas dioceses sufragâneas. E vós, amados amigos que os acompanhais, segui com docilidade os seus ensinamentos, cooperando com eles generosamente para a realização do Reino de Deus. Invocando a protecção da Virgem Mãe de Deus, concedo a vós aqui presentes e vossas comunidades arquidiocesanas a Bênção Apostólica.

[Saluto, con fraterna stima, gli arcivescovi metropoliti di lingua portoghese che ieri hanno ricevuto il pallio: monsignor Mauro Aparecido dos Santos, di Cascavel, monsignor Luís Gonzaga Silva Pepeu, di Vitória da Conquista, e monsignor José Francisco Sanches Alves, di Évora. Stimati fratelli, siate sempre solleciti verso il gregge di Cristo che vi è stato affidato, cercando di rafforzare sempre più i vincoli di comunione con il Successore di Pietro e fra le vostre diocesi suffraganee. E voi, amati amici che li accompagnate, seguite con docilità i loro insegnamenti, cooperando con essi generosamente per la realizzazione del Regno di Dio. Invocando la protezione della Vergine Madre di Dio, imparto a voi qui presenti e alle vostre comunità arcidiocesane la Benedizione Apostolica].

Witam pielgrzymów polskich. Szczególnie pozdrawiam nowego metropolite gdanskiego, arcybiskupa Leszka Slawoja Glodzia, który wczoraj, w uroczystosc Swietych Apostolów Piotra i Pawla otrzymal paliusz, znak trwalej wiezi kazdego metropolity z Nastepca Swietego Piotra. Pozdrawiam wszystkich, którzy mu towarzysza w tych donioslych chwilach, zwlaszcza jego bliskich i wiernych z metropolii gdanskiej. Zycze, by zainicjowany Rok Swietego Pawla Apostola umocnil wasza wiare, wiez z Kosciolem i jego pasterzami. Posluge Ksiedza Arcybiskupa polecam Bogu w mojej modlitwie. Wszystkim tu obecnym z serca blogoslawie. Niech bedzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto i pellegrini polacchi. In modo particolare saluto il nuovo metropolita di Gdansk, l'arcivescovo Leszek Slawoj Glódz, che ieri, nella Solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, ha ricevuto il pallio, un segno dello stretto legame di ogni metropolita con il Successore di Pietro. Saluto tutti coloro che lo seguono in questo solenne momento, particolarmente i suoi cari e i fedeli dalla metropoli di Gdansk. Auguro che l'Anno Paolino appena iniziato rafforzi la vostra fede, il vostro legame con la Chiesa e con i suoi Pastori. Nella mia preghiera affido a Dio il servizio pastorale di vostra eccellenza. Benedico di cuore tutti i pellegrini qui presenti. Sia lodato Gesù Cristo.]

[Saluto con affetto l'arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, mons. Paolo Pezzi. Ringrazio le autorità presenti e assicuro la mia speciale preghiera.]

[Rivolgo il mio cordiale saluto a monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, arcivescovo di Minsk-Mohilev, e a quanti lo accompagnano, con i migliori auguri per il suo ministero].

Srdecne pozdravujem pútnikov zo Slovenska, ktorí sprevádzajú nových arcibiskupov - metropolitov: Stanislava z Bratislavy a Jána z Presova. Bratia a sestry, pálium, ktoré vcera prijali títo pastieri, je znakom jednoty s Rímskym biskupom. S láskou zehnám vás i vase rodiny. Pochválený bud Jezis Kristus - Sláva Isusu Christu!

[Saluto cordialmente i pellegrini provenienti dalla Slovacchia, che accompagnano i nuovi arcivescovi-metropoliti: Stanislav da Bratislava e Ján da Presov. Fratelli e sorelle, il pallio che hanno ricevuto ieri questi presuli è segno dell'unione con il vescovo di Roma. Con affetto benedico voi e le vostre famiglie. Sia lodato Gesù Cristo!].

Srdacan pozdrav upucujem Mons. Marinu Srakicu, novom dakovacko-osjeckom nadbiskupu i metropolitu, te njegovoj rodbini i gostima pristiglima u Rim iz uvijek vjerne Hrvatske. Palij je znak osobite povezanosti crkvenih pastira s Petrovim Nasljednikom. Zeleci da Gospodin vodi i cuva Tebe casni brate te citavu zajednicu vjernika u dragoj Slavoniji, udjeljujem vam svima poseban blagoslov. Hvaljen Isus i Marija!

[Un cordiale saluto rivolgo a monsignor Marin Srakic, il nuovo arcivescovo e metropolita di Ðakovo-Osijek, ai suoi famigliari e agli ospiti pervenuti a Roma dalla Croazia sempre fedele. Il pallio è segno del particolare legame dei Pastori della Chiesa con il Successore di Pietro. Mentre auspico che il Signore guidi e protegga te venerato Fratello e la comunità dei fedeli della cara Slavonija, imparto a tutti una speciale benedizione. Siano lodati Gesù e Maria!].

Cari amici, rendiamo grazie a Dio che non cessa di assicurare Pastori alla sua Chiesa, per condurla saldamente nel suo pellegrinaggio terreno. Ricordiamo sempre che per ogni Pastore la condizione del suo servizio è l'amore per Cristo, a cui nulla deve essere anteposto. "Simone di Giovanni, mi ami?". La domanda di Gesù a Pietro risuoni sempre nel nostro cuore, cari Fratelli, e susciti, ogni volta nuova e commossa, la nostra risposta: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo". Da questo amore per Cristo scaturisce la missione: "Pasci le mie pecorelle" (Gv 21, 16.17); missione che si riassume anzitutto nella testimonianza a Lui, il Maestro e il Signore: "Seguimi" (Gv 21, 19). Sia questa la nostra gioia, mentre è certamente la nostra croce: soave e leggera, perché croce d'amore. Vegli sempre su di voi e vi sostenga la Vergine Maria, Madre della speranza, e vi accompagni la mia Apostolica Benedizione, che di cuore rinnovo a ciascuno di voi, ai vostri cari e a quanti sono affidati al vostro ministero.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

(©L'Osservatore Romano - 30 giugno 1 luglio 2008)

domenica 29 giugno 2008

Il Papa all'Angelus: L’orizzonte dell’Anno Paolino non può che essere universale, perché san Paolo è stato per eccellenza l’apostolo dei "lontani"


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO)

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

San Paolo nella catechesi di Papa Benedetto

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Il Papa: "La missione di Pietro è far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura. Che sia sempre la Chiesa di tutti" (Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 2008)

Il Papa apre l'Anno Paolino: "In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza" (Omelia pronunciata dal Santo Padre in occasione dell'apertura dell'Anno Paolino, 28 giugno 2008)

ANGELUS DEL SANTO PADRE: AUDIO INTEGRALE DI RADIO VATICANA

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 29.06.2008

Al termine della Santa Messa celebrata nella Basilica Vaticana nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, con la partecipazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I e con l’imposizione dei Palli agli Arcivescovi Metropoliti, il Papa guida la recita dell’Angelus con i fedeli presenti in San Pietro e i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Santo Padre Benedetto XVI nell’introdurre la preghiera mariana
:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle,

quest’anno la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo ricorre di domenica, così che tutta la Chiesa, e non solo quella di Roma, la celebra in forma solenne. Tale coincidenza è propizia anche per dare maggiore risalto ad un evento straordinario: l’Anno Paolino, che ho aperto ufficialmente ieri sera, presso la tomba dell’Apostolo delle genti, e che durerà fino al 29 giugno 2009. Gli storici collocano infatti la nascita di Saulo, diventato poi Paolo, tra il 7 e il 10 dopo Cristo. Perciò, al compiersi di circa duemila anni, ho voluto indire questo speciale giubileo, che naturalmente avrà come baricentro Roma, in particolare la Basilica di San Paolo fuori le Mura e il luogo del martirio, alle Tre Fontane. Ma esso coinvolgerà la Chiesa intera, a partire da Tarso, città natale di Paolo, e dagli altri luoghi paolini meta di pellegrinaggi nell’attuale Turchia, come pure in Terra Santa, e nell’Isola di Malta, dove l’Apostolo approdò dopo un naufragio e gettò il seme fecondo del Vangelo. In realtà, l’orizzonte dell’Anno Paolino non può che essere universale, perché san Paolo è stato per eccellenza l’apostolo di quelli che rispetto agli Ebrei erano "i lontani" e che "grazie al sangue di Cristo" sono diventati "i vicini" (cfr Ef 2,13). Per questo anche oggi, in un mondo diventato più "piccolo", ma dove moltissimi ancora non hanno incontrato il Signore Gesù, il giubileo di san Paolo invita tutti i cristiani ad essere missionari del Vangelo.

Questa dimensione missionaria ha bisogno di accompagnarsi sempre a quella dell’unità, rappresentata da san Pietro, la "roccia" su cui Gesù Cristo ha edificato la sua Chiesa. Come sottolinea la liturgia, i carismi dei due grandi Apostoli sono complementari per l’edificazione dell’unico Popolo di Dio ed i cristiani non possono dare valida testimonianza a Cristo se non sono uniti tra di loro. Il tema dell’unità oggi è messo in risalto dal tradizionale rito del Pallio, che durante la santa Messa ho imposto agli Arcivescovi Metropoliti nominati durante l’ultimo anno. Sono 40, e altri due lo riceveranno nelle loro sedi. Anche ad essi va nuovamente il mio saluto cordiale. Inoltre, nell’odierna solennità è motivo di speciale gioia per il Vescovo di Roma accogliere il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, nella cara persona di Sua Santità Bartolomeo I, al quale rinnovo il mio fraterno saluto estendendolo all’intera Delegazione della Chiesa Ortodossa da lui guidata.

Anno Paolino, evangelizzazione, comunione nella Chiesa e piena unità di tutti i cristiani: preghiamo ora per queste grandi intenzioni affidandole alla celeste intercessione di Maria Santissima, Madre della Chiesa e Regina degli Apostoli.

DOPO L’ANGELUS

Chers pèlerins francophones, en cette fête des saints Apôtres Pierre et Paul, vous avez voulu entourer le Pape et les Archevêques qui ont reçu le pallium. C’est une occasion pour affermir la communion dans l’Église et pour fortifier votre engagement chrétien. Que le Seigneur soutienne votre foi pour que, à l’exemple des saints que nous célébrons aujourd’hui, vous deveniez de vrais apôtres de la Parole de Dieu. Au début de l’année jubilaire consacrée à saint Paul, que l’enseignement de l’Apôtre des Nations vous indique le chemin à suivre. Avec ma Bénédiction apostolique.

I am happy to welcome all the English-speaking pilgrims and visitors. In a special way I greet the Metropolitan Archbishops who have received the pallium, accompanied by their relatives and friends on this Solemnity of Saints Peter and Paul. May the courageous example of these Holy Patrons inspire the Archbishops as they preach the saving word of God. I am also pleased to extend warm greetings to the Ecumenical Patriarch of Constantinople, His Holiness Bartholomew I, and to the members of his delegation. Through the intercession of the Apostles Peter and Paul, may all Christians bear clear witness to the truth and the love that sets us free. God bless you all!

Ganz herzlich heiße ich die Brüder und Schwestern aus den Ländern deutscher Sprache und aus den Niederlanden willkommen. Besonders begrüße ich die Gläubigen, die zur Überreichung des Palliums an den Erzbischof von München und Freising und an den Erzbischof von Utrecht nach Rom gepilgert sind. Bitten wir um den Beistand des Heiligen Geistes für die neuen Erzbischöfe, auf daß sie stets Zeugen der Einheit und der mutigen Hingabe an das Evangelium Christi sind. Heute wird auch in Tegelen in den Niederlanden die Mitgründerin der Steyler Missionsschwestern Josefa Hendrina Stenmanns selig gesprochen. Das Beispiel dieser Seligen leite uns an, mit aller Kraft am Sendungsauftrag der Kirche mitzuwirken. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Festtag!

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los Arzobispos que hoy han recibido el Palio y a quienes los acompañan, venidos de Argentina, Colombia, Ecuador, España y Venezuela, así como a los grupos parroquiales de Málaga y Granada. En la solemnidad de San Pedro y San Pablo, invito a todos a imitar su firmeza en la fe en Cristo, que ellos transmitieron fielmente hasta dar la vida por ella. Feliz domingo.

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov z arcidiecézy Bratislava a z arcieparchie Prešov. Bratia a sestry, podporujte nových Metropolitov svojimi modlitbami a aktívnou účasťou na živote Cirkvi. Zo srdca vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus – Sláva Isusu Christu!

[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi provenienti dall’arcidiocesi di Bratislava e dall’arcieparchia di Prešov. Fratelli e sorelle, sostenete i nuovi Metropoliti con le vostre preghiere e con la partecipazione attiva alla vita della Chiesa. Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Serdecznie pozdrawiam Polaków, szczególnie tych, którzy towarzyszą nowemu arcybiskupowi Gdańska. Rozpoczęliśmy rok św. Pawła. Bóg wybrał go, aby z zapałem i mądrością zaniósł przesłanie Ewangelii do pogan. Potwierdził je męczeństwem. Jesteśmy spadkobiercami tego wielkiego dzieła. Studium jego myśli niech ubogaca naszą wiarę, a jego wstawiennictwo niech nas wspiera w naśladowaniu Chrystusa. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto cordialmente i polacchi, soprattutto quelli che accompagnano il nuovo Arcivescovo di Danzica. Abbiamo iniziato l’anno di San Paolo. Dio lo ha scelto, affinché con zelo e saggezza portasse il messaggio del Vangelo ai pagani. Lo ha confermato con il martirio. Siamo eredi di questa grande opera. Lo studio del suo pensiero arricchisca la nostra fede e la sua intercessione ci sostenga nella sequela di Cristo. Dio vi benedica.]

Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli di Poncarale, Torino, Ivrea, Empoli e Carmignano. Un saluto speciale rivolgo alla città di Roma e a quanti vi abitano: i santi Patroni Pietro e Paolo ottengano all'intera comunità cittadina e diocesana di custodire e valorizzare la ricchezza dei suoi tesori di fede, di storia e di arte. Buona festa a tutti!

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

"La missione di Pietro è far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura. Che sia sempre la Chiesa di tutti"


SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO)

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

San Paolo nella catechesi di Papa Benedetto

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Il Papa all'Angelus: L’orizzonte dell’Anno Paolino non può che essere universale, perché san Paolo è stato per eccellenza l’apostolo dei "lontani" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, 29 giugno 2008)

Il Papa apre l'Anno Paolino: "In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza" (Omelia pronunciata dal Santo Padre in occasione dell'apertura dell'Anno Paolino, 28 giugno 2008)

Vedi anche:

SERVIZIO DI SKYTG24

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

CAPPELLA PAPALE NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO, 29.06.2008

Nella Basilica Vaticana, alle ore 9.30 di oggi, Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, il Santo Padre Benedetto XVI celebra l’Eucaristia con la partecipazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I. Concelebrano con il Santo Padre i nuovi Arcivescovi Metropoliti, ai quali il Pontefice imporrà il sacro Pallio.
Il Patriarca Ecumenico è accolto dal Santo Padre sul sagrato della Basilica. Quindi entrano insieme in San Pietro. Rivestiti i paramenti, processionalmente si avviano all’Altare, preceduti dal Diacono ortodosso e dal Diacono latino che portano il Libro dei Vangeli.
Nel corso della Santa Messa, dopo la lettura del Vangelo proclamato in latino e in greco, il Santo Padre presenta il Patriarca Ecumenico all’assemblea, quindi il Patriarca e poi il Santo Padre stesso tengono l’omelia.
Insieme il Papa e il Patriarca recitano poi la professione di fede, il Simbolo Niceno Costantinopolitano nella lingua originale greca, secondo l’uso liturgico delle Chiese bizantine.
Dopo la preghiera dei fedeli, il Santo Padre benedice e impone i Palli, presi dalla Confessione di San Pietro, a 40 Arcivescovi Metropoliti. Altri due Arcivescovi riceveranno il Pallio nella loro sede metropolitana.
Al termine della Celebrazione eucaristica, il Papa e il Patriarca benedicono insieme l’assemblea.
Riportiamo di seguito le parole di introduzione del Santo Padre all’omelia del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, il testo dell’omelia del Patriarca e quello dell’omelia di Papa Benedetto XVI
:

INTRODUZIONE DEL SANTO PADRE ALL’OMELIA DEL PATRIARCA

Fratelli e Sorelle,

la grande festa dei Santi Pietro e Paolo, Patroni di questa Chiesa di Roma e posti a fondamento, insieme agli altri Apostoli, della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, ci porta ogni anno la gradita presenza di una Delegazione fraterna della Chiesa di Costantinopoli, che quest’anno, per la coincidenza con l’apertura dell’"Anno Paolino", è guidata dallo stesso Patriarca, Sua Santità Bartolomeo I. A lui rivolgo il mio cordiale saluto, mentre esprimo la gioia di avere ancora una volta la felice opportunità di scambiare con lui il bacio della pace, nella comune speranza di vedere avvicinarsi il giorno dell’"unitatis redintegratio", il giorno della piena comunione tra noi.
Saluto pure i membri della Delegazione patriarcale, come anche i Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, che ci onorano della loro presenza, offrendo con ciò un segno della volontà di intensificare il cammino verso la piena unità tra i discepoli di Cristo. Ci disponiamo ora ad ascoltare le riflessioni di Sua Santità il Patriarca Ecumenico, parole che vogliamo accogliere con il cuore aperto, perché ci vengono dal nostro Fratello amato nel Signore.

OMELIA DEL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I

Santità,

avendo ancora viva la gioia e l’emozione della personale e benedetta partecipazione di Vostra Santità alla Festa Patronale di Costantinopoli, nella memoria di San Andrea Apostolo, il Primo Chiamato, nel novembre del 2006, ci siamo mossi "con passo esultante", dal Fanar della Nuova Roma, per venire presso di Voi, per partecipare alla Vostra gioia nella Festa Patronale della Antica Roma. E siamo giunti presso di Voi "con la pienezza della Benedizione del Vangelo di Cristo" (Rom. 15,29), restituendo l’onore e l’amore, festeggiando insieme col nostro prediletto Fratello nella terra d’Occidente, "i sicuri e ispirati araldi, i Corifei dei Discepoli del Signore", i Santi Apostoli Pietro, fratello di Andrea, e Paolo - queste due immense, centrali colonne elevate verso il cielo, di tutta quanta la Chiesa, le quali – in questa storica città, - hanno dato anche l’ultima lampante confessione di Cristo e qui hanno reso la loro anima al Signore con il martirio, uno attraverso la croce e l’altro per mezzo della spada, santificandola.
Salutiamo quindi, con profondissimo e devoto amore, da parte della Santissima Chiesa di Costantinopoli e dei suoi figli sparsi nel mondo, la Vostra Santità, desiderato Fratello, augurando dal cuore "a quanti sono in Roma amati da Dio" (Rom. 1,7), di godere buona salute, pace, prosperità, e di progredire giorno e notte verso la salvezza "ferventi nello spirito, servendo il Signore, lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera" (Rom. 12, 11-12).
In entrambe le Chiese, Santità, onoriamo debitamente e veneriamo tanto colui che ha dato una confessione salvifica della Divinità di Cristo, Pietro, quanto il vaso di elezione, Paolo, il quale ha proclamato questa confessione e fede fino ai confini dell’universo, in mezzo alle più inimmaginabili difficoltà e pericoli. Festeggiamo la loro memoria, dall’anno di salvezza 258 in avanti, il 29 giugno, in Occidente e in Oriente, dove nei giorni che precedono, secondo la tradizione della Chiesa antica, in Oriente ci siamo preparati anche per mezzo del digiuno, osservato in loro onore. Per sottolineare maggiormente l’uguale loro valore, ma anche per il loro peso nella Chiesa e nella sua opera rigeneratrice e salvifica durante i secoli, l’Oriente li onora abitualmente anche attraverso un’icona comune, nella quale o tengono nelle loro sante mani un piccolo veliero, che simboleggia la Chiesa, o si abbracciano l’un l’altro e si scambiano il bacio in Cristo.
Proprio questo bacio siamo venuti a scambiare con Voi, Santità, sottolineando l’ardente desiderio in Cristo e l’amore, cose queste che ci toccano da vicino gli uni gli altri.
Il Dialogo teologico tra le nostre Chiese "in fede, verità e amore", grazie all’aiuto divino, va avanti, al di là delle notevoli difficoltà che sussistono ed alle note problematiche. Desideriamo veramente e preghiamo assai per questo; che queste difficoltà siano superate e che i problemi vengano meno, il più velocemente possibile, per raggiungere l’oggetto del desiderio finale, a gloria di Dio.

Tale desiderio sappiamo bene essere anche il Vostro, come siamo anche certi che Vostra Santità non tralascerà nulla lavorando di persona, assieme ai suoi illustri collaboratori attraverso un perfetto appianamento della via, verso un positivo completamento a Dio piacente, dei lavori del Dialogo.

Santità, abbiamo proclamato l’anno 2008, "Anno dell’Apostolo Paolo", così come anche Voi fate del giorno odierno fino all’anno prossimo, nel compimento dei duemila anni dalla nascita del Grande Apostolo. Nell’ambito delle relative manifestazioni per l’anniversario, in cui abbiamo pure venerato il preciso luogo del Suo Martirio, programmiamo tra le altre cose un sacro pellegrinaggio ad alcuni monumenti della attività evangelica dell’Apostolo in Oriente, come Efeso, Perge, ed altre città dell’Asia Minore, ma anche Rodi e Creta, alla località chiamata "Buoni Porti". Siate sicuro, Santità, che in questo sacro tragitto, sarete presente anche Voi, camminando con noi in spirito, e che ciascun luogo eleveremo un’ardente preghiera per Voi e per i nostri fratelli della venerabile Chiesa Romano-Cattolica, rivolgendo una forte supplica e intercessione del divino Paolo al Signore per Voi.
E ora, venerando i patimenti e la croce di Pietro e abbracciando la catena e le stigmate di Paolo, onorando la confessione e il martirio e la venerata morte di entrambi per il Nome del Signore, che porta veramente alla Vita, glorifichiamo il Dio Tre volte Santo e lo supplichiamo, affinché per l’intercessione dei suoi Protocorifei Apostoli, doni a noi e a tutti i figli ovunque nel mondo della Chiesa Ortodossa e Romano-Cattolica, quaggiù "l’unione della fede e la comunione dello Spirito Santo" nel "legame della pace" e lassù, invece, la vita eterna e la grande misericordia. Amen.

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Santità e Delegati fraterni,
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!


Fin dai tempi più antichi la Chiesa di Roma celebra la solennità dei grandi Apostoli Pietro e Paolo come unica festa nello stesso giorno, il 29 giugno. Attraverso il loro martirio, essi sono diventati fratelli; insieme sono i fondatori della nuova Roma cristiana. Come tali li canta l’inno dei secondi Vespri che risale a Paolino di Aquileia (+ 806): «O Roma felix – Roma felice, adornata di porpora dal sangue prezioso di Principi tanto grandi. Tu superi ogni bellezza del mondo, non per merito tuo, ma per il merito dei santi che hai ucciso con la spada sanguinante». Il sangue dei martiri non invoca vendetta, ma riconcilia. Non si presenta come accusa, ma come «luce aurea», secondo le parole dell’inno dei primi Vespri: si presenta come forza dell’amore che supera l’odio e la violenza, fondando così una nuova città, una nuova comunità.

Per il loro martirio, essi – Pietro e Paolo – fanno adesso parte di Roma: mediante il martirio anche Pietro è diventato cittadino romano per sempre. Mediante il martirio, mediante la loro fede e il loro amore, i due Apostoli indicano dove sta la vera speranza, e sono fondatori di un nuovo genere di città, che deve formarsi sempre di nuovo in mezzo alla vecchia città umana, la quale resta minacciata dalle forze contrarie del peccato e dell’egoismo degli uomini.

In virtù del loro martirio, Pietro e Paolo sono in reciproco rapporto per sempre. Un’immagine preferita dell’iconografia cristiana è l’abbraccio dei due Apostoli in cammino verso il martirio.

Possiamo dire: il loro stesso martirio, nel più profondo, è la realizzazione di un abbraccio fraterno. Essi muoiono per l’unico Cristo e, nella testimonianza per la quale danno la vita, sono una cosa sola. Negli scritti del Nuovo Testamento possiamo, per così dire, seguire lo sviluppo del loro abbraccio, questo fare unità nella testimonianza e nella missione. Tutto inizia quando Paolo, tre anni dopo la sua conversione, va a Gerusalemme, «per consultare Cefa» (Gal 1,18). Quattordici anni dopo, egli sale di nuovo a Gerusalemme, per esporre «alle persone più ragguardevoli» il Vangelo che egli predica, per non trovarsi nel rischio «di correre o di aver corso invano» (Gal 2,1s). Alla fine di questo incontro, Giacomo, Cefa e Giovanni gli danno la destra, confermando così la comunione che li congiunge nell’unico Vangelo di Gesù Cristo (Gal 2,9). Un bel segno di questo interiore abbraccio in crescita, che si sviluppa nonostante la diversità dei temperamenti e dei compiti, lo trovo nel fatto che i collaboratori menzionati alla fine della Prima Lettera di san Pietro – Silvano e Marco – sono collaboratori altrettanto stretti di san Paolo. Nella comunanza dei collaboratori si rende visibile in modo molto concreto la comunione dell’unica Chiesa, l’abbraccio dei grandi Apostoli.

Almeno due volte Pietro e Paolo si sono incontrati a Gerusalemme; alla fine il percorso di ambedue sbocca a Roma. Perché? È questo forse qualcosa di più di un puro caso? Vi è contenuto forse un messaggio duraturo? Paolo arrivò a Roma come prigioniero, ma allo stesso tempo come cittadino romano che, dopo l’arresto in Gerusalemme, proprio in quanto tale aveva fatto ricorso all’imperatore, al cui tribunale fu portato.

Ma in un senso ancora più profondo, Paolo è venuto volontariamente a Roma.

Mediante la più importante delle sue Lettere si era già avvicinato interiormente a questa città: alla Chiesa in Roma aveva indirizzato lo scritto che più di ogni altro è la sintesi dell’intero suo annuncio e della sua fede. Nel saluto iniziale della Lettera dice che della fede dei cristiani di Roma parla tutto il mondo e che questa fede, quindi, è nota ovunque come esemplare (Rm 1,8). E scrive poi: «Non voglio pertanto che ignoriate, fratelli, che più volte mi sono proposto di venire fino a voi, ma finora ne sono stato impedito» (1,13). Alla fine della Lettera riprende questo tema parlando ora del suo progetto di andare fino in Spagna. «Quando andrò in Spagna spero, passando, di vedervi, e di esser da voi aiutato per recarmi in quella regione, dopo avere goduto un poco della vostra presenza» (15,24). «E so che, giungendo presso di voi, verrò con la pienezza della benedizione di Cristo» (15,29). Sono due cose che qui si rendono evidenti: Roma è per Paolo una tappa sulla via verso la Spagna, cioè – secondo il suo concetto del mondo – verso il lembo estremo della terra. Considera sua missione la realizzazione del compito ricevuto da Cristo di portare il Vangelo sino agli estremi confini del mondo allora noto. In questo percorso ci sta Roma. Mentre di solito Paolo va soltanto nei luoghi in cui il Vangelo non è ancora annunciato, Roma costituisce un’eccezione. Lì egli trova una Chiesa della cui fede parla il mondo. L’andare a Roma fa parte dell’universalità della sua missione come inviato a tutti i popoli. La via verso Roma, che già prima del suo viaggio esterno egli ha percorso interiormente con la sua Lettera, è parte integrante del suo compito di portare il Vangelo a tutte le genti – di fondare la Chiesa cattolica, universale. L’andare a Roma è per lui espressione della cattolicità della sua missione. Roma deve rendere visibile la fede a tutto il mondo, deve essere il luogo dell’incontro nell’unica fede.

Ma perché Pietro è andato a Roma?

Su ciò il Nuovo Testamento non si pronuncia in modo diretto. Ci dà tuttavia qualche indicazione. Il Vangelo di san Marco, che possiamo considerare un riflesso della predicazione di san Pietro, è intimamente orientato verso il momento in cui il centurione romano, di fronte alla morte in croce di Gesù Cristo, dice: «Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!» (15,39). Presso la Croce si svela il mistero di Gesù Cristo. Sotto la Croce nasce la Chiesa delle genti: il centurione del plotone romano di esecuzione riconosce in Cristo il Figlio di Dio. Gli Atti degli Apostoli descrivono come tappa decisiva per l’ingresso del Vangelo nel mondo dei pagani l’episodio di Cornelio, il centurione della coorte italica. Dietro un comando di Dio, egli manda qualcuno a prendere Pietro e questi, seguendo pure lui un ordine divino, va nella casa del centurione e predica. Mentre sta parlando, lo Spirito Santo scende sulla comunità domestica radunata e Pietro dice: «Forse che si può proibire che siano battezzati con l'acqua questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi?» (At 10,47). Così, nel Concilio degli Apostoli, Pietro diventa un intercessore per la Chiesa dei pagani i quali non hanno bisogno della Legge, perché Dio ha «purificato i loro cuori con la fede» (At 15,9). Certo, nella Lettera ai Galati Paolo dice che Dio ha dato a Pietro la forza per il ministero apostolico tra i circoncisi, a lui, Paolo, invece per il ministero tra i pagani (Gal 2,8). Ma questa assegnazione poteva essere in vigore soltanto finché Pietro rimaneva con i Dodici a Gerusalemme nella speranza che tutto Israele aderisse a Cristo. Di fronte all’ulteriore sviluppo, i Dodici riconobbero l’ora in cui anch’essi dovevano incamminarsi verso il mondo intero, per annunciargli il Vangelo. Pietro che, secondo l’ordine di Dio, per primo aveva aperto la porta ai pagani lascia ora la presidenza della Chiesa cristiano-giudaica a Giacomo il minore, per dedicarsi alla sua vera missione: al ministero per l’unità dell’unica Chiesa di Dio formata da giudei e pagani. Il desiderio di san Paolo di andare a Roma sottolinea – come abbiamo visto – tra le caratteristiche della Chiesa soprattutto la parola «catholica».

Il cammino di san Pietro verso Roma, come rappresentante dei popoli del mondo, sta soprattutto sotto la parola «una»: il suo compito è di creare l’unità della catholica, della Chiesa formata da giudei e pagani, della Chiesa di tutti i popoli.

Ed è questa la missione permanente di Pietro: far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura o con un solo Stato. Che sia sempre la Chiesa di tutti. Che riunisca l’umanità al di là di ogni frontiera e, in mezzo alle divisioni di questo mondo, renda presente la pace di Dio, la forza riconciliatrice del suo amore.

Grazie alla tecnica dappertutto uguale, grazie alla rete mondiale di informazioni, come anche grazie al collegamento di interessi comuni, esistono oggi nel mondo modi nuovi di unità, che però fanno esplodere anche nuovi contrasti e danno nuovo impeto a quelli vecchi. In mezzo a questa unità esterna, basata sulle cose materiali, abbiamo tanto più bisogno dell’unità interiore, che proviene dalla pace di Dio – unità di tutti coloro che mediante Gesù Cristo sono diventati fratelli e sorelle. È questa la missione permanente di Pietro e anche il compito particolare affidato alla Chiesa di Roma.

Cari Confratelli nell’Episcopato! Vorrei ora rivolgermi a voi che siete venuti a Roma per ricevere il pallio come simbolo della vostra dignità e della vostra responsabilità di Arcivescovi nella Chiesa di Gesù Cristo. Il pallio è stato tessuto con la lana di pecore, che il Vescovo di Roma benedice ogni anno nella festa della Cattedra di Pietro, mettendole con ciò, per così dire, da parte affinché diventino un simbolo per il gregge di Cristo, che voi presiedete.

Quando prendiamo il pallio sulle spalle, quel gesto ci ricorda il Pastore che prende sulle spalle la pecorella smarrita, che da sola non trova più la via verso casa, e la riporta all’ovile. I Padri della Chiesa hanno visto in questa pecorella l’immagine di tutta l’umanità, dell’intera natura umana, che si è persa e non trova più la via verso casa. Il Pastore che la riporta a casa può essere soltanto il Logos, la Parola eterna di Dio stesso. Nell’incarnazione Egli ha preso tutti noi – la pecorella «uomo» – sulle sue spalle.

Egli, la Parola eterna, il vero Pastore dell’umanità, ci porta; nella sua umanità porta ciascuno di noi sulle sue spalle. Sulla via della Croce ci ha portato a casa, ci porta a casa. Ma Egli vuole avere anche degli uomini che «portino» insieme con Lui. Essere Pastore nella Chiesa di Cristo significa partecipare a questo compito, del quale il pallio fa memoria. Quando lo indossiamo, Egli ci chiede: «Porti, insieme con me, anche tu coloro che mi appartengono? Li porti verso di me, verso Gesù Cristo?» E allora ci viene in mente il racconto dell’invio di Pietro da parte del Risorto. Il Cristo risorto collega l’ordine: «Pasci le mie pecorelle» inscindibilmente con la domanda: «Mi ami, mi ami tu più di costoro?». Ogni volta che indossiamo il pallio del Pastore del gregge di Cristo dovremmo sentire questa domanda: «Mi ami tu?» e dovremmo lasciarci interrogare circa il di più d’amore che Egli si aspetta dal Pastore.

Così il pallio diventa simbolo del nostro amore per il Pastore Cristo e del nostro amare insieme con Lui – diventa simbolo della chiamata ad amare gli uomini come Lui, insieme con Lui: quelli che sono in ricerca, che hanno delle domande, quelli che sono sicuri di sé e gli umili, i semplici e i grandi; diventa simbolo della chiamata ad amare tutti loro con la forza di Cristo e in vista di Cristo, affinché possano trovare Lui e in Lui se stessi.

Ma il pallio, che ricevete «dalla» tomba di san Pietro, ha ancora un secondo significato, inscindibilmente connesso col primo. Per comprenderlo può esserci di aiuto una parola della Prima Lettera di san Pietro. Nella sua esortazione ai presbiteri di pascere il gregge in modo giusto, egli qualifica se stesso synpresbýteros – con-presbitero (5,1). Questa formula contiene implicitamente un’affermazione del principio della successione apostolica: i Pastori che si succedono sono Pastori come lui, lo sono insieme con lui, appartengono al comune ministero dei Pastori della Chiesa di Gesù Cristo, un ministero che continua in loro.

Ma questo "con" ha ancora due altri significati. Esprime anche la realtà che indichiamo oggi con la parola «collegialità» dei Vescovi. Tutti noi siamo con-presbiteri. Nessuno è Pastore da solo. Stiamo nella successione degli Apostoli solo grazie all’essere nella comunione del collegio, nel quale trova la sua continuazione il collegio degli Apostoli. La comunione, il "noi" dei Pastori fa parte dell’essere Pastori, perché il gregge è uno solo, l’unica Chiesa di Gesù Cristo.

E infine, questo "con" rimanda anche alla comunione con Pietro e col suo successore come garanzia dell’unità. Così il pallio ci parla della cattolicità della Chiesa, della comunione universale di Pastore e gregge. E ci rimanda all’apostolicità: alla comunione con la fede degli Apostoli, sulla quale è fondata la Chiesa. Ci parla della ecclesia una, catholica, apostolica e naturalmente, legandoci a Cristo, ci parla proprio anche del fatto che la Chiesa è sancta e che il nostro operare è un servizio alla sua santità.

Ciò mi fa ritornare, infine, ancora a san Paolo e alla sua missione. Egli ha espresso l’essenziale della sua missione, come pure la ragione più profonda del suo desiderio di andare a Roma, nel capitolo 15 della Lettera ai Romani in una frase straordinariamente bella.

Egli si sa chiamato «a servire come liturgo di Gesù Cristo per le genti, amministrando da sacerdote il Vangelo di Dio, perché i pagani divengano una oblazione gradita, santificata dallo Spirito Santo» (15,6). Solo in questo versetto Paolo usa le parole «leitourgós» - liturgo e «hierourgeō» – amministrare da sacerdote: egli parla della liturgia cosmica, in cui il mondo stesso degli uomini deve diventare adorazione di Dio, oblazione nello Spirito Santo.

Quando il mondo nel suo insieme sarà diventato liturgia di Dio, quando nella sua realtà sarà diventato adorazione, allora avrà raggiunto la sua meta, allora sarà sano e salvo. È questo l’obiettivo ultimo della missione apostolica di san Paolo e della nostra missione. A tale ministero il Signore ci chiama. Preghiamo in questa ora, affinché Egli ci aiuti a svolgerlo in modo giusto, a diventare veri liturghi di Gesù Cristo. Amen.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

sabato 28 giugno 2008

Il Papa apre l'Anno Paolino: "In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza"


CICLO DI CATECHESI DEDICATE A SAN PAOLO APOSTOLO ED ALL'ANNO PAOLINO

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

SOLENNITA' DEI SANTI PIETRO E PAOLO (29 GIUGNO)

San Paolo nella catechesi di Papa Benedetto

IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Vedi anche:

SERVIZIO DI SKYTG24

VIDEO RADIO VATICANA/CTV

Il Papa all'Angelus: L’orizzonte dell’Anno Paolino non può che essere universale, perché san Paolo è stato per eccellenza l’apostolo dei "lontani" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, 29 giugno 2008)

Il Papa: "La missione di Pietro è far sì che la Chiesa non si identifichi mai con una sola nazione, con una sola cultura. Che sia sempre la Chiesa di tutti" (Omelia nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, 29 giugno 2008)

Il Papa a Bartolomeo I: "Possa l'Anno Paolino aiutare il popolo cristiano a rinnovare l'impegno ecumenico" (Udienza di Benedetto XVI a Bartolomeo I in occasione della Solennità dei Santi Pietro e Paolo e dell'apertura dell'Anno Paolino, 28 giugno 2008)

FOLLA DI FEDELI SALUTA IL PAPA SULLA VIA OSTIENSE: LO STUPORE DI BENEDETTO (Agi)

Il Papa: l’esempio di Paolo per ricomporre le divisioni (Mazza)

Bartolomeo e Benedetto calici divisi: oggi la liturgia comune che non è ancora comunione (Bianchi)

Il Pontefice e il Patriarca: San Paolo ci guida all'unità (Bobbio)

"In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza". Così il Papa aprendo l’Anno Paolino (Radio Vaticana)

Il Papa apre solennemente l'Anno Paolino con Bartolomeo I ed i Pastori: "La Chiesa non difende una causa" (Agi)

IL PAPA HA APERTO L'ANNO PAOLINO CON IL PATRIARCA BARTOLOMEO I

Il Papa apre l’Anno paolino nel segno della ricerca dell’unità dei Cristiani (Asianews)

CELEBRAZIONE DEI PRIMI VESPRI DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO IN OCCASIONE DELL’APERTURA DELL’ANNO PAOLINO, 28.06.2008

Alle ore 18 di questo pomeriggio, il Santo Padre Benedetto XVI presiede nella Basilica di San Paolo fuori le Mura la Celebrazione dei primi Vespri della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, in occasione dell’apertura dell’Anno Paolino, con la partecipazione del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I e dei Rappresentanti delle altre Chiese e Comunità Cristiane.
Il Santo Padre, il Patriarca Ecumenico, i Delegati fraterni delle altre Confessioni cristiane, i Monaci dell’Abbazia, raggiungono in processione il quadriportico della Basilica dove - davanti alla statua dell’Apostolo Paolo - il Papa accende il primo cero del braciere che arderà per tutto il corso dell’Anno Paolino. Dopo di Lui anche il Patriarca Ecumenico e il Rappresentante del Primate Anglicano accendono un cero. Quindi la processione varca la "Porta Paolina" ed entra in Basilica.
Giunto in presbiterio, il Santo Padre scende alla Confessione per venerare il sepolcro dell’Apostolo.
Inizia quindi la Celebrazione dei Vespri, nel corso della quale il Santo Padre tiene l’omelia. Prima della Benedizione finale, il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I rivolge la Sua parola ai presenti.
Di seguito pubblichiamo il testo delle omelie del Santo Padre Benedetto XVI e del Patriarca Ecumenico Bartolomeo I
:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Santità e Delegati fraterni,
Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle
,

siamo riuniti presso la tomba di san Paolo, il quale nacque, duemila anni fa, a Tarso di Cilicia, nell’odierna Turchia.

Chi era questo Paolo? Nel tempio di Gerusalemme, davanti alla folla agitata che voleva ucciderlo, egli presenta se stesso con queste parole: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, ma cresciuto in questa città [Gerusalemme], formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio…» (At 22,3).
Alla fine del suo cammino dirà di sé: «Sono stato fatto… maestro delle genti nella fede e nella verità» (1Tm 2,7; cfr 2Tm 1,11). Maestro delle genti, apostolo e banditore di Gesù Cristo, così egli caratterizza se stesso in uno sguardo retrospettivo al percorso della sua vita.

Ma con ciò lo sguardo non va soltanto verso il passato. «Maestro delle genti» – questa parola si apre al futuro, verso tutti i popoli e tutte le generazioni. Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. Egli è anche il nostro maestro, apostolo e banditore di Gesù Cristo anche per noi.

Siamo quindi riuniti non per riflettere su una storia passata, irrevocabilmente superata. Paolo vuole parlare con noi – oggi. Per questo ho voluto indire questo speciale “Anno Paolino”: per ascoltarlo e per apprendere ora da lui, quale nostro maestro, «la fede e la verità», in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo.

In questa prospettiva ho voluto accendere, per questo bimillenario della nascita dell’Apostolo, una speciale “Fiamma Paolina”, che resterà accesa durante tutto l’anno in uno speciale braciere posto nel quadriportico della Basilica. Per solennizzare questa ricorrenza ho anche inaugurato la cosiddetta “Porta Paolina”, attraverso la quale sono entrato nella Basilica accompagnato dal Patriarca di Costantinopoli, dal Cardinale Arciprete e da altre Autorità religiose.

È per me motivo di intima gioia che l’apertura dell’“Anno Paolino” assuma un particolare carattere ecumenico per la presenza di numerosi delegati e rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali, che accolgo con cuore aperto. Saluto in primo luogo Sua Santità il Patriarca Bartolomeo I e i membri della Delegazione che lo accompagna, come pure il folto gruppo di laici che da varie parti del mondo sono venuti a Roma per vivere con Lui e con tutti noi questi momenti di preghiera e di riflessione. Saluto i Delegati Fraterni delle Chiese che hanno un vincolo particolare con l’apostolo Paolo - Gerusalemme, Antiochia, Cipro, Grecia - e che formano l’ambiente geografico della vita dell’Apostolo prima del suo arrivo a Roma. Saluto cordialmente i Fratelli delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali di Oriente ed Occidente, insieme a tutti voi che avete voluto prendere parte a questo solemne inizio dell’“Anno” dedicato all’Apostolo delle Genti.

Siamo dunque qui raccolti per interrogarci sul grande Apostolo delle genti. Ci chiediamo non soltanto: Chi era Paolo? Ci chiediamo soprattutto: Chi è Paolo? Che cosa dice a me? In questa ora, all’inizio dell’“Anno Paolino” che stiamo inaugurando, vorrei scegliere dalla ricca testimonianza del Nuovo Testamento tre testi, in cui appare la sua fisionomia interiore, lo specifico del suo carattere.

Nella Lettera ai Galati egli ci ha donato una professione di FEDE molto personale, in cui apre il suo cuore davanti ai lettori di tutti i tempi e rivela quale sia la molla più intima della sua vita. «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). Tutto ciò che Paolo fa, parte da questo centro.

La sua fede è l’esperienza dell’essere amato da Gesù Cristo in modo tutto personale; è la coscienza del fatto che Cristo ha affrontato la morte non per un qualcosa di anonimo, ma per amore di lui – di Paolo – e che, come Risorto, lo ama tuttora, che cioè Cristo si è donato per lui. La sua fede è l’essere colpito dall’amore di Gesù Cristo, un amore che lo sconvolge fin nell’intimo e lo trasforma. La sua fede non è una teoria, un’opinione su Dio e sul mondo. La sua fede è l’impatto dell’amore di Dio sul suo cuore. E così questa stessa fede è amore per Gesù Cristo.

Da molti Paolo viene presentato come uomo combattivo che sa maneggiare la spada della parola. Di fatto, sul suo cammino di apostolo non sono mancate le dispute. Non ha cercato un’armonia superficiale. Nella prima delle sue Lettere, quella rivolta ai Tessalonicesi, egli stesso dice: «Abbiamo avuto il coraggio … di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte…

Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete» (1Ts 2,2.5). La verità era per lui troppo grande per essere disposto a sacrificarla in vista di un successo esterno. La verità che aveva sperimentato nell‘incontro con il Risorto ben meritava per lui la lotta, la persecuzione, la sofferenza.

Ma ciò che lo motivava nel più profondo, era l’essere amato da Gesù Cristo e il desiderio di trasmettere ad altri questo amore. Paolo era uno capace di ama, e tutto il suo operare e soffrire si spiega solo a partire da questo centro. I concetti fondanti del suo annuncio si comprendono unicamente in base ad esso.

Prendiamo soltanto una delle sue parole-chiave: la libertà. L’esperienza dell’essere amato fino in fondo da Cristo gli aveva aperto gli occhi sulla verità e sulla via dell’esistenza umana – quell’esperienza abbracciava tutto. Paolo era libero come uomo amato da Dio che, in virtù di Dio, era in grado di amare insieme con Lui. Questo amore è ora la «legge» della sua vita e proprio così è la libertà della sua vita. Egli parla ed agisce mosso dalla responsabilità dell’amore. Libertà e responsabilità sono qui uniti in modo inscindibile. Poiché sta nella responsabilità dell’amore, egli è libero; poiché è uno che ama, egli vive totalmente nella responsabilità di questo amore e non prende la libertà come pretesto per l’arbitrio e l’egoismo.

Nello stesso spirito Agostino ha formulato la frase diventata poi famosa: Dilige et quod vis fac (Tract. in 1Jo 7 ,7-8) – ama e fa’ quello che vuoi.

Chi ama Cristo come lo ha amato Paolo, può veramente fare quello che vuole, perché il suo amore è unito alla volontà di Cristo e così alla volontà di Dio; perché la sua volontà è ancorata alla verità e perché la sua volontà non è più semplicemente volontà sua, arbitrio dell’io autonomo, ma è integrata nella libertà di Dio e da essa riceve la strada da percorrere.

Nella ricerca della fisionomia interiore di san Paolo vorrei, in secondo luogo, ricordare la parola che il Cristo risorto gli rivolse sulla strada verso Damasco.

Prima il Signore gli chiede: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» Alla domanda: «Chi sei, o Signore?» vien data la risposta: «Io sono Gesù che tu perseguiti» (At 9,4s). Perseguitando la Chiesa, Paolo perseguita lo stesso Gesù. «Tu perseguiti me». Gesù si identifica con la Chiesa in un solo soggetto. In questa esclamazione del Risorto, che trasformò la vita di Saulo, in fondo ormai è contenuta l’intera dottrina sulla Chiesa come Corpo di Cristo.

Cristo non si è ritirato nel cielo, lasciando sulla terra una schiera di seguaci che mandano avanti «la sua causa». La Chiesa non è un’associazione che vuole promuovere una certa causa. In essa non si tratta di una causa. In essa si tratta della persona di Gesù Cristo, che anche da Risorto è rimasto «carne». Egli ha «carne e ossa» (Lc 24,39), lo afferma in Luca il Risorto davanti ai discepoli che lo avevano considerato un fantasma.

Egli ha un corpo. È personalmente presente nella sua Chiesa, «Capo e Corpo» formano un unico soggetto, dirà Agostino. «Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?», scrive Paolo ai Corinzi (1Cor 6,15). E aggiunge: come, secondo il Libro della Genesi, l’uomo e la donna diventano una carne sola, così Cristo con i suoi diventa un solo spirito, cioè un unico soggetto nel mondo nuovo della risurrezione (cfr 1Cor 6,16ss). In tutto ciò traspare il mistero eucaristico, nel quale Cristo dona continuamente il suo Corpo e fa di noi il suo Corpo: «Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il Corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane» (1Cor 10,16s).

Con queste parole si rivolge a noi, in quest’ora, non soltanto Paolo, ma il Signore stesso: Come avete potuto lacerare il mio Corpo? Davanti al volto di Cristo, questa parola diventa al contempo una richiesta urgente: Riportaci insieme da tutte le divisioni. Fa’ che oggi diventi nuevamente realtà: C'è un solo pane, perciò noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo. Per Paolo la parola sulla Chiesa come Corpo di Cristo non è un qualsiasi paragone. Va ben oltre un paragone.

«Perché mi perseguiti?» Continuamente Cristo ci attrae dentro il suo Corpo, edifica il suo Corpo a partire dal centro eucaristico, che per Paolo è il centro dell’esistenza cristiana, in virtù del quale tutti, come anche ogni singolo può in modo tutto personale sperimentare: Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me.

Vorrei concludere con una parola tarda di san Paolo, una esortazione a Timoteo dalla prigione, di fronte alla morte. «Soffri anche tu insieme con me per il Vangelo», dice l’apostolo al suo discepolo (2Tm 1,8). Questa parola, che sta alla fine delle vie percorse dall’apostolo come un testamento, rimanda indietro all’inizio della sua missione. Mentre, dopo il suo incontro con il Risorto, Paolo si trovava cieco nella sua abitazione a Damasco, Anania ricevette l’incarico di andare dal persecutore temuto e di imporgli le mani, perché riavesse la vista. All’obiezione di Anania che questo Saulo era un persecutore pericoloso dei cristiani, viene la risposta: Quest’uomo deve portare il mio nome dinanzi ai popoli e ai re. «Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome» (At 9,15s). L’incarico dell’annuncio e la chiamata alla sofferenza per Cristo vanno inscindibilmente insieme. La chiamata a diventare il maestro delle genti è al contempo e intrinsecamente una chiamata alla sofferenza nella comunione con Cristo, che ci ha redenti mediante la sua Passione.

In un mondo in cui la menzogna è potente, la verità si paga con la sofferenza. Chi vuole schivare la sofferenza, tenerla lontana da sé, tiene lontana la vita stessa e la sua grandezza; non può essere servitore della verità e così servitore della fede. Non c’è amore senza sofferenza – senza la sofferenza della rinuncia a se stessi, della trasformazione e purificazione dell’io per la vera libertà.

Là dove non c’è niente che valga che per esso si soffra, anche la stessa vita perde il suo valore. L’Eucaristia – il centro del nostro essere cristiani – si fonda nel sacrificio di Gesù per noi, è nata dalla sofferenza dell’amore, che nella Croce ha trovato il suo culmine. Di questo amore che si dona noi viviamo. Esso ci dà il coraggio e la forza di soffrire con Cristo e per Lui in questo mondo, sapendo che proprio così la nostra vita diventa grande e matura e vera. Alla luce di tutte le lettere di san Paolo vediamo come nel suo cammino di maestro delle genti si sia compiuta la profezia fatta ad Anania nell’ora della chiamata: «Io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome». La sua sofferenza lo rende credibile come maestro di verità, che non cerca il proprio tornaconto, la propria gloria, l’appagamento personale, ma si impegna per Colui che ci ha amati e ha dato se stesso per tutti noi.

In questa ora ringraziamo il Signore, perché ha chiamato Paolo, rendendolo luce delle genti e maestro di tutti noi, e lo preghiamo: Donaci anche oggi testimoni della risurrezione, colpiti dal tuo amore e capaci di portare la luce del Vangelo nel nostro tempo. San Paolo, prega per noi!
Amen.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

OMELIA DEL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I

Santità, amato Fratello in Cristo,
e voi tutti, i fedeli nel Signore
,

Animati da una gioia colma di solennità, ci troviamo, per la preghiera dei Vespri, in questo antico e splendido tempio di San Paolo fuori le Mura, in presenza di numerosi e devoti pellegrini venuti da tutto il mondo, per la lieta inaugurazione formale dell’Anno di San Paolo, Apostolo dei Gentili.
La radicale conversione ed il kerygma apostolico di Saulo di Tarso hanno “scosso” la storia nel senso letterale del termine ed hanno scolpito l’identità stessa della cristianità. Questo grande uomo ha esercitato un influsso profondo sui Padri classici della Chiesa, come San Giovanni Crisostomo, in Oriente, e Sant’Agostino di Ippona, in Occidente. Sebbene non avesse mai incontrato Gesù di Nazaret, San Paolo ricevette direttamente il Vangelo «per rivelazione di Gesù Cristo» (Gal 1, 11S12).
Questo sacro luogo fuori le Mura è senza dubbio quanto mai appropriato per commemorare e celebrare un uomo che stabilì un connubio tra lingua greca e mentalità romana del suo tempo, spogliando la cristianità, una volta per tutte, da ogni ristrettezza mentale, e forgiando per sempre il fondamento cattolico della Chiesa ecumenica.
Auspichiamo che la vita e le Lettere di San Paolo continuino ad essere per noi fonte di ispirazione «affinché tutte le genti obbediscano alla fede in Cristo» (cfr. Rom 16,27).

Il Papa a Bartolomeo I: "Possa l'Anno Paolino aiutare il popolo cristiano a rinnovare l'impegno ecumenico"


IL RIAVVICINAMENTO FRA CATTOLICI E ORTODOSSI

Un Anno per riscoprire Paolo, «operaio del Vangelo e servo di tutti» (Accornero)

ARTICOLI E COMMENTI SU SAN PAOLO APOSTOLO E L'ANNO PAOLINO

UDIENZA AL PATRIARCA ECUMENICO BARTOLOMEO I IN OCCASIONE DELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO E DELL’APERTURA DELL’ANNO PAOLINO, 28.06.2008

Alle ore 12 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza Sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I in occasione della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e dell’apertura dell’Anno Paolino.
Pubblichiamo di seguito il saluto che il Papa rivolge al Patriarca Ecumenico e al Seguito:

SALUTO DEL SANTO PADRE

Santità,

con profonda e sincera gioia saluto Lei e il distinto seguito che L’accompagna e mi è gradito farlo con le parole tratte dalla seconda Lettera di San Pietro: "A coloro che hanno ricevuto in sorte con noi la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo: grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro" (1,1-2).
La celebrazione dei Santi Pietro e Paolo, Patroni della Chiesa di Roma, così come quella di Sant’Andrea, Patrono della Chiesa di Costantinopoli, ci offrono annualmente la possibilità di uno scambio di visite, che sono sempre occasioni importanti per fraterne conversazioni e comuni momenti di preghiera. Cresce così la conoscenza personale reciproca; si armonizzano le iniziative e aumenta la speranza, che tutti ci anima, di poter giungere presto alla piena unità, in obbedienza al mandato del Signore.

Quest'anno, qui a Roma, alla festa patronale si aggiunge la felice circostanza dell'inaugurazione dell'Anno Paolino, che ho voluto indire per commemorare il secondo millennio della nascita di San Paolo, con l’intento di promuovere una sempre più approfondita riflessione sull'eredità teologica e spirituale lasciata alla Chiesa dall’Apostolo delle genti, con la sua vasta e profonda opera di evangelizzazione. Ho appreso con piacere che anche Vostra Santità ha indetto un Anno Paolino. Questa felice coincidenza pone in evidenza le radici della nostra comune vocazione cristiana e la significativa sintonia, che stiamo vivendo, di sentimenti e di impegni pastorali. Per questo rendo grazie al Signore Gesù Cristo, che con la forza del suo Spirito guida i nostri passi verso l’unità.

San Paolo ci ricorda che la piena comunione tra tutti i cristiani trova il suo fondamento in "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ef 4, 5).

La fede comune, l’unico Battesimo per la remissione dei peccati e l'obbedienza all'unico Signore e Salvatore, possano pertanto quanto prima esprimersi appieno nella dimensione comunitaria ed ecclesiale. "Un solo corpo ed un solo Spirito", afferma l’Apostolo delle genti, ed aggiunge: "come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati" (Ef 4,4). San Paolo ci indica inoltre una via sicura per mantenere l’unità e, nel caso della divisione, per ricomporla.
Il Decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II ha ripreso l’indicazione paolina e la ripropone nel contesto dell’impegno ecumenico, facendo riferimento alle parole dense e sempre attuali della Lettera agli Efesini: "Vi esorto dunque io, il prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (4,1-3).

Ai cristiani di Corinto, in mezzo ai quali erano sorti dissensi, San Paolo non ha timore di indirizzare un forte richiamo perché siano unanimi nel parlare, scompaiano le divisioni tra loro e coltivino una perfetta unione di pensiero e di intenti (cfr1 Cor 1,10).

Nel nostro mondo, in cui si va consolidando il fenomeno della globalizzazione ma continuano ciononostante a persistere divisioni e conflitti, l’uomo avverte un crescente bisogno di certezze e di pace. Allo stesso tempo, però, egli resta smarrito e quasi irretito da una certa cultura edonistica e relativistica, che pone in dubbio l’esistenza stessa della verità.

Le indicazioni dell’Apostolo sono, al riguardo, quanto mai propizie per incoraggiare gli sforzi tesi alla ricerca della piena unità tra i cristiani, tanto necessaria per offrire agli uomini del terzo millennio una sempre più luminosa testimonianza di Cristo, Via, Verità e Vita. Solo in Cristo e nel suo Vangelo l’umanità può trovare risposta alle sue più intime attese.

Possa l'Anno Paolino, che questa sera inizierà solennemente, aiutare il popolo cristiano a rinnovare l'impegno ecumenico, e si intensifichino le iniziative comuni nel cammino verso la comunione fra tutti i discepoli di Cristo. Di questo cammino la vostra presenza qui, oggi, è certamente un segno incoraggiante. Per questo esprimo ancora una volta a tutti voi la mia gioia, mentre insieme innalziamo al Signore la nostra grata preghiera.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana

Il discorso del Patriarca ecumenico di Costantinopoli

Una comunicazione più grande attraverso il dialogo teologico

La figura dell'apostolo Paolo, che con la sua testimonianza ha plasmato "l'identità del cristianesimo" e ha trasformato "la storia della civiltà occidentale", è stata ricordata dal Patriarca ecumenico Bartolomeo I nel discorso rivolto a Benedetto XVI durante l'incontro.

Your Holiness...

Ecco la nostra traduzione italiana del discorso del Patriarca ecumenico di Costantinopoli.

Santità, Amato Fratello in Cristo,
Papa Benedetto
,

Gloria a Dio per tutte le cose! Egli, infatti, ci ha reso degni di condividere le sue abbondanti benedizioni. Come potremo mai ringraziarlo a sufficienza per la grazia e la bontà divine che ha concesso a noi tutti?
È con sentimenti di gioia sincera e autentico rendimento di grazie che stiamo partecipando ai servizi solenni nella benedetta occasione della solennità dei santi Pietro e Paolo, Patroni apostolici dell'antica Chiesa della prima Roma. Nel corso dei secoli, il loro sangue versato si è dimostrato una benedizione per la Chiesa cristiana universale.
Questa gioiosa celebrazione è anche un'occasione per le nostre due Chiese sorelle di pregare e celebrare insieme al fine di suggellare il nostro impegno per la riconciliazione e di rafforzare i nostri vincoli di solidarietà. La mia personale presenza qui oggi è un gesto rispettoso di gratitudine autentica per ricambiare la sua presenza personale, Santità, diciannove mesi fa, in occasione della Festa di sant'Andrea, primo chiamato degli Apostoli e fratello più anziano di san Pietro, fondatore e patrono dell'antica sede della Nuova Roma. Nel corso della storia, queste visite hanno costituito scambi importanti fra le nostre due Chiese come espressioni tangibili di una più grande comunicazione mediante il dialogo teologico, svolto nell'attesa orante di piena comunione sacramentale nel Corpo di Cristo. I nostri incontri e i nostri scambi, sia qui sia a Costantinopoli, seguono in successione storica lo scambio di visite fra i nostri predecessori di benedetta memoria: Paolo vi e Atenagora, Giovanni Paolo ii e Demetrio.
Ancora, un altro motivo di sincera gioia è la mia presenza qui, insieme ai pellegrini del Patriarcato Ecumenico di tutto il mondo, per partecipare all'apertura ufficiale dell'Anno paolino, che ancora una volta le nostre due Chiese celebrano durante l'anniversario della nascita dell'Apostolo dei Gentili, san Paolo, esattamente duemila anni fa. Lo scorso Natale, il Patriarcato Ecumenico ha annunciato tale anniversario mediante una Lettera Enciclica a tutte le Chiese. Stiamo programmando un viaggio veramente storico e un convegno di studio unico nel suo genere per il prossimo mese di ottobre, in occasione della Sinassi di tutti i Primati ortodossi al Phanar. Importanti celebrazioni hanno già avuto luogo, alla presenza del nostro rappresentante ufficiale, nell'antica città di Tarso, in cui nacque Saulo per plasmare, come Apostolo Paolo, l'identità del cristianesimo e trasformare la storia della civiltà occidentale mediante la sua radicale conversione e il suo kèrygma apostolico. Là, nelle Chiese dell'Asia Minore, la minuscola scintilla del primo cristianesimo è visibile e brilla ancora oggi quale testimonianza vivente di una verità eterna sul Signore Crocifisso e Risorto, come proclamato dal grande Apostolo Paolo.
Santità, vorremmo esprimerle la nostra fervente gratitudine per l'invito che ci ha rivolto a condividere queste solenni festività. Che i fondatori e patroni apostolici, i santi Pietro e Paolo, intercedano per noi tutti davanti a Colui che hanno servito fedelmente e largamente predicato! Che continuino a ispirarci tutti con l'ampiezza della loro visione ecclesiale e con la risolutezza della loro missione apostolica!
"Per queste cose e per tutte le cose", con le parole della nostra divina liturgia di san Giovanni Crisostomo, "rendiamo grazie al Signore". Amen.

(©L'Osservatore Romano - 29 giugno 2008)

venerdì 27 giugno 2008

Il Papa: "Non dimenticate che Cristo è, anche per la Cina, un Maestro, un Pastore, un Redentore amoroso:la Chiesa non può tacere questa buona notizia"


SPECIALE: LA LETTERA DEL PAPA ALLA CHIESA CINESE

Vedi anche:

Il Papa: «Aspetto a Roma tutti i vescovi della Cina». Un anno fa la lettera di Benedetto alla Chiesa cinese (Liut e Mastrofini)

DISCORSO DEL SANTO PADRE AI VESCOVI DI HONG KONG E DI MACAU IN OCCASIONE DELLA VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM", 27.06.2008

Riportiamo di seguito il testo del discorso del Santo Padre ai Vescovi di Hong Kong (Cina) e di Macau (Cina), ricevuti questa mattina in udienza in occasione della Visita "ad Limina Apostolorum":

TESTO IN LINGUA ITALIANA

Cari Fratelli Vescovi!

Manda il tuo spirito e rinnova la faccia della terra (cfr Sal 104,30). Con queste parole vi porgo un cordiale benvenuto. Ringrazio il Cardinale Zen per i sentimenti di filiale devozione, che ha manifestato a nome di tutti. Accogliete l’espressione del mio affetto e l’assicurazione delle mie preghiere per voi e per quanti sono affidati alla vostra sollecitudine pastorale. In questo momento mi sono presenti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli laici delle vostre due comunità diocesane. La visita ad limina Apostolorum è per voi occasione per rafforzare l'impegno a rendere Gesù sempre più visibile nella Chiesa e più conosciuto nella società mediante la testimonianza dell'amore e della verità del suo Vangelo.

Come ho scritto nella mia Lettera del 27 maggio 2007 alla Chiesa cattolica in Cina, l'invito che Gesù rivolse a Pietro, al fratello Andrea ed ai primi discepoli: «Prendi il largo e calate le reti per la pesca» (Lc 5,4) risuona oggi per noi e ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: "Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre!" (Eb 13,8). Anche le vostre due Chiese particolari sono chiamate ad essere testimoni di Cristo, a guardare in avanti con speranza e a misurarsi — nell'annuncio del Vangelo — con le nuove sfide che le popolazioni di Hong Kong e di Macao devono affrontare (cfr n. 3).

Il Signore ha conferito a ogni uomo e a ogni donna il diritto di udire l’annuncio che Gesù Cristo «mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2, 20). A questo diritto corrisponde un dovere di evangelizzare: «Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9, 16; cfr Rm 10, 14).

Nella Chiesa ogni attività ha una essenziale dimensione evangelizzatrice e non deve mai essere separata dall'impegno per aiutare tutti a incontrare Cristo nella fede, che è il primario obiettivo dell'evangelizzazione: «Il fatto sociale e il Vangelo sono semplicemente inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco» (Benedetto XVI, Omelia durante la Santa Messa nella spianata della "Neue Messe" a München [10 settembre 2006]: AAS 98 [2006], 710).

Oggi, la missione della Chiesa si svolge sullo sfondo della globalizzazione. Di recente ho osservato che le forze della globalizzazione vedono l'umanità sospesa fra due poli. Da una parte c'è la moltitudine di crescenti vincoli sociali e culturali che in generale promuovono un senso di solidarietà globale e di responsabilità condivisa per il bene dell'umanità. Dall'altra, appaiono segni inquietanti di una frammentazione e di un certo individualismo in cui domina il secolarismo, che spinge il trascendente e il senso del sacro ai margini ed eclissa la fonte stessa di armonia e unità nell'universo. Di fatto, gli aspetti negativi di questo fenomeno culturale evidenziano l'importanza di una solida formazione ed esortano a uno sforzo concertato per sostenere l'anima spirituale e morale delle vostre popolazioni.

Sono consapevole poi che anche nelle vostre due Diocesi, come nel resto della Chiesa, emerge la necessità di un'adeguata formazione permanente del clero. Di qui nasce l'invito, rivolto a voi Vescovi come responsabili delle comunità ecclesiali, a pensare specialmente al giovane clero che è sempre più sottoposto a nuove sfide pastorali, connesse con le esigenze del compito di evangelizzare una società così complessa com'è quella attuale. La formazione permanente dei sacerdoti « è un'esigenza intrinseca al dono e al ministero sacramentale ricevuto e si rivela necessaria in ogni tempo. Oggi però risulta essere particolarmente urgente, non solo per il rapido mutarsi delle condizioni sociali e culturali degli uomini e dei popoli entro cui si svolge il ministero presbiterale, ma anche per quella "nuova evangelizzazione" che costituisce il compito essenziale e indilazionabile della Chiesa alla fine del secondo millennio » (Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis [25 marzo 1992], n. 70: AAS 84 [1992], 782). La vostra sollecitudine pastorale dovrà avere di mira, in una maniera speciale, anche tutte le persone consacrate, uomini e donne, che sono chiamate a rendere visibili nella Chiesa e nel mondo i tratti caratteristici di Gesù, vergine, povero e obbediente.

Cari Fratelli, ben sapete che le scuole cattoliche apportano un contributo notevole alla formazione intellettuale, spirituale e morale, delle nuove generazioni: è per questi aspetti cruciali della crescita della persona che i genitori, sia cattolici sia di altre tradizioni religiose, ricorrono alle scuole cattoliche. A questo proposito, desidero rivolgermi a tutti coloro, uomini e donne, che prestano un generoso servizio nelle scuole cattoliche delle vostre due Diocesi: essi sono chiamati a essere "testimoni di Cristo, epifania dell'amore di Dio nel mondo" e a possedere "il coraggio della testimonianza e la pazienza del dialogo" servendo "la dignità umana, l'armonia del creato, l'esistenza dei popoli e la pace" (Le persone consacrate e la loro missione nelle scuole, n. 1-2). È, quindi, della massima importanza rimanere vicini agli studenti e alle loro famiglie, curare la formazione dei giovani alla luce degli insegnamenti del Vangelo e seguire con sollecitudine le necessità spirituali di tutti nella comunità scolastica. Le scuole cattoliche delle vostre due Diocesi hanno contribuito in maniera rilevante allo sviluppo sociale e alla crescita culturale delle vostre popolazioni; oggi questi centri educativi incontrano nuove difficoltà: vi sono vicino e vi incoraggio ad adoperarvi affinché questo prezioso servizio non venga meno.

Nella vostra missione di Pastori traete conforto dal Paraclito, che difende, consiglia e protegge (cfr Gv 14, 16)! Incoraggiate i fedeli ad accogliere tutto ciò che lo Spirito genera! In varie occasioni ho ricordato che i movimenti ecclesiali e le nuove comunità sono il "segno luminoso della bellezza di Cristo, e della Chiesa, sua Sposa (cfr Messaggio ai partecipanti al Congresso del 22 maggio 2006). Rivolgendomi "ai cari amici dei movimenti", li esortavo a fare di essi sempre più "scuole di comunione, compagnie in cammino in cui si impara a vivere nella verità e nell’amore che Cristo ci ha rivelato e comunicato per mezzo della testimonianza degli apostoli, in seno alla grande famiglia dei suoi discepoli" (ibid.). Vi esorto ad andare incontro ai movimenti con molto amore, poiché essi sono una delle novità più importanti suscitate dallo Spirito Santo nella Chiesa per l’attuazione del Concilio Vaticano II (cfr. Discorso ai Vescovi partecipanti ad un seminario di studi, promosso dal Pontificio Consiglio per i Laici [17 maggio 2008]: L’Osservatore Romano, 18 maggio 2008, pag. 8). Prego al tempo stesso il Signore perché anche i movimenti pongano ogni impegno per armonizzare le loro attività con i programmi pastorali e spirituali delle Diocesi.

Vi ringrazio personalmente per l’affetto e per la devozione che avete manifestato alla Santa Sede in molte e diverse maniere. Mi congratulo con voi per le molteplici realizzazioni delle vostre così efficienti comunità diocesane e vi esorto ad un sempre maggiore impegno nel ricercare i mezzi più adatti per rendere il messaggio cristiano di amore più comprensibile nel mondo nel quale vivete: in tal modo voi contribuirete effettivamente a dimostrare a tutti i vostri fratelli e sorelle la perenne giovinezza e l’inesauribile capacità rinnovatrice del Vangelo di Cristo, testimoniando che si può essere autentici cinesi e autentici cattolici.

Incoraggio poi le vostre Diocesi a continuare a dare il loro contributo alla Chiesa nella Cina Continentale, sia nel mettere a disposizione il personale per la formazione sia nel sostenere iniziative benefiche di promozione umana e di assistenza. A questo riguardo come non ricordare il prezioso servizio, reso con generosità e con competenza dalla Caritas delle vostre due Diocesi! Non dimenticate, però, che Cristo è, anche per la Cina, un Maestro, un Pastore, un Redentore amoroso: la Chiesa non può tacere questa buona notizia.

Mi auguro, e chiedo al Signore, che arrivi presto il giorno in cui anche i vostri Confratelli della Cina Continentale possano venire a Roma in pellegrinaggio sulle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo, in segno di comunione con il Successore di Pietro e con la Chiesa universale. Colgo volentieri l’occasione per inviare alla Comunità cattolica della Cina e a tutto il popolo di quel vasto Paese l’assicurazione delle mie preghiere e del mio affetto.

© Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana