martedì 1 gennaio 2008

Dio si è fatto come noi per farci come Lui: figli nel Figlio, dunque uomini liberi dalla legge del peccato


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CELEBRAZIONE DEI VESPRI E TE DEUM DI RINGRAZIAMENTO PER LA FINE DELL’ANNO , 31.12.2007

OMELIA DEL SANTO PADRE:

Cari fratelli e sorelle!

Anche quest’anno, al suo chiudersi ormai, siamo raccolti nella Basilica Vaticana per celebrare i Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di Dio. La liturgia fa coincidere questa significativa festa mariana con la fine e l’inizio dell’anno solare. Alla contemplazione del mistero della divina maternità si unisce pertanto il cantico della nostra gratitudine per il 2007 che tramonta e per il 2008 che già intravediamo. Il tempo passa e il suo scorrere inesorabile ci induce a volgere lo sguardo con intima riconoscenza a Colui che è eterno, al Signore del tempo. Ringraziamolo insieme, cari fratelli e sorelle, a nome dell’intera Comunità diocesana di Roma.
A ciascuno di voi rivolgo il mio saluto. In primo luogo, saluto il Cardinale Vicario, i Vescovi Ausiliari, i sacerdoti, le persone consacrate, come pure i tanti fedeli laici qui convenuti. Saluto il Signor Sindaco e le Autorità presenti, ed estendo il mio pensiero all’intera popolazione di Roma e, in modo speciale, a quanti versano in condizione di difficoltà e di disagio. A tutti assicuro la mia vicinanza cordiale, avvalorata da un costante ricordo nella preghiera.
Nella breve lettura che abbiamo ascoltato, tratta dalla Lettera ai Galati, san Paolo, parlando della liberazione dell’uomo operata da Dio con il mistero dell’Incarnazione, accenna in maniera molto discreta a Colei per mezzo della quale il Figlio di Dio è entrato nel mondo: “Quando venne la pienezza del tempo, - egli scrive - Dio mandò il suo Figlio, nato da donna” (Gal 4,4).

Nella “donna” la Chiesa contempla i lineamenti di Maria di Nazaret, donna singolare perché chiamata a realizzare una missione che la pone in strettissimo rapporto con Cristo: anzi, un rapporto assolutamente unico, perché Maria è la Madre del Salvatore. Con altrettanta evidenza, però, possiamo e dobbiamo affermare che è madre nostra perché, vivendo la sua singolarissima relazione materna con il Figlio, ne ha condiviso la missione per noi e per la salvezza di tutti gli uomini.

ContemplandoLa, la Chiesa scorge in Lei i tratti della propria fisionomia: Maria vive la fede e la carità; Maria è una creatura, salvata anch’essa dall’unico Salvatore; Maria collabora all’iniziativa di salvezza dell’intera umanità. Così Maria costituisce per la Chiesa la propria immagine più vera: Colei nella quale la Comunità ecclesiale deve continuamente scoprire il senso autentico della sua vocazione e del proprio mistero.
Questo breve ma denso brano paolino prosegue poi mostrando come il fatto che il Figlio abbia assunto la natura umana apra la prospettiva di un radicale mutamento della stessa condizione dell’uomo. Vi si dice che “Dio mandò il suo Figlio… per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,5). Il Verbo incarnato trasforma dall’interno l’esistenza umana, partecipando a noi il suo essere Figlio del Padre.

Si è fatto come noi per farci come Lui: figli nel Figlio, dunque uomini liberi dalla legge del peccato. Non è questo un motivo fondamentale per elevare a Dio il nostro ringraziamento? Un ringraziamento che non può non essere ancor più motivato alla fine di un anno, considerando i tanti benefici e la costante sua assistenza che abbiamo sperimentato nell’arco dei dodici mesi trascorsi.

Ecco perché ogni comunità cristiana, questa sera, si raccoglie e canta il Te Deum, tradizionale inno di lode e di azione di grazie alla Santissima Trinità. Così faremo anche noi, al termine di questo nostro incontro liturgico, dinanzi al Santissimo Sacramento.
Cantando pregheremo: “Te ergo, quaesumus, tuis famulis subveni, quos pretioso sanguine redemisti – Soccorri, te ne preghiamo, i tuoi figli, Signore, che hai redento col tuo sangue prezioso”. Questa è la nostra preghiera, stasera: soccorri, Signore, con la tua misericordia gli abitanti della nostra Città, nella quale, come altrove, gravi carenze e povertà pesano sulla vita delle persone e delle famiglie, impedendo di guardare al futuro con fiducia; non pochi, soprattutto giovani, sono attratti da una falsa esaltazione o, meglio, profanazione del corpo e dalla banalizzazione della sessualità; come enumerare poi le molteplici sfide che, legate al consumismo e al secolarismo, interpellano i credenti e gli uomini di buona volontà? Per dire tutto in una parola, anche a Roma si avverte quel deficit di speranza e di fiducia nella vita che costituisce il male “oscuro” della moderna società occidentale.

Ma se evidenti sono le deficienze, non mancano però le luci e i motivi di speranza su cui implorare la speciale benedizione divina. Proprio in questa prospettiva, cantando il Te Deum pregheremo: “Salvum fac populum tuum, Domine, et benedic hereditati tuae – Salva il tuo popolo, Signore, guarda e proteggi i tuoi figli che sono la tua eredità”. O Signore, guarda e proteggi, in particolare, la comunità diocesana impegnata con crescente vigore sulla frontiera dell’educazione, per rispondere a quella grande “emergenza educativa” di cui ebbi a parlare l’11 giugno scorso, incontrando i partecipanti al Convegno diocesano, e cioè la difficoltà che si avverte nel trasmettere alla nuove generazioni i valori-base dell’esistenza e di un retto comportamento (cfr L’Osservatore Romano, 13 giugno 2007, p. 4). Senza clamori, con paziente fiducia, cerchiamo di far fronte a tale emergenza, anzitutto nell’ambito della famiglia, ed è senz’altro confortante constatare che il lavoro intrapreso in questi ultimi anni dalle parrocchie, dai movimenti e dalle associazioni per la pastorale familiare continua a svilupparsi e a portare i suoi frutti.
Proteggi inoltre, Signore, le iniziative missionarie che coinvolgono il mondo giovanile: esse stanno crescendo e vedono un numero ormai rilevante di giovani assumersi in prima persona la responsabilità e la gioia dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo. In questo contesto, come non ringraziare Iddio per il prezioso servizio pastorale offerto al mondo delle Università romane? Qualcosa di analogo conviene avviare, pur tra non poche difficoltà, anche nelle scuole.
Benedici, Signore, i molti giovani e adulti che negli ultimi decenni si sono consacrati al sacerdozio per la diocesi di Roma: attualmente ben 28 diaconi attendono l’Ordinazione presbiterale, prevista per il prossimo mese di aprile. Così ringiovanisce l’età media del clero ed è possibile far fronte all’espandersi delle necessità pastorali, come anche venire in aiuto ad altre Diocesi. Aumenta, specialmente nelle periferie, il bisogno di nuovi complessi parrocchiali, e sono otto quelli attualmente in costruzione, dopo che io stesso ho avuto il piacere recentemente di consacrare l’ultimo dei già terminati: la parrocchia di Santa Maria del Rosario ai Martiri Portuensi. È bello toccare con mano la gioia e la gratitudine degli abitanti di un quartiere, che entrano per la prima volta nella loro nuova chiesa. “In te, Domine, speravi: non confundar in aeternum – Signore, tu sei la nostra speranza, non saremo confusi in eterno”. L’inno maestoso del Te Deum si chiude con questo grido di fede, di totale fiducia in Dio, con questa solenne proclamazione della nostra speranza. È Cristo la nostra speranza “affidabile”, ed a questo tema ho dedicato la recente Enciclica dal titolo Spe salvi. Ma la nostra speranza è sempre essenzialmente anche speranza per gli altri, e soltanto così essa è veramente speranza anche per ciascuno di noi (cfr n. 48). Cari fratelli e sorelle della Chiesa di Roma, chiediamo al Signore che faccia di ciascuno di noi un autentico fermento di speranza nei vari ambienti, perché si possa costruire per l’intera città un futuro migliore. È questo il mio augurio per tutti alla vigilia di un nuovo anno, augurio che affido alla materna intercessione di Maria, Madre di Dio e Stella della speranza, Amen!

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