Vedi anche:
Il Papa: Ricordando Santa Giuliana di Cornillon rinnoviamo anche noi la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Come ci insegna il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, “Gesù Cristo è presente nell'Eucaristia in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo Corpo e il suo Sangue, con la sua Anima e la sua Divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo” (Catechesi udienza generale, 17 novembre 2010)
Card. Ratzinger: "Festa della gratitudine per il trionfo di Cristo sulla morte. Questo è il Corpus Domini"
SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 7 GIUGNO 2012
Il Papa: "Nelle chiese il luogo più sacro è proprio quello in cui si custodisce l’Eucaristia. Non posso a questo proposito non pensare con commozione alle numerose chiese che sono state gravemente danneggiate dal recente terremoto in Emilia Romagna, al fatto che anche il Corpo eucaristico di Cristo, nel tabernacolo, è rimasto in alcuni casi sotto le macerie. Con affetto prego per le comunità, che con i loro sacerdoti devono riunirsi per la Santa Messa all’aperto o in grandi tende; le ringrazio per la loro testimonianza e per quanto stanno facendo a favore dell’intera popolazione" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, 10 giugno 2012)
Il Papa: "Comunione e contemplazione non si possono separare, vanno insieme. Per comunicare veramente con un’altra persona devo conoscerla, saper stare in silenzio vicino a lei, ascoltarla, guardarla con amore. Il vero amore e la vera amicizia vivono sempre di questa reciprocità di sguardi, di silenzi intensi, eloquenti, pieni di rispetto e di venerazione, così che l’incontro sia vissuto profondamente, in modo personale e non superficiale" (Omelia in occasione della Solennità del Corpus Domini, 7 giugno 2012)
Il Papa: "In una cultura sempre più individualistica, quale è quella in cui siamo immersi nelle società occidentali, e che tende a diffondersi in tutto il mondo, l’Eucaristia costituisce una sorta di “antidoto”, che opera nelle menti e nei cuori dei credenti e continuamente semina in essi la logica della comunione, del servizio, della condivisione, insomma, la logica del Vangelo" (Parole del Santo Padre alla recita dell'Angelus, 26 giugno 2011)
Il Papa: "La Processione Eucaristica, che ho presieduto dalla Cattedrale Lateranense fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore, reca sempre un appello all’amata Città di Roma e all’intera Comunità cattolica di rimanere e camminare sulle vie non facili della storia, tra le grandi povertà spirituali e materiali del mondo, per offrire la carità di Cristo e della Chiesa, che scaturisce dal Mistero Pasquale, mistero di amore, di dono totale che genera vita" (Discorso del Santo Padre ai partecipanti all’Assemblea della Riunione delle Opere in Aiuto alle Chiese Orientali, 24 giugno 2011)
Il Papa: "Non c’è nulla di magico nel Cristianesimo. Non ci sono scorciatoie, ma tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio. Per questo Dio vuole continuare a rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso questa catena di trasformazioni, di cui l’Eucaristia è il sacramento" (Omelia in occasione della Solennità del Corpus Domini, 23 giugno 2011)
SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 3 GIUGNO 2010
Il Papa: "Il sacerdozio di Cristo comporta la sofferenza. Gesù ha veramente sofferto, e lo ha fatto per noi. Egli era il Figlio e non aveva bisogno di imparare l’obbedienza, ma noi sì, ne avevamo e ne abbiamo sempre bisogno. Perciò il Figlio ha assunto la nostra umanità e per noi si è lasciato “educare” nel crogiuolo della sofferenza, si è lasciato trasformare da essa, come il chicco di grano che per portare frutto deve morire nella terra" (Omelia in occasione della Solennità del Corpus Domini, 3 giugno 2010)
SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 11 GIUGNO 2009
Il Papa ai fedeli: "Il Corpus Domini è una manifestazione di Dio, un’attestazione che Dio è amore...Affido alle vostre preghiere l'Anno Sacerdotale" (Angelus, 14 giugno 2009)
C’è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all’interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia (Omelia in occasione della Solennità del Corpus Domini, 11 giugno 2009)
SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 22 MAGGIO 2008
Il Papa: "L'Eucaristia non puo' mai essere un fatto privato, riservato a persone che si sono scelte per affinita' o amicizia: e' un culto pubblico..." (Omelia del Santo Padre a San Giovanni in Laterano)
SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 7 GIUGNO 2007
SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO , 07.06.2007
Alle ore 19 di oggi, Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo, il Santo Padre Benedetto XVI celebra la Santa Messa sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano.
Presiede quindi la Processione Eucaristica che, percorrendo via Merulana, raggiunge la Basilica di Santa Maria Maggiore.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che il Papa rivolge ai fedeli nel corso della Celebrazione Eucaristica sul sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano:
OMELIA DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle!
Poco fa abbiamo cantato nella Sequenza: "Dogma datur christianis, / quod in carnem transit panis, / et vinum in sanguinem – È certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino". Quest’oggi riaffermiamo con grande gioia la nostra fede nell’Eucaristia, il Mistero che costituisce il cuore della Chiesa. Nella recente Esortazione post-sinodale Sacramentum caritatis ho ricordato che il Mistero eucaristico "è il dono che Gesù Cristo fa di se stesso, rivelandoci l’amore infinito di Dio per ogni uomo" (n. 1). Pertanto quella del Corpus Domini è una festa singolare e costituisce un importante appuntamento di fede e di lode per ogni comunità cristiana. È festa che ha avuto origine in un determinato contesto storico e culturale: è nata con lo scopo ben preciso di riaffermare apertamente la fede del Popolo di Dio in Gesù Cristo vivo e realmente presente nel santissimo Sacramento dell’Eucaristia. È festa istituita per adorare, lodare e ringraziare pubblicamente il Signore, che "nel Sacramento eucaristico continua ad amarci ‘fino alla fine’, fino al dono del suo corpo e del suo sangue" (Sacramentum caritatis, 1).
La Celebrazione eucaristica di questa sera ci riconduce al clima spirituale del Giovedì Santo, il giorno in cui Cristo, alla vigilia della sua Passione, istituì nel Cenacolo la santissima Eucaristia. Il Corpus Domini costituisce così una ripresa del mistero del Giovedì Santo, quasi in obbedienza all’invito di Gesù di "proclamare sui tetti" ciò che Egli ci ha trasmesso nel segreto (cfr Mt 10,27). Il dono dell’Eucaristia, gli Apostoli lo ricevettero dal Signore nell’intimità dell’Ultima Cena, ma era destinato a tutti, al mondo intero. Ecco perché va proclamato ed esposto apertamente, perché ognuno possa incontrare "Gesù che passa" come avveniva per le strade della Galilea, della Samaria e della Giudea; perché ognuno, ricevendolo, possa essere sanato e rinnovato dalla forza del suo amore. Questa, cari amici, è la perpetua e vivente eredità che Gesù ci ha lasciato nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Eredità che domanda di essere costantemente ripensata, rivissuta, affinché, come ebbe a dire il venerato Papa Paolo VI, possa "imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale" (Insegnamenti, V [1967], p. 779).
Sempre nell’Esortazione post-sinodale, commentando l’esclamazione del sacerdote dopo la consacrazione: "Mistero della fede!", osservavo: con queste parole egli "proclama il mistero celebrato e manifesta il suo stupore di fronte alla conversione sostanziale del pane e del vino nel corpo e sangue del Signore Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana" (n. 6). Proprio perché si tratta di una realtà misteriosa che oltrepassa la nostra comprensione, non dobbiamo meravigliarci se anche oggi molti fanno fatica ad accettare la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia. Non può essere altrimenti. Fu così fin dal giorno in cui, nella sinagoga di Cafarnao, Gesù dichiarò apertamente di essere venuto per darci in cibo la sua carne e il suo sangue (cfr Gv 6,26-58). Il linguaggio apparve "duro" e molti si tirarono indietro. Allora come adesso, l’Eucaristia resta "segno di contraddizione" e non può non esserlo, perché un Dio che si fa carne e sacrifica se stesso per la vita del mondo pone in crisi la sapienza degli uomini. Ma con umile fiducia, la Chiesa fa propria la fede di Pietro e degli altri Apostoli, e con loro proclama, e proclamiamo noi: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68). Rinnoviamo pure noi questa sera la professione di fede nel Cristo vivo e presente nell’Eucaristia. Sì, "è certezza a noi cristiani: / si trasforma il pane in carne, / si fa sangue il vino".
La Sequenza, nel suo punto culminante, ci ha fatto cantare: "Ecce panis angelorum, / factus cibus viatorum: / vere panis filiorum - Ecco il pane degli angeli, / pane dei pellegrini, / vero pane dei figli". E per la grazia del Signore, noi siamo figli. L’Eucaristia è il cibo riservato a coloro che nel Battesimo sono stati liberati dalla schiavitù e sono diventati figli; è il cibo che li sostiene nel lungo cammino dell’esodo attraverso il deserto dell’umana esistenza. Come la manna per il popolo d’Israele, così per ogni generazione cristiana l’Eucaristia è l’indispensabile nutrimento che la sostiene mentre attraversa il deserto di questo mondo, inaridito da sistemi ideologici ed economici che non promuovono la vita, ma piuttosto la mortificano; un mondo dove domina la logica del potere e dell’avere piuttosto che quella del servizio e dell’amore; un mondo dove non di rado trionfa la cultura della violenza e della morte. Ma Gesù ci viene incontro e ci infonde sicurezza: Egli stesso è "il pane della vita" (Gv 6,35.48). Ce lo ha ripetuto nelle parole del Canto al Vangelo: "Io sono il pane vivo disceso dal cielo; chi mangia di questo pane vivrà in eterno" (cfr Gv 6,51).
Nel brano evangelico poc’anzi proclamato san Luca, narrandoci il miracolo della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci con cui Gesù sfamò la folla "in una zona deserta", conclude dicendo: "Tutti ne mangiarono e si saziarono" (cfr Lc 9,11b–17). Vorrei in primo luogo sottolineare questo "tutti". E’ infatti desiderio del Signore che ogni essere umano si nutra dell’Eucaristia, perché l’Eucaristia è per tutti. Se nel Giovedì Santo viene posto in evidenza lo stretto rapporto che esiste tra l’Ultima Cena e il mistero della morte di Gesù in croce, quest’oggi, festa del Corpus Domini, con la processione e l’adorazione corale dell’Eucaristia si richiama l’attenzione sul fatto che Cristo si è immolato per l’intera umanità. Il suo passaggio fra le case e per le strade della nostra Città sarà per coloro che vi abitano un’offerta di gioia, di vita immortale, di pace e di amore.
Nel brano evangelico, un secondo elemento salta all’occhio: il miracolo compiuto dal Signore contiene un esplicito invito ad offrire ciascuno il proprio contributo. I cinque pesci e i due pani stanno ad indicare il nostro apporto, povero ma necessario, che Egli trasforma in dono di amore per tutti. "Cristo ancora oggi - ho scritto nella citata Esortazione post-sinodale - continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona" (n. 88). L’Eucaristia è dunque una chiamata alla santità e al dono di sé ai fratelli, perchè "la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo" (ibid.).
Questo invito, il nostro Redentore lo rivolge in particolare a noi, cari fratelli e sorelle di Roma, raccolti in questa storica Piazza intorno all’Eucaristia: vi saluto tutti con affetto. Il mio saluto è innanzitutto per il Cardinale Vicario e i Vescovi Ausiliari, per gli altri venerati Fratelli Cardinali e Vescovi, come pure per i numerosi presbiteri e diaconi, i religiosi e le religiose, e i tanti fedeli laici. Al termine della Celebrazione eucaristica ci uniremo in processione, quasi a portare idealmente il Signore Gesù per tutte le vie e i quartieri di Roma. Lo immergeremo, per così dire, nella quotidianità della nostra vita, perché Egli cammini dove noi camminiamo, perché Egli viva dove noi viviamo. Sappiamo infatti, come ci ha ricordato l’apostolo Paolo nella Lettera ai Corinzi, che in ogni Eucaristia, anche in quella di stasera, noi "annunziamo la morte del Signore finché egli venga" (cfr 1 Cor 11,26). Noi camminiamo sulle strade del mondo sapendo di aver Lui al fianco, sorretti dalla speranza di poterlo un giorno vedere a viso svelato nell’incontro definitivo.
Intanto già ora noi ascoltiamo la sua voce che ripete, come leggiamo nel Libro dell’Apocalisse: "Ecco, io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (Ap 3,20). La festa del Corpus Domini vuole rendere percepibile, nonostante la durezza del nostro udito interiore, questo bussare del Signore. Gesù bussa alla porta del nostro cuore e ci chiede di entrare non soltanto per lo spazio di un giorno, ma per sempre. Lo accogliamo con gioia elevando a Lui la corale invocazione della Liturgia: "Buon Pastore, vero pane, / o Gesù, pietà di noi (…) Tu che tutto sai e puoi, / che ci nutri sulla terra, / conduci i tuoi fratelli / alla tavola del cielo / nella gioia dei tuoi santi". Amen!
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SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 15 GIUGNO 2006
SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA
NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano
Cari fratelli e sorelle,
nella vigilia della sua Passione, durante la Cena pasquale, il Signore prese il pane nelle sue mani – così abbiamo sentito poco fa nel Vangelo – e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo". Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti" (Mc 14, 22-24). Tutta la storia di Dio con gli uomini è riassunta in queste parole. Non è soltanto raccolto ed interpretato il passato, ma anticipato anche il futuro – la venuta del Regno di Dio nel mondo. Ciò che Gesù dice, non sono semplicemente parole. Ciò che Egli dice, è avvenimento, l'avvenimento centrale della storia del mondo e della nostra vita personale.
Queste parole sono inesauribili. Vorrei meditare con voi in questa ora soltanto un unico aspetto. Gesù, come segno della sua presenza, ha scelto pane e vino. Con ognuno dei due segni si dona interamente, non solo una parte di sé. Il Risorto non è diviso. Egli è una persona che, mediante i segni, si avvicina a noi e si unisce a noi. I segni però rappresentano, a modo loro, ciascuno un aspetto particolare del mistero di Lui e, con il loro tipico manifestarsi, vogliono parlare a noi, affinché noi impariamo a comprendere un po' di più del mistero di Gesù Cristo. Durante la processione e nell'adorazione noi guardiamo l'Ostia consacrata – il tipo più semplice di pane e di nutrimento, fatto soltanto di un po' di farina e acqua. Così esso appare come il cibo dei poveri, ai quali in primo luogo il Signore ha destinato la sua vicinanza. La preghiera con la quale la Chiesa durante la liturgia della Messa consegna questo pane al Signore, lo qualifica come frutto della terra e del lavoro dell'uomo. In esso è racchiusa la fatica umana, il lavoro quotidiano di chi coltiva la terra, semina e raccoglie e finalmente prepara il pane. Tuttavia il pane non è semplicemente e soltanto il prodotto nostro, una cosa fatta da noi; è frutto della terra e quindi anche dono. Perché il fatto che la terra porti frutto, non è un merito nostro; solo il Creatore poteva conferirle la fertilità. E ora possiamo anche allargare ancora un po' questa preghiera della Chiesa, dicendo: il pane è frutto della terra e insieme del cielo. Presuppone la sinergia delle forze della terra e dei doni dall'alto, cioè del sole e della pioggia. E anche l'acqua, di cui abbiamo bisogno per preparare il pane, non possiamo produrla da noi. In un periodo, in cui si parla della desertificazione e sentiamo sempre di nuovo denunciare il pericolo che uomini e bestie muoiano di sete in queste regioni senz'acqua – in un tale periodo ci rendiamo nuovamente conto della grandezza del dono anche dell'acqua e quanto siamo incapaci di procurarcelo da soli. Allora, guardando più da vicino, questo piccolo pezzo di Ostia bianca, questo pane dei poveri, ci appare come una sintesi della creazione. Cielo e terra come anche attività e spirito dell'uomo concorrono. La sinergia delle forze che rende possibile sul nostro povero pianeta il mistero della vita e l'esistenza dell'uomo, ci viene incontro in tutta la sua meravigliosa grandezza. Così cominciamo a capire perché il Signore sceglie questo pezzo di pane come suo segno. La creazione con tutti i suoi doni aspira al di là di se stessa ad un qualcosa di ancora più grande. Al di là della sintesi delle proprie forze, al di là della sintesi anche di natura e di spirito che in qualche modo avvertiamo nel pezzo di pane, la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l'unificazione con il Creatore stesso.
Ma ancora non abbiamo spiegato fino in fondo il messaggio di questo segno del pane. Il suo mistero più profondo, il Signore l'ha accennato nella Domenica delle Palme, quando gli fu presentata la richiesta di alcuni Greci di poterlo incontrare. Nella sua risposta a questa domanda si trova la frase: "In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12, 24). Nel pane fatto di chicchi macinati si cela il mistero della Passione. La farina, il grano macinato, presuppone il morire e risuscitare del chicco. Nell'essere macinato e cotto esso porta poi in sé ancora una volta lo stesso mistero della Passione. Solo attraverso il morire arriva il risorgere, arriva il frutto e la nuova vita. Le culture del Mediterraneo, nei secoli prima di Cristo, hanno intuito profondamente questo mistero. Sulla base dell'esperienza di questo morire e risorgere hanno concepito miti di divinità che, morendo e risuscitando, davano vita nuova. Il ciclo della natura sembrava loro come una promessa divina in mezzo alle tenebre della sofferenza e della morte imposte a noi. In questi miti l'anima degli uomini, in certo qual modo, si protendeva verso quel Dio che si è fatto uomo, si è umiliato fino alla morte in croce e ha aperto così per tutti noi la porta della vita. Nel pane e nel suo divenire, gli uomini hanno scoperto come una attesa della natura, come una promessa della natura che questo avrebbe dovuto esistere: il Dio che muore e in questo modo ci conduce alla vita. Ciò che nei miti era attesa e che nello stesso chicco di grano è nascosto come segno della speranza della creazione – questo è accaduto realmente in Cristo. Attraverso il suo soffrire e morire liberamente, Egli è diventato pane per tutti noi, e con ciò speranza viva ed attendibile: Egli ci accompagna in tutte le nostre sofferenze fino alla morte. Le vie che Egli percorre con noi e attraverso le quali ci conduce alla vita sono cammini di speranza.
Quando noi adorando guardiamo l'Ostia consacrata, il segno della creazione ci parla. Allora incontriamo la grandezza del suo dono; ma incontriamo anche la Passione, la Croce di Gesù e la sua risurrezione. Mediante questo guardare in adorazione, Egli ci attira verso di sé, dentro il suo mistero, per mezzo del quale vuole trasformarci come ha trasformato l'Ostia.
La Chiesa primitiva ha trovato nel pane ancora un altro simbolismo. La Dottrina dei dodici Apostoli, un libro composto intorno all'anno 100, riporta nelle sue preghiere l'affermazione: "Come questo pane spezzato era sparso sui colli e raccolto divenne una cosa sola, così la tua Chiesa dai confini della terra venga radunata nel tuo Regno" (IX, 4). Il pane fatto da molti chicchi racchiude anche un evento di unione: il diventare pane dei chicchi macinati è un processo di unificazione. Noi stessi, dai molti che siamo, dobbiamo diventare un solo pane, un solo corpo, ci dice san Paolo (1 Cor 10,17). Così il segno del pane diventa insieme speranza e compito.
In modo molto simile ci parla anche il segno del vino. Mentre però il pane rimanda alla quotidianità, alla semplicità e al pellegrinaggio, il vino esprime la squisitezza della creazione: la festa di gioia che Dio vuole offrirci alla fine dei tempi e che già ora sempre di nuovo anticipa a modo di accenno mediante questo segno. Ma anche il vino parla della Passione: la vite deve essere potata ripetutamente per essere così purificata; l'uva deve maturare sotto il sole e la pioggia e deve essere pigiata: solo attraverso tale passione matura un vino pregiato.
Nella festa del Corpus Domini guardiamo soprattutto il segno del pane. Esso ci ricorda anche il pellegrinaggio di Israele durante i quarant'anni nel deserto. L'Ostia è la nostra manna con la quale il Signore ci nutre – è veramente il pane dal cielo, mediante il quale Egli dona se stesso. Nella processione noi seguiamo questo segno e così seguiamo Lui stesso. E lo preghiamo: Guidaci sulle strade di questa nostra storia! Mostra alla Chiesa e ai suoi Pastori sempre di nuovo il giusto cammino! Guarda l'umanità che soffre, che vaga insicura tra tanti interrogativi; guarda la fame fisica e psichica che la tormenta! Dà agli uomini pane per il corpo e per l'anima! Dà loro lavoro! Dà loro luce! Dà loro te stesso! Purifica e santifica tutti noi! Facci comprendere che solo mediante la partecipazione alla tua Passione, mediante il "sì" alla croce, alla rinuncia, alle purificazioni che tu ci imponi, la nostra vita può maturare e raggiungere il suo vero compimento. Radunaci da tutti i confini della terra. Unisci la tua Chiesa, unisci l'umanità lacerata! Donaci la tua salvezza! Amen!
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SOLENNITA' DEL CORPUS DOMINI, 26 MAGGIO 2005
SANTA MESSA E PROCESSIONE EUCARISTICA
NELLA SOLENNITÀ DEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI
Sagrato della Basilica di San Giovanni in Laterano
Nella festa del Corpus Domini, la Chiesa rivive il mistero del Giovedì Santo alla luce della Risurrezione. Anche il Giovedì Santo conosce una sua processione eucaristica, con cui la Chiesa ripete l’esodo di Gesù dal Cenacolo al monte degli Ulivi. In Israele, si celebrava la notte di Pasqua in casa, nell’intimità della famiglia; si faceva così memoria della prima Pasqua, in Egitto – della notte in cui il sangue dell’agnello pasquale, asperso sull’architrave e sugli stipiti delle case, proteggeva contro lo sterminatore. Gesù, in quella notte, esce e si consegna nelle mani del traditore, dello sterminatore e, proprio così, vince la notte, vince le tenebre del male. Solo così, il dono dell’Eucaristia, istituita nel Cenacolo, trova il suo compimento: Gesù dà realmente il suo corpo ed il suo sangue. Attraversando la soglia della morte, diventa Pane vivo, vera manna, nutrimento inesauribile per tutti i secoli. La carne diventa pane di vita.
Nella processione del Giovedì Santo, la Chiesa accompagna Gesù al monte degli Ulivi: è vivo desiderio della Chiesa orante vigilare con Gesù, non lasciarlo solo nella notte del mondo, nella notte del tradimento, nella notte dell’indifferenza di tanti. Nella festa del Corpus Domini, riprendiamo questa processione, ma nella gioia della Risurrezione. Il Signore è risorto e ci precede. Nei racconti della Risurrezione vi è un tratto comune ed essenziale; gli angeli dicono: il Signore "vi precede in Galilea; là lo vedrete" (Mt 28,7). Considerando ciò più da vicino, possiamo dire che questo "precedere" di Gesù implica una duplice direzione. La prima è – come abbiamo sentito – la Galilea. In Israele, la Galilea era considerata come la porta verso il mondo dei pagani. Ed in realtà proprio in Galilea, sul monte, i discepoli vedono Gesù, il Signore, che dice loro: "Andate.. e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28, 19). L’altra direzione del precedere, da parte del Risorto, appare nel Vangelo di San Giovanni, dalle parole di Gesù a Maddalena: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre.." (Gv 20, 17). Gesù ci precede presso il Padre, sale all’altezza di Dio e ci invita a seguirlo. Queste due direzioni del cammino del Risorto non si contraddicono, ma indicano insieme la via della sequela di Cristo. La vera meta del nostro cammino è la comunione con Dio – Dio stesso è la casa dalle molte dimore (cfr Gv 14, 2s). Ma possiamo salire a questa dimora soltanto andando "verso la Galilea" – andando sulle strade del mondo, portando il Vangelo a tutte le nazioni, portando il dono del suo amore agli uomini di tutti i tempi. Perciò il cammino degli apostoli si è esteso fino ai "confini della terra" (cfr Atti 1, 6s); così San Pietro e San Paolo sono andati fino a Roma, città che era allora il centro del mondo conosciuto, vera "caput mundi".
La processione del Giovedì Santo accompagna Gesù nella sua solitudine, verso la "via crucis". La processione del Corpus Domini, invece, risponde in modo simbolico al mandato del Risorto: vi precedo in Galilea. Andate fino ai confini del mondo, portate il Vangelo al mondo. Certo, l’Eucaristia, per la fede, è un mistero di intimità. Il Signore ha istituito il Sacramento nel Cenacolo, circondato dalla sua nuova famiglia, dai dodici apostoli, prefigurazione ed anticipazione della Chiesa di tutti i tempi. Perciò, nella liturgia della Chiesa antica, la distribuzione della santa comunione era introdotta dalle parole: Sancta sanctis – il dono santo è destinato a coloro che sono resi santi. In questo modo, si rispondeva all’ammonimento rivolto da San Paolo ai Corinzi: "Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice.." (1 Cor 11, 28). Tuttavia, da questa intimità, che è dono personalissimo del Signore, la forza del sacramento dell’Eucaristia va oltre le mura delle nostre Chiese. In questo Sacramento, il Signore è sempre in cammino verso il mondo. Questo aspetto universale della presenza eucaristica appare nella processione della nostra festa. Noi portiamo Cristo, presente nella figura del pane, sulle strade della nostra città. Noi affidiamo queste strade, queste case - la nostra vita quotidiana - alla sua bontà. Le nostre strade siano strade di Gesù! Le nostre case siano case per lui e con lui! La nostra vita di ogni giorno sia penetrata dalla sua presenza. Con questo gesto, mettiamo sotto i suoi occhi le sofferenze degli ammalati, la solitudine di giovani e anziani, le tentazioni, le paure – tutta la nostra vita. La processione vuole essere una grande e pubblica benedizione per questa nostra città: Cristo è, in persona, la benedizione divina per il mondo – il raggio della sua benedizione si estenda su tutti noi!
Nella processione del Corpus Domini, accompagniamo il Risorto nel suo cammino verso il mondo intero – come abbiamo detto. E, proprio facendo questo, rispondiamo anche al suo mandato: "Prendete e mangiate... Bevetene tutti" (Mt 26, 26s). Non si può "mangiare" il Risorto, presente nella figura del pane, come un semplice pezzo di pane. Mangiare questo pane è comunicare, è entrare nella comunione con la persona del Signore vivo. Questa comunione, questo atto del "mangiare", è realmente un incontro tra due persone, è un lasciarsi penetrare dalla vita di Colui che è il Signore, di Colui che è il mio Creatore e Redentore. Scopo di questa comunione è l’assimilazione della mia vita alla sua, la mia trasformazione e conformazione a Colui che è Amore vivo. Perciò questa comunione implica l’adorazione, implica la volontà di seguire Cristo, di seguire Colui che ci precede. Adorazione e processione fanno perciò parte di un unico gesto di comunione; rispondono al suo mandato: "Prendete e mangiate".
La nostra processione finisce davanti alla Basilica di Santa Maria Maggiore, nell’incontro con la Madonna, chiamata dal caro Papa Giovanni Paolo II "Donna eucaristica". Davvero Maria, la Madre del Signore, ci insegna che cosa sia entrare in comunione con Cristo: Maria ha offerto la propria carne, il proprio sangue a Gesù ed è divenuta tenda viva del Verbo, lasciandosi penetrare nel corpo e nello spirito dalla sua presenza. Preghiamo Lei, nostra santa Madre, perché ci aiuti ad aprire, sempre più, tutto il nostro essere alla presenza di Cristo; perché ci aiuti a seguirlo fedelmente, giorno per giorno, sulle strade della nostra vita. Amen!
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